Dal 22 al 24 maggio, in quel di Riccione, a mio modesto parere si
è consumata la scissione fra l'organizzazione sindacale del
Pubblico Impiego "RdB – Rappresentanze Sindacali di Base" da quelle del
privato della C.U.B. – Confederazione Unitaria di Base.
Un "matrimonio" che, più tra bassi che alti, è durato 17 anni.
RdB, contravvenendo ai dettami statutari, ha convocato un'assemblea
nazionale a nome C.U.B. con lo scopo dichiarato di cambiare
radicalmente modo operativo e organizzativo dell'attuale C.U.B.
Le frizioni interne all'organizzazione hanno praticamente paralizzato
lo sviluppo della C.U.B. negli ultimi due anni. Ogni riunione del
Coordinamento Nazionale non serviva altro che a sancire le due diverse
"anime" dell'organizzazione pronte a contarsi prima della resa dei
conti.
Ai Congressi del privato fatti da C.U.B. a metà marzo, RdB
proponeva il suo modello di organizzazione sindacale e, trovandosi la
porta chiusa in faccia, non restava altro che procedere autonomamente
autoconvocando una propria assemblea dai connotati auto costituenti.
Il gruppo dirigente C.U.B., a mio modo di vedere in modo miope e
strabico, non ha fatto altro che rispondere in modo aventiniano
aspettando il proseguo degli avvenimenti. Tale strategia fallimentare
si è concretizzata nella convocazione unilaterale dello sciopero
generale del 15 maggio che ha raccolto solo l'adesione dell'U.S.I. –
A.I.T., ma che non ha trovato accoglienza nelle organizzazioni del
Patto di Base (Confederazione Cobas e Sindacato dei Lavoratori) e men
che meno in RdB.
Ora, Rdb autoproclamatasi come "vera" CUB, a Riccione ha messo in bella
mostra tutta la sua capacità organizzativa dal forte impatto
mediatico. Un'operazione che, aldilà dei contenuti, potrebbe
avere possibilità di successo all'interno del mondo del lavoro
che guarda al sindacalismo di base come alternativa al concertativismo
confederale. Il gruppo dirigente di RdB ha presentato all'assise
congressuale una corposa relazione introduttiva a cui hanno fatto
seguito due giorni di serrato dibattito.
Il modello che propongono è fin troppo chiaro per chi "mastica"
il sindacalese. Dopo 17 anni di sperimentazione si vuol tornare ad un
modello sindacale ben conosciuto ossia forte strutturazione confederale
di tipo accentratore, gerarchico ove, come già accaduto nel
Pubblico Impiego, le esigenze organizzative sono prioritarie anche
rispetto agli interessi di chi si pretende di rappresentare (leggasi
firma dei contratti peggiorativi a vantaggio di diritti sindacali).
Le parole sono altisonanti e di forte impatto, paiono disegnare un
nuovo progetto innovativo, ma sanno già, nella sostanza, di
muffa antica.
È fin troppo chiaro che, sulle ceneri della sinistra ex
parlamentare, ora si cerca di ricollocare un'area politica in un
terreno diverso da quello istituzionale.
Gli ammiccamenti si dispensano a piene mani verso settori sociali e
aree politiche (centri sociali, blocco precario, ecc.) alla ricerca di
sponde e lidi a cui approdare.
Un'operazione di marketing e di campagna acquisti tesa ad imbarcare il
più possibile lasciando poi ad un secondo tempo come riuscire a
far convivere realtà ad oggi su posizioni opposte di intendere
il conflitto sociale e le modalità organizzative per farvi
fronte.
Il gruppo dirigente di Rdb, e il neo comitato costituente uscito da
Riccione, ha storia sindacale e politica ben nota e non è
difficile, scorrendo la lista dei "magnifici 28" individuare
l'operazione politica, più che sindacale, che sottende il fulcro
del processo scissionista.
Come asserivo poc'anzi è evidente, anche perché
espressamente dichiarato nelle loro relazioni, la volontà di
essere anche soggetto politico coagulando intorno a se gli orfani
soprattutto del P.R.C., del P.d.C.I. (Rete dei Comunisti...per capirci)
e ricercando quindi anche un rapporto privilegiato con la Rete 28
aprile di Cremaschi interna alla C.G.I.L.
Il loro progetto costituente, che dovrebbe superare il Patto di Base,
tende a fagocitare in primis SdL, organizzazione questa genuflessa che
ricerca qualunque interlocutore che le permetta di riconquistare
verginità sindacale dopo la svendita dei lavoratori sull'altare
dell'operazione Alitalia.
Confederazione Cobas per ora sta alla finestra e guarda se questa
dichiarazione di superare il modello sindacale tout court sia a loro
congeniale o non gli scippi una loro prerogativa identitaria.
L'apertura allo Slai-Cobas potrebbe solo che portare a problemi interni
a questa organizzazione per le proprie opzioni politico-sindacali che
niente hanno a che spartire con le altre organizzazioni dell'attuale
Patto di Base.
Il gruppo dirigente di RdB porta con sé storie e pratiche di
intendere il sindacato a noi già ben note e che non hanno
tardato a manifestarsi all'indomani del loro congresso quando ad alcune
federazioni del privato romano sono già giunti ultimatum di
sfratto dai locali delle sedi (o aderisci alla "nuova" C.U.B. o fai
fagotto).
Niente di cui meravigliarsi, l'animo autoritario di cui sono intrisi
non poteva che manifestarsi apertamente alla prima occasione smentendo
i buoni proposti "democratici" e propagandistici divulgati a Riccione.
La cosa che però ora stride è il tipo di risposta che il
gruppo dirigente "storico", o sarebbe più provocatorio dire
"preistorico", di C.U.B. sta dando a questo processo.
Ad una operazione di tale portata, che può mettere in
discussione tutto il percorso unitario avviato nel sindacalismo di base
e concretizzatosi nel "Patto di Base" a cui guardavano con attenzione
ed entusiasmo molti lavoratori e delegati sindacali, che porta con
sé forti implicazioni non solo organizzative, ma soprattutto
politiche, non si può rispondere solo ed esclusivamente
facendosi "forti" di regolamenti statutari per inficiare il loro
progetto.
Penso che invece vada ingaggiata una forte contrapposizione
teorico-programmatica che porti finalmente a ridefinire e a rilanciare
l'originalità dell'esperienza della C.U.B.
Un'organizzazione di centinaia di migliaia di iscritti che si dia nuovi
e più efficaci strumenti comunicativi (un giornale mensile, un
sito web dinamico, ecc.) e che abbia la capacità di interloquire
con le nuove realtà del mondo del lavoro (precariato,
immigrazione,ecc.) senza volontà inglobanti come RdB ma
altresì rilanciando il valore autenticamente democratico del
federalismo sindacale.
Un'organizzazione che rivendichi e rilanci il ruolo fondamentale del
posto di lavoro come epicentro del conflitto, ma che abbia la
capacità di avvalersi anche della proficua collaborazione
dell'autorganizzazione sociale.
E in questa partita di ridefinizione e rilancio di questa
organizzazione del sindacalismo di base, che andrà alla propria
assemblea nazionale ad ottobre, gli anarchici e i libertari che vi
militano hanno una buona occasione per incontrarsi, discutere e
rilanciare tematiche e pratiche proprie.
Un momento che serva soprattutto anche come motore per un rilancio
complessivo dell'esperienza del sindacalismo di base che, visti i
prossimi nefasti esiti della crisi economica per le classi subalterne,
deve necessariamente coordinarsi e ricercare momenti d'unione che
prevalichino gli attuali componenti del Patto di Base.
Il dibattito continua...
Spartako