A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
Due giornate, quelle del 3 e 4 giugno, che a Vigo saranno ricordate a lungo.
Da mesi sale la pressione in Galizia, Spagna del nord ovest, dove
è in crisi crescente il settore metallurgico che nella
sola regione di Pontevedra riunisce circa 2.500 imprese che occupano
27.000 addetti, prevalentemente nel settore della cantieristica navale
(i cosiddetti astilleros) e dell'auto (gruppo PSA francese). Il 31
dicembre scorso è giunto a scadenza un accordo regionale che
istituiva, tra l'altro, una agenzia di collocamento per il settore e
prevedeva la progressiva trasformazione dei contratti precari in lavoro
a tempo indeterminato, un accordo che però nel corso del biennio
è stato regolarmente disatteso dalla locale associazione
imprenditoriale (la CEOE).
Già dal mese di febbraio sono iniziati primi scioperi che hanno
portato alla creazione di una commissione che deve trattare per
un nuovo contratto; la situazione è pesante: i sindacati
chiedono ragione del mancato rispetto del precedente contratto e
avanzano richieste ritenute troppo onerose dalle imprese che, il 15
maggio, organizzano a Vigo un incontro nel quale studiare una
strategia comune.
Vengono dichiarate le prime 4 giornate di sciopero per il 6, 7, 20 e 21
maggio che portano in piazza nella sola Vigo 12.000 lavoratori e che
vedono nella giornata del 21 i primi scontri con la polizia
anti-sommossa. Il giorno successivo a Vigo gli operai dei cantieri
navali e del gruppo automobilistico PSA manifestano in città
contro l'azione poliziesca del giorno precedente e dal giorno 30 parte
lo sciopero generale a tempo indeterminato. Nei giorni 3 e 4 giugno i
lavoratori penetrano nel centro di Vigo occupando strade e piazze e
bloccando completamente il traffico cittadino, venendo poi caricati
dalla polizia. Seguono ore di scontri con lancio di lacrimogeni e
pallottole di gomma, alle quali viene risposto con il tiro di bulloni,
sassi, petardi e biglie di ferro, mentre molti cassonetti vengono dati
alle fiamme e vengono innalzate barricate di pneumatici cui viene dato
fuoco.
Attualmente, dopo una settimana dalle giornate cruciali del 3 e 4
giugno, lo stabilimento della PSA è costantemente picchettato
per impedire l'uscita delle auto già pronte mentre, continuano
le occupazioni giornaliere del centro città e la Asime
(Asociación de Industriales Metalúrgicos de Galicia)
strepita contro il governo di Madrid che si dimostra incapace di
riprendere in mano la situazione.
Il 15 maggio il capo del reparto montaggio alle carrozzerie di
Mirafiori comunica ai lavoratori" la necessità di una salita
produttiva" per portare "un significativo aumento di vetture prodotte
per ogni turno di lavoro". E' evidente che ciò significhi la
soppressione di posti di lavoro: dove si lavora in due la mansione
verrebbe svolta da un solo operaio.
Questo è il modo di Marchionne di aumentare la produzione a scapito della riduzione degli organici.
Gli operai addetti al montaggio hanno ritenuto sconcertante la pretesa
dell'azienda, già sottoposti ai sabati lavorativi e ai drastici
tagli dei tempi di lavoro. Come risposta è stata data grande
adesione allo sciopero dichiarato dall'SdL dalle ore 7,30 nella
giornata del 18 maggio, con astensioni dal lavoro protratte sino a fine
turno.
Continua in Emilia-Romagna la mobilitazione per contrastare lo
smantellamento dei servizi pubblici e in particolare il "progetto
emoticons" introdotto da Brunetta che prevede il voto ai dipendenti
pubblici da parte degli utenti che ricevono il servizio, voto che
andrà a incidere sul salario e sulla conservazione stessa del
posto di lavoro.
Un'operazione smaccatamente di facciata e che tende ad addossare
eventuali disservizi delle amministrazioni ai dipendenti, invece che a
dirigenti e politici. Dopo l'INPS di Bologna, dove i delegati della
R.d.B./C.U.B. hanno fatto fallire la sperimentazione spiegando tutta la
faccenda ai cittadini che si sono poi rifiutati di prestarsi
all'indegna messa in scena, dopo le proteste al Comune di Parma che
accoglieva per l'occasione il mini ministro Brunetta, il mese di maggio
è terminato con un presidio davanti agli uffici anagrafe di
Reggio Emilia.
Nell'occasione i delegati R.d.B./C.U.B. del pubblico impiego reggiano
hanno distribuito volantini e risposto alle domande degli utenti e dei
colleghi del Comune, che si sono mostrati parecchio interessati, anche
perché nessun altro sindacato ha fatto sentire la sua voce
contro questo progetto.
Seguiranno altre iniziative di informazione e di contrasto al progetto
emoticon e alla riforma della pubblica amministrazione, che
permetterà alla dirigenza di operare pesanti tagli salariali e
addirittura licenziare anche sulla base delle "pagelle" scaturite dal
progetto emoticon.
Queste iniziative culmineranno a inizio luglio nello sciopero generale del pubblico impiego.
Francesco Ferrentino, operaio della Fiat-Sata di Melfi dal 1995. Un
operaio pronto a difendere i suoi compagni di lavoro, per la Fiat un
elemento difficile da controllare. Nel 2007, RSU in carica, del
sindacato di base, viene licenziato, accusato di volantinare
diffamazioni nei confronti di un capo. Un pretesto, per la Fiat, decisa
a dare un esempio capace di intimorire gli operai che alzano la
testa e reagiscono ai soprusi. Ferrentino prova a rientrare in fabbrica
e tramite la FLMUniti-CUB impugna il licenziamento chiedendo il
reintegro con procedura d'urgenza. Dopo varie traversie, nel novembre
2008 il tribunale di Melfi accoglie il ricorso e ne dispone l'immediato
reintegro. Tutto sembrava volgere al meglio, ma non appena i giudici di
Melfi dichiarano l'illegittimità del provvedimento, appena un
mese dopo scatta un altro licenziamento, con le stesse accuse di un
anno prima. Tutto ricomincia da capo. L'obbiettivo della Fiat
è di tenere fuori dalla fabbrica Ferrentino in qualità di
delegato RSU e guadagnare tempo visto che fra un anno il suo mandato
scadrà e, se rientrerà in fabbrica, non potrà
esercitare il ruolo di Rappresentanza.
Oltre a dover campare con salari da fame (idem per pensioni) e il
terrore di rimanere da un momento all'altro senza lavoro, per i ceti
popolari c'è sempre più presente l'incubo di rimanere
senza casa. Mentre governo, regioni e comuni parlano di "piani casa" i
cittadini vengono sfrattati senza alcuna garanzia del "passaggio da
casa a casa" come previsto dalle stesse norme di legge. A Roma, per
esempio, ci sono 5.000 famiglie a basso reddito a rischio nei prossimi
mesi. "Il 30 giugno 2009 scade la sospensione degli sfratti per i
nuclei famigliari in difficoltà e la Regione non ha predisposto
nessun piano d'intervento".
A fronte di tale situazione l'Unione Inquilini a Roma si è fatta
carico di organizzare due picchetti antisfratto il 5 luglio, in via
Massaia 14 (Garbatella) e in via Arco del Monte 99 (Centro, piazza
Farnese) allo scopo d'impedire l'esecuzione dello sfratto ai danni di
due nuclei familiari.
L'Unione Inquilini, nel dichiarare che continuerà per tutto il
mese di giugno i presidi antisfratto, chiede alle "autorità", a
cominciare dal governo, la sospensione degli sfratti e al prefetto di
Roma di non inviare la "forza pubblica" nell'esecuzione degli stessi.
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