Umanità Nova, n.27 del 12 luglio 2009, anno 89

informAzione - 2


Terni. Brushwood 5° udienza

"I ROS mostrano le carte dell'accusa", grida dalle sue locandine un quotidiano locale la cui corrispondente dal processo - come si è visto nella giornata di ieri - ha una frequentazione che si traduce in lunghi colloqui con gli autori dell'operazione Brushwood. L'articolo uscito il 1 luglio non è altrimenti interpretabile e non lascia dubbi, infatti non parla di ciò che è accaduto durante la quinta udienza e in particolare non parla del niente su cui è fondata l'accusa di terrorismo e del passaggio chiave dell'udienza di ieri, ovvero: un giudice ha chiesto, con insistenza: quale è la struttura del gruppo? Quali sono le sue armi? Quali sono i collegamenti con altri gruppi nazionali?  Quali sono le sue fonti di finanziamento? Quale è il luogo in cui si incontrano i suoi membri? Con quanta regolarità?
Risposte dell'ufficiale dei ROS: nessuna! Solo imbarazzo e farfugliamenti.
Per il resto dettagli che lasciano pochi dubbi sui pregiudizi verso i quattro ragazzi di Spoleto.
È stata totalmente smentita l'affermazione - fatta nella precedente udienza dal Colonnello Fabi – secondo cui Fabiani e Di Nucci sarebbero stati sicuramente a Vicenza in quanto erano stati visti partire da Piazzale Bove che sta sotto le finestre della  caserma. Infatti Fabiani e Di Nucci non sono mai stati a Piazzale Bove e a Vicenza sono andati in auto senza passare per Perugia. Sono state ascoltate varie intercettazioni telefoniche e ambientali, intercettazioni che lo stesso PM ha giudicato incomprensibili chiedendone la trascrizione. Tra queste la brava giornalista locale pesca quello che non si è neanche capito a detta dei giudici, vorrà forse dire che qualcuno glielo avrà spiegato.
In conclusione valga a comprendere la situazione questo episodio. Uno dei carabinieri ha letto una lettera di Corrias scritta dal carcere, in cui si legge: "Hanno il monopolio della violenza, ma non possono avere il monopolio della nostra mente", firmato "un ribelle". A quel punto la difesa ha ironizzato chiedendo, se anche Vasco Rossi, che si definisce "ribelle", possa essere considerato il capo della COOP-FAI, mentre un altro difensore ha chiesto sarcastico se Bertolt Brecht, che ha scritto: "è più criminale fondare una banca che rapinarla", possa essere considerato l'ideologo di tutti i rapinatori dagli anni Trenta a oggi.
Siamo al già visto. Con questi inquirenti una scritta sui muri moltiplicata per un'idea può fare un'inchiesta. La verità è invece un'altra, una scritta sui muri moltiplicata per un'idea non fa un terrorista. Prossima udienza il 22 settembre.

