Ho conosciuto personalmente Ivan dopo la morte di Franco Coggiola
quando divenne presidente dell'Istituto Ernesto de Martino, era un
periodo in cui con ben più tempo e energia di oggi riuscivo a
dedicarmi alla ricerca sul campo e in archivio dei canti della nostra
tradizione, e proprio questa ricerca mi aveva portato all'IEdM; il
nostro primo incontro, lo confesso non fu dei più esaltanti e
dopo un serrato confronto di poco più di mezzora, ci mandammo
vicendevolmente a quel paese.
Fino ad allora i contatti li avevo tenuti con Franco Coggiola, che
aveva tutt'altro carattere, e quel burbero di Ivan proprio non mi aveva
dato una buona impressione (cosa che appunto ritengo fosse reciproca);
dopo di allora ho avuto modo di vederlo altre volte, sempre a Sesto
fiorentino, e piano piano quella prima impressione si è rivelata
del tutto infondata.
Non si può dire che fosse anarchico, sebbene con qualcosa di
più che una simpatia congenita verso le nostre idee, era
comunista convinto, irriducibile, fervente, ma soprattutto fervido si
buttava con passione nelle discussioni, libertario, schietto e
sanguigno non era persona che te le manda a dire, e una volta superato
il primo impatto ti rendevi conto che di fatto era tutt'altro che
scostante.
L'ho incontrato, dopo anni, l'ultima volta il 25 aprile di quest'anno a
Fosdinovo (MS) in compagnia della nipote Maria Valeria (figlia di
Luciano) che non vedevo dai tempi in cui ho vissuto a Pisa e che mi ero
fermato a salutare: "Ah, il solito tipografo…" per tutta risposta ho
iniziato a rompergli dicendo che doveva necessariamente cantare el me
gat, "non è in scaletta…" "qui la devi fare!" "io canto cosa
voglio io!" "e cantamela…" "non sei il mio impresario…" alla fine l'ha
cantata.
In quell'occasione mi ha stupito come ancora riuscisse a tenere il
palco e a comunicare con i giovani: una persona di esperienza, che, lo
dico al di là delle differenze politiche, indubbiamente aveva
molto da dire. A Ivan come a molti/e altri/e che dagli anni '60 in poi
si sono occupati della ricerca, della salvaguardia e della diffusione
della storia orale del proletariato, non può che andare tutta la
nostra stima, il nostro affetto e la nostra gratitudine.
Non sto a farne la biografia, perché penso che tali notizie
siano, e saranno nei prossimi giorni, ben rintracciabili, tenevo a
ricordare che tra le sue interpretazioni c'è la registrazione di
dai monti di Sarzana, quella contenuta nell'antologia dei dischi del
sole "quella sera a Milano era caldo…" la più conosciuta: quella
che tante volte ci ha accompagnato in corteo.
Ciao Ivan!
donato landini