Il protagonismo, le richieste e la protesta della popolazione
Molto importante è stato l'impegno portato avanti dai comitati
di cittadini costituitisi all'indomani del sisma, promotori
innanzitutto del processo di ricomposizione del tessuto sociale e
connettivo, poi di iniziative assembleari di critica al decreto-truffa
e delle manifestazioni aquilane di protesta del 30 maggio e del 3
giugno. Quest'attivismo è confluito nell'attivazione della rete
dei comitati, nella "campagna 100%", nell'organizzazione della
mobilitazione romana del 16 giugno davanti Montecitorio. In
quest'ultima hanno partecipato un migliaio di persone, quelli che
vivono ancora nelle tende e quelli "deportati" sulla costa, tutti
solidali con una città "sciacallata e svenduta". La
consapevolezza crescente è che nessuno regalerà nulla,
che ogni piccolo diritto va gridato e preteso a voci unite, che quello
che sta succedendo a L'Aquila è lo specchio di un programmatico
e costante processo di sottrazione e restringimento degli spazi di
democrazia. La chiave di volta di una ricostruzione efficiente è
quella dal basso, in cui i cittadini siano forze attive nel pretendere
trasparenza, partecipazione e ricostruzione al 100%. La parola d'ordine
è: "paesi e città li ricostruiamo noi!". La "campagna
100%", di cui si riportano i tratti essenziali, sintetizza molto bene
l'impegno e l'insieme delle istanze su cui vertono le battaglie in
corso dei comitati.
100% ricostruzione
Gli edifici distrutti o danneggiati dal sisma devono essere tutti
ricostruiti o riparati. È quel che è accaduto negli altri
terremoti. È quello che deve essere assicurato anche alla
città di L'Aquila e al suo territorio. I limiti ai finanziamenti
introdotti per i terremotati aquilani in relazione a distinzioni fra
tipi di edifici, di proprietà, di danno sono inaccettabili. Al
recupero e al restauro del patrimonio storico-artistico, urbanistico e
monumentale devono essere assicurati i fondi e le competenze
necessarie. I finanziamenti previsti non lasciano alcuna speranza circa
la sorte dell'insieme straordinario di beni architettonici, artistici,
culturali in genere che il terremoto ha così duramente ferito.
Al loro recupero e alla restituzione ai cittadini del centro storico
vanno destinate norme specifiche e finanziamenti adeguati. Bisogna dare
a scuole e università la certezza di riaprire, in autunno, i
loro battenti in città. Si ripari, si ricostruisca, si
allestiscano sedi provvisorie. Si dia certezza alle famiglie. Si
riportino a L'Aquila le sedi universitarie che sono state incautamente
disperse. Si creino le condizioni perché le amministrazioni
pubbliche tornino a L'Aquila con il complesso delle loro
attività. Non si lavora alla rinascita di una città
capoluogo di regione frammentando e disperdendo le sue funzioni. Non si
restituisce una parvenza di vita normale ai cittadini rendendoli nomadi
fra una sistemazione remota e un lavoro dislocato altrove. Alla
ricostruzione si assicurino finanziamenti adeguati e certi, in tempi
rapidi. Il decreto affida il reperimento di fondi al taglio delle spese
e al ricavato di nuovi "gratta e vinci", ma la ricostruzione non
è un gioco e va pagata con soldi veri e sicuri. La stima dei
danni, e quindi dei costi, deve essere coerente con la comparazione
fatta con i danni del terremoto di Umbria e Marche, che sono stati
valutati di 4 volte inferiori. I 45 milioni di euro di finanziamento in
quattro anni previsti dal decreto sono meno di uno specchietto per le
allodole, certo non la premessa della rinascita economica. Ma senza
lavoro la città muore comunque. Bisogna dare certezza immediata
di un compenso adeguato a chi ha subito la prevaricazione
dell'esproprio. Famiglie già duramente colpite dal terremoto
sono state private di un reddito possibile, dei proventi di
un'attività agricola familiare, della prospettiva di uno spazio
dove allestirsi almeno una sistemazione provvisoria. Il decreto prevede
per loro un compenso ignoto, che conosceranno forse fra sei mesi.
100% partecipazione
I cittadini devono essere coinvolti nelle scelte che tracciano il loro
futuro. Le decisioni che oggi si assumono condizionano in maniera
stringente la vita presente e segneranno la storia della città e
dei suoi abitanti per i prossimi decenni. È inaccettabile che
siano calate dall'alto, ignorando la volontà di coloro dei quali
determineranno il destino. Le scelte tornino al territorio. Siano
ripristinate tutte le forme di "tutela del cittadino" che la normativa
di gestione del dopoterremoto ha derogato, dal pieno diritto di accesso
agli atti amministrativi, alla tutela dell'ambiente, dalle disposizioni
in materia di espropriazione per pubblica utilità, al codice dei
contratti pubblici.
100% trasparenza
Il flusso del denaro deve essere sempre visibile, tracciabile, chiaro.
La provenienza dei finanziamenti, la loro destinazione, i costi della
gestione dell'emergenza e della ricostruzione, l'impiego delle
donazioni e le spese della Protezione civile devono essere messi a
disposizione dei cittadini, in forma comprensibile, in dettaglio e in
tempo reale. Le decisioni assunte e le loro ragioni devono essere
comunicate con tempestività e trasparenza. I piani e i programmi
di intervento, i loro autori, le informazioni e i dati sui quali essi
si fondano, devono essere messi a disposizione dei cittadini per tempo
e con chiarezza. Ciascuna istituzione deve render noto senza reticenze
il ruolo che ha svolto e sta svolgendo, assumendosene la doverosa
responsabilità.
Da subito
Siano resi ai cittadini nelle tendopoli i loro diritti inviolabili, di
informazione, di circolazione, di assemblea. Si rimuovano i divieti
pretestuosi e non necessari che offendono gli uomini liberi, tanto
più se in condizioni di bisogno, e si trattino gli abitanti dei
campi come uoimini, non come ospiti incapaci. Si restituiscano gli
abitanti alla città. Si lavori a soluzioni alternative alla
costosa sistemazioni in albergo, lontano dai propri concittadini e dai
propri luoghi. Questa deportazione priva di certezze è la
premessa dello spopolamento. Si torni indietro rispetto alla decisione
inumana del lungo soggiorno nelle tende. Il caldo dell'estate, il
freddo dell'autunno e forse dell'inverno, la convivenza forzata, il
disagio dei servizi igienici precari e comuni infliggono una sofferenza
intollerabile a chi ha perso già tutto. Si restituisca ai
cittadini al più presto, come è accaduto per gli altri
terremoti, la dignità e il conforto di un alloggio decoroso e
privato nel quale ritrovare la parvenza di una vita propria. Si riveda,
di conseguenza, in maniera sostanziale il piano C.A.S.E.
È, nella sua forma attuale, una soluzione inaccettabile per i
lunghi tempi di permanenza nelle tende che impone, devastante per un
territorio rurale, nel quale inserisce palazzine urbane e una
densità di popolazione che trasformano i paesi in periferie,
insufficiente per le esigenze di alloggi alle quali nei prossimi mesi
si dovrà fare fronte, tanto più perché fondata
sulla scommessa che la terra smetta di tremare. Si dia risposta alle
giuste richieste dei vigili del fuoco. La gratitudine meritata con la
competenza, la vicinanza, il rischio corso per portarci aiuto ci pone
al loro fianco.
edo