Gli attacchi e i combattimenti in cui, in queste ultime settimane,
sono state coinvolte quasi quotidianamente le truppe italiane in
Afghanistan confermano il loro crescente impiego nelle operazioni
antiguerriglia, secondo le direttive Nato e Usa accolte e rilanciate
dal governo italiano, con la motivazione del contrasto alla
coltivazione dell'oppio.
Così, come testimoniano l'aggravarsi della guerra e la crescita
delle forze "insorgenti": basti dire che se nella prima settimana di
giugno dello scorso anno gli attacchi dei combattenti afgani alle
truppe occupanti erano stati circa 50, quest'anno nella stessa
settimana hanno raggiunto il numero di 400 (notizia riferita dalla
stampa statunitense, ma ignorata da quella italiana).
Da parte sua il generale Marco Bertolini, capo di stato maggiore della
missione Isaf-Nato, ha rivendicato che i militari italiani stanno
"combattendo battaglie importanti (…) molto aspre contro gli insorti" a
fianco dei reparti governativi. In particolare l'iniziativa bellica
italiana sta entrando nelle aree ribelli su ben tre fronti di
combattimento: quello sud-occidentale di Farah (Bala Baluck,
Pust-e-Rod, Delaram) quello nord-occidentale di Badghis (Bala Murghab)
e quello orientale a sud di Kabul (Musahi). E, nei comunicati ufficiali
diramati dai comandi, oltre all'elenco degli agguati e delle vittime
riportate, sempre più spesso ci si imbatte nell'espressione
"neutralizzare la minaccia" utilizzato per indicare l'uccisione di
presunti "terroristi" o "talebani" da parte dei soldati italiani nel
corso di vere e proprie battaglie. Una formula asettica quale sinonimo
ipocrita di "ammazzare", ma comunque il generale Bertolini non ha
nascosto la sua soddisfazione per il fatto che gli aggressori "devono
aver subito parecchie vittime".
Come opportunamente sottolineato da PeaceReporter, "L'esitazione e
l'imbarazzo del governo Prodi, che lasciava combattere solo le nostre
forze speciali rifiutandosi di ammetterlo, sono stati sostituiti
dall'interventismo e dall'orgoglio militare del governo Berlusconi, che
ha inviato al fronte i parà della Folgore autorizzandoli al
combattimento e rendendo pubbliche le notizie dei loro attacchi e
perfino - novità assoluta - delle perdite inflitte al nemico".
Infatti, lo scorso 29 maggio il comando italiano di Herat ha dato conto
di una violenta battaglia a Bala Murghab (provincia di Badghis) nel
corso della quale i parà del reggimento Nembo hanno martellato
con mortai da 120 mm ed elicotteri Mangusta le postazioni talebane,
uccidendo "25 insorti". Nel corso, invece, della battaglia svoltasi
nella zona di Badghis il 10 giugno, il maggiore Marco Amoriello,
portavoce del contingente italiano, ha dichiarato che "sono stati
neutralizzati circa 90 insorti".
Qualche informazione in più viene ora fornita anche
sull'attività delle forze speciali (presenti almeno dal 2006):
lo scorso 3 giugno, si è appreso ufficialmente di un'operazione
condotta dalle forze speciali della Task Force 45, nel corso della
quale gli incursori del reggimento Col Moschin avrebbero catturato
quattro presunti capi talebani nella provincia di Farah.
Permane invece la reticenza nel riferire le vittime civili, ma dopo
l'uccisione di una bambina avvenuta il 3 maggio, le donne della RAWA
(Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) hanno
confermato che il 16 maggio, nel villaggio di Pusht-e-Rod nella
provincia di Farah, un contadino di nome Abdul Manan è stato
falciato da una raffica proveniente da un blindato con la scritta
"Italia" in caratteri persiani, provocando rabbiose proteste popolari.
Considerate le dinamiche sempre più aggressive e scellerate
dell'intervento italiano che, sulla carta, dovrebbe essere una missione
di pace, facile anticipare l'incremento delle vittime tra il
contingente tricolore di cui il ministro La Russa ha annunciato un
ulteriore incremento di 400 unità in occasione delle elezioni
previste per il 20 agosto (attualmente, per l'Afghanistan, il governo
italiano autorizza la partecipazione di 2.795 militari italiani).
D'altra parte, dopo l'arrivo di Obama alla Casa Bianca e la riconferma
del guerrafondaio Robert Gates come segretario alla Difesa, oltre a
registrarsi un ulteriore incremento della guerra (previsti altri 21.000
soldati di rinforzo entro al fine dell'anno) va sottolineato come la
missione Isaf-Nato appare sempre più subalterna a Washington,
tanto che i ministri della Difesa della Nato hanno definitivamente
accettato un comando unico a guida statunitense, come proposto proprio
da Gates, comprendente sia i contingenti multinazionali Isaf che la
missione soltanto americana Enduring Freedom. In altre parole, sotto la
presidenza Obama si è compiuto il sogno di Bush, ossia di
arruolare in Enduring Freedom tutte le forze militari delle diverse
nazioni impegnate nel conflitto. Un passo questo che toglie ogni
residua ambiguità politica ad una guerra senza vittoria da oltre
otto anni.
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