Umanità Nova, n.27 del 12 luglio 2009, anno 89

 La paura fa novanta. I moti del luglio 1919: la borghesia trema


"La guerra è finita. Il problema della smobilitazione, quello della trasformazione delle industrie di guerra in industrie di pace, tutto il malcontento accumulato durante gli anni di guerra, lo spettacolo degli arricchiti di guerra, conferiscono a questi primi mesi del 1919 caratteri di forte crisi economica e sociale, foriera di conseguenze indubbiamente rivoluzionarie. La disoccupazione imperversa, i prezzi delle derrate alimentari salgono continuamente e, frattanto, le forze di polizia, a difesa del governo e dei capitalisti, si rafforzano sempre di più. Le masse operaie guardano alla Russia e ai soviet colà instaurati, come ad un esempio che le attrae. La Russia – con la mancanza di notizie precise, con la lotta tenace che le fanno i governi dell'occidente – rappresenta un "miraggio" per i lavoratori italiani. La borghesia italiana si sente debole per opporsi alla marea che sale. Trova infine un alleato prezioso nel "fascismo" e riprende lena. Arma e sovvenziona largamente le squadre dei mercenari fascisti. Occorreva essere decisi per respingere fin dall'inizio gli assalti dei nemici del popolo con energia. Le forze rivoluzionarie erano costituite dagli anarchici, dall'Unione Sindacale Italiana e da alcuni elementi dell'estrema sinistra del partito socialista che però, in se stessi, contavano poco e quel poco era troppo legato alle tradizioni riformistiche del partito socialista stesso."
Con l'orgoglio evidente di chi aveva vissuto quei frangenti da protagonista un gruppo di "vecchi compagni" scriveva queste righe nel 1953 a mò di introduzione a una serie di fatti avvenuti nel corso del 1919, tra i quali i cosiddetti moti del carovita [Un trentennio di attività anarchica 1914-1945, L'Antistato, Cesena, pp. 20-21].
Molti altri studi, alcuni dei quali ben più "professionali", sono stati compiuti su questo anno chiave della storia  italiana del Novecento: ma la sostanza non è mutata di molto. Pace, pane, terra (Roberto Bianchi, Odradek, Roma, 2006) sono le aspirazioni dei ceti popolari, dopo una guerra che aveva causato seicentomila morti. Il 1919 vede anche la nascita del Partito Popolare, la costituzione a Milano dei Fasci di combattimento di Benito Mussolini e i primi assalti alla sede dell' "Avanti", l'occupazione della città istriana di Fiume da truppe guidate da D'Annunzio. Non solo: ad aprile nei locali della Camera del Lavoro di Firenze circa duecento delegati fondano l'Unione Anarchica Italiana (inizialmente Unione Comunista Anarchica Italiana), i minatori del Valdarno iniziano la lotta per le sei ore; in estate Luigi Galleani e Raffaele Schiavina espulsi dagli Stati Uniti sbarcano a Genova in mezzo al  tripudio popolare per poi riprendere le pubblicazioni di "Cronaca Sovversiva" a Torino, poi, ancora, a settembre muore, maciullato dalla sua  stessa bomba, il giovane Bruno Filippi in cerca di vendetta contro la società e il Club dei Nobili di Milano e infine a dicembre Malatesta rientra in Italia da Londra, accolto da grandi manifestazioni.
In mezzo a tutto ciò, i moti popolari contro il carovita. La smobilitazione dei soldati procede a rilento, e in estate i prezzi dei beni di prima necessità lievitano oltre la capacità di sopportazione dei lavoratori e dei disoccupati. Mentre l'USI prepara, in accordo con il PSI, lo "scioperissimo" pro Russia rivoluzionaria, "l'11 giugno a La Spezia  i commercianti attuano una serrata per non vendere ai prezzi imposti dalle autorità comunali. Le donne prendono d'assalto i negozi, la polizia spara, e allora è rivolta generale che si estende da Genova a Pisa. Qualche giorno di quiete e poi le rivolte si propagano, fino a oltre metà luglio" [Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, BFS, Pisa, 2001, pp. 32-33]. Dalla Toscana, alla Romagna e poi in tutta Italia si chiede il ribasso dei prezzi e il controllo delle merci, commissioni di operai requisiscono le merci e le trasportano nei locali delle Camere del Lavoro per poi procedere alla distribuzione, donne e ragazzi sono in prima fila nelle proteste.
In alcuni casi chi aveva speculato sulla guerra viene punito, le agitazioni diventano sommosse, forni e negozi vengono assaltati e durante l'intero mese di luglio ci sono scontri tra manifestanti e polizia con morti e feriti; i comitati d'azione unitari si chiamano soviet e la Russia sembra sempre più vicina.
Ritardato per volere della CGdL e dei riformisti lo sciopero viene proclamato fuori tempo massimo, quando ormai la spinta eversiva dei moti è esaurita. Nitti, forte dell'atteggiamento rinunciatario del sindacato confederale, aveva nel frattempo proceduto ad arrestare gli anarchici e gli estremisti socialisti.
I moti del luglio 1919 verranno poi considerati, a torto o a ragione, come una delle "rivoluzioni mancate." Di sicuro la borghesia tremò e cominciò ad affilare le armi della sua reazione. Novanta anni fa.

Hugo

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