Umanità Nova, n.21 del 31 maggio 2009, anno 89

informAzione - 2


Torino. Arrestati due antirazzisti

C'è stato un tempo che i fascisti, in certi quartieri, non si facevano vedere. Sapevano bene che in periferia la gente ha la memoria lunga e loro non erano graditi.
Poi il tempo passa, la memoria sbiadisce, la guerra di classe cede il passo alla guerra tra poveri, i militari girano per le strade. I fascisti rimettono fuori il naso.
Ma c'è chi, come gli antirazzisti, alla guerra tra poveri, ai militari nelle strade, alle retate di immigrati, alle leggi razziste, al fascismo che avanza non è disposto a rassegnarsi.
Sabato mattina, è il 23 maggio ma a Torino fa caldo come ad agosto, all'angolo tra piazza della Repubblica e via Milano, c'è un gazebo de la Destra. A metà mattina il gazebo rovina a terra. In giro ci sono gli alpini. Due antirazzisti, Marco e Fabio, sono fermati e poi arrestati e portati al carcere delle Vallette.
Nel pomeriggio alcuni antirazzisti, accorsi alla notizia degli arresti, hanno fatto un giro informativo per il mercato di Porta Palazzo e per il Balon.
Il giorno dopo è domenica: a Porta Palazzo, nella zona del mercato abusivo degli immigrati, è stato fissato un appuntamento per esprimere solidarietà ai compagni arrestati. Si raduna una sessantina di solidali: dopo qualche intervento e un po' di musica, parte un mini corteo informativo che attraversa la grande piazza e fa un breve giro in centro.

R. Em

Terni. Brushwood: la parola al regista della commedia

L'udienza si è aperta con quella che doveva essere la novità dell'accusa: una perizia di cui la difesa era del tutto all'oscuro. Si tira fuori la "prova" calligrafica che in realtà non può provare nulla in quanto, per antonomasia, priva di scientificità. Naturalmente la difesa andrà a verificare con una sua perizia questo sostituto di prova, guarda caso "venuto fuori" in mancanza d'altro, ad un anno e mezzo dagli arresti!
L'accusa ha così presentato il suo principale teste, il colonnello dei ROS Fabi, per così dire il regista di tutta l'operazione, in perfetta sintonia con il pm Manuela Comodi, al punto da correggersi reciprocamente espressioni e domande, il colonnello di Perugia ha tentato con estrema difficoltà di rappresentare il teorema che sorregge l'operazione.
Il tentativo come era già evidente dall'ordinanza che richiedeva l'arresto il 23 ottobre dei 5 ragazzi spoletini, (per uno di essi non vi erano nemmeno le prove per richiedere il rinvio a giudizio), è stato quello di collegarli strettamente alle organizzazioni anarcoinsurrezionaliste. In realtà l'operazione politica è evidente, Michele e gli altri "sono anarchici" e perciò non potevano che essere loro.
Ciò è emerso senza dubbio alcuno quando ad interrogare Fabi, dopo il pm, è arrivata la difesa di Michele con l'avvocato Marco Lucentini. Fabi è caduto in continue contraddizioni, non riuscendo a spiegare come mai le indagini si sono concentrate subito contro Fabiani.
Strano personaggio il colonnello dei ROS, da una parte ha una memoria eccezionale, ricorda perfino che due giorni prima dell'incendio erano state comprate due bottiglie di alcol identiche a quelle usate nell'incendio, mentre dall'altra non è andato nemmeno a controllare dove fosse il Fabiani al momento della vendita di quelle bottiglie. Lo ha dovuto ricordare Lucentini, a Fabi e alla Corte, Michele era al lavoro!
A quel punto Fabi, evidentemente indispettito nel vedere la sua inchiesta incrinarsi pericolosamente, si è un po' agitato. Ha prima detto che gravissimo indizio, a suo avviso, era che Fabiani fosse a Spoleto in quei giorni. Ovviamente i difensori gli hanno ricordato che Fabiani vive, viveva, studia, studiava e lavorava a Spoleto, così come altre 40 mila persone. Allora il colonello testimone dell'accusa ha dichiarato, ricalcando nel nervosismo, proprio lo stesso banale esempio di Frosinone tratto dalle espressioni di Lucentini: "Lo sa che le dico? Che anche se il cellulare del Fabiani fosse stato a Frosinone, io avrei lo stesso sospettato che l'imputato lo avesse dato ad un complice per coprire le sue tracce!"
Nessuna confessione più esplicita poteva provenire dal massimo esponente del Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri sul modo prevenuto e pregiudizievole con cui sono iniziate prima e proseguite poi le indagini.
L'escussione del teste dell'accusa, dopo 8 ore, è stata interrotta.
Proseguirà fra un mese e mezzo, il 30 giugno alle 9, quando completeranno il controesame l'altro difensore di Michele e gli avvocati degli altri 3 ragazzi (Damiano Corrias, Dario Polinori e Dinucci Andrea) sotto processo in Corte d'Assise per un'inchiesta ogni giorno più debole.

Comitato 23 ottobre

Torino. Tre giorni contro il G8 dei rettori

Sono durate tre giorni le iniziative organizzate dall'Onda torinese contro il G8 dell'Università. Il rettore del Politecnico, Profumo, promotore dell'incontro svoltosi dal 17 al 19 maggio al castello del Valentino, sede della facoltà di architettura, ha dovuto fare i conti con tre giorni di contestazione. Prudentemente, temendo l'Onda e le possibili mareggiate, ministri e politici di primo piano si sono tenuti alla larga.
Nei fatti il movimento dell'Onda, che all'ombra della Mole era ormai nella più ferma bonaccia da mesi, pur infastidendo per tre giorni la kermesse del Valentino, non è mai riuscito a coinvolgere la gran parte degli studenti, che sono rimasti in buon numero alla finestra.
I medi e le reti di genitori e insegnanti delle elementari, grandi protagonisti delle lotte di autunno, non si sono visti. Quelli delle facoltà umanistiche si sono goduti tre giorni di vacanze fuori programma, perché il rettore Pellizzetti, temendo che il palazzo di via S. Ottavio sfuggisse al suo controllo, ha chiuso a sorpresa la principale sede dell'Ateneo durante il summit. Agli autonomi del collettivo universitario non è rimasto che ripiegare sulla palazzina "Aldo Moro", una dependance con tre o quattro aule, occupata e ribattezzata "Block G8 Building". Qui si sono tenuti incontri, concerti, assemblee. All'incontro internazionale, dove hanno parlato anche studenti tedeschi, francesi, greci, svoltosi lunedì 18 erano presenti una cinquantina di persone.
I "moderati" si sono dati appuntamento per un campeggio, sponsorizzato dal Comune, al Valentino. La loro iniziativa più importante, un corteo caratterizzato dallo stile pink/silver della Torino Samba band in versione Clown Army, si è svolto domenica 17. Vi ha preso parte qualche centinaio di studenti.
Lunedì 18 una trentina di studenti ha aperto uno striscione e tirato qualche gavettone d'acqua a quelli dell'antisommossa schierati di fronte al Castello del Valentino. Subito è partita una carica ordinata dal vicequestore Spartaco Mortola, uno che i gradi se li era guadagnati durante un altro G8, quello di Genova. Segue una mezza mattinata con gli studenti che girano la città tallonati dalla polizia, mettendo di tanto in tanto qualche cassonetto in mezzo alla strada. In via Roma, quando gli studenti sono diventati una cinquantina, parte una nuova carica di alleggerimento. Un'esponente di Rifondazione ne esce con un braccio rotto.
Nel pomeriggio un gruppetto di studenti del Politecnico armati di striscione "fuori le aziende dall'Università" occupa gli uffici della General Motors Powertrain Europe, che hanno sede all'interno delle strutture del Politecnico. Gli occupanti fanno un'assemblea, redigono un documento e pongono poi fine spontaneamente all'iniziativa.
Il giorno successivo c'è il corteo dei Block G8. La partenza è fissata per le 10 ma a quell'ora, davanti alla palazzina Aldo Moro, non ci sono più di un centinaio di persone. Il corteo partirà ben dopo mezzogiorno, dopo l'arrivo del gruppo proveniente di Milano. Oltre agli studenti ci sono i precari della ricerca e i lavoratori delle biblioteche e, in fondo, un gruppetto di Rifondazione, il partito che il sindaco Chiamparino ha appena buttato fuori dalle poltrone dell'amministrazione. In tutto circa duemila manifestanti. Il corteo sfila di corsa, senza soste per arrivare al Valentino prima della chiusura del summit prevista per le 13,30.
Lo schieramento predisposto dalla Questura è imponente. Le prime file avanzano incordonate ma non arriveranno mai a contatto con i poliziotti che sparano un inferno di lacrimogeni. In pochi minuti corso Marconi, la strada che porta al Castello, è avvolta in una fitta nebbia bianca e gli uomini in divisa sono padroni della strada. Nel quartiere di S. Salvario, durante la ritirata, un po' di cassonetti vengono messi in strada, un paio di auto e il dehor di un bar subiscono danni. Il giorno successivo gli autonomi annunciano che rifonderanno il proprietario del bar. Durante la carica, uno studente di Milano viene arrestato con l'accusa di danneggiamento e resistenza e tradotto in carcere. In mattinata, prima della partenza del corteo, era stato fermato e poi arrestato un operaio torinese, che pare avesse con sé petardi e benzina. Due giorni dopo il tribunale convaliderà entrambi gli arresti.

R. Em.

Torino. Incontro con Uri Gordon

Il compagno Uri Gordon, di "anarchici contro il muro", una rete che, nell'Israele dell'apartheid, sostiene attivamente la resistenza della popolazione dei villaggi palestinesi contro la barriera di separazione, ha tenuto una conferenza a Torino il 12 maggio.
Una serata densa, dove il racconto delle azioni si è intrecciato con la storia di un movimento, quello anarchico israeliano, che trova le proprie origini nelle sperimentazioni autogestionarie e comuniste dei primi kibbutz. Nato e vissuto in Israele, Uri fa le sue prime, decisive, esperienze politiche e di lotta sociale nell'Inghilterra di fine anni '90, quando il movimento no global è nella fase ascendente della sua parabola. Viene influenzato da un anarchismo delle reti e delle relazioni, leggero nelle forme organizzative, culturalmente pervaso dalla lettura dei poststrutturalisti.
"Anarchici contro il muro" si possono rappresentare come un ponte. Un ponte contro il muro di separazione simbolica e reale tra due popolazioni. Un ponte fatto di gente che si incontra, discute, collabora, agisce insieme. Questa l'intuizione semplice e radicale degli anarchici israeliani. La maggior parte di loro sono cresciuti in un paese sempre più dominato dalla paura, dall'odio, sempre più separato dai territori occupati durante la guerra dei 6 giorni nell'ormai lontano '67. Almeno due generazioni di palestinesi sono nate e vissute nella Cisgiordania occupata, dove il filo spinato, i posti di blocco, la presenza costante dei militari hanno fatto parte del panorama quotidiano ben prima che l'inevitabile fallimento della cosiddetta "pace" di Oslo portasse alla rivolta, all'intifada.
Il muro di separazione che taglia come un mostruoso serpente la Cisgiordania non fa che rendere visibile la frattura tra due società che la geografia vorrebbe vicine ma la politica statuale divide.
I giovani anarchici israeliani lottano contro il muro di cemento, la fitta selva di filo spinato, i fossati che materialmente creano una serie di bantustan nei quali è relegata la popolazione palestinese, ma anche contro il muro di diffidenza e odio.
Il percorso che li ha portati a costituirsi in gruppo parte dalla volontà di conoscere la realtà al di là della rappresentazione mediatica, recandosi nei territori, costruendo relazioni dirette, conoscendo e facendosi conoscere.
Uri così descrive la loro azione "Gli Anarchici Contro Il Muro sono una bandiera nel cui nome vengono compiute azioni che sono in radicale opposizione all'occupazione e alle sue cause più profonde: il sistema politico, militare e civile, che all'interno di Israele sostiene l'occupazione.
Gli ACIM cercano di evitare il peso eccessivo ed ingombrante delle impalcature ideologiche, per assumere come proprio centro di gravità le pratiche – ma non come "praxis". Il che non implica – naturalmente – che l'analisi teorica ed i principi non siano necessari, dal momento che noi vi facciamo ricorso quando occorre decostruire i miti dell'apartheid sionista. Tuttavia, in questo momento, le individualità che compongono gli ACIM preferiscono dedicarsi, armati di corde da rocciatori, di tronchesi per il fil di ferro e di mazze pesanti, alla decostruzione del muro di Israele e ad esprimere il loro dissenso contro i blocchi stradali messi dall'esercito israeliano."

R. Em.

Verona. Rete per l'educazione libertaria

Nei primi mesi del 2009, precisamente l'8 marzo, è stata ufficialmente presentata la "Rete per l'educazione libertaria" che nasce grazie all'iniziativa di un gruppo di educatori, insegnanti, studenti e genitori. L'incontro è avvenuto a villa Buri, presso Verona, sede della scuola Kiskanu, piccola scuola privata di stampo libertario, tra i fautori dell'iniziativa.
Scopo fondamentale della Rete è di contribuire, attraverso azioni e iniziative, alla conoscenza e alla diffusione delle esperienze concrete di un'educazione antiautoritaria e libertaria.
Gli aderenti si riconoscono nella seguente risoluzione approvata al congresso internazionale dell'educazione democratica svoltosi a Berlino nel 2005: "Noi sosteniamo che, in qualsiasi contesto educativo, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, hanno il diritto di decidere individualmente, come, quando, che cosa, dove e con chi imparare e abbiano il diritto di condividere in modo paritario le scelte che riguardano i loro ambiti organizzati, in modo particolare le loro scuole, stabilendo, se ritenuto necessario, regole e sanzioni."
La Rete per l'educazione libertaria si propone di organizzare convegni e incontri sui temi dell'educazione, di produrre documenti di critica e di riflessione, di fornire un supporto organizzativo, didattico e culturale a esperienze in fieri o già in atto e una consulenza attiva a insegnanti, educatori, genitori, ecc., che ne facciano richiesta per perfezionare o iniziare nuove relazioni dialogiche e antiautoritarie.
Il sito su cui si possono trovare ulteriori notizie e approfondimenti, indicazioni su realtà esistenti in Italia e all'estero, link con altri siti, nonché schede su libri e film legati al tema dell'educazione antiautoritaria è: www.educazionelibertaria.org

Elisabetta

Bologna. Proteste al CIE

Domenica 24 maggio: gli immigrati rinchiusi nel Cie di Bologna fanno sapere che all'interno continuano le proteste.
La situazione é molto calda: in una quindicina sono in sciopero della fame e all'interno del centro alcuni detenuti continuano a tagliarsi e a ingoiare oggetti.

RedB

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