Umanità Nova, n.25 del 28 giugno 2009, anno 89

Il verdetto è emesso


Così ha deciso lo stato danese. Con una sentenza veloce  e sbrigativa, il 26 di maggio scorso l'Alta Corte danese ha stabilito che il terreno su cui sorge Christiania è dello Stato, quindi lo Stato può farci quello che vuole, che tradotto significa palazzi, uffici e centri commerciali da vendersi a prezzo di mercato.
Trentaquattro ettari nel pieno centro di Copenaghen non potevano certo essere lasciati in mano a una banda di hippy senza legge né regole se non quelle dell'autogestione, dell'autodeterminazione e dell'alternativa possibile. La Comunità libera, nata più di quarant'anni fa in seguito all'occupazione di un sito militare dismesso, è un grande laboratorio di sperimentazione sociale, una grande proprietà collettiva dove differenti modelli sociali convivono in una reale compartecipazione. Quella compartecipazione tanto osannata dai ciarlatani della politica, tanto pronti a ostentarla per i loro fini quanto a rinnegarla quando questa ostacola le loro speculazioni. Ora la grande democrazia mitteleuropea e scandinava non gradisce più la presenza in casa sua di un esempio di effettiva partecipazione alla vita sociale e alla gestione di un bene comune.
L'attacco a Fristaden, la città libera organizzata in 19 circoli dove vige la legge dell'unanimità, è iniziato nella metà degli anni '80. Qualcuno si accorse che quello spazio, sviluppatosi tra i canali di Copenaghen e lungo i bastioni della cittadella rinascimentale, poteva essere un buon luogo per insediamenti residenziali ad alto prezzo. Cominciò una lunga battaglia che portò nel 1989 al riconoscimento, da parte del governo socialdemocratico, dello status di "esperimento sociale". Ciò permise agli abitanti di Christiania di poter vivere relativamente tranquilli, mettendo in pratica forme alternative di convivenza sociale. In questo clima di apparente tolleranza da parte dello stato danese, nonostante periodiche provocazioni, si andò avanti fino al 2004 quando, insediatosi un governo di centrodestra, l'attacco allo "Stato Libero di Christiania" ricomincia in maniera massiccia. Viene revocato lo status di esperimento sociale e si richiede la "normalizzazione" dell'area su cui vivono i christianiti. Il culmine di questo attacco si ha nel 2008, il 29 e il 30 di ottobre, quando lo "Slots- og Ejendomsstyrelsen", l'Agenzia dei Palazzi e delle Proprietà, che gestisce i beni pubblici dello stato danese, decide di demolire il secondo piano di una palazzina all'interno di Christiania. 300 agenti in assetto antisommossa invadono lo stato libero e gli operai, così protetti e nascosti dietro maschere, procedono all'abbattimento di quella parte di edificio. La motivazione dell'abbattimento consiste nel fatto che l'agenzia governativa pretende la presentazione di una domanda con conseguente permesso per la costruzione o l'ingrandimento di edifici nel territorio della comunità. Inaccettabile in un luogo dove è chi ci vive che decide come gestire il territorio e l'ampliamento degli insediamenti segue la sola logica della necessità e non dell'atto speculativo. Due giorni di scontri con la polizia, giunta poi in forze, che dimostrarono la volontà da parte dei christianiti di mantenere il loro status autogestionale del territorio.
E così arriviamo al 26 di maggio di quest'anno. Lo stato danese "ha il diritto di disporre della zona di Christiania e di agire come proprietario".
Dopo questa sentenza sarà più duro per i christianiti vivere ed essere "tollerati" nel centro di Copenaghen. Lo stato, già così aggressivo, ora lo diverrà ancora di più e ci vorrà tutta la forza di cui dispongono gli abitanti di Fristaden per resistere. Quarant'anni di vita collettiva rischiano di essere inglobati dalla speculazione dei signori del cemento, facendo sparire in esso un esempio di alternativa possibile, la dimostrazione che costruire una società diversa nella quale convivere e autorganizzarsi gestendo collettivamente i propri bisogni è possibile. Aldilà delle leggi, aldilà del potere, aldilà della gestione dall'alto. Una società strutturata orizzontalmente, dove tutti hanno uguali diritti e uguali doveri, dove si fa solo ciò di cui la quotidianità ha bisogno e dove ognuno è autore del proprio vivere. Questo, forse, è quanto dà più fastidio e va fatto sparire. E quale miglior modo se non una bella gettata di cemento, che omologa case, negozi e vita.

RedC

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