Umanità Nova, n.19 del 17 maggio 2009, anno 89

informAzione - 1


Siracusa. G8

Dal 22 al 24 aprile si è svolto a Siracusa il G8 sull'ambiente. Durante questa tre giorni, in cui gli otto grandi devastatori del pianeta si sono asserragliati dentro le spesse mura del castello Maniace, si è organizzato il contro-vertice che ha visto la presenza attiva dei militanti della Federazione Anarchica Siciliana. La presenza dei compagni è stata continua sia nei forum tematici svolti dal 22 al 24 aprile sia durante il corteo del 23.
I forum (che si sono svolti presso l'aula Randone in via Bixio) si sono incentrati su tematiche specifiche: il 22 si è discusso di ambiente, infrastrutture e beni comuni; il 23 di lavoro, precarietà e immigrazione; infine il 24 si è discusso delle tematiche riguardanti la militarizzazione e la repressione. In tutte e tre le giornate i contenuti della nostra azione libertaria sono venuti fuori  attraverso gli interventi dei compagni della F.A.S. durante i dibattiti e le assemblee pubbliche. Presenza e contenuti anarchici che sono stati visibili anche durante la manifestazione nazionale indetta dal Coordinamento Regionale Contro il G8, con concentramento alle ore 14 presso piazzale Sgarlata. La scritta che campeggiava sullo striscione che apriva lo spezzone rosso-nero era : "CONTRO LO STATO E LA SUA DEVASTAZIONE ANARCHIA E AUTOGESTIONE". Scritta che è stata usata anche come titolo del volantino distribuito durante la manifestazione. Il corteo, partito da piazzale Sgarlata, ha percorso corso Gelone e corso Umberto I per poi concludersi al Pantheon. Sono scese in piazza circa 2000 persone. Da notare durante il corteo la numerosa presenza dei cittadini siracusani che hanno accolto positivamente le istanze del Contro G8.

Pisa. Franco Serantini

7 maggio 2009: 37 anni dopo la morte di Franco Serantini. Cosa rimane nella memoria della città di Pisa di questo giovane anarchico, sardo, figlio di nessuno, lasciato morire nel carcere Don Bosco dopo essere stato picchiato selvaggiamente dalla polizia durante una manifestazione antifascista contro il comizio del missino Niccolai? Rimane poco, spesso mistificato e oscurato dalla volontà di rileggere quelle pagine di conflitti sociali e repressione statale alla luce della "nuova" politica di riconciliazione tra chi stava dietro le barricate, davanti alle fabbriche, nelle esperienze dei mercati popolari con chi tutto ciò voleva distruggere, richiamando un paese all'ordine e alla difesa dei poteri forti. Ricordare Franco Serantini, quindi, vuol dire prima di tutto ridare alla memoria di questa città, troppo spesso dimentica del proprio passato più recente, una delle tante pagina buie di quegli anni di violenza di stato. Per questo il 6 maggio, la biblioteca, che a Pisa porta il nome di quel giovane anarchico assassinato, ha voluto ricostruire quegli anni attraverso la proiezione della nuova edizione del film/documentario "S'era tutti sovversivi" e la presentazione de "Il sovversivo" di Stajano che ricostruiscono attraverso le voci dei protagonisti di quegli anni il contesto politico in cui visse e poi morì Franco Serantini. L'iniziativa è stata preceduta da un intervento di Paolo Finzi che, di fronte ad una sala strapiena di pubblico del cinema Arsenale, ha delineato il percorso umano e politico di Pinelli e Serantini uniti nel destino da una tragica morte, vicende che hanno segnato profondamente un'intera generazione di giovani che si erano da poco affacciati alla politica.
Il giorno successivo, con un presidio in piazza davanti al Comune, le compagne e i compagni della Biblioteca F. Serantini, hanno esposto due mostre: la prima sulla vicenda e sulla storia del centro di documentazione, che quest'anno compie i suoi 30 anni di attività, la seconda sulla vicenda di Serantini. Uno spettacolo teatrale che ha messo in scena la vita di Franco, accompagnato da musica e canzoni di protesta (I "Sonalastrana" e la "Ciurma") ha visto la presenza di alcune centinaia di persone. Una giornata dedicata oltre che alla memoria anche alla sensibilizzazione per la difesa degli spazi liberi e autogestiti. Infatti, a Pisa, come nel resto d'Italia, ogni centro o gruppo autogestito vive un costante attacco da parte delle istituzioni sia di destra che di centro-sinistra unite in questo da una politica repressiva che fa dell'emergenza sicurezza il proprio cavallo di battaglia.
Il ricordo di Serantini, quindi, è anche un modo per aprire momenti di discussione sul significato e l'importanza di tutti quei luoghi in cui la conservazione della memoria diventa strumento fondamentale per mantenere viva la propria identità e la storia politica dei movimenti libertari e di opposizione, che rischia troppo spesso di cadere vittima dell'oblio o delle mistificazioni ad uso e consumo del potere che cambia volto ma mai sostanza.  

