Umanità Nova, n.19 del 17 maggio 2009, anno 89

Afghanistan, bollettino di guerra


Da pochi mesi il regista statunitense Robert Greenwald ha dato avvio a un documentario in tempo reale che si sviluppa quotidianamente attraverso un web-site (Rethinkafghanistan.com); il titolo della prima parte appare emblematica: Più truppe più Afghanistan = Catastrofe.
Tra il 2 e il 3 maggio scorso, in Afghanistan, infatti è stata compiuta forse la più grave strage di civili dall'inizio della guerra nel 2001 ed almeno la settima della presidenza Obama: centinaia di vittime sotto le bombe Usa-Nato. Le fonti non possono essere sospettate di simpatie filo talebane: il governatore della provincia di Farah, Rohul Amin, nonché la Croce Rossa Internazionale il cui personale ha riferito di molte case distrutte e decine di cadaveri, tra cui quelli di donne e bambini che invano avevano cercato riparo alle incursioni. Tra le vittime anche un volontario del primo soccorso della Red Crescent in Afghanistan, perito assieme a tredici suoi familiari. Pateticamente, per l'ennesima volta, il presidente Hamid Karzai, in vista a Washington per incontrare per la prima volta il presidente Obama, ha definito la perdita di civili ingiustificabile e inaccettabile, smentendo il capo della polizia provinciale, Watandar, che aveva puntualmente parlato di civili usati come scudi umani dai talebani, secondo il collaudato copione che da Mogadiscio a Falluja, da Belgrado a Gaza, viene da decenni utilizzato per giustificare i crimini perpetrati dai militari, siano questi italiani, statunitensi, britannici o israeliani.
Nelle settimane precedenti, quotidianamente, erano giunti i soliti bollettini di guerra che vantavano l'uccisione da parte delle forze Isaf-Nato di decine di presunti guerriglieri talebani in combattimento e, a dimostrazione della tattiche impiegate, vale la pena ricordare che nel luglio e nell'ottobre dello scorso anno erano rimasti uccisi da "fuoco amico" una ventina di soldati regolari afgani nel corso di attacchi aerei della Coalizione. Nei giorni successivi il governo Usa, per bocca di Hilary Clinton, esprimeva il suo rammarico per la strage, senza alcuna ammissione di colpa e il 6 maggio Obama annunciava un ulteriore incremento di truppe.
Il 3 maggio nelle stesse ore dei bombardamenti, a Herat anche i militari italiani facevano una vittima innocente, una bambina di 12 anni, colpita in auto assieme ai genitori e a uno zio, rimasti feriti, mentre si stavano recando ad una festa nunziale; il suo nome era Behnooshahr.
La seconda versione ufficiale (inizialmente si era parlato di un posto di blocco), resa nota dal comandante del contingente italiano, gen. Rosario Castellano, riferisce di una pattuglia di militari italiani composta da tre veicoli blindati Lince che avrebbe incrociato un'auto civile procedente  a forte velocità. Quindi, sempre secondo tale ricostruzione di parte, dopo le previste procedure di ingaggio, sarebbe stata colpita nel timore si trattasse di un'auto-bomba. Come di consueto, la versione dei militari ha subito mostrato rilevanti contraddizioni: a fronte dell'ammissione che erano stati esplosi soltanto tre colpi (uno in aria, uno sull'asfalto e uno sul cofano della Toyota Corolla) ci sono un morto e tre feriti, colpiti da proiettili di mitragliatrice MG. Inoltre, se i soldati hanno sostenuto di aver sparato frontalmente alla vettura, le foto diffuse dalle agenzie mostrano inequivocabilmente il lunotto posteriore polverizzato ed un foro sul montante del portellone posteriore come se il colpo fosse stato esploso quando la macchina aveva già superato il blindato. Il parabrezza anteriore dell'auto, per quanto è possibile vedere dalle immagini, risulta invece integro.
I soldati della pattuglia italiana farebbero parte dell'Omlt (Operation mentoring liason team) operante nella zona di Herat con compiti addestrativi delle forze governative. Non è ancora dato di sapere con sicurezza se tale unità era composta da carabinieri (eventualità assai probabile), mentre il mitragliere sarebbe un parà della Folgore; comunque il pubblico ministero Pietro Saviotti ha chiesto ai carabinieri del Ros un'informativa per ricostruire la dinamica dei fatti.
Dopo la tragica morte della bambina afgana, se il ministro della guerra La Russa non ha perso una frazione di secondo per accreditare la tesi del drammatico errore ed assolvere anticipatamente i suoi "ragazzi", l'esponente Pd Fassino si è subito premurato a chiedere l'invio di ulteriori truppe italiane in Afghanistan, secondo le direttive belliciste del nuovo inquilino della Casa Bianca, nonostante che il maggiore esperto dell'area Ahmed Rashid avesse già denunciato (sul Corriere della Sera del 19.10.2008) le "gravi responsabilità" del contingente italiano nell'escalation di violenza a Herat.
Riguardo l'Afghanistan (come più volte richiamato su queste pagine), il presidente Obama è stato terribilmente esplicito sin dalla sua campagna elettorale nelle intenzioni belliciste. Intenzioni peraltro confermate in questi mesi dall'aumento delle truppe Usa impegnate e la conferma del guerrafondaio Robert Gates come segretario della Difesa, al fine di "sconfiggere le minacce del 21° secolo". Peraltro, nel gennaio scorso, era stato lo stesso vicepresidente Joe Biden ad anticipare che in primavera ci sarebbero stati molti più morti. Nonostante questo, per non parlare dell'impunità assicurata da Obama ai torturatori e ai sequestratori della Cia, permane il sinistro equivoco per il quale Obama è considerato un presidente "pacifista" e torna a fare la sua raggelante comparsa l'idea che alcune guerre possono essere moralmente accettabili anche da chi fa mostra di principi pacifisti e umanitari.
Si tratta di una contraddizione ormai storica, eppure assume una particolare attualità di fronte al cosiddetto smarrimento della sinistra politica.
Basterebbe ricordare come i partiti della fu sinistra si sono rapportati alla guerra in questi decenni, sostenendo acriticamente la politica estera dei governi Craxi, D'Alema, Prodi, Blair, Zapatero od Obama, anche quando le conseguenze erano tragicamente analoghe a quelle determinate dagli esecutivi di destra. Eppure una bomba a frammentazione è sempre uguale a se stessa, così come i suoi strazianti effetti.
Si parla tanto di moralità della politica con riferimento a tangenti o infedeltà coniugali, ma puntualmente si elude un giudizio morale sulle politiche di guerra col loro corollario di vittime, ovviamente accidentali.
Eppure, anche adesso che si discute tanto di rimedi contro gli effetti della crisi, anche la sinistra più moderata dovrebbe sostenere a rigor di logica, sia quando è all'opposizione che quando è al governo, l'utilizzo per fini sociali delle spaventose spese militari.
Invece, anche su questa questione, si sommano una responsabilità trasversale in alto e una diffusa sudditanza tra il popolo votante e magari pure pacifista… con buona pace per i profitti dell'industria bellica e dei nemici dell'umanità.

U. F

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