Umanità Nova, n.26 del 5 luglio 2009, anno 89

TuttiG8per terra - Speciale Abruzzo. Appunti per un quadro sulla situazione abruzzese - 2


Il protagonismo, le richieste e la protesta della popolazione

Molto importante è stato l'impegno portato avanti dai comitati di cittadini costituitisi all'indomani del sisma, promotori innanzitutto del processo di ricomposizione del tessuto sociale e connettivo, poi di iniziative assembleari di critica al decreto-truffa e delle manifestazioni aquilane di protesta del 30 maggio e del 3 giugno. Quest'attivismo è confluito nell'attivazione della rete dei comitati, nella "campagna 100%", nell'organizzazione della mobilitazione romana del 16 giugno davanti Montecitorio. In quest'ultima hanno partecipato un migliaio di persone, quelli che vivono ancora nelle tende e quelli "deportati" sulla costa, tutti solidali con una città "sciacallata e svenduta". La consapevolezza crescente è che nessuno regalerà nulla, che ogni piccolo diritto va gridato e preteso a voci unite, che quello che sta succedendo a L'Aquila è lo specchio di un programmatico e costante processo di sottrazione e restringimento degli spazi di democrazia. La chiave di volta di una ricostruzione efficiente è quella dal basso, in cui i cittadini siano forze attive nel pretendere trasparenza, partecipazione e ricostruzione al 100%. La parola d'ordine è: "paesi e città li ricostruiamo noi!". La "campagna 100%", di cui si riportano i tratti essenziali, sintetizza molto bene l'impegno e l'insieme delle istanze su cui vertono le battaglie in corso dei comitati.

100% ricostruzione
Gli edifici distrutti o danneggiati dal sisma devono essere tutti ricostruiti o riparati. È quel che è accaduto negli altri terremoti. È quello che deve essere assicurato anche alla città di L'Aquila e al suo territorio. I limiti ai finanziamenti introdotti per i terremotati aquilani in relazione a distinzioni fra tipi di edifici, di proprietà, di danno sono inaccettabili. Al recupero e al restauro del patrimonio storico-artistico, urbanistico e monumentale devono essere assicurati i fondi e le competenze necessarie. I finanziamenti previsti non lasciano alcuna speranza circa la sorte dell'insieme straordinario di beni architettonici, artistici, culturali in genere che il terremoto ha così duramente ferito. Al loro recupero e alla restituzione ai cittadini del centro storico vanno destinate norme specifiche e finanziamenti adeguati. Bisogna dare a scuole e università la certezza di riaprire, in autunno, i loro battenti in città. Si ripari, si ricostruisca, si allestiscano sedi provvisorie. Si dia certezza alle famiglie. Si riportino a L'Aquila le sedi universitarie che sono state incautamente disperse. Si creino le condizioni perché le amministrazioni pubbliche tornino a L'Aquila con il complesso delle loro attività. Non si lavora alla rinascita di una città capoluogo di regione frammentando e disperdendo le sue funzioni. Non si restituisce una parvenza di vita normale ai cittadini rendendoli nomadi fra una sistemazione remota e un lavoro dislocato altrove. Alla ricostruzione si assicurino finanziamenti adeguati e certi, in tempi rapidi. Il decreto affida il reperimento di fondi al taglio delle spese e al ricavato di nuovi "gratta e vinci", ma la ricostruzione non è un gioco e va pagata con soldi veri e sicuri. La stima dei danni, e quindi dei costi, deve essere coerente con la comparazione fatta con i danni del terremoto di Umbria e Marche, che sono stati valutati di 4 volte inferiori. I 45 milioni di euro di finanziamento in quattro anni previsti dal decreto sono meno di uno specchietto per le allodole, certo non la premessa della rinascita economica. Ma senza lavoro la città muore comunque. Bisogna dare certezza immediata di un compenso adeguato a chi ha subito la prevaricazione dell'esproprio. Famiglie già duramente colpite dal terremoto sono state private di un reddito possibile, dei proventi di un'attività agricola familiare, della prospettiva di uno spazio dove allestirsi almeno una sistemazione provvisoria. Il decreto prevede per loro un compenso ignoto, che conosceranno forse fra sei mesi.

100% partecipazione
I cittadini devono essere coinvolti nelle scelte che tracciano il loro futuro. Le decisioni che oggi si assumono condizionano in maniera stringente la vita presente e segneranno la storia della città e dei suoi abitanti per i prossimi decenni. È inaccettabile che siano calate dall'alto, ignorando la volontà di coloro dei quali determineranno il destino. Le scelte tornino al territorio. Siano ripristinate tutte le forme di "tutela del cittadino" che la normativa di gestione del dopoterremoto ha derogato, dal pieno diritto di accesso agli atti amministrativi, alla tutela dell'ambiente, dalle disposizioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, al codice dei contratti pubblici.

100% trasparenza
Il flusso del denaro deve essere sempre visibile, tracciabile, chiaro. La provenienza dei finanziamenti, la loro destinazione, i costi della gestione dell'emergenza e della ricostruzione, l'impiego delle donazioni e le spese della Protezione civile devono essere messi a disposizione dei cittadini, in forma comprensibile, in dettaglio e in tempo reale. Le decisioni assunte e le loro ragioni devono essere comunicate con tempestività e trasparenza. I piani e i programmi di intervento, i loro autori, le informazioni e i dati sui quali essi si fondano, devono essere messi a disposizione dei cittadini per tempo e con chiarezza. Ciascuna istituzione deve render noto senza reticenze il ruolo che ha svolto e sta svolgendo, assumendosene la doverosa responsabilità.

Da subito
Siano resi ai cittadini nelle tendopoli i loro diritti inviolabili, di informazione, di circolazione, di assemblea. Si rimuovano i divieti pretestuosi e non necessari che offendono gli uomini liberi, tanto più se in condizioni di bisogno, e si trattino gli abitanti dei campi come uoimini, non come ospiti incapaci. Si restituiscano gli abitanti alla città. Si lavori a soluzioni alternative alla costosa sistemazioni in albergo, lontano dai propri concittadini e dai propri luoghi. Questa deportazione priva di certezze è la premessa dello spopolamento. Si torni indietro rispetto alla decisione inumana del lungo soggiorno nelle tende. Il caldo dell'estate, il freddo dell'autunno e forse dell'inverno, la convivenza forzata, il disagio dei servizi igienici precari e comuni infliggono una sofferenza intollerabile a chi ha perso già tutto. Si restituisca ai cittadini al più presto, come è accaduto per gli altri terremoti, la dignità e il conforto di un alloggio decoroso e privato nel quale ritrovare la parvenza di una vita propria. Si riveda, di conseguenza, in maniera sostanziale il piano C.A.S.E.
È, nella sua forma attuale, una soluzione inaccettabile per i lunghi tempi di permanenza nelle tende che impone, devastante per un territorio rurale, nel quale inserisce palazzine urbane e una densità di popolazione che trasformano i paesi in periferie, insufficiente per le esigenze di alloggi alle quali nei prossimi mesi si dovrà fare fronte, tanto più perché fondata sulla scommessa che la terra smetta di tremare. Si dia risposta alle giuste richieste dei vigili del fuoco. La gratitudine meritata con la competenza, la vicinanza, il rischio corso per portarci aiuto ci pone al loro fianco.

edo

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