Laura

Palermo. 25 aprile  

Il 25 aprile si è svolta a Palermo una importante giornata di lotta dove sono stati attivi i militanti del Coordinamento Anarchico Palermitano. La giornata è cominciata alle 9 del mattino con la commemorazione al Giardino Inglese, davanti al cippo che ricorda la Divisione Acqui che combattè a Cefalonia. Davanti l'ingresso del Giardino è stato distribuito il volantino il cui titolo era: "LIBERAZIONE, RIVOLUZIONE!". Subito dopo la commemorazione i compagni si sono spostati nella vicina piazza Verdi (sul marciapiede antistante il Teatro Massimo) dove hanno esposto dieci pannelli sulla Resistenza degli anarchici ,con tanto di volantini storici e foto d'epoca. La mostra si è incentrata sull'importantissimo contributo (molto spesso ignorato dai più) degli anarchici nella lotta di liberazione dal nazifascismo, lotta che è iniziata molto prima del 1943 e che ha visto gli anarchici impegnati nella resistenza fin dai primi episodi della reazione fascista,  alla fine del biennio rosso. Durante il presidio è stato effettuato un massiccio volantinaggio. La mostra, inserita nella piazza tematica organizzata dal Laboratorio Antifascista Palermitano e dalla Consulta Studentesca, è rimasta esposta tutta la giornata ed ha riscosso un grande successo.
TAZ  laboratorio di comunicazione libertaria

Torino. Scritte su sedi PD e de La Stampa

"Calabresi assassino. Pinelli assassinato. Nessuna pace con lo Stato. FAI" questa scritta è comparsa su alcune sedi del partito di Napolitano, il PD, e sul palazzo del quotidiano La Stampa.
Un reporter di passaggio ha scattato alcune foto delle sedi PD di via Cervino, via Beaulard, via Mazzini e dei muri de La Stampa in via Marenco. Le trovate qui:
http://piemonte.indymedia.org/article/4902
Di seguito il testo diffuso dalla FAI torinese sulla equiparazione tra vittime e carnefici fatta da Giorgio Napolitano in occasione della giornata dedicata alle vittime del terrorismo, in cui ha invitato la vedova dell'anarchico Pino Pinelli e quella del suo assassino, il commissario Luigi Calabresi.
Pinelli. Nessuna pace con lo Stato
Torniamo indietro. A quel dannato 15 dicembre del 1969, il giorno che Giuseppe Pinelli venne ammazzato nella questura di Milano, nella stanza del commissario della "squadra politica" Luigi Calabresi. Tre giorni prima una bomba di Stato aveva fatto strage di 17 persone nella banca dell'agricoltura di piazza Fontana. Immediatamente era scattata la caccia all'anarchico: decine e decine di compagni erano stati fermati e portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella lotta alla repressione, era uno dei tanti. Uno dei tanti che in quegli anni riempivano le piazze per farla finita con lo sfruttamento e l'oppressione. Il copione venne preparato con cura ed eseguito a puntino. Un sistema politico e sociale che aveva imbalsamato la Resistenza, represso la protesta operaia e contadina, stava traballando sotto la pressione delle lotte a scuola e in fabbrica. La strage di piazza Fontana, la criminalizzazione degli anarchici, l'assassinio di Giuseppe Pinelli furono la risposta dello Stato al movimento del Sessantotto e del Sessantanove. Solo la forza di quel movimento impedì che il cerchio si chiudesse, che gli anarchici venissero condannati per quella strage, la prima delle tante che insanguinarono l'Italia. Quelle stragi, maturate nel cuore stesso delle istituzioni "democratiche", miravano ad imporre una svolta autoritaria, a dittature feroci come quelle di Grecia, Argentina, Cile. Basta con la favola dei "servizi segreti deviati"! Gli stragisti sedevano sui banchi del governo. Uomini dei servizi e poliziotti come Calabresi obbedivano fedelmente alle direttive dello Stato. La stessa scelta della lotta armata, che pur buona parte degli anarchici non condivise per il suo carattere avanguardista e militarista, scaturì dal timore che un nuovo fascismo fosse alle porte. Fu anche una risposta alle stragi e alla repressione. Dopo 40 anni lo Stato cerca di assolvere definitivamente se stesso, mettendo sullo stesso piano i carnefici e le vittime. Non è un caso che il protagonista sia Giorgio Napolitano, che, come il suo collega Violante, riscrive la storia mettendo sullo stesso piano le ragioni dei carnefici e quelle delle vittime. Invitare alla stessa cerimonia la vedova di Pino e quella del suo assassino è il segno di una storia che si vuol chiudere all'insegna di una pacificazione impossibile, vergognosa, inaccettabile. L'umana pietà per i morti, per tutti i morti, non può mutare di segno allo scontro irriducibile che, in quegli anni, contrappose sfruttati e sfruttatori, oppressi ed oppressori, servi dello Stato e suoi irriducibili nemici. Nella notte tra il 6 e il 7 maggio, nel Centro di Identificazione e Espulsione (CIE) di Ponte Galeria a Roma una donna si è impiccata nei bagni. Si chiamava Nabruka Mimuni, era un'immigrata tunisina in Italia da 20 anni. Quel giorno avrebbe dovuto essere deportata ma ha scelto di morire dove aveva deciso di vivere. Nabruka è stata uccisa dalle leggi razziste della democrazia italiana.
Poco più di dieci anni fa una legge dello Stato istituì le prigioni per migranti, i Centri come quello dove è morta Nabruka. In tanti sono stati uccisi da quella legge: migliaia e migliaia inghiottiti dal mare dove viaggiano le carrette dei senza carte. Quella legge portava anche la firma di Giorgio Napolitano. Lo stesso che oggi versa lacrime di coccodrillo sui morti di quarant'anni fa. Tra qualche decennio nessuno ricorderà Nabruka e i tanti come lei. Se così non fosse un presidente della Repubblica dall'animo gentile vorrà un incontro tra i parenti di Nabruka e quelli di Napolitano?
Vorrà che i parenti degli assassini facciano pace con i parenti delle vittime?
Non c'è altra democrazia che la democrazia reale, quella fatta di stragi, morti nelle piazze, nelle questure, nelle prigioni, sui posti di lavoro dove, per legge, chi uccide se la cava con una multa.
Nessuna pace con lo Stato!
Pinelli è Stato ammazzato. Calabresi era uno degli assassini.

R. Em.

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