Neanche un anno fa, a Napoli, due ragazzine rom morivano annegate
nelle acque di fronte alla spiaggia di Torregaveta, a Napoli. Di fronte
ai loro corpi senza vita, i bagnanti continuavano a prendere il sole, a
sorseggiare bibite, a conversare, ad addentare sandwich. Poche
settimane fa, a Pesaro, una giovane donna incinta, durante uno sgombero
effettuato dalle autorità, cadeva al suolo, di fronte a venti
agenti della polizia di stato e della polizia municipale. Mentre il suo
bambino moriva, nessuno degli uomini in divisa si avvicinava a lei per
accertarsi delle sue condizioni e solo le proteste di due attivisti
ottenevano che fosse chiamata un'ambulanza. Il 26 maggio 2009, nel
corso di una sparatoria fra camorristi alla stazione funicolare di
Napoli, proiettili vaganti colpivano a una gamba e al petto Petru
Birlandeanedu, un giovane musicista di strada, romeno di etnia rom.
Assistito dalla moglie, che chiedeva aiuto disperatamente a decine di
passanti, Petru moriva come se fosse stato invisibile. Nessuno si
avvicinava a lui, che cadeva al suolo vicino ai tornelli della
stazione. Nessuno chiamava il soccorso pubblico. Nei pressi della
tragedia, come documentano i nastri della videosorveglianza della
Cumana, la gente continuava a timbrare i biglietti, conversare al
cellulare, affrettarsi da una parte o dall'altra. A un certo punto
arrivava un'ambulanza, ma caricava un ragazzo ferito in modo lieve,
lasciando al suolo il giovane rom morente. Questa è l'Italia di
oggi, avvelenata da intolleranza e indifferenza. Intolleranza e
indifferenza che fanno ormai parte della quotidianità. La
propaganda politica e mediatica ha ottenuto il suo scopo, trasformando
il popolo italiano in un popolo di razzisti, delatori, persecutori e -
nel migliore dei casi - indifferenti. La solidarietà è
morta. Migranti e Rom suscitano sentimenti di repulsione e odio. Vagano
da un luogo all'altro, in attesa di cadere nelle mani della forza
pubblica, di essere sgomberati oppure arrestati, maltrattati,
incarcerati ed espulsi. Disperati, cercano di nascondersi per sfuggire
alla spietata caccia all'uomo, come facevano gli ebrei - e, anche
allora, i Rom - ai tempi di Hitler e Mussolini. Quando sono malati, non
si recano più al pronto soccorso degli ospedali né i loro
cari chiamano un'ambulanza. Hanno paura di essere denunciati e di
finire nella rete della repressione etnica. Piuttosto - come è
accaduto recentemente a una badante ucraina a Torre Mare, in provincia
di Bari, e a un Rom romeno malato di cancro al pancreas, a Pesaro -
preferiscono morire. Settant'anni dopo il grande genocidio che a parole
e nelle commemorazioni ipocrite tutti condannano, li avvelena e li
uccide un gas ancora più subdolo e letale dello Zyklon B. Un mix
- ancora invenzione della chimica umana - di intolleranza e
indifferenza.
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Alla Boccia Squat, nel cuore del quartiere Parella, la serata
informativa sul nucleare è andata avanti sino alle tre di notte,
tra cena bellavita, interventi, proiezioni di documentari e filmati,
videoinstallazione con tre schermi che in contemporanea trasmettevano
esplosioni atomiche.
Ha introdotto la serata Marco Tafel che, supportato da una vasta
documentazione video, ha illustrato l'estrema pericolosità di
una tecnologia nata, non per caso, in ambito militare. Le centrali ad
energia atomica sono "figlie" delle bombe scaricate su Hiroshima e
Nagasaki. Molto interessanti i filmati d'epoca sugli esperimenti
atomici nell'atollo di Bikini, che mostrano la tranquilla incoscienza
con cui gli stessi militari utilizzavano una tecnologia mortale. Passo
dopo passo è emerso che, oltre al pericolo gravissimo per la
salute, l'energia atomica, se si considerano anche i costi di
smaltimento delle scorie, di dismissione e messa in sicurezza delle
vecchie centrali, di utilizzo intensivo di una risorsa preziosa come
l'acqua, non è neppure conveniente sul piano economico.
Inoltre le centrali sono di per se un obiettivo bellico, perché,
se colpite da bombe o aerei kamikaze, potrebbero produrre disastri
enormi.
Il governo italiano si prepara a costruire nuove centrali a due decenni
dal referendum che ha chiuso i quattro impianti italiani (Caorso,
Trino, Garigliano, Latina). Il referendum si tenne dopo il gravissimo
incidente alla centrale sovietica di Chernobyl del 1986 e le durissime
lotte ecologiste che attraversarono la penisola.
Il dibattito che è seguito ha posto l'accento sia sulla scelta
atomica, sia sulle possibili alternative. Alcuni hanno sottolineato la
dipendenza delle scelte energetiche da stili di vita e modelli di
consumo improntati ad una logica di profitto e controllo e, quindi,
sulla necessità di scelte che privilegino tecnologie a basso
impatto ambientale, facilmente reversibili nonché gestibili e
controllabili dal basso.
R. Em.
Sterco dappertutto intorno e sopra all'AMX Ghibli che da due
settimane fa mostra di se sulla rotonda di viale Certosa a Collegno. Un
dono dell'Alenia per i World Air Games appena terminati nel
prospiciente campo a volo. Sulla placca commemorativa una nuova targa
del tutto esplicita "pericolo assassini – pericolo fabbrica di morte".
Attaccato al basamento dell'apparecchio un altro cartello "merda alla guerra!".
Sul muro di cinta dello stabilimento dell'Alenia le scritte "No alle fabbriche di morte", "Chiudere l'Alenia".
Questa la scena che si è presentata la notte tra il 16 e il 17 giugno a chi passava di lì.
Un fotografo di passaggio ha fatto qualche scatto.
Trovate qui le foto dell'azione antimilitarista:
http://piemonte.indymedia.org/article/5224
In un testo diffuso a commento dell'azione di qualche anonimo
antimilitarista gli anarchici della FAI torinese scrivono "Vale la pena
di ricordare a tutti che l'Alenia fabbrica aerei militari, macchine di
morte destinate alle guerre che, in ogni angolo del mondo, uccidono.
Uccidono soprattutto civili inermi, le prime vittime della guerra
moderna, guerra tecnologica che salvaguardia i combattenti e massacra
uomini, donne e bambini indifesi.
L'AMX è un cacciabombardiere tattico, che porta bombe, razzi e
un cannone, non un giocattolo da mostrare ai bambini in visita ai Word
Air Games, tra mongolfiere e palloncini.
Tra gli ultimi affari dell'Alenia la joint venture con il colosso
dell'industria armiera statunitense, la Loockeed Martin, per la
costruzione e l'assemblaggio degli F-35. Gli F-35 sono
cacciabombardieri monoposto, stealth (invisibili ai radar), adatti
anche all'armamento nucleare. Giocattolini da 150 milioni di euro, che
verranno assemblati in uno stabilimento di prossima costruzione a
Cameri, nei pressi di Novara. Il governo italiano, sponsor dell'intera
operazione, ne ha già acquistati 131.
Con i soldi di un solo F-35 si pagherebbe un quartiere all'Aquila, un
nuovo ospedale, la manutenzione delle linee ferroviarie per i
pendolari… Tante cose utili alla vita di noi tutti, non armi per
ammazzare qualcuno dall'altra parte del mondo. Come la bambina che
quelli della Folgore hanno ucciso un mese fa in Afganistan.
Se ne ricordano solo quando un militare italiano viene ferito ma
l'Italia è in guerra. Truppe tricolori combattono in prima
linea. Lo chiamano "peace keeping ma, là, in Afganistan, ogni
giorno bombardano, uccidono, imprigionano, torturano.
In Afganistan ci sono 2.600 soldati italiani: questo orrore costa a
tutti noi milioni di euro. La spesa di guerra comprende il mantenimento
di basi, caserme, aeroporti ed un buon numero di ben addestrati
assassini di professione. I governi di destra e quelli di sinistra
hanno fatto a gara nel finanziare le imprese belliche.
Bisogna fermarli. Non basta l'opposizione morale, non bastano le
bandiere di pace. Bisogna mettersi in mezzo. Farla finita con le guerre
e gli eserciti, farla finita con la logica militarista.
A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, aeroporti, scuole militari, fabbriche d'armi."
R. Em.
A Torino la candidata del PDL alle provinciali ha calato la sua
carta per il ballottaggio di domenica 21 giugno: un girotondo razzista
intorno a piazza della Repubblica per dire "Delinquenti arrendetevi!
Siete circondati". Roba da ridere se ci si potesse dimenticare che il
governo si accinge a varare una nuova legge razzista, se ci si potesse
dimenticare di quelli che nei CIE si tagliano, si uccidono, si cuciono
le labbra. Per non dire dei migranti e dei profughi respinti in mare e
mandati a morire nella Libia dell'amico Gheddafi o dei tanti
clandestini che muoiono nei cantieri, dopo aver vissuto un'esistenza da
schiavi.
Mercoledì 17 giugno piazza della Repubblica è invasa da
polizia e digos. In disparte stanno gli operai maghrebini in attesa che
la piazza si liberi per montare i banchi della frutta e verdura per
l'indomani. Quelli del PDL, della Lega e della Destra si radunano nello
spicchio di piazza dove di solito sono i banchi dell'abbigliamento. Non
più di trecento. C'è anche un pullman che scarica quelli
venuti da fuori. Non ce la faranno mai ad "abbracciare" la grande
piazza: devono accontentarsi della parte centrale, perché
Palafuksas, tettoia dell'orologio e tutta la parte alta restano fuori.
Alcuni anarchici della FAI torinese ed antirazzisti girano per la
piazza tampinati dalla Digos presente a frotte. La polizia pressa da
vicino gli anarchici ma quando passano leghisti e fascisti partono
slogan e cori: "fuori i razzisti dalla città", "maiali",
"vergogna". Un sonoro "andate a lavorare, pelandroni" in buon torinese
manda in bestia i leghisti che da veri raffinati mostrano il dito e
insultano. Borghezio urla esagitato e qualcuno gli grida "in piazzale
Loreto c'è posto!".
In quel momento all'imbocco della piazza, proveniente da corso Giulio
Cesare arriva il bus 51 avvolto in un denso fumo rosso. Alcuni
antirazzisti scendono brandendo fumogeni e lanciando volantini: la
polizia li accoglie a manganellate e ne ferma uno. Verrà
rilasciato dopo un'oretta.
Nello stesso tempo annunciano il loro arrivo con tamburi e slogan i
pink. Alcuni degli anarchici che avevano contestato Borghezio e la sua
banda di razzisti si uniscono ai pink, che scatenano una indiavolata
samba antirazzista. L'antisommossa si schiera indossando i caschi,
fascisti e leghisti pressano minacciosi dall'altra parte, insultando e
minacciando. Uno invita un compagno ad un incontro ravvicinato nella
zona alta della piazza ma poi si guarda bene dal farsi trovare. La
tensione sale, la polizia diventa aggressiva ma nessuno se ne va. Anzi.
Arriva altra gente e si unisce ai contestatori. Tutto intorno gli
immigrati chiedono informazioni e si passano l'un l'altro il volantino
della FAI torinese sul pacchetto sicurezza. Un leghista grida ad un
compagno siciliano "parla in italiano!", una compagna gli risponde in
piemontese "vattene a casa, questa piazza è antirazzista". Un
digos un po' nervoso agguanta per il collo un compagno e lo trascina
verso il parcheggio, ma deve accontentarsi di identificarlo
perché subito viene pressato da più parti. Poco a poco i
girotondini di destra lasciano la piazza. Arrivano anche quelli del bus
51 che aprono lo striscione "nessuna pace per i razzisti".
Tutti insieme si parte in corteo al ritmo della samba. Si fa il giro
della piazza, alcuni ragazzi maghrebini si uniscono alla band, e Porta
Palazzo, per un momento, sembra libera. Non troppo lontano, i
lampeggianti dei blindati di polizia e carabinieri sono taglienti lame
blu nella notte di Torino.
Più in là, dove la luce è più fioca, gli
operai immigrati, la maggior parte in nero e senza carte, montano i
banchi per il mercato del giorno dopo.
R. Em.
Il pacchetto sicurezza sta completando il proprio iter parlamentare.
Con ogni probabilità verrà approvato durante l'estate.
