Fra i vari provvedimenti licenziati dalle Camere (aule e commissioni) quello legato al ddl "Alfano" ha introdotto il lodo "007."
Di questo provvedimento è stata data la notizia nelle "interne",
soffermandosi sul tema delle intercettazioni, senza clamore, mentre
è evidentemente una notizia da commentare.
Torneremo più avanti sui contenuti. Il primo commento è
che tale pronunciamento evidenzia la necessità di ridislocare il
potere nella compagine governativa.
Infatti il premier potrà avocare atti giudiziari e sottoporli ad
un segreto di stato che era stato mitigato nel 2007 (riforma dei
servizi segreti, vedi nota a seguito) anche a seguito di una
defatigante battaglia di carattere giuridico-istituzionale condotta dai
familiari delle vittime delle stragi (da Bologna a Ustica).
Come diciamo spesso e ben si sa: "cane non mangia cane"; alludendo alla
compartecipazione alle logiche ed alle scelte del potere da parte di
tutti i soggetti coinvolti anche quando questi esercitano funzione di
opposizione al governo.
Infatti il segreto di stato non è mai stato abolito così
come il non accesso agli archivi è stato prolungato dai canonici
35 anni a ben 70 anni.
La nuova normativa dà al presidente del consiglio dei ministri
la facoltà di apporre segreto di stato quando la magistratura
indaghi su soggetti appartenenti ai servizi di "informazione e
sicurezza" ed obbliga la magistratura a comunicare "entro 5 giorni"
ogni iniziativa investigativa indirizzata in tal senso.
A questo punto il capo del governo potrà bloccare o meno (senza limiti alla discrezionalità) l'indagine in corso.
Facciamo una retrospettiva sull'attuale organizzazione dei servizi. Da
wikipedia " … in seguito alla legge del 3 agosto 2007 n. 124, con la
riforma dei servizi segreti per cui cessano di esistere il CESIS -
Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza, il SISMI
- Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare, il SISDE -
Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica, sostituiti
rispettivamente dal Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza,
dall'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna, dall'Agenzia
Informazioni e Sicurezza Interna. Gli organi sono stabili dalla
predetta legge n. 124/2007."
Quindi le nuove sigle (giusto per confondere e camuffare) sono:
1. DIS: superservizio alle dipendenze del capo del governo e deputato a controllare gli altri due;
2. AISI: agisce in patria e non può agire
all'estero e nel caso debba debordare da questi limiti le sue
operazioni passano sotto il controllo del DIS e vengono avocate da AISE;
3. AISE: agisce all'estero ed ha vincoli di reciprocità con AISI sotto il controllo del DIS.
AISI si appoggia come struttura operativa sul ministero degli interni,
AISE su quello della difesa; per semplicità si può dire
che AISI ha scopi politici mentre AISE ha scopi militari e strategici;
non è un caso che negli atti parlamentari che hanno promulgato
questa riforma si faccia esplicito riferimento a NSA per AISI e a CIA
per AISE.
Ma chi controlla i controllori? Fino ad ora le funzioni di controllo
potevano essere surrogate dalla magistratura nell'espletamento delle
proprie funzioni; cioè di fronte ad una notizia di reato la
magistratura aveva la possibilità di aprire un'indagine (come
nel caso del famoso Abu Omar) e di indagare anche sui comportamenti
degli appartenenti ai servizi.
A questo punto tale funzione è avocata di fatto dal capo del governo e dal DIS che ne compone il gabinetto.
Dopo questa noiosa carrellata sulla struttura dei servizi veniamo agli aspetti politici.
Sulle colonne di questo giornale non siamo certo dei partigiani della
magistratura che abbiamo più volte avuto modo di segnalare come
uno dei tanti "cani da guardia" di questo regime. Ma come si suol dire:
quattro occhi vedono meglio di due ed un controllo più diffuso
può far emergere qualche verità anche quando questa sia
"scomoda". Non fosse altro che per gli antagonismi che si producono
nelle strutture di comando.
La presidenza del consiglio, evidentemente, non è soddisfatta
del proprio ruolo di "primus inter pares", ma vuole consolidare la sua
egemonia avendo truppe alle proprie dipendenze visto che le altre
truppe sono controllate politicamente da Fini e i suoi (guarda caso)
"colonnelli" e funzionalmente dai ministeri preposti.
La consistenza di queste "truppe" è stimabile (mancando dati
pubblici) nell'ordine di 100.000 effettivi, composti da circa il 30% di
uomini dei servizi e per la restante percentuale da "precari e
avventizi"; ma l'elemento significativo è che questa struttura
"permea" le altre strutture politico militari dello stato. In tutti i
corpi (dai carabinieri fino alle guardia di finanza passando per la
polizia di stato) ci sono reparti addetti ai servizi e uomini dei
servizi all'interno di reparti operativi e di raccordo.
Quindi un provvedimento che garantisca impunità a questi uomini
serve a garantirne la fedeltà alla funzione direttiva del
governo e del suo capo.
Questa non è che una delle tante "riformette" che stanno, giorno
dopo giorno, trasformando la democrazia italiana (regime già di
per sé autoritario) in una forma politica ancor più
autoritaria. Su questo versante le declinazioni del fenomeno si
sprecano: da democrazia oligarchica a democratura (dittatura
democratica) a, forse più grossolanamente, ma in maniera
efficace, regime fascista.
Agli anarchici, disincantati agitatori in questo marasma, il compito di
denunciare, informare e suscitare rivolta per riaffermare spazi di
reale libertà in una prospettiva egualitaria e solidale.
Redb