A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
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Alla Ssangyong Automobili di Pyeongtaek, Sud Corea, da quattro
settimane un migliaio di operai aderenti al Sindacato dei
Lavoratori Metallurgici Coreano (KMWU), cui si sono unite le famiglie,
gruppi di studenti e membri della Korean Confederation of Trade
Unions, ha occupato gli impianti contro il piano di
ristrutturazione selvaggia del gruppo ed è ben deciso a
difendersi con la forza anche contro l'intervento della polizia.
L'azienda era stata rilevata tre anni fa dalla China’́s Shanghai
Automotive Industry Corporation che ne detiene il 51% della
proprietà. A quel tempo, l'impianto di Pyeongtaek aveva 8700
addetti; ora ne ha 7000. In febbraio l'azienda ha chiuso per
fallimento, proponendo una ristrutturazione e offrendo l'impianto di
Pyeongtaek come garanzia di ulteriori prestiti per riemergere dal
fallimento. La corte fallimentare ha approvato il piano fallimentare,
in attesa di licenziamenti sufficienti a rendere l'azienda nuovamente
in grado di far profitti. Gli operai dell'impianto hanno risposto con
scioperi contro i licenziamenti iniziati sin da aprile, licenziamenti
che sono andati crescendo fino a uno sciopero generale, a un cambio di
gestione dell'impianto e a un'occupazione da parte di 1700 operai il 27
maggio, quando è stata annunciata la lista degli operai da
espellere.
I lavoratori chiedono la fine dei licenziamenti, certezza
dell'occupazione per tutti e che non venga posta in atto alcuna
delocalizzazione dell'impianto.
Verona: da dicembre ormai i lavoratori della Cooperativa Rm Service
(quasi tutte donne) non ricevono lo stipendio, ovvero da quando ha
dichiarato fallimento la Finservice, la società che gestiva la
logistica della Mondadori Printing utilizzando il sistema del
subappalto, concesso a "cooperative" quali la RmService che, a sua
volta, è stata prontamente posta in liquidazione. Inutili sono
stati i tentativi dei lavoratori, assistiti da Adl-Rdb, di ottenere il
pagamento degli stipendi arretrati dalla Finservice, né si sono
dimostrati risolutivi i possibili interventi di due altre
società che sembravano interessate a subentrare nell'appalto.
L'unica alternativa praticabile a questo punto era rivolgersi
direttamente al committente, ossia la Mondadori Printing che deve
essere considerata direttamente responsabile verso i lavoratori del
subappalto. E così è stato: dopo due giorni passati a
presidiare i cancelli della Mondadori, martedì scorso i circa 70
lavoratori hanno iniziato il picchettaggio bloccando così il
passaggio dei camion finché non sono arrivate le forze
dell'ordine da Bologna e da Mestre che li hanno "rimossi" sollevandoli
di peso per poi identificarli, fermando anche un rappresentante
sindacale. Questo però non è stato sufficiente a smorzare
la loro combattività perché già nel pomeriggio
sono ripresi i picchetti, seppure in forma ridotta. I lavoratori non
mollano e due giorni dopo sono ritornati davanti ai cancelli della
Mondadori.
All'Alfa Romeo di Arese (MI) nella giornata del 26 giugno lo Slai
Cobas ha promosso uno sciopero di due ore, organizzando un presidio
della portineria sud-ovest contro la cassa integrazione di 50
lavoratori (su 69) della società "Innova Service", per 13
settimane. La messa in Cig è stata motivata per aver perso
appalti, ma lo Slai Cobas dichiara: "Ciò è tutto falso;
si vuole solo approfittare della crisi internazionale per eliminare
operai con contratto normale per sostituirli con lavoratori precari e
senza diritti. Già a dicembre-gennaio scorso, col cambio di
società, si volevano licenziare 43 lavoratori. Ora riprovano di
nuovo con la Cig, anticamera dei licenziamenti." La Fiat, dopo aver
avuto in regalo l'Alfa Romeo e 2.000 miliardi di lire di soldi pubblici
in 20 anni solo ad Arese "per occupazione", in questi anni ha fatto
fuori 20.000 operai e ora da 15 giorni ha messo in Cig fino a settembre
(per ora) quasi tutti i restanti 600 lavoratori. La Fiat sta chiudendo
quasi del tutto Arese. L'operazione in atto da parte della Fiat in
questo momento è quella di una colossale speculazione sui 2
milioni e 350 mq di tutta l'area dell'Alfa, con la complicità
delle istituzioni come la Regione (dimentica degli accordi sindacali
sottoscritti per l'occupazione) per favorire costruzioni speculative
(alberghi, ville, nuova centrale termica, centri commerciali) dentro la
mega torta per l'EXPO 2015. Il lavoratori dell'Alfa di "Innova
Service", nell'assemblea tenutasi durante lo sciopero, hanno deciso di
respingere la Cig presentandosi regolarmente al lavoro.
