Umanità Nova, n.22 del 7 giugno 2009, anno 89

informAzione - 1


L'Aquila Assemblea contro il G8

Siamo contrari al G8, e siamo in particolare contrari al G8 a L'Aquila. Il nostro territorio si appresta a vivere la fase più drammatica del dopo terremoto, dove la militarizzazione è sempre più sofferta dagli sfollati, dove le scelte della ricostruzione vengono calate dall'alto dal commissario delegato Bertolaso azzerando sul nascere ogni tentativo di partecipazione, dove vengono proibite libere assemblee nelle tendopoli, dove la tragedia si trasforma in occasione per il piano di speculazione edilizia che il governo Berlusconi aveva già pronto nel cassetto. Ma questa nostra emergenza non esclude nessuno: la pratica autoritaria avallata dal Decreto 39/2009 rappresenta un allarme democratico che riguarda il futuro di tutto il nostro paese.
In queste condizioni, il peso dello svolgimento del G8 sarà insostenibile: pensiamo allo schieramento di forze dell'ordine (per cui si parla già dalla settimana prima del vertice della preventiva chiusura delle principali vie di comunicazione con l'esterno), pensiamo allo stato di libertà vigilata in cui le migliaia di persone che oggi vivono nelle tendopoli saranno costrette a sopportare. In quel momento le nostre genti esperiranno la dura contropartita della menzogna che i media hanno contribuito a creare, far credere che il G8 a L'Aquila possa essere una positiva vetrina per la terra dei terremotati, vero e proprio colpo di genio di Berlusconi. Saranno giornate di rabbia, ma anche di sempre maggiore sofferenza per chi ha già perso tutto o molto.
Come organizzazioni attive quotidianamente sul nostro territorio, siamo responsabili in prima istanza di portare avanti la battaglia per la democrazia nella ricostruzione, che adesso ci viene imposta dall'alto, scavalcando anche le più tradizionali forme di rappresentanza democratica. Abbiamo bisogno di tutta la nostra forza per vincere, per non restare schiacciati dalla speculazione dell'economia della crisi, ma anche per tentare di ricostruire dalle macerie nuovi rapporti sociali.
La proposta che portiamo all'assemblea nazionale è di prendere atto della eccezionale condizione del territorio aquilano e abruzzese, per cui riteniamo non sostenibile lo svolgimento di un controvertice NO G8 e corteo internazionale data la complessità anche organizzativa che esso comporterebbe, che probabilmente sarebbe difficilmente compresa dalla nostra popolazione.
Ovviamente se c'è chi pensa opportuno e possibile la realizzazione di un controvertice e corteo classici in altri luoghi daremo il nostro contributo .
Riteniamo tuttavia che questa possa essere l'occasione per pensare a nuove forme di risposta alle politiche globali: crediamo che le numerose iniziative che sono già in preparazione nel resto del paese, a partire dalla Giornata dell'indipendenza che i No Dal Molin terranno il 4 luglio a Vicenza, potrebbero contribuire a costruire un "controvertice diffuso" sul territorio nazionale, in cui l'appuntamento aquilano (che terremo nei giorni successivi o precedenti il G8) potrebbe essere costituito da forum ed iniziative in cui verranno trattati ed agitati i temi delle alternative alle crisi globali a partire da quello della ricostruzione sociale. A ciascuno degli eventi nazionali che si stanno sviluppando e che si svilupperanno sarebbe riservata una tematica che maggiormente caratterizza le realtà locali, dalla lotta alla devastazione ambientale a quella contro le guerre preventive globali, dalla difesa della laicità alla ricostruzione sociale nel dopo terremoto aquilano.
La preannunciata assemblea nazionale sul tema G8  è prevista a L'Aquila  per il 1 Giugno, presso il Parco Unicef di Via Strinella, dalle 11 alle 17 per permettere a quante più realtà la partecipazione con il seguente ODG : 1) Il terremoto naturale e quello sociale: il contesto aquilano ed abruzzese attraverso le esperienze sociali delle reti che stanno operando nel territorio. 2) Le lotte territoriali e globali : come opporsi al G8 e costruire oggi le alternative alle crisi globali.

Assemblea aquilana e abruzzese contro il G8

Piombino. Convegno su anarchia e comunicazione

L'occasione sono stati i 30 anni del Seme Anarchico, nato alla fine degli anni '70 del secolo scorso a seguito di incontri avvenuti nella sede del gruppo "B. Filippi" di Carrara. Trent'anni di attività durante i quali interrogativi, dubbi e conferme si sono succeduti.
Il convegno è stato organizzato dai compagni della Federazione Anarchica Elbano Maremmana, attorno a cui ruota la redazione, e si è tenuto presso la loro sede di Piombino. Una giornata, quella del 30 maggio,  per discutere di comunicazione e, soprattutto, un'occasione di confronto fra diverse esperienze di comunicazione libertaria. Articolato in due fasi, la mattina gli interventi dei redattori delle testate presenti hanno sommariamente esposto lo stato attuale, seguito nel pomeriggio, dopo un break ristoratore, dal dibattito vero e proprio. Ne è risultata una giornata interessante e ricca di proposte, durante la quale sono stati toccati vari temi.
Fondamentale è risultata durante il dibattito, la difficoltà di abbattere il muro di passività e acriticità che è stato creato dai "comunicatori professionali", cioè coloro che fanno della comunicazione un mezzo per il controllo e la strumentalizzazione delle masse, sempre in cerca di consenso e consumatori. Il nostro messaggio non è un messaggio affabulatore, ma che colpisce direttamente l'essere degli individui. Questa è una grande forza, la forza sovversiva del nostro essere comunicatori. La necessità è quella di individuare i mezzi più idonei per raggiungere questo obiettivo, senza sparire nel mare di informazioni e messaggi che oggi inondano quotidianamente gli individui. Quali mezzi sono più consoni? La nostra forza è anche stare in mezzo alla gente, laddove c'è lotta e resistenza. Non una presenza asettica, ma vivace e attiva che abbia nel contatto umano il suo centro. Molto viene fatto oggi in questo senso, lo scopo di questo convegno è quello di dare organicità a queste azioni singole, che talune volte rischiano di essere dispersive e non riuscire a raggiungere l'obiettivo prefissato, creando collaborazioni per lo scambio di informazioni, per la diffusione e per iniziative che rendano più efficace e diretto il nostro comunicare. Questo è solo il primo passo, l'inizio di un percorso che può consolidare e confermare le nostre azioni di lotta quotidiana.

RedC

Pisa. Canapisa 2009

Negli ultimi due sabati di maggio le strade e le piazze di Pisa si sono riempiti di volti sorridenti e determinati a non continuare a farsi rubare la vita. Sabato 23 è stata la volta della Critical Mass abbastanza nutrita (60/70 ciclisti) che ha aperto la campagna di mobilitazione per la difesa di Rebeldia (sotto processo e sotto sfratto), partendo dalla sede del centro sociale pisano per finire in Piazza della Pera dove per un giorno il Progetto Rebeldia aveva trasferito le sue attività e dove centinaia e centinaia di persone dal pomeriggio fino a tarda sera hanno affollato gli stand e i banchetti.
Poi sabato 30 maggio è arrivata la nona edizione di Canapisa, la street parade antiproibizionista che dal 2001 percorre puntualmente le strade pisane ogni ultimo sabato di maggio.
A questa mandata, il Comune ha cercato in ogni modo di impedire la manifestazione ponendo difficoltà di ogni tipo, ma la determinazione degli attivisti di Canapisa l'ha avuta vinta. Ancora una volta, così, le strade della città toscana sono state percorse da camion dotati di potenti sound system che al suono del reggae, della techno e anche del vecchio rock hanno ribadito che i consumatori di sostanze proibite non sono né malati né delinquenti e che criminale è il proibizionismo che riempie le tasche dei narcotrafficanti e perseguita persone che hanno la sola colpa di avere uno stile di vita non conforme all'ideologia dominante.  Quest'anno, in particolare, il messaggio è arrivato più forte, come hanno dimostrato le tantissime persone che hanno partecipato alla street parade (secondo la Questura eravamo 2500), provenienti da tutta la Toscana e di tutte le età, pur con una forte presenza di giovanissimi che normalmente non partecipano a manifestazioni politiche.  La giornata si è poi conclusa con una grande festa autogestita nei prati accanto all'Expo, dove diverse migliaia di persone per tutta la notte fino all'alba hanno ballato e socializzato.
L'evento, naturalmente, non ha avuto il minimo rilievo sui media locali (con l'unica eccezione del quotidiano indipendente on line Pisanotizie.it).
La War On Drugs, d'altra parte, si regge sulla disinformazione.
Ma, come hanno sottolineato gli organizzatori di Canapisa,  ci sono almeno 600mila buone ragioni per dire no al proibizionismo (tante quante sono le persone che in Italia, secondo il Ministero degli Interni, sono state segnalate alle Prefetture e sottoposte a sanzioni amministrative per la semplice detenzione di sostanze proibite, solo dal 1991 al 2005) e il lavaggio del cervello della propaganda di regime non basta ad addormentare le coscienze. L'edizione 2009 di Canapisa è stata l'occasione per tantissimi consumatori di fare un orgoglioso coming out collettivo, per dire che a vergognarsi non dovrebbe essere chi consuma sostanze proibite, ma piuttosto chi fa e chi sostiene leggi crudeli che non hanno altro fine se non quello di perseguitare persone che non fanno male a nessuno.
La calda primavera pisana, comunque, continua. Il prossimo appuntamento è sabato 13 giugno quando alle 17 da Piazza S. Antonio partirà il corteo cittadino in difesa del centro sociale Rebeldia che il 18 giugno dovrà affrontare la prima udienza del processo per la causa di sfratto intentata nei suoi confronti.

robertino

Venezia dice (soltanto) no al fascismo

Dopo due settimane di mobilitazione antifascista, sabato 30 maggio Venezia ha vissuto l'annunciata scadenza elettorale dei nazifascisti di "Fiamma Tricolore". Inizialmente l'adunata doveva articolarsi in un corteo e un comizio nel popolare sestiere di Cannaregio, a due passi dal Ghetto ebraico, ma di fronte alle annunciate contromanifestazioni, alle proteste dei commercianti, alla richiesta del Comune e alle pressioni della comunità ebraica, prefetto e questore hanno poi deciso, per motivi d'ordine pubblico, di non autorizzarla confinando i tricolorati all'isola di S.Elena, nonostante la contrarietà dei residenti (tra cui molti immigrati).
Negli ultimi giorni, al coro ormai unanime delle proteste e delle critiche verso l'iniziativa della Fiamma, si erano accodati per evidenti "interessi di bottega" persino partiti del centrodestra e addirittura la Lega Nord preoccupata di perdere qualche voto razzista.     
Degli annunciati 500 militanti della Fiamma ne sono giunti circa 165 provenienti da tutta la regione e non solo, uniformemente maschi (abbiamo contato a malapena 3 o 4 ragazze), che giunti allo stazione ferroviaria di Venezia sono stati fatti salire su due vaporetti sotto la scorta di carabinieri e poliziotti e, secondo il copione collaudato per le trasferte degli ultras, portati all'isola di S.Elena che ha mostrato tutta la sua chiusura verso gli sgraditi turisti.
Durante gli interventi del picchiatore-candidato Puschiavo (già fondatore del Veneto Fronte Skinhead) in giacca, cravatta e basette ha ribadito la continuità con la Repubblica Sociale Italiana ricordando che proprio a S.Elena nell'aprile del '45 vide l'ultimo avamposto degli assassini della X Mas.
Meritevole d'essere citata la prolusione del camerata lombardo Attilio Carelli: "Guardatevi, camerati. Il vostro portamento, lo sguardo, la fierezza… abbiamo già vinto".
Nonostante l'essere riusciti a rimettere simbolicamente piede a Venezia dopo oltre un sessantennio, i fascisti hanno trovato una città indifferente ed ostile tanto da dover essere, assai poco arditamente, tutelati da 500 divise statali.
Da parte delle diverse e divise realtà antifasciste sono state attuate varie iniziative, presidi e piccoli cortei che complessivamente hanno visto la partecipazione di neanche un migliaio di persone. L'Anpi, Rifondazione Comunista, Unione Inquilini e altre associazioni hanno presidiato la Riva dei 7 Martiri, a ridosso dell'isola di S.Elena; i centri sociali dell'area disobbediente assieme ad altri gruppi si sono ritrovati in Cannaregio cantando un'improbabile vittoria; un gruppo autorganizzato antifa ha attraversato i sestieri Cannaregio e Castello tracciando scritte murali; alcuni collettivi, tra cui il centro sociale Zona Bandita, hanno provato a dare vita ad un corteo acqueo, ma la polizia è riuscita a bloccare quasi tutte le imbarcazioni (una trentina), a parte un paio che con musica e striscioni hanno tormentato i trasferimenti in laguna dei fascisti. Nell'attraversare il Canal Grande, oltre allo sventolio di bandiere rosse, dell'Anpi, arcobaleno e anche rossonere, i gitanti neo-missini si sono anche dovuti sorbire numerosi mega striscioni. Degno di nota quello, lungo oltre dieci metri, steso all'isola della Giudecca: "Mummie fasciste - Giudecca resiste!".
Una giornata, in sintesi, movimentata ma con poca storia da vantare, tanto meno per chi voleva "ripristinare la sovranità nazionale e veneta" in laguna.
 
RedVE

Pistoia. Chiude la Radicifil e i iavoratori presidiano la fabbrica

Pistoia è sempre stata una piccola città piuttosto benestante, ma da qualche mese la crisi che alcuni dicono "psicologica", che altri riconoscono come passeggera, e che altri ancora dicono grave ma risolvibile, sta investendo la provincia con uno tsunami di cassa integrazione, mobilità e licenziamenti. Solo qualche settimana fa i giornali davano notizia di 400 sfratti esecutivi nella sola città di Giano, numeri astronomici (e questi sono solo quelli ufficiali, che non prendono in considerazione gli affitti al nero o i contratti di comodato) se si pensa che la popolazione totale della città è di poco inferiore alle 84.000 unità. In questo ambito la crisi del comparto industriale pistoiese si sta facendo drammatica, dipanandosi fra licenziamenti e chiusure.
Questo è il quadro in cui si svolge la vicenda Radicifil Pistoia, che produce filo di nylon pregiato, azienda di punta del gruppo Radici di Bergamo, i cui 137 Lavoratori si sono visti comunicare, il 28 Aprile, la chiusura dell'azienda che sarebbe avvenuta il… Primo Maggio!
Da quel giorno l'assemblea di fabbrica ha deciso di presidiare 24 ore su 24 lo stabilimento, sia per impedire lo smantellamento della produzione, che il gruppo Radici vorrebbe portare a Bergamo, sia per ribadire che la fabbrica è di chi l'ha vissuta per tanti anni e con tanti sacrifici.
Da subito noi (anarchici), assieme ad altri compagni pistoiesi (il collettivo Liberate gli Orsi e il Comitato antifascista S. Lorenzo, oltre a tanti altri), abbiamo preso contatto con i lavoratori per portargli la nostra solidarietà militante, mettendo a loro disposizione l'esperienza che abbiamo maturato in anni di lotte. Da subito, quindi, abbiamo cominciato a pianificare con loro attività in città, per rendere più visibile possibile la vicenda che in 137 stanno vivendo. La prima iniziativa si è svolta venerdì 29 presso il circolo (occupato) "Primo Maggio" di via S. Marco, dove dopo una cena benefit con alcuni operai Radicifil gli stessi ci hanno parlato della vicenda della loro fabbrica (tutt'altro che chiara) che si dibatte tra crisi, volontà di creare – in un'ottica di federalismo fiscale - un solo grande polo produttivo a Bergamo, e non ultima la volontà di saggiare la reattività dei lavoratori (nell'ottica di un riassetto delle dinamiche del capitale)  nella "rossa" Toscana – da tempo laboratorio privilegiato per la repressione - di fronte ad un'evidente provocazione (chiusura con tre giorni di preavviso, dopo la conferma dei Lavoratori precari, e in concomitanza del Primo Maggio).
Giovedì 11 giugno presidieremo assieme ai lavoratori piazza della Sala, il "salotto buono" di Pistoia; verrà allestito un gazebo informativo sulla vicenda Radicifil e sulla crisi in città, che si inserisce nel quadro di quella globale dell'economia di mercato. Abbiamo deciso di non mettere in campo nessun altro simbolo se non lo striscione "Lavoratori Radicifil", per rimarcare anche così la nostra solidarietà totale ed incondizionata nei confronti di chi sta subendo il dramma del licenziamento e non ha certo bisogno di strumentalizzazioni. Intanto è di poche ore la notizia di un'altra possibile chiusura, la Mas rischia di lasciare a piedi 130 lavoratori, che si stanno organizzando per presidiare la fabbrica… la lotta è dura, ma i lavoratori non vogliono più pagare la crisi dei padroni.

