Pubblichiamo alcuni stralci del
lavoro che il compagno (avvocato) Simone Bisacca sta sviluppando in
vista di produrre un "dossier" sull'insieme delle leggi che vanno sotto
il nome di "pacchetto sicurezza".
Come avete potuto leggere nei numeri scorsi, Simone sta tenendo un ciclo di conferenze sul tema.
Writers
Il DDL sicurezza prevede sensibili inasprimenti dell'apparato
sanzionatorio in materia di danneggiamento, imbrattamento di immobili,
insozzamento delle strade. Infatti le sanzioni amministrative previste
dai regolamenti ed ordinanze comunali per chiunque insozzi le pubbliche
vie sono aumentate a non meno di € 500,00 e viene prevista anche nel
Codice della strada (art. 34bis) per chi getti cartacce ecc. da auto in
sosta o movimento una nuova sanzione amministrativa da € 500,00 ad €
1000,00.
Per il reato di danneggiamento (art. 635 c.p.), oltre ad aver esteso
anche ai danneggiamenti ad immobili ristrutturati od in
ristrutturazione la perseguibilità d'ufficio e la pena della
reclusione da sei mesi a tre anni, viene introdotto un secondo comma
che lega la concedibilità della sospensione condizionale della
pena all'integrale risarcimento del danno o alla prestazione di
attività non retribuita a favore della collettività per
un tempo massimo pari a quello della pena da scontare.
Val la pena ricordare che il reato di danneggiamento è reato che
viene spesso contestato per fatti commessi durante manifestazioni.
Particolarmente duro il nuovo regime sanzionatorio del reato di
"Deturpamento ed imbrattamento di cose altrui" (art. 639 c.p.) reato
contestato ad esempio ai writers o graffitari: il reato è
perseguibile d'ufficio se commesso su immobili o mezzi pubblici ed
è punito con reclusione da uno a sei mesi o multa da € 300,00 a
€ 1000,00; se le cose "imbrattate" sono un immobile di interesse
storico o artistico, la pena è della reclusione da tre mesi ad
un anno e della multa da € 1000,00 a € 3000,00.
Nel complessivo tentativo di restringere ulteriormente gli spazi di
libertà, il DDL sicurezza reintroduce il reato di "oltraggio a
pubblico ufficiale" inserendo nel codice penale un articolo 341bis. Il
reato era stato abrogato nel 1999 e viene oggi punito con reclusione
fino a tre anni (erano da sei mesi a due anni) "chiunque in luogo
pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone,
offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie
un atto d'ufficio o a causa o nell'esercizio delle sue funzioni". Una
bella fattispecie penale utilizzabile con grande elasticità per
colpire ad esempio i manifestanti che lanciano slogan "oltraggiosi"
all'indirizzo delle forze del "disordine"...
Ronde
L'art. 3, c. 40 DDL sicurezza prevede che "I sindaci, previa intesa con
il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra
cittadini non armati al fine di segnalare alle forze di polizia dello
stato o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana
ovvero situazioni di disagio sociale". Queste associazioni sono
iscritte in un apposito elenco in prefettura, saranno costituite per lo
più da ex appartenenti a forze di polizia, ma non solo, e
sarà un decreto del ministro dell'interno a determinare i loro
"ambiti operativi" nonché i "requisiti per l'iscrizione
nell'elenco".
Come se non bastassero i tanti corpi di polizia, vigili urbani
compresi, di cui è ricco il nostro paese; come se non bastassero
i militari nelle strade impiegati come forza di polizia; domani avremo
anche le "ronde" che passeggeranno per le nostre città per
aumentare ancora il controllo sociale. Per tacere dei sistemi di
videosorveglianza urbana sempre più ampi e diffusi.
Bisogna riflettere sul fatto che sarà il sindaco a potere
decidere se "avvalersi" o meno delle "ronde". La scelta sarà
quindi squisitamente politica, nel senso che il voler le ronde o meno
sul proprio territorio comunale costituirà un discrimine tra i
sindaci e sarà usato in funzione elettorale.
