Umanità Nova, n.22 del 7 giugno 2009, anno 89

Lotta dei "primi" della classe...


Dal 22 al 24 maggio, in quel di Riccione, a mio modesto parere si è consumata la scissione fra l'organizzazione sindacale del Pubblico Impiego "RdB – Rappresentanze Sindacali di Base" da quelle del privato della C.U.B. – Confederazione Unitaria di Base.
Un "matrimonio" che, più tra bassi che alti, è durato 17 anni.
RdB, contravvenendo ai dettami statutari, ha convocato un'assemblea nazionale a nome C.U.B. con lo scopo dichiarato di cambiare radicalmente modo operativo e organizzativo dell'attuale C.U.B.
Le frizioni interne all'organizzazione hanno praticamente paralizzato lo sviluppo della C.U.B. negli ultimi due anni. Ogni riunione del Coordinamento Nazionale non serviva altro che a sancire le due diverse "anime" dell'organizzazione pronte a contarsi prima della resa dei conti.
Ai Congressi del privato fatti da C.U.B. a metà marzo, RdB proponeva il suo modello di organizzazione sindacale e, trovandosi la porta chiusa in faccia, non restava altro che procedere autonomamente autoconvocando una propria assemblea dai connotati auto costituenti.
Il gruppo dirigente C.U.B., a mio modo di vedere in modo miope e strabico, non ha fatto altro che rispondere in modo aventiniano aspettando il proseguo degli avvenimenti. Tale strategia fallimentare si è concretizzata nella convocazione unilaterale dello sciopero generale del 15 maggio che ha raccolto solo l'adesione dell'U.S.I. – A.I.T., ma che non ha trovato accoglienza nelle organizzazioni del Patto di Base (Confederazione Cobas e Sindacato dei Lavoratori) e men che meno in RdB.
Ora, Rdb autoproclamatasi come "vera" CUB, a Riccione ha messo in bella mostra tutta la sua capacità organizzativa dal forte impatto mediatico. Un'operazione che, aldilà dei contenuti, potrebbe avere possibilità di successo all'interno del mondo del lavoro che guarda al sindacalismo di base come alternativa al concertativismo confederale. Il gruppo dirigente di RdB ha presentato all'assise congressuale una corposa relazione introduttiva a cui hanno fatto seguito due giorni di serrato dibattito.
Il modello che propongono è fin troppo chiaro per chi "mastica" il sindacalese. Dopo 17 anni di sperimentazione si vuol tornare ad un modello sindacale ben conosciuto ossia forte strutturazione confederale di tipo accentratore, gerarchico ove, come già accaduto nel Pubblico Impiego, le esigenze organizzative sono prioritarie anche rispetto agli interessi di chi si pretende di rappresentare (leggasi firma dei contratti peggiorativi a vantaggio di diritti sindacali).
Le parole sono altisonanti e di forte impatto, paiono disegnare un nuovo progetto innovativo, ma sanno già, nella sostanza, di muffa antica.
È fin troppo chiaro che, sulle ceneri della sinistra ex parlamentare, ora si cerca di ricollocare un'area politica in un terreno diverso da quello istituzionale.
Gli ammiccamenti si dispensano a piene mani verso settori sociali e aree politiche (centri sociali, blocco precario, ecc.) alla ricerca di sponde e lidi a cui approdare.
Un'operazione di marketing e di campagna acquisti tesa ad imbarcare il più possibile lasciando poi ad un secondo tempo come riuscire a far convivere realtà ad oggi su posizioni opposte di intendere il conflitto sociale e le modalità organizzative per farvi fronte.
Il gruppo dirigente di Rdb, e il neo comitato costituente uscito da Riccione, ha storia sindacale e politica ben nota e non è difficile, scorrendo la lista dei "magnifici 28" individuare l'operazione politica, più che sindacale, che sottende il fulcro del processo scissionista.
Come asserivo poc'anzi è evidente, anche perché espressamente dichiarato nelle loro relazioni, la volontà di essere anche soggetto politico coagulando intorno a se gli orfani soprattutto del P.R.C., del P.d.C.I. (Rete dei Comunisti...per capirci) e ricercando quindi anche un rapporto privilegiato con la Rete 28 aprile di Cremaschi interna alla C.G.I.L.
Il loro progetto costituente, che dovrebbe superare il Patto di Base, tende a fagocitare in primis SdL, organizzazione questa genuflessa che ricerca qualunque interlocutore che le permetta di riconquistare verginità sindacale dopo la svendita dei lavoratori sull'altare dell'operazione Alitalia.
Confederazione Cobas per ora sta alla finestra e guarda se questa dichiarazione di superare il modello sindacale tout court sia a loro congeniale o non gli scippi una loro prerogativa identitaria.
L'apertura allo Slai-Cobas potrebbe solo che portare a problemi interni a questa organizzazione per le proprie opzioni politico-sindacali che niente hanno a che spartire con le altre organizzazioni dell'attuale Patto di Base.
Il gruppo dirigente di RdB porta con sé storie e pratiche di intendere il sindacato a noi già ben note e che non hanno tardato a manifestarsi all'indomani del loro congresso quando ad alcune federazioni del privato romano sono già giunti ultimatum di sfratto dai locali delle sedi (o aderisci alla "nuova" C.U.B. o fai fagotto).
Niente di cui meravigliarsi, l'animo autoritario di cui sono intrisi non poteva che manifestarsi apertamente alla prima occasione smentendo i buoni proposti "democratici" e propagandistici divulgati a Riccione.
La cosa che però ora stride è il tipo di risposta che il gruppo dirigente "storico", o sarebbe più provocatorio dire "preistorico", di C.U.B. sta dando a questo processo.
Ad una operazione di tale portata, che può mettere in discussione tutto il percorso unitario avviato nel sindacalismo di base e concretizzatosi nel "Patto di Base" a cui guardavano con attenzione ed entusiasmo molti lavoratori e delegati sindacali, che porta con sé forti implicazioni non solo organizzative, ma soprattutto politiche, non si può rispondere solo ed esclusivamente facendosi "forti" di regolamenti statutari per inficiare il loro progetto.
Penso che invece vada ingaggiata una forte contrapposizione teorico-programmatica che porti finalmente a ridefinire e a rilanciare l'originalità dell'esperienza della C.U.B.
Un'organizzazione di centinaia di migliaia di iscritti che si dia nuovi e più efficaci strumenti comunicativi (un giornale mensile, un sito web dinamico, ecc.) e che abbia la capacità di interloquire con le nuove realtà del mondo del lavoro (precariato, immigrazione,ecc.) senza volontà inglobanti come RdB ma altresì rilanciando il valore autenticamente democratico del federalismo sindacale.
Un'organizzazione che rivendichi e rilanci il ruolo fondamentale del posto di lavoro come epicentro del conflitto, ma che abbia la capacità di avvalersi anche della proficua collaborazione dell'autorganizzazione sociale.
E in questa partita di ridefinizione e rilancio di questa organizzazione del sindacalismo di base, che andrà alla propria assemblea nazionale ad ottobre, gli anarchici e i libertari che vi militano hanno una buona occasione per incontrarsi, discutere e rilanciare tematiche e pratiche proprie.
Un momento che serva soprattutto anche come motore per un rilancio complessivo dell'esperienza del sindacalismo di base che, visti i prossimi nefasti esiti della crisi economica per le classi subalterne, deve necessariamente coordinarsi e ricercare momenti d'unione che prevalichino gli attuali componenti del Patto di Base.
Il dibattito continua...

Spartako

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