Dal 22 al 24 aprile si è svolto a Siracusa il G8
sull'ambiente. Durante questa tre giorni, in cui gli otto grandi
devastatori del pianeta si sono asserragliati dentro le spesse mura del
castello Maniace, si è organizzato il contro-vertice che ha
visto la presenza attiva dei militanti della Federazione Anarchica
Siciliana. La presenza dei compagni è stata continua sia nei
forum tematici svolti dal 22 al 24 aprile sia durante il corteo del 23.
I forum (che si sono svolti presso l'aula Randone in via Bixio) si sono
incentrati su tematiche specifiche: il 22 si è discusso di
ambiente, infrastrutture e beni comuni; il 23 di lavoro,
precarietà e immigrazione; infine il 24 si è
discusso delle tematiche riguardanti la militarizzazione e la
repressione. In tutte e tre le giornate i contenuti della nostra azione
libertaria sono venuti fuori attraverso gli interventi dei
compagni della F.A.S. durante i dibattiti e le assemblee pubbliche.
Presenza e contenuti anarchici che sono stati visibili anche durante la
manifestazione nazionale indetta dal Coordinamento Regionale Contro il
G8, con concentramento alle ore 14 presso piazzale Sgarlata. La scritta
che campeggiava sullo striscione che apriva lo spezzone rosso-nero era
: "CONTRO LO STATO E LA SUA DEVASTAZIONE ANARCHIA E AUTOGESTIONE".
Scritta che è stata usata anche come titolo del volantino
distribuito durante la manifestazione. Il corteo, partito da piazzale
Sgarlata, ha percorso corso Gelone e corso Umberto I per poi
concludersi al Pantheon. Sono scese in piazza circa 2000 persone. Da
notare durante il corteo la numerosa presenza dei cittadini siracusani
che hanno accolto positivamente le istanze del Contro G8.
7 maggio 2009: 37 anni dopo la morte di Franco Serantini. Cosa
rimane nella memoria della città di Pisa di questo giovane
anarchico, sardo, figlio di nessuno, lasciato morire nel carcere Don
Bosco dopo essere stato picchiato selvaggiamente dalla polizia durante
una manifestazione antifascista contro il comizio del missino Niccolai?
Rimane poco, spesso mistificato e oscurato dalla volontà di
rileggere quelle pagine di conflitti sociali e repressione statale alla
luce della "nuova" politica di riconciliazione tra chi stava dietro le
barricate, davanti alle fabbriche, nelle esperienze dei mercati
popolari con chi tutto ciò voleva distruggere, richiamando
un paese all'ordine e alla difesa dei poteri forti. Ricordare Franco
Serantini, quindi, vuol dire prima di tutto ridare alla memoria di
questa città, troppo spesso dimentica del proprio passato
più recente, una delle tante pagina buie di quegli anni di
violenza di stato. Per questo il 6 maggio, la biblioteca, che a Pisa
porta il nome di quel giovane anarchico assassinato, ha voluto
ricostruire quegli anni attraverso la proiezione della nuova edizione
del film/documentario "S'era tutti sovversivi" e la presentazione de
"Il sovversivo" di Stajano che ricostruiscono attraverso le voci dei
protagonisti di quegli anni il contesto politico in cui visse e poi
morì Franco Serantini. L'iniziativa è stata
preceduta da un intervento di Paolo Finzi che, di fronte ad una sala
strapiena di pubblico del cinema Arsenale, ha delineato il percorso
umano e politico di Pinelli e Serantini uniti nel destino da una
tragica morte, vicende che hanno segnato profondamente un'intera
generazione di giovani che si erano da poco affacciati alla politica.
Il giorno successivo, con un presidio in piazza davanti al Comune, le
compagne e i compagni della Biblioteca F. Serantini, hanno esposto due
mostre: la prima sulla vicenda e sulla storia del centro di
documentazione, che quest'anno compie i suoi 30 anni di
attività, la seconda sulla vicenda di Serantini. Uno
spettacolo teatrale che ha messo in scena la vita di Franco,
accompagnato da musica e canzoni di protesta (I "Sonalastrana" e la
"Ciurma") ha visto la presenza di alcune centinaia di persone. Una
giornata dedicata oltre che alla memoria anche alla sensibilizzazione
per la difesa degli spazi liberi e autogestiti. Infatti, a Pisa, come
nel resto d'Italia, ogni centro o gruppo autogestito vive un costante
attacco da parte delle istituzioni sia di destra che di centro-sinistra
unite in questo da una politica repressiva che fa dell'emergenza
sicurezza il proprio cavallo di battaglia.
Il ricordo di Serantini, quindi, è anche un modo per aprire
momenti di discussione sul significato e l'importanza di tutti quei
luoghi in cui la conservazione della memoria diventa strumento
fondamentale per mantenere viva la propria identità e la
storia politica dei movimenti libertari e di opposizione, che rischia
troppo spesso di cadere vittima dell'oblio o delle mistificazioni ad
uso e consumo del potere che cambia volto ma mai sostanza.
Laura
Il 25 aprile si è svolta a Palermo una importante
giornata di lotta dove sono stati attivi i militanti del Coordinamento
Anarchico Palermitano. La giornata è cominciata alle 9 del
mattino con la commemorazione al Giardino Inglese, davanti al cippo che
ricorda la Divisione Acqui che combattè a Cefalonia. Davanti
l'ingresso del Giardino è stato distribuito il volantino il
cui titolo era: "LIBERAZIONE, RIVOLUZIONE!". Subito dopo la
commemorazione i compagni si sono spostati nella vicina piazza Verdi
(sul marciapiede antistante il Teatro Massimo) dove hanno esposto dieci
pannelli sulla Resistenza degli anarchici ,con tanto di volantini
storici e foto d'epoca. La mostra si è incentrata
sull'importantissimo contributo (molto spesso ignorato dai
più) degli anarchici nella lotta di liberazione dal
nazifascismo, lotta che è iniziata molto prima del 1943 e
che ha visto gli anarchici impegnati nella resistenza fin dai primi
episodi della reazione fascista, alla fine del biennio rosso.