Come detto, precipuo compito delle "ronde" sarà quello di
segnalare situazioni "dannose" o di "disagio". Bisogna però
tener presente che l'art. art. 383 c.p.p. prevede da sempre la
facoltà di arresto da parte dei privati: "Nei casi previsti
dall'art. 380 ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto
in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili d'ufficio. – La
persona che ha effettuato l'arresto deve senza ritardo consegnare
l'arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia
giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia
copia". L'art. 380 c.p.p. prevede i casi di Arresto obbligatorio in
flagranza: naturalmente si tratta dei delitti più gravi, ma vi
sono ricompresi anche alcuni casi di furto. Per la violazione delle
norme che ordinano di allontanarsi dal paese ai "clandestini" che non
si è riusciti ad espellere, l'art. 14, c. 5 quinquies prevede
l'arresto obbligatorio.
Ed ecco che i nostri "privati cittadini" ben organizzati nelle "ronde"
nere o verdi, si potranno dedicare in gruppo alla caccia all'immigrato
clandestino "sospetto", scoperto perché non avrà voluto
magari mostrare alla "ronda" il permesso di soggiorno che la "ronda"
non poteva chiedere di esibire. Quali situazioni di tensione, di
sopruso, di violenza indiscriminata potranno scaturire dalla presenza
di "bravi privati cittadini" in divisa o pettorina in giro per le
strade notte e giorno è facilmente immaginabile.
Ingresso e soggiorno
Il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato
è previsto dal nuovo art. 10bis del TU Immigrazione ed è
commesso dallo straniero che fa ingresso oppure si trattiene nel
territorio dello stato in violazione delle norme del TU stesso ed
è punito con la pena dell'ammenda da €5000 a €10000. La
novità sta proprio nel fatto che questa condotta sia considerata
reato, che cioè un comportamento relativo alla permanenza
regolare od irregolare, cioè con l'osservanza o no di
determinate norme amministrative relative all'immigrazione, sia
considerato reato. Giacché la normativa penale normalmente
è posta dall'ordinamento a presidio di beni della vita della
persona o della collettività (salute, ambiente, ecc.), la
domanda che sorge spontanea è quale sia il bene giuridico
tutelato da questa norma incriminatrice. E' evidente che viene colpito
uno status, una condizione personale in quanto tale e è quindi
evidente la strumentalità di questa norma incriminatrice
rispetto ad una politica razzista: la norma è totalmente
ideologica e non risponde ad alcuna esigenza dell'ordinamento.
La fattispecie di reato, alla luce della sanzione prevista, è
una contravvenzione e non un delitto, rientra cioè tra i reati
considerati meno gravi. Le contravvenzioni sono punite con la pena
dell'arresto e/o della ammenda e nei casi di sola ammenda e di arresto
o ammenda, la sanzione è oblazionabile: cioè è
possibile pagare una somma di danaro pari al terzo del massimo (sola
ammenda) o alla metà del massimo (arresto o ammenda) per vedere
estinto il reato. Per la fattispecie prevista dall'art. 10bis
l'oblazione è esclusa e ciò costituisce una rilevante
eccezione ai principi generali dell'ordinamento penale, eccezione che
è palesemente illegittima costituzionalmente, perché oggi
sarebbero oblazionabili reati puniti più gravemente di quello
dell'art. 10bis (contravvenzioni punite con arresto o ammenda), mentre
non lo sarebbe quello dell'art. 10bis (punito con la sola ammenda).
