"I ROS mostrano le carte dell'accusa", grida dalle sue locandine un
quotidiano locale la cui corrispondente dal processo - come si è
visto nella giornata di ieri - ha una frequentazione che si traduce in
lunghi colloqui con gli autori dell'operazione Brushwood. L'articolo
uscito il 1 luglio non è altrimenti interpretabile e non lascia
dubbi, infatti non parla di ciò che è accaduto durante la
quinta udienza e in particolare non parla del niente su cui è
fondata l'accusa di terrorismo e del passaggio chiave dell'udienza di
ieri, ovvero: un giudice ha chiesto, con insistenza: quale è la
struttura del gruppo? Quali sono le sue armi? Quali sono i collegamenti
con altri gruppi nazionali? Quali sono le sue fonti di
finanziamento? Quale è il luogo in cui si incontrano i suoi
membri? Con quanta regolarità?
Risposte dell'ufficiale dei ROS: nessuna! Solo imbarazzo e farfugliamenti.
Per il resto dettagli che lasciano pochi dubbi sui pregiudizi verso i quattro ragazzi di Spoleto.
È stata totalmente smentita l'affermazione - fatta nella
precedente udienza dal Colonnello Fabi – secondo cui Fabiani e Di Nucci
sarebbero stati sicuramente a Vicenza in quanto erano stati visti
partire da Piazzale Bove che sta sotto le finestre della caserma.
Infatti Fabiani e Di Nucci non sono mai stati a Piazzale Bove e a
Vicenza sono andati in auto senza passare per Perugia. Sono state
ascoltate varie intercettazioni telefoniche e ambientali,
intercettazioni che lo stesso PM ha giudicato incomprensibili
chiedendone la trascrizione. Tra queste la brava giornalista locale
pesca quello che non si è neanche capito a detta dei giudici,
vorrà forse dire che qualcuno glielo avrà spiegato.
In conclusione valga a comprendere la situazione questo episodio. Uno
dei carabinieri ha letto una lettera di Corrias scritta dal carcere, in
cui si legge: "Hanno il monopolio della violenza, ma non possono avere
il monopolio della nostra mente", firmato "un ribelle". A quel punto la
difesa ha ironizzato chiedendo, se anche Vasco Rossi, che si definisce
"ribelle", possa essere considerato il capo della COOP-FAI, mentre un
altro difensore ha chiesto sarcastico se Bertolt Brecht, che ha
scritto: "è più criminale fondare una banca che
rapinarla", possa essere considerato l'ideologo di tutti i rapinatori
dagli anni Trenta a oggi.
Siamo al già visto. Con questi inquirenti una scritta sui muri
moltiplicata per un'idea può fare un'inchiesta. La verità
è invece un'altra, una scritta sui muri moltiplicata per un'idea
non fa un terrorista. Prossima udienza il 22 settembre.
Comitato 23 ottobre
www.comitato23ottobre.com
L'informazione funziona così. Il Messaggero: Pronti
all'attentato al treno, arrestati [titolo]. Sorpresi dai carabinieri
vicino la Orte-Ancona. Trovati con i ganci per strappare la linea
elettrica [sottotitoli]. Chi legge pensa subito a ieri, invece no,
è roba di 16 mesi fa!
Seconda mega-operazione a caccia di anarchici in Umbria in due anni,
ancora una volta gestita dai ROS, ancora una volta c'è la
Procura di Perugia, ancora una volta il PM è Manuela Comodi,
ancora una volta il GIP è Nicla Flavia Restivo, ancora una volta
l'accusa è "associazione sovversiva con finalità di
terrorismo anche internazionale e di eversione dell'ordine
democratico", ancora una volta gli stessi reati contestati sempre dagli
stessi (scusate la ripetizione, ma qui tutto si ripete) inquirenti,
sono ben al di sotto di quella accusa. Insomma una storia già
vista.
All'indomani del disastro ferroviario di Viareggio, dell'approvazione
delle ronde e dell'impunità per i servizi segreti, in piena
emergenza securitaria, in piena emergenza terremoto, in piena emergenza
economica, gli stessi ROS, lo stesso PM, lo stesso GIP mettono in
campo una nuova accusa contro due giovani, Alessandro 23 anni, e
Sergio 27 anni, che vedranno rovinata la loro vita. Da quello che
abbiamo letto sembra di essere di fronte alla replica della vicenda che
ha interessato i quattro giovani ragazzi di Spoleto, con una sola
certezza per ora, che i due pagheranno sicuramente per la loro
militanza politica.
Ancora una volta non c'è un attentato, ma giovani anarchici che "avevano in programma di compierli"!