Evjenij Vasil'ev Bazarov

Bologna. Festival sociale delle culture antifasciste

Non vi è dubbio che il festival sociale delle culture antifasciste in corso a Bologna fino al 2 giugno sia la dimostrazione che autorganizzarsi è possibile, efficace e coinvolgente.
Non era certo una scommessa da poco allestire una cinque giorni di incontri, dibattiti, presentazioni di libri, workshop, tavole rotonde, rassegne di fumetti, mostre fotografiche, concerti, video, poesia, spettacoli teatrali per ricollocare l'antifascismo al centro del nostro presente sempre più inquietante e autoritario. Senza contare poi il bar, la libreria, il media center, il ristorante, il campeggio. Già verso le 11 di sabato sera, nelle cucine era sensibile l'entusiasmo per aver fronteggiato 7-800 persone mettendole tutte a tavola con un menù ottimo, vario e a buon mercato.
Ciò è stato reso possibile dalla collaborazione e dalla solidarietà di tutte le realtà sociali bolognesi, senza sigle, senza sciocche autorappresentazioni, persone tra persone: "una rete informale di uomini e donne, singoli, gruppi, associazioni e movimenti che si riconoscono nei valori dell'antifascismo". E il principio dell'autorganizzazione ha portato anche a sperimentare pratiche nuove come il "servizio di tranquillità", non solo per autodifesa di fronte a eventuali provocazioni, ma soprattutto per rendere evidente la natura antisessista e non omo/lesbo/transfobica del festival attraverso un lavoro comunicativo fatto di striscioni, volantini, cartelli, messaggi ironici e stranianti appesi ovunque: uno spazio pubblico diverso e opposto rispetto a quello sessista e omofobo della pedagogia televisiva e pubblicitaria.
Tra pioggia e sole, dentro questi spazi si è andata dispiegando una complessa trama di saperi, esperienze, testimonianze e prospettive di lotta, per legare il passato al presente, la memoria storica del totalitarismo fascista e la lotta contro l'attuale democrazia autoritaria, razzista, sessista. Non è davvero facile riassumere la molteplicità dei dibattiti e delle analisi, anche per il metodo organizzativo decentrato e aperto che ha coinvolto quanti si riconoscono nella cultura e nei valori dell'antifascismo, entro un calendario ricchissimo di eventi e iniziative. Quel che risulta certo è che oggi l'antifascismo non costituisce affatto un residuo logoro del passato, ma un campo vivo di pratiche e di resistenze diverse ai processi di disciplinamento sociale, nella scuola, sul lavoro, nel privato, nella famiglia, nella società. Si tratta di sperimentare l'antifascismo del XXI secolo.
In vari dibattiti tendevano ad emergere due ipotesi differenti di pratica antifascista: un antifascismo democratico – articolato sul rigore storiografico, sulla controinformazione, sulla denuncia delle collusioni attuali tra neofascisti e destra istituzionale, sui valori costituzionali – e un antifascismo sociale – che mette in primo piano invece il vissuto, lo sfruttamento, le lotte di resistenza alle diverse forme di autoritarismo, la contrapposizione concreta, corporea all'avanzare di un regime sempre più oppressivo. Oggi il festival delle culture antifasciste ha dimostrato che questi due orientamenti possono dialogare e arricchirsi l'un l'altro, estendendo la rete delle solidarietà, diffondendo l'urgenza di mobilitarci dinanzi ai progetti reazionari e "nostalgici" del capitale e del patriarcato, coinvolgendo chi è discriminato, oppresso e sfruttato in un nuovo sogno di liberazione.

RedB

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