Il procedimento penale per il reato di cui all'art. 10bis si svolge
davanti al giudice di pace secondo le disposizioni degli artt. 20bis,
20ter e 32bis, introdotti nel D.Lgs 274/00 (che regola il processo
penale davanti al giudice di pace) dal DDL sicurezza. I nuovi articoli
in questione prevedono la presentazione immediata a giudizio
dell'imputato, senza (art. 20bis) o con citazione contestuale in
udienza (art. 20ter) da parte della polizia giudiziaria in caso di
flagranza di reato o di prova evidente, previa richiesta di
autorizzazione al pubblico ministero che disporrà la
presentazione del'imputato davanti al giudice di pace nei quindici
giorni successivi oppure (art. 23ter) lo rinvierà direttamente
davanti al giudice "quando ricorrono gravi e comprovate ragioni di
urgenza" oppure "se l'imputato si trova a qualsiasi titolo sottoposto a
misure di limitazione o privazione della libertà personale"; in
questo ultimo caso, la polizia giudiziaria condurrà direttamente
l'imputato davanti al giudice di pace per la trattazione del
procedimento, che si svolgerà nelle forme dell'art. 32bis D.Lgs.
274/00: i testi di accusa e difesa sono presentati direttamente in
udienza, ove l'imputato può chiedere un termine a difesa fino a
sette giorni (nei casi dell'art. 20bis) o fino a 48 ore (nei due casi
di cui all'art. 20ter).
Nel pronunciare la sentenza di condanna per il reato di cui all'art.
10bis, il giudice di pace può applicare la sanzione sostitutiva
dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
Prima però di detta condanna, la questura potrebbe aver comunque
proceduto ai sensi dell'art. 13 TU Immigrazione all'espulsione
amministrativa dello straniero denunciato per il reato di cui all'art.
10bis e per detta espulsione non è richiesto il nulla osta del
giudice di pace (art. 10bis, c.4); se l'espulsione viene eseguita, il
giudice di pace dichiara con sentenza il non luogo a procedere. In caso
di espulsione amministrativa del denunciato per il reato di cui
all'art. 10bis, lo straniero dovrebbe non rientrare in Italia per
almeno dieci anni ed è punito, se lo fa, ai sensi dell'art. 345
c.p.
Questa ultima disposizione mal si coordina con la normativa
sull'espulsione amministrativa di cui all'art. 13 TU Immigrazione che
prevede per la violazione del divieto di rientro in Italia da parte
dello straniero espulso la pena della reclusione da 1 a 4 anni.
Almeno nel caso di presentazione di una domanda di protezione
internazionale ai sensi del D.Lgs. 251/07, il procedimento penale per
il reato di cui all'art. 10bis è sospeso fino alla decisione
sulla domanda stessa.
Perché questo meccanismo repressivo abbia qualche speranza di
funzionare, è stata necessariamente ampliata fino a 180 gg. la
possibilità di trattenimento presso i centri di identificazione
ed espulsione (gli ex cpt): dopo i primi 60 gg. il questore può
chiedere al giudice di pace per due volte una proroga di 60 gg. del
trattenimento perché non è riuscito ad espellere il
"clandestino".
Più di un dubbio si potrebbe sollevare sulla possibilità
che la macchina repressiva riesca effettivamente a funzionare ed
infatti sono stati anche ritoccati i commi dell'art. 14 (commi da 5bis
a 5quinquies) che regolano la sorte dello straniero che non si è
riusciti ad espellere nei termini: sarà destinatario di un
ordine di lasciare il nostro paese entro 5 gg. ed in caso di violazione
sarà punito con la reclusione da 1 a 4 anni e poi potrà
nuovamente essere trattenuto nel cie fino a 180 gg.; in caso di nuova
violazione dell'ordine del questore la pena è della reclusione
da 1 a 5 anni; comunque era già obbligatorio l'arresto
dell'autore del fatto ed il rito direttissimo.
A far funzionare questa macchina repressiva contribuiranno anche i
migranti che chiedono il permesso di soggiorno o il suo rinnovo:
all'art. 5 del TU Immigrazione che regola il permesso di soggiorno,
è stato aggiunto un comma 2ter che prevede un "contributo" tra
gli 80 e 200 €; la metà del gettito di questa vera e propria
tassa sul rilascio del permesso di soggiorno andrà al neo
costituto "Fondo rimpatri", previsto da un art. 14bis inserito nel TU
Immigrazione.