Gli articoli dei giornali sono la replica esatta di quelli del 24
ottobre 2007; non è certo una carta a favore della
credibilità dell'operazione. Stessi anche i cronisti che non
soddisfatti di ripetere le informazioni degli inquirenti tentano degli
accostamenti, che diffidiamo formalmente fin d'ora di continuare a fare.
Si distinguono in questo senso ancora una volta i giornalisti de Il
Messaggero che inventarono l'immagine dei "baby terroristi" di Spoleto,
Italo Carmignani e Vanna Ugolini.
Scrivono i due. 40 perquisizioni, "tra Perugia, Terni, Torino, Viterbo,
Aquila e Milano. Tutti componenti e affiliati di una cellula eversiva
quasi una fotocopia quella spoletina condotta da Michele Fabiani, ora
sotto processo per una serie di attentati e per pallottola mandata in
busta alla Presidente Lorenzetti.
La nuova inchiesta parte proprio da quel fascicolo e dai simpatizzanti
del gruppo di Fabiani messi sotto controllo dai carabinieri
all'indomani degli arresti. L'ultima cellula aveva un suo vangelo, un
manuale clandestino".
Italo e Vanna con qualche problema di grammatica di troppo per essere
dei giornalisti, tornano quindi alla carica, quasi fossero l'Ufficio
Stampa dei ROS, con una serie di allusioni che passano anche stavolta
il segno (una cellula eversiva fotocopia di quella condotta da Fabiani;
i simpatizzanti del gruppo di Fabiani; l'ultima cellula…), allo scopo
di intorbidire la realtà, senza citare un fatto, uno, che sia a
sostegno delle loro nuove provocazioni.
Ma anche il Corriere dell'Umbria in un articolo a firma pat.ant. cerca
di intorbidire la situazione: "Il doppio arresto della scorsa notte, se
verrà confermato l'impianto accusatorio, potrebbe aggravare la
posizione dei quattro giovani spoletini (Michele Fabiani, Andrea Di
Nucci, Dario Polinori e Damiano Corrias). Pat.ant. ci dovrebbe spiegare
quello che scrive, visto che i ragazzi spoletini nel marzo 2008 erano
agli arresti domiciliari, e Michele era nel supercarcere di Sulmona; e
perché le 40 perquisizioni non hanno interessato in alcun modo
Spoleto. Fantasia, superficialità o che altro?
Mentre le affermazioni contenute nell'ordinanza del GIP sull'operazione
"shadow", riportato da La Nazione: "le condotte illecite documentate,
in tale scenario, vanno correttamente inquadrate in un più ampio
progetto eversivo collegato ad aggregazioni 'affini' dell'area di
ispirazione anarco-insurrezionalista, attive sia in Umbria che in altre
località del territorio nazionale, con cui Fabiani in
particolare, vantava stretti e consolidati rapporti", sono
semplicemente una menzogna.
Ma a Spoleto questa volta non hanno potuto inquinare la realtà,
perché la rete di protezione popolare sorta intorno a loro, a
tutti i livelli (l'intera città si è schierata a loro
fianco e perfino le Istituzioni), li ha resi inutilizzabili per altre
avventure dei Reparti Militari Speciali dello Stato.
Non ci stiamo comunqu a subire in silenzio la propaganda di certi giornalisti.
Sugli arresti come detto, non possiamo che giudicare a partire
dall'esperienza vissuta a Spoleto. Date alterate, informazioni dei VVFF
rovesciate, dichiarazioni false, ci hanno insegnato che certe
operazioni, in mancanza di fatti reali, non hanno alcuna
credibilità.
Le informazioni dei giornali non hanno detto nulla di concreto, hanno
anche in questo caso parlato di anarco-insurrezionalisti, di manuali
clandestini (mille modi per sabotare il mondo), di partecipazioni alla
manifestazione del giugno 2007 contro Bush a Roma, di ganci di
materiale povero, di attentati che dovevano avvenire nel marzo 2008.
Fatti alla luce delle cronache, nessuno.
Viene spontaneo chiedersi se erano così pericolosi e se è
tutto vero, perché li abbiano arrestati dopo 16 mesi. L'unico
fatto che riusciamo a vedere è - ma sono gli stessi
giornali a dirlo - che tra pochi giorni ci sarà il G8 a
L'Aquila.
Ora i due ragazzi sono nel carcere di Spoleto; come Movimento che si
è battuto per la libertà delle giovani vittime
dell'operazione Brushwood e come spoletini, non possiamo dire altro che
nei giornali di oggi abbiamo rivisto il film del 23 ottobre, con altri
protagonisti nel ruolo delle vittime; esprimiamo perciò la
nostra piena solidarietà ai due giovani e ne chiediamo
l'immediata scarcerazione.
