...Si è vantata in mille
modi la facile odierna conquista delle otto ore da parte dei
metallurgici e delle altre categorie operaie; non si pone in rilievo
però l'importanza veramente eccezionale della conquista dei
minatori valdarnesi che dopo circa tre mesi di sciopero ottengono oggi
l'orario giornaliero di lavoro di sei ore e mezzo. Sei ore e mezzo al
giorno! Proprio lo stesso orario lavorativo che in questi giorni hanno
conquistato i lavoratori del marmo del Carrarese, aderenti anch'essi
all'Unione Sindacale Italiana...
("Guerra di Classe", 23 agosto 1919)
Fra il 1914 e il 1920 le paghe dei minatori avevano avuto un incremento
nominale medio di ben sei volte, misura non del tutto soddisfacente per
i bisogni delle famiglie. Tuttavia era il risultato di una grande
vertenza, una lotta dura e intransigente sul salario, sull'orario e
sulle condizioni di lavoro condotta vittoriosamente dall'USI. Il
lunghissimo sciopero dei minatori (undici settimane) rimarrà
negli annali delle conquiste sindacali. Mentre, quasi in ogni contrada
d'Italia, dilaga la protesta popolare contro il caroviveri. Ma saranno
i minatori a tenere il proscenio, assistiti dai loro dirigenti locali
Attilio Sassi, Virgilio Diomiri, Mario Mari e dall'avvocato Libero
Merlino, sostenuti dal segretario generale Borghi, dal responsabile
nazionale dei minatori Riccardo Sacconi (da altri esponenti dell'USI
come Giuseppe Sartini, da Alberto Meschi) che intervengono di persona.
"Contro i pescecani dell'Ilva e della Mineraria" e, soprattutto, "per
più umane condizioni di lavoro" la mobilitazione operaia
è coinvolgente, totale la solidarietà della popolazione.
La Casa del popolo di San Giovanni, sede zonale del sindacato minatori,
funge da quartiere generale del movimento. Il memoriale presentato si
caratterizza per le richieste di forti aumenti salariali (fino al
50%!), per una rivendicazione di enorme impatto nell'assetto
produttivo: la riduzione drastica dell'orario giornaliero, a otto ore
per gli esterni, a sei e mezza per chi lavora in galleria. Trascorso
inutilmente il termine ultimo per una risposta della controparte,
stabilito per il 2 maggio, i lavoratori passano al metodo dell'azione
diretta attuando in modo unilaterale le nuove turnazioni. Ciò
mentre fallisce il tentativo di dividere il fronte con alcune
concessioni agli operai della Centrale. C'è poi un fatto del
tutto nuovo da registrare: gli impiegati, i sorveglianti e i caporali,
iscritti alla Confederazione dell'Impiego privato, aderiscono
all'agitazione creando notevole imbarazzo nella direzione. Questa,
posta di fronte anche all'inappellabile diniego delle maestranze che si
rifiutano di ripristinare il vecchio orario, decide di rispondere con
la serrata a partire dal 17 maggio. Già dopo le prime settimane
il comitato di agitazione degli scioperanti, presieduto da Sassi,
lancia schede di sottoscrizione e si appella all'intero movimento
operaio italiano.
La Camera confederale del lavoro di Arezzo, prima fra tutte - e
nonostante le polemiche in corso con i sindacalisti anarchici -
aderisce all'iniziativa proclamando uno sciopero di solidarietà,
invitando i propri associati a devolvere una giornata di lavoro ai
compagni del Valdarno. Intanto parecchi minatori si ingegnano a
sopravvivere con i lavori agricoli, oppure occupandosi come avventizi
in cave e miniere della zona senese. A fine giugno l'USI, mentre anche
gli zolfatari della Sicilia aderiscono, lancia la campagna nazionale
per la riduzione a sei ore della giornata di lavoro, con la parola
d'ordine: "Le miniere ai minatori". Invita inoltre industriali e
governo a desistere dall'utilizzo come crumiri dei prigionieri di
guerra i quali, si pretende, dovranno essere invece quanto prima
"restituiti alle loro famiglie". Siamo al muro contro muro. La
Mineraria accusa i suoi interlocutori di avanzare richieste assurde,
fuori linea rispetto sia agli altri lavoratori italiani dell'industria
(che si accontentano di 48 ore settimanali), sia nei confronti dei
minatori del resto d'Europa, perfino di quelli della Russia bolscevica!
La situazione contingente, data la fibrillazione sociale in atto,
sembra favorevole agli esiti più estremi. Gli scioperi e i
comizi pro Russia e Ungheria, i moti del Biennio Rosso creano un clima
di grandi aspettative. Totale è la mobilitazione di protesta
contro il governo anche per gli arresti dei dirigenti nazionali
dell'USI. In Valdarno, nell'estate 1919, il movimento generale si salda
con quello sindacale. Nei vari paesi della zona si formano commissioni
locali fra anarchici e socialisti per far fronte alle varie
problematiche di approvvigionamento e gestione dei generi di prima
necessità. Presso le case del popolo di San Giovanni e Cavriglia
si istituiscono le "guardie rosse" e i consigli operai. Si procede alla
requisizione delle automobili, dei viveri nelle fattorie. Sulle porte
dei negozi sono affissi cartelli con la scritta: merce a disposizione
del comitato di agitazione. I commercianti paiono rassegnati e vendono
a prezzi ribassati del 50-70%. Le cooperative danno
l'esempio.
La lunga guerra di posizione si conclude l'8 agosto a Roma, dopo due
giornate di trattative intense, alla presenza del ministro Roberto De
Vito, con un 'armistizio' ed un comunicato congiunto delle parti. E' la
vittoria, incontestabile, dei minatori che ottengono persino il
rimborso per la serrata.
La sequenza sciopero, serrata, resistenza a oltranza, si conclude con
la capitolazione padronale. La lotta aveva procurato ai minatori e alle
loro famiglie sofferenze indicibili. Ma il risultato che si consegue
rappresenta un primato assoluto nel mondo del lavoro, in Valdarno con
Sassi e contestualmente nelle cave di marmo delle Apuane con Meschi.
L'orario giornaliero è stabilito in sei ore e mezza "a bocca di
galleria" ("partendo dal poggio" per i cavatori), prevedendo anche un
indennizzo per una parte del tempo impiegato per giungere sul posto di
lavoro e per la consumazione del pasto.
Giorgio Sacchetti
(Estratto da G. SACCHETTI, Ligniti per la Patria. Collaborazione, conflittualità, compromesso. Le relazioni sindacali nelle miniere del Valdarno Superiore (1915-1958), Roma, Ediesse, 2002).