A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
E' passato del tempo ormai da quando in Francia si era verificato il
primo caso di "sequestro di manager" e oramai la stampa internazionale
tende (chissà perché) a stendere un velo su tutto quello
che riguarda questa nuova ed eclatante forma di lotta.
Al di fuori delle frontiere francesi sembra che tutto sia tornato alla
normalità, ma così non è; proseguono infatti le
dure lotte alla Caterpillar e alla Continental, alle quali si sono
aggiunte nella seconda metà di aprile quelle iniziate in due
ulteriori siti produttivi: la Faure et Machet di Woippy in Mosella,
un'impresa di logistica (gruppo Fm Logistic), dove i 120 dipendenti, al
grido di "prosperità, profitti, 489 licenziamenti", hanno tenuto
per dieci ore in ostaggio cinque membri della direzione, nello
stabilimento che dovrà chiudere entro il 2010, protestando
contro le condizioni poste per i licenziamenti. Giovedì 16
aprile, in mattinata, i manager sono stati chiusi nella sala riunioni,
perché sono state giudicate «insufficienti» le
misure prese per compensare il piano di licenziamenti.
La situazione si è poi risolta quando i dirigenti sono stati
lasciati liberi di uscire con l'impegno da parte dell'azienda di
riaprire le trattative. Analoga vicenda alla Molex Automotive di
Villemur-sur-Tarn, nei pressi di Tolosa, filiale francese della
statunitense Molex, dove il 19 aprile alcuni dipendenti hanno impedito
l'uscita dagli uffici a due dirigenti, il vice direttore generale
Marcus Kerriou e la direttrice delle risorse umane, Coline Colboc.
La Molex aveva annunciato già nello scorso mese di ottobre la
chiusura dell'impianto e il trasferimento delle attività in
Cina, con la perdita di 300 posti di lavoro: nel frattempo però
è saltato fuori che la dirigenza era a conoscenza del piano di
chiusura molto prima dell'annuncio ufficiale e che da mesi l'azienda
aveva iniziato a spostare le sue materie prime verso altri stabilimenti
all'estero.
Questo fatto ha scatenato l'ira dei lavoratori che ora esigono il
mantenimento dello stabilimento e dei propri posti di lavoro anche nel
caso in cui l'azienda dovesse decidere di lasciare l'attività:
"Devono restituire i materiali e andarsene, perché nessuno vuole
più lavorare per la Molex, ma devono anche lasciarci 100 milioni
di euro di indennità per aver mentito e rubato da quando hanno
rilevato l'azienda, cinque anni fa".
A la prochaine.
Continua alla Fiat di Pomigliano il braccio di ferro tra l'azienda
ed i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i 316 addetti che
Marchionne aveva spostato d'imperio alla unità logistica di
Nola, motivando questa "deportazione" con le solite necessità
aziendali.
Il vero motivo di questo spostamento di personale si può leggere
invece nel fatto che l'operazione ha coinvolto circa l'80% degli
iscritti Slai Cobas, allontanati proprio dallo stabilimento di
Pomigliano in prossimità delle elezioni per il rinnovo della
RSU, previste per il mese di giugno.
Non può quindi sfuggire a nessuno come una manovra di questo
genere sia assolutamente strumentale e finalizzata a depotenziare le
lotte nello stabilimento Fiat più noto al Sud, proprio in un
momento di pesante crisi del settore auto e mentre a Pomigliano si fa
ricorso massicciamente alla cassa integrazione.
Contro l'azione della Fiat lo Slai Cobas sta reagendo con la
mobilitazione e con la richiesta - presentata al giudice del
lavoro - di un decreto d'urgenza per il rientro di tutti i lavoratori.
La Maflow è una azienda metalmeccanica che produce tubi per condizionatori a Trezzano sul Naviglio alle porte di Milano.
Ricordiamo che in quest'ultimo periodo questa azienda ha utilizzato il
sistema della cassa integrazione come se fosse il lavoro a chiamata.
Ora la situazione è diventata drammatica e, di fronte a una
trattativa caratterizzata da scarsa chiarezza, i lavoratori sono stato
costretti ad una forte mobilitazione. Il 15 aprile una sessantina di
lavoratori hanno organizzato un presidio davanti alle porte dello
stabilimento. "In questi ultimi cinque anni la direzione ci ha
raccontato che per restare competitivi sul mercato si doveva
delocalizzare e così hanno svuotato lo stabilimento, portando le
macchine in Polonia. E adesso siamo alla liquidazione – afferma Massimo
Lettieri delegato della FLMUniti-CUB - a questo punto chiediamo
che possa subentrare al più presto un nuovo investitore".
Da mercoledì 8 aprile per tre giorni consecutivi i lavoratori
delle cooperative che facevano capo al Consorzio Impresa Ytaca sono
stati in presidio davanti alla sede alla SMA di Rozzano,
nell'hinterland milanese.
Il motivo principale di questa lotta è che la SMA, revocando
l'appalto alle cooperative che gestivano lo scarico e carico delle
merci nei suoi magazzini di Segrate ha lasciato i 110 operai, quasi
tutti immigrati, improvvisamente senza lavoro e senza lo stipendio
degli ultimi due mesi. La magistratura infatti ha messo sotto sequestro
i beni del Consorzio Imprese Ytaka i cui responsabili sono stati
arrestati nel corso di un'operazione contro la 'ndrangheta. Ne è
seguito che la committente SMA ha affidato l'appalto a una cooperativa
subentrata, prendendo al lavoro solo 50 dei 110 lavoratori occupati,
senza seguire le normali regole e procedure, pretendendo gli stessi
volumi di movimentazione delle merci.
L'SdL Intercategoriale, che segue la vicenda, chiede che tutti i
lavoratori vengano assorbiti dalla nuova cooperativa rispettando il
contratto di lavoro e che vengano retribuiti i mesi arretrati,
perché i lavoratori non debbono pagare le colpe dei padroni.
A Milano, Il Fontanile é una Cooperativa sociale
nonché ONLUS che gestisce alcune comunità riabilitative
per disabili, situate nel bel mezzo del Parco Lambro, un grande parco
periferico mal frequentato di notte e che rappresenta un problema per
la sicurezza delle lavoratrici quando, da sole, svolgono il loro turno
notturno.
A ciò si aggiunge il fatto che, come sovente accade in questo
settore, Il Fontanile non rispetta il Contratto nazionale, quello
integrativo e i contratti individuali e, in alcuni casi specifici, le
norme di legge che disciplinano l'orario di lavoro.
Contro chi si é rivolto al sindacato, Il Fontanile ha oltretutto
pensato bene di muovere contestazioni disciplinari assolutamente
strumentali.
A sostegno di questi lavoratori si é però messa in moto
la solidarietà dei lavoratori del settore, di associazioni e di
privati cittadini – sia da Milano che dall'intera Provincia – con
l'invio di numerose emails di protesta contro le pratiche
discriminatorie messe in atto da Il Fontanile.
Questo movimento di appoggio ha favorito la CUB Sanità nel
sostenere le richieste avanzate dai lavoratori, preannunciando il
ricorso ad azioni di lotta e di vertenza qualora il Fontanile
proseguisse con le attività antisindacali e discriminatorie
sinora messe in atto.
Per contatti ed invio informazioni:
bel-lavoro@federazioneanarchica.org