Umanità Nova, n.19 del 17 maggio 2009, anno 89

L'Altra Internet. Notizie che scottano


Il 9 aprile scorso, quando è “sparito” dal web il sito wikileaks.de, per qualche giorno tutti hanno pensato all’ennesimo atto di censura delle autorità contro un sito scomodo. Invece pare che si sia trattato solo di una “distrazione” dei gestori del sito che avevano dimenticato di pagare in tempo la tassa di registrazione.
Wikileaks è un progetto, nato alla fine del 2006, sul quale in questi tre anni sono stati pubblicati migliaia di documenti che di solito vengono classificati come ”segreti” o della cui esistenza non si è mai sentito parlare. Dopotutto lo scopo di wikileaks è chiaro: “assistiamo le persone di tutti i paesi che vogliono rivelare i comportamenti eticamente scorretti dei loro governi e delle loro istituzioni”.
Per dare una idea del tipo di documenti pubblicati su wikileaks si veda l’elenco di quelli riguardanti l’Italia che vanno dal “Modulo iscrizione servizi Scientology” all’”Audit of the Galileo System at the United Nations Logistic Base in Brindisi”, dal “Vatican decree of investigation in relation to Miles Jesu” a non meglio precisate “Italian mother-daughter telephone intercepts”. Uno degli ultimi documenti pubblicati riguarda l’ACTA, un protocollo di intesa firmato da vari paesi sui problemi relativi al copyright, i cui particolari non sono stati mai resi pubblicamente noti.
Naturalmente, data la natura dei documenti e l’anonimato dietro al quale si nascondono coloro che li mettono a disposizione, nessuno potrebbe essere mai sicuro che siano autentici o se siano il prodotto del lavoro di intossicazione dell’informazione portata avanti dai servizi segreti di tutti gli Stati del mondo.
Qualunque sia la verità, resta il fatto che un sito del genere non si può certo aspettare gli encomi delle autorità costituite e infatti lo scorso 24 marzo, la casa dell’intestatario del dominio wikileaks.de è stata perquisita da una dozzina di agenti alla ricerca di “materiale pornografico”. La scintilla che ha scatenato la repressione è stata la pubblicazione su wikileaks della lista dei siti proibiti in Australia, dove (come in Italia) esiste un qualche comitato che non ha di meglio da fare che stilare liste di siti che i cittadini non devono vedere. Nella lista in questione comparivano soprattutto siti etichettati come porno, pedofili o presunti tali, ma nell’elenco si trovavano anche siti di studi dentistici ed altri difficilmente classificabili come pericolosi. Già in passato erano state pubblicate liste simili relative alla Tailandia, alla Danimarca e ad altri paesi.
Episodi del genere dimostrano che, nonostante tutti gli stati continuino a lamentarsi di come in Cina, in Tailandia o a Cuba ci sia una limitazione della libertà di espressione su Internet (e non solo), poi essi agiscano esattamente come quei governi tanto criticati. Questo perché la libertà di espressione fa paura, a prescindere dalla forma che assume il sistema di sfruttamento.

Pepsy

Link: https://secure.wikileaks.org/wiki/Wikileaks/it

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