È una legge di guerra. La guerra contro i poveri, gli immigrati,
gli oppositori politici.
Martedì 16 giugno in via Po gli anarchici della FAI torinese si
sono dati appuntamento per un punto info antirazzista. Distro, bar,
volantini, mostra sul pacchetto sicurezza dalle 18 a mezzanotte. In
contemporanea gli anarchici di Torino Squatter si sono materializzati
sul monumento al Duca D'Aosta nella centralissima piazza Castello per
la quinta delle "7 piazze in 7 secondi", la risposta degli squat
torinesi alle minacce di sgombero di sindaco e prefetto. Le iniziative
che di solito si svolgono negli squat cittadini più altre
pensate per l'occasione si sono trasferite in strada: un segnale di
guerra per chi pensa di liberarsi degli squatter, sgomberando le case
che occupano.
La consueta cena del noto chef "Chez Osvaldin", benefit inguaiati con
la legge, che di solito si tiene il martedì all'Asilo di via
Alessandria, in piazza Castello ha raccolto un grosso successo di
critica e di pubblico. La digestione del questore e della digos non
è invece stata delle migliori, perché nonostante le
minacce, la celere schierata, il battere di manganelli, alla fine hanno
dovuto rassegnarsi all'invasione del salotto buono della città:
troppi buongustai se l'avrebbero avuta a male se invece del cibo ci
fosse stata la ginnastica. Al termine del punto info in via Po gli
anarchici della FAI torinese si sono uniti agli squatter in piazza
Castello. Ma notte non era ancora finita e prima dell'alba ci sarebbero
state nuove sorprese per i sostenitori dell'industria di guerra e per i
tutori del disordine statale
Ma questa è un'altra storia…
R. Em.
Giovedì 18 giugno. Settima ed ultima serata del ciclo 7
piazze in 7 secondi, organizzate dagli squatter torinesi contro le
minacce di sgombero emerse nell'ultimo vertice cittadino per la
sicurezza in prefettura.
Siamo in piazza Madama Cristina nel cuore di S. Salvario, un quartiere
complesso, dove una sempre maggiore vivacità culturale non
sempre riesce a contrastare spinte xenofobe nei confronti dei numerosi
stranieri che risiedono nella zona del "quadrilatero". Un posto dove
ogni giorno avvengono retate di immigrati senza documenti. Il luogo
giusto per una serata informativa sul pacchetto sicurezza, la legge
razzista e liberticida che il parlamento sta discutendo da mesi e che,
con ogni probabilità, verrà approvato durante l'estate.
Le relazioni introduttive degli avvocati Claudio Novaro e Simone
Bisacca ben evidenziano il carattere criminogeno delle nuove norme,
che, di fatto, introducono in modo ancor più marcato che in
passato un diritto diseguale per gli stranieri poveri che vivono in
Italia senza carte. Violazioni di carattere amministrativo, normalmente
risolte con una multa per qualunque cittadino italiano, diventano fatti
di rilievo penale e, in quanto tali, perseguiti con durezza.
L'obbligo di presentare sempre il permesso di soggiorno – con la sola
eccezione del pronto soccorso e dell'iscrizione alla scuola
dell'obbligo per i figli, di fatto nega assistenza sanitaria, nidi e
scuole materne, e persino la possibilità di riconoscere i propri
bambini agli stranieri senza carte.
Se a ciò si aggiungono le pesanti sanzioni per offesa a pubblico
ufficiale e imbrattamento vediamo come oltre agli immigrati, nel mirino
dei legislatori sia anche ogni forma di opposizione sociale.
Piazza Madama si è gremita di gente attenta, che ha partecipato
al dibattito con numerosi interventi e domande. Un'immigrata africana
senza documenti ha ricordato le sofferenze degli emigrati africani
sottoposte a violenze, stupri, schiavitù dal governo libico ben
foraggiato dai vari governi che si sono succeduti in Italia negli
ultimi anni. Particolare attenzione è stata data alla
costituzione delle ronde, sulle quali vi erano pareri diversi: chi le
considera una questione poco più che folcloristica e chi invece
ne sottolineava la potenziale pericolosità. Tutti concordi sulla
necessità di un impegno forte per contrastare l'applicazione del
pacchetto sicurezza, mirando ad incepparne i meccanismi.
R. Em.