Comitato 23 ottobre
www.comitato23ottobre.com

Da Brushwood a Shadow. Stessi inquirenti, stessa stampa

L'informazione funziona così. Il Messaggero: Pronti all'attentato al treno, arrestati [titolo]. Sorpresi dai carabinieri vicino la Orte-Ancona. Trovati con i ganci per strappare la linea elettrica [sottotitoli]. Chi legge pensa subito a ieri, invece no, è roba di 16 mesi fa!
Seconda mega-operazione a caccia di anarchici in Umbria in due anni, ancora una volta gestita dai ROS, ancora una volta c'è la Procura di Perugia, ancora una volta il PM è Manuela Comodi, ancora una volta il GIP è Nicla Flavia Restivo, ancora una volta l'accusa è "associazione sovversiva con finalità di terrorismo anche internazionale e di eversione dell'ordine democratico", ancora una volta gli stessi reati contestati sempre dagli stessi (scusate la ripetizione, ma qui tutto si ripete) inquirenti, sono ben al di sotto di quella accusa. Insomma una storia già vista.
All'indomani del disastro ferroviario di Viareggio, dell'approvazione delle ronde e dell'impunità per i servizi segreti, in piena emergenza securitaria, in piena emergenza terremoto, in piena emergenza economica, gli stessi ROS, lo stesso PM, lo stesso GIP  mettono in campo una nuova accusa contro due giovani,  Alessandro 23 anni, e Sergio 27 anni, che vedranno rovinata la loro vita. Da quello che abbiamo letto sembra di essere di fronte alla replica della vicenda che ha interessato i quattro giovani ragazzi di Spoleto, con una sola certezza per ora, che i due pagheranno sicuramente per la loro militanza politica.
Ancora una volta non c'è un attentato, ma giovani anarchici che "avevano in programma di compierli"!
Gli articoli dei giornali sono la replica esatta di quelli del 24 ottobre 2007; non è certo una carta a favore della credibilità dell'operazione. Stessi anche i cronisti che non soddisfatti di ripetere le informazioni degli inquirenti tentano degli accostamenti, che diffidiamo formalmente fin d'ora di continuare a fare.
Si distinguono in questo senso ancora una volta i giornalisti de Il Messaggero che inventarono l'immagine dei "baby terroristi" di Spoleto, Italo Carmignani e Vanna Ugolini.
Scrivono i due. 40 perquisizioni, "tra Perugia, Terni, Torino, Viterbo, Aquila e Milano. Tutti componenti e affiliati di una cellula eversiva quasi una fotocopia quella spoletina condotta da Michele Fabiani, ora sotto processo per una serie di attentati e per pallottola mandata in busta alla Presidente Lorenzetti.
La nuova inchiesta parte proprio da quel fascicolo e dai simpatizzanti del gruppo di Fabiani messi sotto controllo dai carabinieri all'indomani degli arresti. L'ultima cellula aveva un suo vangelo, un manuale clandestino".
Italo e Vanna con qualche problema di grammatica di troppo per essere dei giornalisti, tornano quindi alla carica, quasi fossero l'Ufficio Stampa dei ROS, con una serie di allusioni che passano anche stavolta il segno (una cellula eversiva fotocopia di quella condotta da Fabiani; i simpatizzanti del gruppo di Fabiani; l'ultima cellula…), allo scopo di intorbidire la realtà, senza citare un fatto, uno, che sia a sostegno delle loro nuove provocazioni.
Ma anche il Corriere dell'Umbria in un articolo a firma pat.ant. cerca di intorbidire la situazione: "Il doppio arresto della scorsa notte, se verrà confermato l'impianto accusatorio, potrebbe aggravare la posizione dei quattro giovani spoletini (Michele Fabiani, Andrea Di Nucci, Dario Polinori e Damiano Corrias). Pat.ant. ci dovrebbe spiegare quello che scrive, visto che i ragazzi spoletini nel marzo 2008 erano agli arresti domiciliari, e Michele era nel supercarcere di Sulmona; e perché le 40 perquisizioni non hanno interessato in alcun modo Spoleto. Fantasia, superficialità o che altro?
Mentre le affermazioni contenute nell'ordinanza del GIP sull'operazione "shadow", riportato da La Nazione: "le condotte illecite documentate, in tale scenario, vanno correttamente inquadrate in un più ampio progetto eversivo collegato ad aggregazioni 'affini' dell'area di ispirazione anarco-insurrezionalista, attive sia in Umbria che in altre località del territorio nazionale, con cui Fabiani in particolare, vantava stretti e consolidati rapporti", sono semplicemente una menzogna.
Ma a Spoleto questa volta non hanno potuto inquinare la realtà, perché la rete di protezione popolare sorta intorno a loro, a tutti i livelli (l'intera città si è schierata a loro fianco e perfino le Istituzioni), li ha resi inutilizzabili per altre avventure dei Reparti Militari Speciali dello Stato.
Non ci stiamo comunqu  a subire in silenzio la propaganda di certi giornalisti.
Sugli arresti come detto, non possiamo che giudicare a partire dall'esperienza vissuta a Spoleto. Date alterate, informazioni dei VVFF rovesciate, dichiarazioni false, ci hanno insegnato che certe operazioni, in mancanza di fatti reali, non hanno alcuna credibilità.
Le informazioni dei giornali non hanno detto nulla di concreto, hanno anche in questo caso parlato di anarco-insurrezionalisti, di manuali clandestini (mille modi per sabotare il mondo), di partecipazioni alla manifestazione del giugno 2007 contro Bush a Roma, di ganci di materiale povero, di attentati che dovevano avvenire nel marzo 2008. Fatti alla luce delle cronache, nessuno.
Viene spontaneo chiedersi se erano così pericolosi e se è tutto vero, perché li abbiano arrestati dopo 16 mesi. L'unico fatto che riusciamo a vedere è -  ma sono gli stessi giornali a dirlo - che tra pochi giorni ci sarà il G8 a L'Aquila.
Ora i due ragazzi sono nel carcere di Spoleto; come Movimento che si è battuto per la libertà delle giovani vittime dell'operazione Brushwood e come spoletini, non possiamo dire altro che nei giornali di oggi abbiamo rivisto il film del 23 ottobre, con altri protagonisti nel ruolo delle vittime; esprimiamo perciò la nostra piena solidarietà ai due giovani e ne chiediamo l'immediata scarcerazione.

