Umanità Nova, n.17 del 3 maggio 2009, anno 89

La grande crisi del turbocapitalismo


Sembra una notizia di quelle che passano solo sui media economici: dalle indicazioni emerse dal recente G20 di Londra e dalla recente riunione dei G7 di Washington, la principale agenzia sopranazionale del capitalismo contemporaneo dovrà fare ricorso alla raccolta del pubblico risparmio.
L'FMI ha adottato, per la prima volta nella sua ultrasessantennale storia, il ricorso al prestito obbligazionario per finanziare i suoi programmi. Ciò si è determinato proprio a seguito della "spaccatura" registrata nei colloqui londinesi: i paesi "emergenti" (Brasile, Russia, India e Cina, noti come BRIC) si sono rifiutati di capitalizzare il fondo se, in cambio, non verrà rivista la compagine azionaria dell'agenzia economica. In sostanza niente soldi se non c'è spazio nel potere di indirizzo delle scelte del FMI.
Da un punto di vista dell'economia politica questa è una sorta di codice arancione: preallerta in vista della guerra.
Nonostante l'azione diplomatica di Obama che cerca di tamponare la perdita di leadership degli USA, volando il più basso possibile, i contendenti al governo del mondo stanno affilando le spade.
Su questo giornale non sono mancate le analisi che vedono in questa "grande crisi" non solo un punto di non ritorno per il capitalismo così come si è manifestato negli ultimi 20 anni ma anche come il prodromo di una nuova "grande guerra" per il predominio mondiale.
Se pensiamo che l'FMI, assieme alla Banca Mondiale, sono state le istituzioni principe, a livello sovranazionale, dell'attuale modello di sviluppo, non mancano le condizioni affinché una loro messa in crisi preluda ad una redistribuzione dei pesi dei diversi stati nello scacchiere mondiale. Una redistribuzione che nonostante la fitta agenda di incontri internazionali non è pensabile avvenga a livello politico e, tantomeno, a livello economico.
L'altro elemento di interesse, legato a questa vicenda, è determinato dal fatto che in questa partita stanno intervenendo e, probabilmente la sottoscrizione dei fondi obbligazionari darà loro ancora più spazio, una serie di soggetti che travalicano la sfera statale intesa in senso politico; parliamo dei così detti fondi sovrani, veri e propri caveau contenenti quei miliardi di dollari che oggi le sedi economico-diplomatiche mondiali stanno invocando per un superamento della crisi.
Accanto all'area BRIC si collocano innumerevoli soggetti: dalle petromonarchie arabe alle petro-patrie-del-socialismo (Venezuela in testa) senza dimenticare le regioni "autonome" controllate da moderni pirati che a suon di noli "illegali", controllano la circolazione delle merci lungo le principali vie di traffico (dal Corno d'Africa all'oceano Pacifico).
La strada della raccolta obbligazionaria potrebbe indicare la necessità per il board dell'FMI di associare finanziatori utili a bilanciare il potere economico, politico e militare rappresentato da Brasile, Russia, India e Cina.

W.S.

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