Umanità Nova, n.17 del 3 maggio 2009, anno 89

Chiedono asilo e ricevono bastonate


Venerdì 17 aprile una comunità di profughi politici provenienti da Etiopia, Eritrea, Sudan e Somalia, 299 tra  donne e uomini più 2 bimbi, occupa uno stabile vuoto da anni (ex residence), degradato, ma capace di dare tetto, seppur temporaneo, a centinaia di persone a Bruzzano periferia nord di Milano.
Antirazzisti solidali, appena saputo dell'occupazione, hanno dato una mano per rendere più agevole possibile l'occupazione portando cibo, vestiti e quanto serviva per rendere vivibile quel luogo.
Martedì 21 un feroce intervento della polizia ha scacciato con brutale violenza  gli occupanti, che hanno dichiarato:
"Siamo rifugiati provenienti da Eritrea, Etiopia,Sudan e Somalia. Siamo in una difficile situazione, stiamo chiedendo che vengano rispettati i nostri diritti. Oggi ci hanno picchiati come animali. Loro non vogliono fare nulla per noi: noi combatteremo fino alla fine della nostra vita. Ora loro usano la violenza e allo stesso tempo c'è  un'uguale e opposta reazione. Noi non vogliamo usare la forza, ma se loro continuano le stesse azioni noi siamo pronti a fare la stessa cosa. Il governo italiano non vuole rispettare i nostri diritti, e allo stesso tempo non vuole che viviamo nel suo paese. Non hanno il diritto di ucciderci in silenzio con le loro azioni disumane. Se in Europa c'è davvero umanità, chiediamo che i nostri diritti siano rispettati ora."
I Rifugiati, occupanti di via Senigallia 6

Dopo una giornata convulsa all'insegna di una violenza poliziesca a dir poco feroce contro persone inermi, i profughi  hanno occupato i  binari della stazione di Bruzzano. Caricati e picchiati hanno percorso la tangenziale Nord di Milano in corteo, dopo averla bloccata e per questo essere stati ancora una volta caricati e picchiati. Hanno  infine trovato  rifugio presso l'associazione Olinda, all'interno dell'ex ospedale psichiatrico Paolo Pini in via Ippocrate.
L'ospitalità pelosa non dura oltre le otto del mattino seguente: bisogna anche dire che all'interno  del Paolo Pini c'è una chiesa di rito copto. Guarda caso molti dei rifugiati sono copti, ma  il prete  che cosa fa? Naturalmente chiude la chiesa e le persone dormono sotto la pioggia coperti solo da una tettoia.
La Caritas non è da meno: alla richiesta di intervenire con cibo e quant'altro la risposta è stata che finché non intervenivano le istituzioni loro non si muovevano, alla faccia della carità cristiana.
Mercoledì, dopo vari tentativi di dividere il gruppo che però rimane compatto, i  profughi si trovano nei giardini di Porta Venezia, luogo che diventa il cuore organizzativo della comunità.
I rifugiati organizzano una manifestazione che sfila in corso Venezia, e si ferma poi in Piazza San Babila dove hanno tenuto un presidio fino a mezzanotte, chiedendo una casa. I rappresentanti dell'ONU e della CE, che sono intervenuti, non sono riusciti a proporre un bel niente.
L'unica soluzione è stato il dormitorio dei preti (al Gratosoglio): uomini da una parte e donne d'altra.
Proposta tipicamente «carceraria», che i rifugiati hanno giustamente rifiutato per restare tutti uniti. E hanno deciso, così,  di trascorrere la notte all'addiaccio nei giardini di Porta Venezia.
Giovedì 23 aprile: alle ore 13,30, nei giardini pubblici di Porta Venezia un forte spiegamento di forze di polizia, carabinieri, guardia di finanza (con il supporto della polizia locale) ha circondato i profughi. Li ha caricati sui pullman e li ha trasferiti (sembra) nella caserma di Quarto Oggiaro. Proprio come facevano i nazisti nei paesi occupati. E come allora, quando i deportati erano gli ebrei, l'operazione è avvenuta nell'indifferenza dei bravi cittadini, che a quell'ora passeggiavano nel parco.
Milano col cuore in mano,  quella delle cartoline deamicisiane,  è solo una favola per bambini.
I capi delle associazioni industriali e commerciali sbraitano  e soffiano sul collo di chi hanno piazzato nei ruoli più alti del potere affinché controllino la città e difendano i  loro interessi. Lo sceriffo Decorato, impazzito,  se la prende con i centri sociali, per lui lunga mano di ogni cosa succeda a Milano. La sindaca, il prefetto, il questore, i preti, la curia, la provincia, la regione, insomma tutti, si mobilitano per togliere "questa vergogna": 3/400 africani che osano disturbare gli affari di coloro che contano, proprio durante la fiera del mobile. I grandi AFFARISTI e SPECULATORI chiedono il conto ai loro uomini.
Ma, come spesso avviene, qualche volta si fanno i conti senza l'oste.
Nessuna trattativa riesce: anche se la stanchezza è forte,  il comitato antirazzista milanese insieme ad altri antirazzisti solidali,  invade  le vie della moda e del salone del mobile con cortei  piccoli, ma fastidiosi  e vocianti; slogan e  volantini denunciavano quello che stava accadendo a Milano.
Il 25 aprile i profughi erano in piazza  a far sentire la loro voce e ancora la sentiremo nei prossimi giorni.
Nessuna tregua contro l'ingiustizia, contro i poteri forti della città, quegli stessi che versano lacrime di coccodrillo davanti allo spettacolo degli sfollati  del terremoto dell'Aquila,  ma che creano continuamente sfollati nelle città: ieri i Rom, oggi i profughi, domani chi altro?
Il prossimo appuntamento  sarà il corteo antirazzista  del 1° Maggio organizzato dal Comitato Antirazzista proprio nel quartiere simbolo della Milano multietnica: Viale Padova.
Partirà da via dei Transiti e percorrerà le vie del quartiere e  quei luoghi simbolo dove ogni giorno i lavoratori vengono fatti oggetto di discriminazioni dalle forze del disordine,dalla speculazione edilizia, dallo sfruttamento.
Un 1° maggio solidale che speriamo saprà aprire la strada a lotte radicali per affermare la giustizia sociale, l'autorganizzazione, la  chiusura dei lager e di tutte le carceri.
Per un mondo senza sfruttati e senza sfruttatori, senza padroni senza preti e senza stati.

Commissione Antirazzista FAI

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