Durante il presidio è stato effettuato un massiccio
volantinaggio. La mostra, inserita nella piazza tematica organizzata
dal Laboratorio Antifascista Palermitano e dalla Consulta Studentesca,
è rimasta esposta tutta la giornata ed ha riscosso un grande
successo.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria
"Calabresi assassino. Pinelli assassinato. Nessuna pace con lo
Stato. FAI" questa scritta è comparsa su alcune sedi del
partito di Napolitano, il PD, e sul palazzo del quotidiano La Stampa.
Un reporter di passaggio ha scattato alcune foto delle sedi PD di via
Cervino, via Beaulard, via Mazzini e dei muri de La Stampa in via
Marenco. Le trovate qui:
http://piemonte.indymedia.org/article/4902
Di seguito il testo diffuso dalla FAI torinese sulla equiparazione tra
vittime e carnefici fatta da Giorgio Napolitano in occasione della
giornata dedicata alle vittime del terrorismo, in cui ha invitato la
vedova dell'anarchico Pino Pinelli e quella del suo assassino, il
commissario Luigi Calabresi.
Pinelli. Nessuna pace con lo Stato
Torniamo indietro. A quel dannato 15 dicembre del 1969, il giorno che
Giuseppe Pinelli venne ammazzato nella questura di Milano, nella stanza
del commissario della "squadra politica" Luigi Calabresi. Tre giorni
prima una bomba di Stato aveva fatto strage di 17 persone nella banca
dell'agricoltura di piazza Fontana. Immediatamente era scattata la
caccia all'anarchico: decine e decine di compagni erano stati fermati e
portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe
Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella
lotta alla repressione, era uno dei tanti. Uno dei tanti che in quegli
anni riempivano le piazze per farla finita con lo sfruttamento e
l'oppressione. Il copione venne preparato con cura ed eseguito a
puntino. Un sistema politico e sociale che aveva imbalsamato la
Resistenza, represso la protesta operaia e contadina, stava traballando
sotto la pressione delle lotte a scuola e in fabbrica. La strage di
piazza Fontana, la criminalizzazione degli anarchici, l'assassinio di
Giuseppe Pinelli furono la risposta dello Stato al movimento del
Sessantotto e del Sessantanove. Solo la forza di quel movimento
impedì che il cerchio si chiudesse, che gli anarchici
venissero condannati per quella strage, la prima delle tante che
insanguinarono l'Italia. Quelle stragi, maturate nel cuore stesso delle
istituzioni "democratiche", miravano ad imporre una svolta autoritaria,
a dittature feroci come quelle di Grecia, Argentina, Cile. Basta con la
favola dei "servizi segreti deviati"! Gli stragisti sedevano sui banchi
del governo. Uomini dei servizi e poliziotti come Calabresi obbedivano
fedelmente alle direttive dello Stato. La stessa scelta della lotta
armata, che pur buona parte degli anarchici non condivise per il suo
carattere avanguardista e militarista, scaturì dal timore
che un nuovo fascismo fosse alle porte. Fu anche una risposta alle
stragi e alla repressione. Dopo 40 anni lo Stato cerca di assolvere
definitivamente se stesso, mettendo sullo stesso piano i carnefici e le
vittime. Non è un caso che il protagonista sia Giorgio
Napolitano, che, come il suo collega Violante, riscrive la storia
mettendo sullo stesso piano le ragioni dei carnefici e quelle delle
vittime. Invitare alla stessa cerimonia la vedova di Pino e quella del
suo assassino è il segno di una storia che si vuol chiudere
all'insegna di una pacificazione impossibile, vergognosa,
inaccettabile. L'umana pietà per i morti, per tutti i morti,
non può mutare di segno allo scontro irriducibile che, in
quegli anni, contrappose sfruttati e sfruttatori, oppressi ed
oppressori, servi dello Stato e suoi irriducibili nemici. Nella notte
tra il 6 e il 7 maggio, nel Centro di Identificazione e Espulsione
(CIE) di Ponte Galeria a Roma una donna si è impiccata nei
bagni. Si chiamava Nabruka Mimuni, era un'immigrata tunisina in Italia
da 20 anni. Quel giorno avrebbe dovuto essere deportata ma ha scelto di
morire dove aveva deciso di vivere. Nabruka è stata uccisa
dalle leggi razziste della democrazia italiana.
Poco più di dieci anni fa una legge dello Stato
istituì le prigioni per migranti, i Centri come quello dove
è morta Nabruka. In tanti sono stati uccisi da quella legge:
migliaia e migliaia inghiottiti dal mare dove viaggiano le carrette dei
senza carte. Quella legge portava anche la firma di Giorgio Napolitano.
Lo stesso che oggi versa lacrime di coccodrillo sui morti di
quarant'anni fa. Tra qualche decennio nessuno ricorderà
Nabruka e i tanti come lei. Se così non fosse un presidente
della Repubblica dall'animo gentile vorrà un incontro tra i
parenti di Nabruka e quelli di Napolitano?
Vorrà che i parenti degli assassini facciano pace con i
parenti delle vittime?
Non c'è altra democrazia che la democrazia reale, quella
fatta di stragi, morti nelle piazze, nelle questure, nelle prigioni,
sui posti di lavoro dove, per legge, chi uccide se la cava con una
multa.
Nessuna pace con lo Stato!
Pinelli è Stato ammazzato. Calabresi era uno degli
assassini.
R. Em.