Di seguito l'editoriale del
periodico anarchico "Humanidad", Lima, numero speciale del 7
giugno 2009 (www.periodicohumanidad.wordpress.com), uscito subito dopo
i due mesi di proteste e la sanguinaria repressione delle popolazioni
indios da parte della polizia e dell'esercito peruviano (vedi UN n.
23). Nel frattempo il governo ha sospeso temporaneamente i controversi
decreti legislativi che autorizzano la vendita ai privati di milioni di
ettari di superficie boschiva (vedi "brevi dal mondo".
Il conflitto tra le popolazioni amazzoniche e il governo di Lima
è passato a un nuovo livello: innanzitutto tende a
generalizzarsi per la simpatia che il movimento amazzonico suscita
nelle classi popolari del paese e in secondo luogo ha assunto i tratti
di una ribellione violenta alle continue provocazioni dei poteri dello
stato (esecutivo e parlamento), la cui politica non fa che causare la
continuazione dello sciopero dei nativi che continua ormai da due
mesi. Gli operai, i contadini, gli impiegati, i piccoli artigiani e i
commercianti, i disoccupati, i giovani studenti di entrambi i sessi,
organizzati in sindacati o in comunità agrarie della Sierra, i
disoccupati, i pensionati poverissimi, insomma, l'insieme delle classi
sfruttate e oppresse, daranno eco alla rivolta e la faranno propria?
Può essere che il movimento riesca a ottenere l'allontanamento
di García [Presidente del Perù] e la sua sostituzione al
posto di comando da parte di un'altra persona o partito politico. Ma
questo garantirà un cambiamento reale, considerando che dietro
le persone ci sono le classi e gli interessi di classe? Perché
è evidente che al di là dei decreti legislativi a essere
contestata è la classe capitalista peruviana associata al
capitalismo imperialista transnazionale. Non è forse vero che
Dionisio Romero [storico presidente del Banco de crédito del
Perù] e gli imprenditori stranieri suoi amici pretendono di
ricevere in concessione o di comprare niente meno che dieci
milioni di ettari della Amazzonia con l'obiettivo di tagliare alberi e
produrre etanolo per continuare a sostenere la civiltà del
trasporto automobilistico e la tanto amata "crescita" a spese
dell'ecosistema mondiale?
L'APRA [Aliancia Popular Revolucionaria Americana oggi al governo] e i
suoi alleati cercano di depredare l'amazzonia, di espropriare i nativi
dei propri territori e di distruggere quel che viene considerato il
polmone dell'umanità. Di conseguenza, visto che non otterremo
nulla cambiando gli uomini al potere nello stato, noi anarchici andiamo
più in là nella questione e non vogliamo solo "mandare a
casa" García, ma tutta la classe capitalista peruviana, testa di
ponte del capitale imperiale non solo nordamericano, ma anche europeo e
asiatico. Questo è il significato della parola d'ordine che
viene dal popolo: "Se ne vadano tutti!" Ad andarsene deve essere tutta
la classe politica specializzata nel governare e nel dettare misure e
leggi dall'alto al basso, senza consultare nessuno, al fine di
imporre le proprie soluzioni che distruggono la coesione sociale invece
che arricchirla. Essa deve essere rimpiazzata dal popolo organizzato
che prenda finalmente le redini della propria vita.
Dietro al luttuoso conflitto in Amazzonia e allo scontro fratricida tra
nativi e poliziotti spediti al sacrificio dal regime – conflitto del
quale si occultano le cifre riguardo alle vittime civili (ufficialmente
vengono riconosciuti 6 civili morti, e 23 poliziotti, quando i
testimoni e gli osservatori della Defensoría e altri organismi
dichiarano che ci sono più di 100 civili scomparsi) – dietro a
tutto questo, che va avanti come una rappresentazione in tragedia,
c'è la protesta ancestrale di una società che esige
emanciparsi da una oppressione che dura da 500 anni. Con il titolo di
questo editoriale abbiamo riassunto la nostra posizione: non vogliamo
un cambiamento di persone, né solamente uno politico, ma una
trasformazione sociale radicale che guardi al socialismo libertario.
E chi propone un'uscita istituzionale mediante una Costituente
che sottoponga a revisione il "modello neoliberale" e non il sistema
capitalista, la cui esistenza garantisce l'esistenza dello Stato (fino
a quando non lo distruggeremo), pretende solo di appropriarsi del
vecchio potere statale per servire se stesso e non per servire la
società, per portare avanti (diffondendo la menzogna per cui il
"caudillo" debba stare al comando per continuare la "grande
trasformazione"), una "grande trasformazione" che è tale solo a
parole, in quanto di fatto è la continuazione dello sfruttamento
capitalista, solamente rafforzato dall'autoritarismo di uno stato che
pratica l'assistenzialismo mentre allo stesso tempo favorisce gli
affari della nuova borghesia arricchita dai contratti statali e la cui
crescita è garantita da un potere che irreggimenta le "masse
lavoratrici". Esempi di tutto ciò li abbiamo qui vicino: il
più prossimo a noi è il chavismo in Venezuela.
La notte del venerdì quando cominciarono a prodursi i primi
fatti luttuosi, Mercedes Cabanillas [attuale Ministro degli interni] ha
dichiarato in televisione che Alberto Pinzango [Presidente
dell'Asociación interetnica de desarollo de la selva peruana] e
i dirigenti amazzonici vogliono il "regno del caos, il disordine,
l'anarchia e il crimine". Che dichiarazione spaventosa! Ancora una
volta ci si appella al sentimento comune riguardo alla parola
"anarchia" per infondere paura nella popolazione e fare che in modo che
accetti la perdita della sua libertà, ma l'anarchia non è
disordine; è ordine basato sul consenso e non sull'imposizione
brutale.
Al di là della Costituente, dell'allontanamento di una persona o
di un gruppo di persone, al di là della condanna di Simon
[Yehude Simon, Primo ministro peruviano], i compagni che hanno una
sensibilità emancipatrice e rivoluzionaria devono realizzare la
parola d'ordine: "Se ne vadano tutti!" per inaugurare un nuovo periodo
della nostra storia, l'era dell'autogoverno degli operai e del popolo
che ci porti al socialismo libertario, superando le alternative senza
uscita, come per esempio quella dell'"economia nazionale di mercato"
che non è altro se non una nuova forma di capitalismo, ancora
più repressiva dal momento che ha in sé le
caratteristiche del populismo fascistoide.
Tutto questo ovviamente richiede la solidarietà tra noi e il
popolo a livello continentale e mondiale. Continuiamo nella
autorganizzazione della solidarietà con i popoli amazzonici e,
se lo Stato non vorrà abolire i decreti legislativi contestati,
rendiamo permanente la resistenza con l'obiettivo di passare, in
qualsiasi momento, all'offensiva popolare che ponga fine al capitalismo
ingiusto, predatorio, liberticida e, alle condizioni attuali,
totalmente assurdo.