Vent'anni di lotte, vent'anni di urla, vent'anni di accuse. E dopo
vent'anni, finalmente, si scopre che noi anarchici avevamo ragione.
Dopo essere passati per visionari, allarmisti, terroristi e chi
più ne ha più ne metta, siamo giunti al punto che
è vero: quel palazzo sta crollando a causa della speculazione
selvaggia.
Molti di voi lettori si ricorderanno l'antefatto: il 23 giugno dello
scorso anno, a tiro di Congresso IFA, ci fu il cedimento di uno dei
pilastri dell'ingresso del teatro, sottostante al salone del Germinal.
L'intero edificio venne evacuato e fummo costretti a rimediare
all'ultimo momento una diversa sede per permettere il regolare
svolgimento del congresso.
L'evacuazione del palazzo metteva, nuovamente, a rischio la permanenza
del gruppo Germinal all'interno della sua sede storica. Ci fu una
settimana di presidio ininterrotto, giorno e notte, di fronte
all'edificio durante la quale venne fatta una ulteriore intensa
campagna di informazione.
A quel punto, nessuno poteva più negare che quel fabbricato era
a rischio di crollo. Obbligato dagli eventi, il comune di Carrara emise
qualche timida ordinanza, badando più a non rompere il velo con
il quale ha da sempre, giunta dopo giunta, impacchettato, avvolgendo di
silenzio, chi sa se per incapacità o complicità, tutta la
devastazione che stava subendo il palazzo.
Nei giorni immediatamente successivi, viene fatto un primo intervento
provvisorio e d'urgenza per la messa in sicurezza del pilastro
collassato e vengono rafforzati i pilastri adiacenti, anch'essi
lesionati.
Dopo aver mal recepito l'ordinanza emessa dai vigili del fuoco, che
recita testualmente: "l'inagibilità deve essere mantenuta fino
alla realizzazione di una definitiva opera di consolidamento," il
comune riconcede l'agibilità.
Passa l'estate e, dopo aver colpevolmente sospeso il monitoraggio dei
pilastri, incarica un professore dell'università di Pisa di
redigere una perizia che viene consegnata il 25 febbraio di quest'anno,
ben otto mesi dopo. Da subito ci si rende conto del gioco sporco che si
vuole portare avanti. Il professor Bartelletti, l'emerito
dell'università di Pisa incaricato della valutazione, affibbia
la colpa ai mattoni: sono vecchi e malfatti. Incaricato dal Comune e
dalla Nuova Caprice, la società subentrata alla Caprice
originaria e responsabile degli abusi edilizi, non poteva fare miglior
lavoro per tentare di assolvere i veri colpevoli e addossare le
responsabilità a qualcosa di così lontano e astratto. Il
lavoro, poi, non è fatto neanche così bene; nel Comitato
cittadino che da anni lotta per la difesa del palazzo, e del quale
siamo promotori, sono attivi anche alcuni architetti e ingegneri che in
men che non si dica, smontano pezzetto per pezzetto la perizia. E'
incompleta, non suffragata da esami approfonditi e, soprattutto, non
tiene in minima considerazione i sovraccarichi del sottotetto,
responsabili dello schiacciamento dei pilastri. Da subito i vigili del
fuoco parlano, nei loro rapporti, di "cedimento da schiacciamento" e,
in italiano, questo significa una cosa: c'è qualcosa sopra che
pesa.
Noi continuiamo la nostra lotta di controinformazione al messaggio
che amministrazione comunale e proprietà vogliono far
passare: la colpa non è degli abusi edilizi, ma dei mattoni che
sono vecchi. E arriviamo a oggi.
La procura ha aperto un'indagine e incaricato dei periti – delle
Università di Genova e Parma – di effettuare le valutazioni
necessarie. Abbiamo avuto modo di seguire i sopralluoghi dei tecnici,
avvenuti anche nei locali del Gruppo Germinal-FAI, nel salone e in
quelli dell'Archivio Germinal. Quello che viene fuori è
sconcertante: nessuna opera di messa in sicurezza è stata fatta
(e questo lo sapevamo); i pilastri stanno continuando a cedere; a
quelli già lesionati se ne sono aggiunti altri; le crepe che si
vedono nei mattoni sono tutte da schiacciamento; il monitoraggio
è stato sospeso il 30 ottobre dello scorso anno e ripreso in
fretta e furia solo dopo un fax allarmante inviato dai vigili del fuoco
al comune a seguito del primo sopralluogo effettuato; anche i mattoni
nuovi stanno cominciando a cedere; le planimetrie – sulle quali
dovrebbe aver lavorato Bartelletti – consegnate dal comune ai periti
non corrispondono assolutamente allo stato attuale dell'edificio,
modificato dagli interventi fatti per creare appartamenti laddove prima
non c'erano, e i periti devono lavorare su planimetrie fatte da un
ingegnere del comitato; sempre sulle planimetrie, al genio civile non
esiste alcuna documentazione dei lavori di ristrutturazione eseguiti;
non esiste una perizia sismica, obbligatoria in caso di
ristrutturazione di un edificio vecchio (e noi siamo in zona 2).
Insomma, una situazione quasi tragica. Sicurezza a livello zero per un
palazzo di enorme cubatura situato nella zona centrale della
città, densamente frequentata. E tutto questo grazie
all'ingordigia degli avvoltoi dell'edilizia e al colpevole silenzio e
all'inettitudine delle amministrazioni comunali che fino a oggi non
sono intervenute per porre un limite a queste speculazioni.
E, finalmente, oggi anche i giornali locali, da sempre a fianco di
amministrazione e proprietà, sono obbligati dagli eventi a dire
le cose come stanno: le accuse della procura sono per abuso edilizio e
procurato crollo.
Dovremmo essere felici per questo, ci sono voluti vent'anni, ma alla
fine ci hanno dato ragione. Invece, purtroppo, non è
così. Lo scenario che si apre ora è preoccupante. Se
tutto avviene come deve avvenire, lo stabile verrà nuovamente
sgomberato. E non si sa per quanto. Il gruppo Germinal-FAI e l'Archivio
Germinal, saranno di nuovo messi fuori dalla loro sede. E questo non
per un evento naturale imprevedibile, ma a causa della colpevole
condotta delle amministrazioni che hanno da sempre omesso controlli e
verifiche, ignorando le nostre contestazioni, mettendo a rischio
l'incolumità di chi, nei dintorni del palazzo, ci vive, ci
lavora e ci si muove. Se non ci sarà una risposta decisa e seria
da parte dell'attuale amministrazione comunale che preveda una
soluzione definitiva e veloce al problema, colpendo i colpevoli,
sarà di nuovo lotta. Una lotta non solo per la propria sede, ma
contro questo sistema di sciacallaggio delle città, contro la
violenta appropriazione di spazi collettivi da parte di gruppi
affaristici e contro la convivenza politica/affari caratterizzante la
nostra vita sociale.
RedC