Non ci vuole molto. Basta sfogliare, in un qualsiasi giorno
dell'anno, le prime pagine dei quotidiani, oppure ascoltare i titoli di
apertura dei principali network radio-televisivi, per comprendere a
chiare lettere quanto Karl Kraus ebbe a scrivere a proposito della
"missione della stampa": diffondere lo spirito e al tempo stesso
distruggere la recettività. Se poi dovessimo circoscrivere una
simile osservazione alla realtà italiana nello stagno dove
galleggiano le papere nostrane dell'informazione libera ed
indipendente, il giudizio del boemo apparirebbe affatto impietoso,
bensì del tutto appropriato. Eppure… eppure da alcune settimane
forte ed assordante è lo starnazzare riguardo al bavaglio che il
lodo Alfano sta ponendo al diritto di essere informati e al dovere di
informare.
Chiariamolo subito: il disegno di legge in materia di sicurezza che
verrà approvato in Senato attraverso il voto di fiducia al
Governo in carica, segna un pesante giro di vite allo stato di diritto
sancito dalla Costituzione nei confronti di tutti i cittadini, ed in
particolar modo di chi cittadino non può neppure esserlo, in
quanto discriminato, criminalizzato e sfruttato dal medesimo
provvedimento; lo stesso – come, più volte, è stato
ribadito dal nostro settimanale – introduce disposizioni legislative
che riducono ampi spazi di libertà d'azione sul territorio
locale, attuando una sua sistematica militarizzazione finora realizzata
nelle cosiddette "situazioni d'emergenza" (la Campania e l'Abruzzo
insegnano), e assuefacendo gli abitanti alla presenza sempre più
massiccia delle divise militari, siano queste dell'Esercito, della
Protezione Civile, della Croce Rossa e ora anche della Guardia
Nazionale Italiana, dopo che le Camice Verdi avevano da tempo
inaugurato la stagione delle ronde. Che, infine, il tutto sia
accompagnato da un ddl sulle intercettazioni, evidenzia
l'intenzionalità di soffocare sul nascere qualsiasi voce fuori
dal coro, colpendo quella Magistratura e quella Stampa ree di un uso
ampio ed esteso dei metodi d'indagine, ma che – a nostro avviso – ha
ben poco a che vedere con una informazione libera e indipendente.
Certo: così come le inchieste giudiziarie, non potendo
più avvalersi delle intercettazioni se non nei casi di
comprovata colpevolezza, ossia solo «quando si riscontrino gravi
indizi di colpevolezza e l'intercettazione è assolutamente
indispensabile ai fini della prosecuzione dell'indagine»,
verranno di gran lunga ridimensionate, allo stesso modo il diritto di
cronaca, non potendo più pubblicare le intercettazioni
provenienti da atti di indagine preliminare fino a che esse non siano
concluse «ovvero fino al termine dell'udienza preliminare»,
sarà monco di quegli aspetti che hanno caratterizzato il
giornalismo d'assalto alla Marco Travaglio & Company. Ce ne
dispiace per loro, e ne comprendiamo la loro preoccupazione dettata dal
ritenere di non poter più svolgere la propria professione.
Ciò è assolutamente vero. Pure, c'è un piccolo
problema: la loro professione si è mai interessata della
libertà d'informazione di tutti e non soltanto dei
"professionisti dell'informazione"? Si sono mai preoccupati di
estendere il loro dovere all'informazione (per cui l'informazione
è fatta soltanto da chi è giornalista) anche a chi ha
soltanto il diritto di essere informato? E in una "società
dell'informazione" in cui ognuno è nella possibilità di
rendere pubblica una notizia – testo o immagine che sia – grazie alla
Rete, perché non si è mai promossa una campagna contro
l'anacronistico Ordine dei Giornalisti, ma addirittura è in atto
una proposta di riforma da parte dei "professionisti dell'informazione"
a tutela della loro professionalità che vuole limitarne
l'accesso?
Siamo anarchici e l'estensione della pratica della libertà in
tutti i campi dell'agire sociale è il nostro obbiettivo
immediato, quotidiano, imprescindibile. Questo settimanale, come tutti
i mezzi di comunicazione da noi utilizzati, oltre che difendere
strenuamente il diritto di sapere, rivendica il sapere come l'unico
diritto che appartiene a tutti noi e pertanto non ha bisogno di
"filtri", siano questi legislativi, giudiziari o corporativi.
Soprattutto ora, in una situazione di continua trasformazione
tecnologica dove la produzione d'informazione non è più
d'appannaggio dei professionisti dell'informazione e pertanto la
selezione delle notizie trasmesse assumerà la funzione di
cartina di tornasole per misurare la capacità di partecipare
alle decisioni della collettività.
Ma selezionare non si declina con censurare, bensì migliorare la
qualità dell'informazione, pulendola soprattutto dalla
"chiacchiera" con la quale tutti i media mainstream l'adombrano con il
fine di utilizzarla per scopi personali e del proprio clan di
appartenenza (si veda a proposito in questi giorni come l'informazione
italiana sta utilizzando le diverse teorie del "complotto", delle
"scosse", e finanche del "bavaglio all'informazione"), dimenticandosi
volutamente della realtà dei fatti. Fatti reali a cui
Umanità Nova cercherà di dar concretezza, per contribuire
nel suo piccolo ad un'opposizione sociale e radicale in grado di
prendere forma contro questo stato di totale mancanza di
recettività di cui i media sono i principali responsabili.
gianfranco marelli