Umanità Nova, n.24 del 21 giugno 2009, anno 89

Ricordando... Ivan Della Mea


Ho conosciuto personalmente Ivan dopo la morte di Franco Coggiola quando divenne presidente dell'Istituto Ernesto de Martino, era un periodo in cui con ben più tempo e energia di oggi riuscivo a dedicarmi alla ricerca sul campo e in archivio dei canti della nostra tradizione, e proprio questa ricerca mi aveva portato all'IEdM; il nostro primo incontro, lo confesso non fu dei più esaltanti e dopo un serrato confronto di poco più di mezzora, ci mandammo vicendevolmente a quel paese.
Fino ad allora i contatti li avevo tenuti con Franco Coggiola, che aveva tutt'altro carattere, e quel burbero di Ivan proprio non mi aveva dato una buona impressione (cosa che appunto ritengo fosse reciproca); dopo di allora ho avuto modo di vederlo altre volte, sempre a Sesto fiorentino, e piano piano quella prima impressione si è rivelata del tutto infondata.
Non si può dire che fosse anarchico, sebbene con qualcosa di più che una simpatia congenita verso le nostre idee, era comunista convinto, irriducibile, fervente, ma soprattutto fervido si buttava con passione nelle discussioni, libertario, schietto e sanguigno non era persona che te le manda a dire, e una volta superato il primo impatto ti rendevi conto che di fatto era tutt'altro che scostante.
L'ho incontrato, dopo anni, l'ultima volta il 25 aprile di quest'anno a Fosdinovo (MS) in compagnia della nipote Maria Valeria (figlia di Luciano) che non vedevo dai tempi in cui ho vissuto a Pisa e che mi ero fermato a salutare: "Ah, il solito tipografo…" per tutta risposta ho iniziato a rompergli dicendo che doveva necessariamente cantare el me gat, "non è in scaletta…" "qui la devi fare!" "io canto cosa voglio io!" "e cantamela…" "non sei il mio impresario…" alla fine l'ha cantata.
In quell'occasione mi ha stupito come ancora riuscisse a tenere il palco e a comunicare con i giovani: una persona di esperienza, che, lo dico al di là delle differenze politiche, indubbiamente aveva molto da dire. A Ivan come a molti/e altri/e che dagli anni '60 in poi si sono occupati della ricerca, della salvaguardia e della diffusione della storia orale del proletariato, non può che andare tutta la nostra stima, il nostro affetto e la nostra gratitudine.
Non sto a farne la biografia, perché penso che tali notizie siano, e saranno nei prossimi giorni, ben rintracciabili, tenevo a ricordare che tra le sue interpretazioni c'è la registrazione di dai monti di Sarzana, quella contenuta nell'antologia dei dischi del sole "quella sera a Milano era caldo…" la più conosciuta: quella che tante volte ci ha accompagnato in corteo.

Ciao Ivan!

donato landini

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti