Siamo dunque giunti all'ennesima
puntata di quello che – se non fosse per i supplizi fisici e
psicologici inferti agli imputati – potrebbe sembrare una "vaudeville"
con tanto di recitativo e cantato da parte di una compagnia di
teatranti da strapazzo. Infatti, non solo la cantante – il PM Manuela
Comodi – ha mostrato scarsi propensi al canto, steccando nel definire
la "Federazione Anarchica Informale" il braccio armato della
"Federazione Anarchica Italiana", ma anche il resto della compagnia
(militare) ha mostrato abilità da guitti sbagliando le parti, i
tempi di entrata, ma soprattutto recitando in modo inverosimile,
irreale e colpevole per una "partitura" la cui trama non regge. Il
pubblico, impaziente, attende la fine di tutto questo, non certo per
applaudire, piuttosto per vedersi restituire – oltre ai soldi del
biglietto – anche le giovani quattro vittime.
[per gli amanti del trash, sul n. 16 di U.N. è stato pubblicato un riassunto delle puntate precedenti.]
La terza udienza che si è svolta in Corte d'Assise a Terni,
durante il processo che vede vittime 4 giovani spoletini che hanno
pagato fino ad un anno di carcere in custodia cautelare il prezzo di
questo che abbiamo sempre giudicato un teorema basato su
interpretazioni senza prova alcuna, ha visto aggiungersi clamorosi
colpi di scena, paradossalmente proprio dai testimoni dell'accusa.
1) Per quanto riguarda il capo B), l'incendio di un cantiere a Colle
San Tommaso, non possiamo non segnalare un notizia sorprendente, grave
e inattesa:
il giornale Il Vicenza come prova non è mai esistito! Ricordiamo
che l'unico indizio a danno di Fabiani e Dinucci, accusati di
quell'episodio, è di essersi recati a Vicenza, insieme ad altre
centinaia di umbri e decine di spoletini, ad una manifestazione il 17
febbraio 2007 e che poi un quotidiano locale di Vicenza sarebbe stato
utilizzato per appiccare le fiamme un mese dopo (stupidi questi
terroristi!). Ora questo indizio del tutto irrilevante si è
mostrato per ciò che era: un'invenzione. Già nella
precedente udienza del 28 aprile uno dei carabinieri interrogati aveva
dichiarato che il giornale utilizzato era irriconoscibile in quanto
quasi completamente combusto, ma che successivamente qualche suo
superiore aveva trovato fra le pagine bruciacchiate un numero di
telefono ricollegabile a quello della redazione vicentina. Ora questo
carabiniere non è stato ancora sentito, le pagine bruciate non
sono state mostrate, quel numero non è stato fornito e nessuno
dei difensori ha potuto controllarlo. Ma in ogni caso ciò non
dimostra nulla. Se prendiamo, ad esempio, il Corriere dell'Umbria
troviamo oltre al numero della redazione di Spoleto, Foligno, Perugia,
Terni, Orvieto, Città di Castello, anche quella di Arezzo, Pisa,
Livorno, Viterbo, Rieti...chi ci dice che quello fosse davvero un
giornale acquistato a Vicenza? In secondo luogo, chi ci dice che fosse
stato acquistato proprio il 17 febbraio? Per due anni è stato
scritto che il giornale vicentino era del 17 febbraio e che quel giorno
solo Fabiani e Dinucci erano a Vicenza (cosa evidentemente falsa dato
che c'erano 100mila persone, fra cui decine di spoletini). Ora
scopriamo che il giornale "probabilmente" era di Vicenza, ma le prove
di questa "probabilità" non sono state mostrate, ma soprattutto
scopriamo che non è vero che il giornale fosse del 17 febbraio e
che questo mostrerebbe le responsabilità degli imputati, ma al
contrario proprio perché i "principali sospettati" (in termini
semplici: i ragazzi predestinati alla parte dei colpevoli) erano a
Vicenza il 17 allora è stato dedotto (con un ragionamento
assolutamente apodittico) che quel giornale altro non poteva essere che
del 17. Questa notizia estremamente grave era già emersa durante
la seconda udienza. Le cose si sono ulteriormente chiarite nella loro
gravità: tutti i testimoni dell'accusa nel ricostruire
l'episodio non hanno fatto cenno a quel giornale, a nulla sono valsi i
tentativi del PM di "cercare" le risposte o di "ricordare" che mancava
qualcosa, nessuno si è ricordato di nulla. Di più, ognuno
dei testi ha fornito dichiarazioni molto diverse da quelle raccolte
nell'immediato dai Carabinieri. Ancora di più, i verbali redatti
dai carabinieri sono praticamente identici tra loro, cambia solo la
firma che hanno fatto apporre ai testi sentiti.
2) Per quanto riguarda il capo D), l'incendio dell'Ecomostro di via
della Posterna, lo stesso dove i Vigili del Fuoco hanno detto che
probabilmente non è di origine dolosa e lo stesso dove circa una
decina di persone hanno visto Fabiani, l'unico imputato per quel reato,
dalla parte opposta di Spoleto, ebbene è stato sentito un
responsabile della ditta e ha dichiarato che il danno era così
lieve da non aver fatto nemmeno la denuncia!
3) Per quanto riguarda la lettera ricevuta dalla Lorenzetti, in un
primo momento scomparsa, sembra sia stata ritrovata. Dobbiamo, a tal
proposito, rettificare alcuni articoli comparsi sui giornali secondo i
quali gli avvocati difensori si sarebbero opposti a fare gli esami su
quella busta. Non è assolutamente vero, i difensori sapendo di
non avere da temere nulla sono stati gli unici a chiedere che tali
esami venissero fatti, mentre il PM rispondeva che ciò era
inutile perché essi comunque erano negativi. Incredibile che
alcuni giornali avessero dichiarato proprio l'esatto contrario. Chi
avesse capito male, siamo convinti che oggi correggerà il tiro,
dato che è stata la stessa PM a ripetere per la seconda volta in
due udienze che ogni esame (DNA, impronte, ecc) era inutile
perché lo avevano già fatto loro con esito negativo.
Finalmente la lettera è stata ritrovata, è stata mostrata
e tutti hanno potuto notare che vi fosse scritto un "8" e un altro "8",
questo può voler dire solo una cosa, 8 agosto e non 17 agosto,
come sostenuto dai ROS. Quindi prima dell'intercettazione del 15, del
"regalo" che Dinucci ha dato a Fabiani, che per i ROS in codice voleva
dire "pallottole". Fabiani l'8, ricordiamo, era in Puglia.
La giornata è stata molto importante per ristabilire la
verità: 1) non c'era nessun giornale di Vicenza presso Colle San
Tommaso, 2) i danni all'Ecomostro, che dalle documentazioni dei VVFF
erano già emersi come probabile conseguenza di
un'autocombustione, erano anche talmente insignificanti da non aver
dato luogo neanche ad una denuncia, 3) nella lettera alla Lorenzetti
non ci sono le impronte e la busta che la conteneva insieme a due
pallottole è partita prima che queste pallottole venissero
consegnate, secondo l'ipotesi accusatoria, e quando uno degli imputati
era fuori regione.
C'e n'è abbastanza per scrivere la sesta parte della
Controinchiesta e soprattutto per capire come funziona la ricerca dei
"colpevoli" nella giustizia italiana.
Alcuni bardasci