Il "Santa Petronilla"di Siena, un centro di socializzazione per
disabili e comunità di alloggio protetta, a fine aprile
sostituisce nell'appalto per la gestione del centro le cooperative
Zelig Sociale, Di Vittorio e Cardine con un'altra cooperativa, la
Agorà, cosa che mette subito in allarme i soci lavoratori delle
tre cooperative, i quali hanno come sola certezza la proroga del
contratto sino alla fine del mese di maggio. La prospettiva per il
centro è ora costituita da tagli al personale e alle ore
lavorate, il tutto in una logica di razionalizzazione totale del
servizio basata sul solo taglio dei costi, con pesanti ricadute sul
supporto educativo garantito sino a quel momento agli utenti. Per
quanto poi riguarda il supporto delle rappresentanze sindacali, le cose
si mettono male perché CGIL e CISL dichiarano apertamente che
tenteranno di tutelare e poi ricollocare solo ¾ dei lavoratori,
con precedenza ai propri iscritti. Contro questo disegno i lavoratori
oppongono resistenza e, rivoltisi alla Cub Sanità di Firenze,
riescono a coinvolgere i familiari degli assistiti, informando inoltre
la stampa e la cittadinanza di quanto sta accadendo. Inoltre, ottenuti
dal Comune i documenti relativi alla gara di appalto (dimostrando
così la loro volontà di andare fino in fondo), con il
supporto legale della Cub Sanità, giungono a una revisione di
tali documenti e finalmente riescono a convincere il Comune di Siena ad
intervenire per cercare di garantire il posto di lavoro a tutti.
"Il 15 maggio scorso Fs e Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Fast hanno firmato
un 'accordo programmatico' che sancisce il macchinista solo alla guida
dei treni, aumenta l'orario di lavoro e il tempo di condotta per il
personale di macchina, aumenta da 6 a 8 le vetture in consegna ad un
solo capotreno (…) Lo stesso accordo, prelude a esternalizzazioni e
riduzione di stazioni, lavorazione ed impianti con la perdita di
servizi e migliaia di posti di lavoro." Fino ad oggi, da 70 anni, non
sono riusciti ancora a imporre il "macchinista solo". Tutti i tentativi
in tale direzione sono stati ostacolati da una lotta determinata di
macchinisti soprattutto toscani e di Rls come Dante De Angelis,
licenziato per la seconda volta. La Cub Trasporti e l'Or.s.a., non
firmatari dell'Accordo, avevano promosso uno sciopero nazionale di 24
ore per il 14 giugno, ma il ministro Matteoli, senza motivazioni reali,
ha costretto a una limitazione di una sola ora. Si tratta quindi di una
precettazione vera e propria. Lo sciopero, anche così ridotto,
ha visto l'adesione di tanti macchinisti e capotreno, mentre la
possibilità di uno sciopero di 24 ore è stato rimandato a
breve. La forma di lotta nel frattempo praticata, in particolare dal
personale di macchina, è quella di disobbedire agli ordini
impartiti da Trenitalia, attenendosi ad una "forma comportamentale",
rifiutandosi di partire come "agente solo", causando inconvenienti come
la soppressione di diversi treni e di forti ritardi.
Ricordate lo sciopero spontaneo che tra maggio e giugno, per
un'intera settimana aveva messo a soqquadro la zona industriale Fiat di
Melfi ? Se lo ricordate saprete certamente che si era concluso con un
accordo deludente che avrebbe garantito ai lavoratori interinali
occupati presso la Plastic Components il rinnovo del contratto fino a
fine luglio; saprete anche che tale accordo era stato salutato con un
boato di applausi da parte dei politici locali e nazionali e dei
sindacati. Ebbene, la CUB di Melfi denuncia ora con un comunicato che i
25 sono tuttora senza lavoro. Ma come è possibile chiederete? Il
fatto è – si legge nel comunicato – che il sedicente "accordo"
in realtà era solo una pura dichiarazione di intenti firmata in
tutta fretta da Fiom-Uilm-Fim e Failms con le sole istituzioni
regionali, con il chiaro intento di fare riprendere la produzione e
soprattutto riprendere in mano una situazione che era completamente
sfuggita di mano ai "manovratori". Peccato che le bugie abbiano le
gambe corte e che i nodi vengano sempre al pettine: in mancanza
dell'accordo da parte dell'azienda, i 25 sono quindi ancora senza
lavoro. Resta ora da spiegare a coloro che nelle assemblee di fabbrica,
fatte escludendo gli operai interinali, erano stati convinti dal
sindacato a votare a favore di un fantomatico accordo, che in
realtà quell'accordo non c'era mai stato.
Il 19 giugno 647 lavoratori a contratto sono stati licenziati dalla raffineria Lindsey, Lincolnshire, di proprietà della francese Total, dove circa 1.200 addetti stanno costruendo un impianto di desolforizzazione del valore di circa 200 milioni di sterline. Il licenziamento collettivo è stato deciso dalla Total quale ritorsione contro uno sciopero spontaneo di protesta iniziato qualche giorno prima contro il licenziamento di 51 dipendenti della Shaw Group UK, una delle tante società che hanno vinto un appalto nel sito. Con questa mossa la Total, che ha dichiarato lo sciopero illegale secondo la legge britannica e inoltre non riconosciuto dai sindacati, intende spazzare via qualsiasi tentativo di resistenza da parte dei lavoratori per avere mano libera nella gestione della mano d'opera. Il giorno 11 infatti erano per primi scesi in sciopero spontaneo i lavoratori della Shaw Group Uk contro il licenziamento, subito dopo affiancati da altri lavoratori delle società impegnate nella costruzione dell'impianto, fino a raggiungere la quasi totalità degli addetti che, il giorno 17 avevano deciso in assemblea di proseguire con lo sciopero sino alla vittoria. Dal giorno del licenziamento di massa però almeno altri 17 siti della regione sono stati fermati da scioperi selvaggi, coinvolgendo almeno 2.500 lavoratori, mentre alla fine della scorsa settimana si sono aggiunti anche quelli della centrale nucleare di Hinkley Point. Un segno questo che, nonostante la crisi economica, la voglia di lottare per difendere i propri diritti coinvolge ancora i lavoratori del Regno Unito.