Pare evidente che lo scopo dell'art. 10bis sia in primo luogo
propagandistico, perché tutta la partita sull'immigrazione
"irregolare" si gioca non tanto sul fatto che ci sia o meno un reato
che punisce il "clandestino", quanto intorno alla possibilità di
effettuare davvero le espulsioni. In mancanza di ciò, è
stato creato un sistema sanzionatorio che vede nel carcere e nei cie i
luoghi della "soluzione del problema immigrazione". Di fatto un mix
repressivo penale ed amministrativo per soggetti la cui unica colpa
è permanere nel nostro paese senza regolare permesso, un sistema
repressivo che punisce la condizione della persona migrante
criminalizzandola: un sistema, a tutti gli effetti, criminogeno.
Permesso di soggiorno
A chi venga a lavorare in Italia il permesso di soggiorno viene
rilasciato ai sensi dell'art. 5 T.U. Immigrazione per un periodo pari a
quello del contratto di lavoro stipulato dal cittadino
extracomunitario, cioè al contratto di soggiorno previsto
dall'art. 5bis stesso T.U., e comunque per non più di un anno se
legato ad un contratto di lavoro a termine e per non più di due
anni se legato ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato. E'
chiaro quindi che la permanenza regolare degli immigrati è
legata alla continuità del/dei rapporti di lavoro, il che rende
particolarmente ricattabile lo "straniero".
Non solo. Va sempre ricordato che l'immigrato richiedente il permesso
di soggiorno e anche in caso di rinnovo "è sottoposto a rilievi
fotodattiloscopici"(art. 5, c. 2bis e 4bis T.U. Immigrazione), come un
arrestato all'ingresso del carcere. Oggi, oltre a ciò, il DDL
sicurezza ha introdotto un tassa variabile tra gli €80 e gli €200 sul
rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, metà dei cui
introiti andranno a finanziare il Fondo rimpatri previsto dall'art
14bis del DDL sicurezza, fondo da cui dovrebbero essere tratte le
risorse per espellere più celermente i "clandestini".
Un lavoro regolare, la schedatura, il pagamento di una tassa. Ed anche
una casa "decente". Il DDL sicurezza ha infatti stabilito che
"L'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo
alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle
condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente
intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme
sanitarie" (comma aggiunto dopo il comma 1 dell'art. 1, L. 1228/54).
Norma generale, ma evidentemente dettata per i "nuovi" residenti, in
maggioranza stranieri, che spesso trovano sistemazioni abitative
fatiscenti e precarie, in alloggi che comunque pagano a peso d'oro ad
italiani o a connazionali.
Fino ad oggi il permesso di soggiorno non doveva essere esibito in caso
di provvedimenti "inerenti gli atti di stato civile o all'accesso a
pubblici servizi" (art. 6, c. 2, T.U. Immigrazione) Il DDL sicurezza ha
invece stabilito che sono esclusi dall'obbligo di esibizione solo i
provvedimenti "inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui
all'articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche
obbligatorie".
L'art. 35 T.U. Immigrazione prevede l'estensione anche allo straniero
irregolare delle cure sanitarie urgenti e "di base", la tutela della
maternità, le vaccinazioni, ecc. e prevede espressamente al c. 5
che "L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in
regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo
di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia
obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino
italiano".
L'art. 38 T.U. Immigrazione prevede invece che "I minori stranieri
presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi
si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto
all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla
vita della comunità scolastica".
La modifica dell'art. 6 in questione appare particolarmente
significativa. Già il DDL sicurezza modifica l'art. 116 c.c. per
cui in caso di matrimonio sarà necessario esibire "un documento
attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano".
Ma in più coniugi regolarmente sposati, se privi di permesso di
soggiorno, non potranno iscrivere all'anagrafe il loro bambino appena
nato e nessun "irregolare" potrà accedere a qualunque servizio
pubblico essenziale che non siano la scuola dell'obbligo e la tutela
sanitaria basilare: niente servizi sociali, niente nidi o scuole
materne, ad esempio.