Il 24 giugno scorso, la Banca Centrale Europea ha concesso prestiti
per 442 miliardi di euro a 1121 banche appartenenti all'eurosistema. Si
tratta di un'operazione straordinaria, l'ennesima da quando la crisi
scoppiata negli Stati Uniti ha raggiunto i paesi europei.
L'eccezionalità di tale misura si rileva bene andando a
esaminare le caratteristiche di questo prestito: la scadenza è a
12 mesi, periodo lunghissimo, se si pensa che normalmente le emissioni
della Bce non superano la durata di tre mesi; il tasso di interesse
è generoso, essendo pari all' 1%, allineato quindi al tasso di
sconto ufficiale; la Banca Centrale si è inoltre impegnata ad
accogliere tutte le richieste che sarebbero state avanzate, senza alcun
limite di importo. Si capisce bene perché tanti istituti di
credito europei si siano immediatamente precipitati a sottoscrivere
tale emissione, raggiungendo un importo monetario di dimensione
così rilevante.
Non paga di questa magnanimità, la Banca Centrale Europea ha
annunciato almeno altre due operazioni di questo genere previste in
settembre e in dicembre.
Qual è la finalità di tali erogazioni? È presto
detto "… l'obiettivo del consiglio direttivo della Bce è di
calmare le tensioni sul mercato monetario, rassicurare gli istituti di
credito, incitarli a prestarsi denaro con maggiore fiducia reciproca e
soprattutto rimettere in moto i prestiti alle imprese e in generale
all'economia reale"(1).
Dall'altro lato dell'Atlantico, la Federal Reserve si è guardata
bene dall'alzare i tassi sui Fed Funds (che oscillano tra lo zero e lo
0,25%) e ha confermato i piani che prevedono l'acquisto di obbligazioni
legate ad operazioni immobiliari (fino a 1250 miliardi di dollari) e di
titoli a lungo termine del Tesoro degli Stati Uniti (altri 300 miliardi
di dollari). Con la prima azione si intende, con tutta evidenza,
intervenire in soccorso di quegli istituti finanziari che detengono i
cosiddetti "titoli tossici" dal dubbio valore. Più sottile
è invece lo scopo che giustifica l'acquisto di titoli pubblici.
Con tale manovra si cerca di conseguire due risultati: da un lato
mantenere bassi anche i tassi di interesse a medio e lungo termine,
dall'altro, in pratica, creare nuova moneta che il governo può
spendere per i suoi interventi di sostegno all'economia.
Il comportamento dei due principali istituti di emissione del mondo
rende ben chiaro lo stato della situazione. Si immette liquidità
nell'economia nel tentativo di scongiurare la deflazione, si ricorre
alla ricetta keynesiana della spesa pubblica per controllare le
recessione e si spingono le banche a garantire crediti alle imprese e
alle famiglie per tenere in piedi il settore produttivo. Tutto nella
ansiosa consapevolezza che, nonostante l'ottimismo di facciata delle
tante dichiarazioni sul fatto che il peggio è ormai passato, in
realtà il vero esame da cui capiremo se abbiamo evitato il
baratro sarà a settembre.
Toni Iero
1 Beda Romano, Dalla Bce 442 miliardi alle banche, Il Sole 24 Ore del 25 giugno 2009