Comitato 23 ottobre

Torino. I profughi non sono chic

I profughi a Borgo Po? "Gli si cerchi un posto fuori Torino, in campagna, dove possono lavorare la terra…" parola di Giuliana Gabri, ex consigliera comunale di AN, oggi in forza al Carroccio.
I profughi e rifugiati di cui parla Gabri sono i duecento africani del Corno D'Africa che, dallo scorso ottobre, occupano i locali dell'ex clinica S. Paolo, in corso Peschiera, la "casa bianca". Prima vivevano in strada, nel limbo legale in cui è sospeso chi approda nel nostro paese, fuggendo guerre, persecuzioni, dittature feroci. Il 27 gennaio gli assessori Borgogno e Borgione, durante un incontro in Comune con una delegazione dei profughi che manifestavano in piazza Conte Verde, proposero uno sgombero "soft", un corso di "formazione" diurno all'Arci, qualche branda, orari da collegio infantile per un'ottantina di uomini alla Croce Rossa di Settimo. Per gli altri, donne e bambini compresi, ovviamente nulla. I profughi respinsero al mittente una proposta allettante solo per le associazioni che si sarebbero spartite la torta dei 200mila euro dell'emergenza freddo. Due ore dopo vennero duramente caricati di fronte alla prefettura, dove si erano trasferiti dopo il presidio al Comune.
In questi mesi una martellante campagna stampa ha costantemente criminalizzato gli africani di corso Peschiera. All'inizio di luglio il prefetto Paolo Padoin, cui spetta la gestione di questo genere di questioni, ha annunciato lo sgombero della "casa bianca" e il trasferimento dei profughi nell'ex caserma di via Asti, dove gli africani sarebbero sottoposti a controlli e ad un censimento.
Via Asti è un nome che a Torino, ancora pochi anni indietro, faceva rabbrividire tanti. Lì, dal '43 al '45, torturavano partigiani e oppositori politici. Una struttura imponente, tutta grate di ferro e muri: una prigione più che una casa. D'altro canto l'assessore Borgione si è affrettato e dichiarare che la caserma verrà presidiata in modo permanente dalle forze di polizia che controlleranno l'ingresso "per non disturbare il vicinato". Viene il dubbio che il posto potrebbe diventare una sorta di centro di detenzione informale per somali, eritrei, sudanesi.
L'annuncio del "trasferimento" dei profughi in via Asti ha scatenato la solita canea razzista, con alcuni residenti che si schierano contro i profughi, perché temono le "malattie e la delinquenza" o "la perdita di valore" delle case.
E qui, a Borgo Po, precollina, "il quartiere più chic di Torino" non si vuole che l'odore di povertà si insinui tra le villette. Così, al presidio "spontaneo" del 4 luglio in via Asti, tra i 40 manifestanti che si oppongono all'arrivo dei profughi troviamo noti esponenti leghisti, come Giuliana Gabri, ma anche uno come Enzo Ciaiolo, delle Lega Coop e sponsor di Chiamparino, Alberto Nigra, ex deputato DS.
Certo ognuno sfuma a modo suo. I leghisti l'hanno con Chiamparino, i sinistri se la prendono con Maroni. In ogni caso sono tutti d'accordo sul fatto che lì, proprio lì, nel loro quartiere, così chic, quei negri proprio non ce li vogliono.
E già si preparano a fare l'ennesimo comitato "spontaneo".
Intanto qualcuno ha pensato bene di dire la propria alla signora Laura Bianchi, titolare di un'autocarrozzeria in via Asti, che aveva dichiarato "Sono disperata, i rifugiati hanno già distrutto Borgo San Paolo e non si capisce perché da noi non dovrebbero fare la stessa cosa. Qui ci muoviamo come in un piccolo paese, i bambini vanno in giro da soli. Ho una figlia di 17 anni e uno di 11, ora dovranno essere accompagnati". Nella notte tra il 3 e il 4 luglio una scritta era ben visibile sui muri della sua carrozzeria "Laura Bianchi, razzista di merda" seguita dalla sigla FAI. Il giorno dopo la scritta era stata accuratamente cancellata. Quella che non si può coprire è la ferocia razzista della gente come lei.
Ma i latrati xenofobi non sono l'unica voce che si alza. C'è anche chi parla di solidarietà ed accoglienza. C'è chi sa che questi uomini, queste donne, questi bambini hanno negli occhi, nella carne viva, nella memoria la guerra, la violenza dei mercanti d'uomini, il deserto, le prigioni libiche.
Tutta roba lontana, lontanissima da Borgo Po. Chi chiude gli occhi per non vedere, chi guarda con quelli della paura, del disprezzo, del razzismo, perde, giorno dopo giorno, quel poco di umanità che gli resta.

R. Em.

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti