Umanità Nova, n.26 del 5 luglio 2009, anno 89

Onda o risacca?


L'anno scolastico che si sta concludendo è stato caratterizzato fra l'altro dal cosiddetto movimento No Gelmini. Il movimento, che è cresciuto costantemente dal primo giorno di scuola almeno sino alla fine di ottobre, in particolare nelle elementari, nasceva dalla preoccupazione per i quasi 8 miliardi di euro di tagli contenuti nell'articolo 64 della legge 133, approvata il 6 agosto 2008.
I timori, non solo dei docenti, ma anche degli alunni e delle loro famiglie, non venivano certo dissipati dalla bozza di Piano Programmatico presentata dal Ministero dell'Istruzione a fine settembre e dal decreto legge 137 del 1° settembre (dal 29 ottobre Legge 169). Appariva subito chiaro che "la riforma" nulla aveva a che vedere con i grembiulini, sui quali pure la stampa si andava interrogando. In estrema sintesi i testi di legge prevedevano:
- Tagli economici (art. 64, L 133): "economie di spesa, non inferiori a 456 milioni di € per il 2009, a 1.650 milioni di € per il 2010, a 2.538 milioni di € per il 2011 e a 3.188 milioni di € dal 2012."
- Tagli per i lavoratori (Piano Programmatico, pag. 14): 44.500 non docenti e 87.341 docenti in meno nel triennio 2009-2012 (circa 30.000 per ognuno dei tre ordini di scuola). In totale 131.841 precari non vedrebbero riconfermato il proprio contratto.
- Per tutti gli ordini di scuola:
* Aumento degli alunni per classe: (c.1, art.64, L.133): "sono adottati interventi e misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente".
* Docenti più flessibili (c.4, art.64, L.133): "accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti."
* Chiusura delle "piccole scuole," (P.P. pag. 9): "un minimo certo del 15% e un massimo probabile del 20%, non potrà funzionare come istituzione autonoma."
- Nella scuola d'infanzia (P.P. pag. 6): "...anche solamente nella fascia antimeridiana, impiegando una sola unità di personale docente per sezione."
- Nella scuola primaria (P.P. pag. 6): "Classi affidate ad un unico docente per un orario di 24 ore settimanali." Insegnerà l'Inglese alle elementari il docente unico, grazie ad un corso di 150/200 ore (pag.7). Dall'art.4 della L.169: "si tiene conto delle esigenze… delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola… in ogni caso senza maggiori oneri per la finanza pubblica."
- Nella scuola media (P.P. pag.8): "L'orario obbligatorio delle lezioni è definito, in via ordinaria, nella misura di 29 ore settimanali." Vengono cancellati i laboratori.
- Nella scuola superiore (P.P. pag. 8): l'orario "nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali…Per tecnici e professionali non potrà essere superiore a 32 ore, comprensive del laboratorio."
La "riforma della scuola," vista da vicino, appariva a tutti poco più di un piano di soli tagli, pensato per risparmiare sulla cultura e sul futuro di bambini e ragazzi.
Intanto si decideva di spendere sempre di più per armamenti (14 miliardi per 131 nuovi cacciabombardieri Joint Strike Fighters, una nuova portaerei), per aprire il rubinetto dei finanziamenti per quel ponte sullo stretto che non vedrà mai la luce o per regalare un'Alitalia senza debiti ai "soci italiani."
L'autunno caldo della scuola
La mobilitazione parte dalle prime spontanee manifestazioni cominciano a costituirsi primi sporadici gruppi "di resistenza", un po' in tutta Italia, quasi sempre al di fuori delle realtà sindacali e politico-istituzionali. Si tratta certo, di docenti e non docenti precari, ma si tratta anche di insegnanti di ruolo, che mettono al primo posto non tanto la difesa del proprio posto di lavoro, che non corre pericolo, ma la qualità della scuola e dell'insegnamento. È principalmente grazie a questi piccoli nuclei di resistenza che i reali contenuti della riforma vengono "divulgati" a tutti: agli alunni, alle famiglie, ai cittadini in generale. Non c'è bisogno di fare "polemica politica," basta riassumere fedelmente cosa dicono gli articoli di legge per mostrare chiaramente a tutti che, piacciano o meno professori e bidelli, il programma Gelmini-Tremonti danneggia tutti coloro che non potranno permettersi una scuola privata.
La diminuzione del tempo scuola, ad esempio, mette in difficoltà soprattutto quelle famiglie nelle quali lavorano entrambi i genitori e non è un caso se le presenze alle manifestazioni di dissenso, in queste prime settimane di scuola, si moltiplicano in maniera esponenziale soprattutto nel nord Italia.
Ottobre è il mese sul quale vale la pena soffermarsi maggiormente, perché ritengo costituisca il momento più alto del Movimento della scuola, quello durante il quale si ha la chiara percezione che anche un governo monolitico, con una maggioranza schiacciante, possa essere costretto a ritirare i propri provvedimenti.
Dalla "base" si decide di prendere parte a tutti i momenti di protesta, a prescindere da quale organizzazione sindacale li proclami e questa è la ricetta che garantisce la riuscita degli scioperi e delle manifestazioni del 17 (2)  e del 30 ottobre (3).
Proprio il 30 ottobre il movimento, giunto al culmine, sconta la sua principale ambiguità e cioè la delega che, in qualche modo, ha dato ai sindacati. CISL – UIL - SNALS e  Gilda firmano sia il contratto della scuola che un protocollo sulla riforma della contrattazione. Le ragioni dell'apparato predominano su quelle del movimento. Nulla di sconvolgente se vogliamo ma una frattura che attraversa il corpo del movimento.
Ancora il 12 dicembre è il giorno dello sciopero generale di tutte le categorie proclamato sia dai sindacati di base che  dalla CGIL, che non gradisce gli incontri separati tra governo e la coppia CISL – UIL.
È chiaro a tutti che, visto il clima generale, sarà il movimento della scuola a dover svolgere il ruolo di protagonista.
Non è un caso se il pomeriggio dell'11, a poche ore dallo sciopero, i ministri Gelmini, Sacconi e Brunetta convocano i sindacati confederali, la Gilda e quelli "meno distanti" e si impegnano a recepire il parere della commissione cultura ed in particolare: nella scuola dell'infanzia a garantire le 40 ore; nella scuola elementare a lasciare alle famiglie possibilità di scelta tra i modelli a 24, 27, 30 e 40 ore; nelle scuole medie a garantire il funzionamento di un tempo prolungato con non meno di 36 e fino ad un massimo di 40 ore; a congelare per l'anno 2009/2010 l'incremento del numero massimo di alunni per classe; a tutelare il rapporto di un docente ogni due alunni disabili; a rinviare al 2010-2011 l'attuazione dei regolamenti per le scuole superiori; a costruire un tavolo di confronto sul tema del precariato. I sindacati coinvolti esultano anche se, come vedremo, c'è poco di concreto.
Nonostante il riflusso del movimento che pure si manifesta ancora con mille iniziative, è interessante notare che, a primavera, la gran parte dei genitori delle elementari chiede il tempo pieno alle elementari. Un governo che pretende di legare la scuola alle richieste della "clientela" si trova, di conseguenza, in contraddizione: da una parte pretende di proseguire con i tagli, dall'altro dovrebbe soddisfare una domanda sociale che va in controtendenza.
Le prospettive
Con il prossimo anno scolastico faremo i conti:
1. con gli effetti pratici della prima tranche dei tagli a livello di istituto e con il conseguente incremento di vertenze a livello di istituto. Si tratterà di agire, di conseguenza,  a partire dalla rivendicazione della sicurezza nelle scuole e dalla richiesta di reddito dei precari;
2. con l'avvicinarsi dei tagli nella scuola superiore. Se lo scorso anno, nonostante l'ampiezza del movimento, ha visto al centro le elementari, sarà necessario che la secondaria scenda in campo con forza e determinazione:
3. con la necessità di operare per una maggiore autonomia del movimento rispetto alle rappresentanze sindacali, partitiche ed istituzionali.
L'anno passato è stato ricco di esperienze ed insegnamenti, sta a noi non disperderli.

Cosimo Scarinzi

1 Per la stesura di questo appunto ho ampiamente utilizzato l'ampio saggio "2008/2009: cronistoria e bilancio di un anno scolastico in movimento"  di Tullio Carapella. Reperibile sul sito www.cubpiemonte.org
2 Lo sciopero del 17, proclamato dal sindacalismo di base, riguarda tutte le categorie, ma ha un successo al di sopra delle aspettative soprattutto nelle scuole: circa la metà degli istituti è costretta a chiudere. La manifestazione nazionale a Roma conta centinaia di migliaia di partecipanti, il no-Gelmini day Milanese quasi 50.000.
3 Proclamato dai sindacati confederali, ai quasi si uniscono anche i sindacati di base, con adesioni intorno al 70%, è lo sciopero dei lavoratori della scuola più partecipato della storia della repubblica. Il percorso del corteo romano si dimostrerà troppo breve per veder sfilare l'enorme numero di manifestanti (un milione secondo gli organizzatori), tanto che la coda del corteo non riuscirà a partire, ma anche Torino, Milano e altre città del centro-nord accoglieranno manifestazioni di grandi dimensioni.

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