Comitato 23 ottobre
I profughi a Borgo Po? "Gli si cerchi un posto fuori Torino, in
campagna, dove possono lavorare la terra…" parola di Giuliana Gabri, ex
consigliera comunale di AN, oggi in forza al Carroccio.
I profughi e rifugiati di cui parla Gabri sono i duecento africani del
Corno D'Africa che, dallo scorso ottobre, occupano i locali dell'ex
clinica S. Paolo, in corso Peschiera, la "casa bianca". Prima vivevano
in strada, nel limbo legale in cui è sospeso chi approda nel
nostro paese, fuggendo guerre, persecuzioni, dittature feroci. Il 27
gennaio gli assessori Borgogno e Borgione, durante un incontro in
Comune con una delegazione dei profughi che manifestavano in piazza
Conte Verde, proposero uno sgombero "soft", un corso di "formazione"
diurno all'Arci, qualche branda, orari da collegio infantile per
un'ottantina di uomini alla Croce Rossa di Settimo. Per gli altri,
donne e bambini compresi, ovviamente nulla. I profughi respinsero al
mittente una proposta allettante solo per le associazioni che si
sarebbero spartite la torta dei 200mila euro dell'emergenza freddo. Due
ore dopo vennero duramente caricati di fronte alla prefettura, dove si
erano trasferiti dopo il presidio al Comune.
In questi mesi una martellante campagna stampa ha costantemente
criminalizzato gli africani di corso Peschiera. All'inizio di luglio il
prefetto Paolo Padoin, cui spetta la gestione di questo genere di
questioni, ha annunciato lo sgombero della "casa bianca" e il
trasferimento dei profughi nell'ex caserma di via Asti, dove gli
africani sarebbero sottoposti a controlli e ad un censimento.
Via Asti è un nome che a Torino, ancora pochi anni indietro,
faceva rabbrividire tanti. Lì, dal '43 al '45, torturavano
partigiani e oppositori politici. Una struttura imponente, tutta grate
di ferro e muri: una prigione più che una casa. D'altro canto
l'assessore Borgione si è affrettato e dichiarare che la caserma
verrà presidiata in modo permanente dalle forze di polizia che
controlleranno l'ingresso "per non disturbare il vicinato". Viene il
dubbio che il posto potrebbe diventare una sorta di centro di
detenzione informale per somali, eritrei, sudanesi.
L'annuncio del "trasferimento" dei profughi in via Asti ha scatenato la
solita canea razzista, con alcuni residenti che si schierano contro i
profughi, perché temono le "malattie e la delinquenza" o "la
perdita di valore" delle case.
E qui, a Borgo Po, precollina, "il quartiere più chic di Torino"
non si vuole che l'odore di povertà si insinui tra le villette.
Così, al presidio "spontaneo" del 4 luglio in via Asti, tra i 40
manifestanti che si oppongono all'arrivo dei profughi troviamo noti
esponenti leghisti, come Giuliana Gabri, ma anche uno come Enzo
Ciaiolo, delle Lega Coop e sponsor di Chiamparino, Alberto Nigra, ex
deputato DS.
Certo ognuno sfuma a modo suo. I leghisti l'hanno con Chiamparino, i
sinistri se la prendono con Maroni. In ogni caso sono tutti d'accordo
sul fatto che lì, proprio lì, nel loro quartiere,
così chic, quei negri proprio non ce li vogliono.
E già si preparano a fare l'ennesimo comitato "spontaneo".
Intanto qualcuno ha pensato bene di dire la propria alla signora Laura
Bianchi, titolare di un'autocarrozzeria in via Asti, che aveva
dichiarato "Sono disperata, i rifugiati hanno già distrutto
Borgo San Paolo e non si capisce perché da noi non dovrebbero
fare la stessa cosa. Qui ci muoviamo come in un piccolo paese, i
bambini vanno in giro da soli. Ho una figlia di 17 anni e uno di 11,
ora dovranno essere accompagnati". Nella notte tra il 3 e il 4 luglio
una scritta era ben visibile sui muri della sua carrozzeria "Laura
Bianchi, razzista di merda" seguita dalla sigla FAI. Il giorno dopo la
scritta era stata accuratamente cancellata. Quella che non si
può coprire è la ferocia razzista della gente come lei.
Ma i latrati xenofobi non sono l'unica voce che si alza. C'è
anche chi parla di solidarietà ed accoglienza. C'è chi sa
che questi uomini, queste donne, questi bambini hanno negli occhi,
nella carne viva, nella memoria la guerra, la violenza dei mercanti
d'uomini, il deserto, le prigioni libiche.
Tutta roba lontana, lontanissima da Borgo Po. Chi chiude gli occhi per
non vedere, chi guarda con quelli della paura, del disprezzo, del
razzismo, perde, giorno dopo giorno, quel poco di umanità che
gli resta.
R. Em.