Marco Rossi, Ribelli senza congedo. Rivolte partigiane dopo la Liberazione 1945-1947, Zero in Condotta, 2009, euro 7.
25 aprile: non basta una data, temo, per fare i conti con la storia.
Fosse così, sarebbe tutto molto più semplice. A distanza
di oltre sessant'anni, ferite aperte e cicatrici doloranti ci ricordano
ancora, con una certa costanza greve, che la cesura prodottasi nella
società italiana dopo la sconfitta degli ultimi fascisti della
Rsi, e dei loro alleati nazisti, continua a produrre indisturbata
i suoi effetti.
Tutt'altro che riconciliata, la memoria nazionale si divide in
maniera piuttosto netta, ancor oggi, tra due schieramenti che non
trovano pacificazione alcuna.
Questo fenomeno, piuttosto interessante, di contrapposizione ideologica
proprio in questi anni, i nostri per l'appunto, nei quali da più
parti ci si è affannati e ci si affanna a dichiarare scomparsa
la politica dei blocchi contrapposti preferendo un deciso orientamento
verso la rimozione a ogni costo della stessa ideologia in favore di una
definitiva riconciliazione tra gli opposti, ci insegna almeno una cosa,
e cioè che l'abbandono della storia, come elemento fondativo e
indispensabile per una miglior comprensione del passato, lo
schiacciamento sul presente, la rinuncia all'analisi critica e per
quanto possibile all'obiettività nel ricostruire passaggi
essenziali degli eventi che hanno costituito l'ossatura delle vicende
più importanti del nostro Paese, forniscono materia sufficiente
a dismettere un insieme di ricordi e di fatti, che per quanto complessi
e contraddittori, stanno alla base della nostra contemporaneità
e ne hanno determinato l'evoluzione.
Ricordare il passato per meglio vivere il presente, al contrario,
è esercizio paziente e qualche volta sfibrante. Ma soltanto
così, discutendo criticamente su ciò che è stato,
potremo gettare uno sguardo sul futuro, apprestandoci a viverlo nel
miglior modo possibile, costruendolo, in una parola, a partire da una
continua interrogazione su quanto ci ha preceduto.
Il libro di Marco Rossi va proprio in questa direzione, proponendo una
riflessione, storiograficamente matura e con convincente stile
narrativo, intorno ad un bienno che va considerato come costitutivo
della nostra storia repubblicana. Due anni, quelli che vanno dal '45 al
'47, decisivi sotto molti punti di vista. Il 25 aprile del 1945 non si
era in realtà concluso, come la stessa data celebrativa nel
tempo a venire in qualche maniera avrebbe voluto sancire, lo scontro
tra partigiani e fascisti, destinato a protrarsi ben oltre e non
soltanto con le armi in pugno. In quel breve volgere di mesi si
assistette, infatti, in aperta contestazione alla linea strategica
promossa dal Partito comunista di Togliatti per una rapida
ricomposizione delle fratture e di inconciliabili pratiche sociali e
politiche, "visioni del mondo" verrebbe quasi da dire, a un diffuso
rigurgito di quello che Rossi chiama il "ribellismo" che "seppur
minoritario, coinvolse in modo spontaneo migliaia di volontari", delusi
nei propositi di riscossa sociale per la quale avevano creduto in
origine di dover combattere. Molti accorsero al richiamo della rivolta
permanente in nome di una liberazione sociale che era apparsa, sin dai
primi giorni, ampiamente disattesa quando non addirittura tradita.
Ribelli senza congedo è la storia, a suo modo, di un'epopea
rimossa un po' troppa in fretta, di grandi affetti respinti, di un
"gettare il cuore oltre l'ostacolo" che sorprese, per la forza di
quella spinta e di quel desiderio, gli stessi protagonisti di quei
giorni. In molti casi fu anche un destino di dolore e di una sconfitta
dell'anima che pesò su tanti e che si stemperò nel clima
afono di una nazione che non è mai riuscita a trovare il bandolo
della matassa ingarbugliata, dal cinismo e dall'ipocrisia di apologeti
in cattiva fede e storici disattenti, attorno alla memoria degli
italiani.
Mario Coglitore