Umanità Nova, n.28 del 19 luglio 2009, anno 89

informAzione - 2


Torino. No G8. Sangue e soldi sulla sede di Confindustria

Mazzette da 20, 50 e 100 euro sporche di sangue, sacchi di monete e una larga pozza rossa sono comparse nella notte dell'8 luglio di fronte all'ingresso dell'Unione Industriali in via Fanti a Torino. Sulla cancellata della palazzina che ospita l'organizzazione dei padroni della città uno striscione bianco con la scritta "G8: guerra, schiavitù, oppressione", siglato FAI.
Sangue e soldi sul palazzo dei padroni, la cifra di un mondo diviso tra chi ha troppo e chi nulla, chi comanda e chi è obbligato a chinare la testa, ma anche il segno della lotta e della resistenza che, ogni giorno, in ogni dove, vede gli ultimi alzare la testa.
I carabinieri dei Ros, che tengono d'occhio la casa dei padroni, hanno fermato sei anarchici che passeggiavano in via Fanti, trattenendoli per oltre quattro ore.
Nella notte il nucleo di pronto intervento dell'Amiat ha provveduto a ripulire del "sangue" il marciapiede di fronte all'Unione Industriali. Niente deve sporcare il palazzo dei padroni. Certo non basta un idrante a cancellare il sangue, il sudore, la sofferenza, la schiavitù dei miliardi di esseri umani, vittime delle politiche degli 8 criminali che oggi si riuniscono all'Aquila.
Qualche foto dell'azione alla Confindustria a quest'indirizzo:http://piemonte.indymedia.org/article/5381
Nel pomeriggio del 7 luglio in via Po vi era stato un punto info contro il G8. In quell'occasione è stato diffuso un testo sul G8 all'Aquila "il girotondo dei padroni del mondo".
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R. Em.

Torino. Contestati i razzisti a Borgo Po

Lunedì 6 luglio. I media lo hanno sponsorizzato per un paio di giorni, hanno volantinato in tutte le buche, eppure il nuovo comitato razzista a Borgo Po è stato un autentico flop. Alla notizia della decisione del prefetto Padoin di "spostare" nell'ex caserma di via Asti i profughi che occupano l'ex clinica S. Paolo in corso Peschiera, qualche residente ha invitato la gente a impegnarsi contro la presenza dei profughi nel loro quartiere, "il più chic di Torino".
Nello studio dell'avvocato Guidone, in corso Quintino Sella 14, all'appuntamento fissato dai razzisti, si sono presentate non più di 40 persone.
Non potevano mancare gli antirazzisti. Un gruppetto si è radunato davanti alla Gran Madre. Fatto al volo uno striscione con la scritta "Via i razzisti dai quartieri – casa per tutti" sono partiti per un giro per le strade, distribuendo volantini e sostando negli angoli per comizi volanti e discussioni con la gente.
Molti hanno solidarizzato con la protesta e si sono complimentati per l'iniziativa, altri sono filati via, con alcuni sono partiti confronti anche serrati.
In via Monferrato il titolare dell'omonimo ristorante, Carlo Foradini, è sulla porta. Nei giorni precedenti aveva dichiarato a La Stampa «Stendiamo un velo pietoso. I profughi porteranno gazzarra e disordine. Non ho nulla contro gli extracomunitari, alcuni lavorano anche da noi, ma in questo caso si tratta di nullafacenti». Gli antirazzisti gli chiedono conferma delle sue dichiarazioni e Foradini dice "io non sono razzista, ma quelli sono nullafacenti costituzionali". Della serie "non sono io che sono razzista, sono loro che sono negri". Il razzismo, quello vero, profondo, viscerale, ha il candore feroce di rendere le vittime responsabili delle persecuzioni che subiscono.
Fatto un breve comizio davanti al ristorante gli antirazzisti si dirigono in corso Quintino Sella tallonati dalla Digos con i telefonini in ebollizione.
Davanti allo studio dell'avvocato Guidone sostano, ben guardati dalla polizia, alcuni noti esponenti dei comitati razzisti della città, veri professionisti incontrati più volte in Borgo Aurora e Barriera di Milano. All'arrivo degli antirazzisti due signore eleganti si staccano e dicono perentoriamente "sia chiaro: noi siamo con voi, non con loro". Più tardi anche altri ci diranno che erano "venuti a sentire" ma non erano certo d'accordo "con quelli là".
Lo striscione viene aperto in strada, davanti all'ingresso. Alcuni gridano "Fuori i razzisti dai quartieri", altri distribuiscono volantini, altri ancora parlano con la gente.
Una compagna invita i presenti a guardare negli occhi uomini, donne e bambini fuggiti dalla guerra, dalle persecuzioni, dal deserto, dalle prigioni libiche, per trovare un paese a "braccia chiuse".
La promotrice della riunione nega con veemenza di essere razzista, sostenendo che lei si limita a mettere in dubbio l'idoneità del luogo. È una razzista pragmatica: da qualche parte li mettano pure ma non sotto casa sua.
A nessuno viene in mente che i duecento rifugiati e profughi di corso Peschiera forse non vogliono essere "messi" da qualche parte, forse, come tutti noi, vorrebbero avere voce sul proprio futuro.
E lo hanno già dimostrato, abbandonando la strada e prendendosi una casa abbandonata per abitarci.
Sulla via del ritorno gli antirazzisti hanno sostato davanti all'ex caserma di via Asti, sul frontespizio della quale una targa ricorda gli "eroi" di Dogali. Una vera beffa che oggi i nipoti delle vittime del colonialismo italiano siano "trasferiti" in un luogo dedicato alla memoria delle truppe di invasione italiane.
Rabbia e commozione di fronte al posto dove tanti torinesi di ieri, partigiani e oppositori politici, subirono atroci torture da parte di fascisti e nazisti.
Lieve e poi possente è risuonata per via Asti "Bella ciao".

R. Em.

Bologna. Per la libertà degli studenti arrestati e contro il G8

La risposta ai ventun arresti eseguiti dalla Digos su ordine della magistrature torinese nella notte tra il 5 e il 6 luglio si è fatta sentire anche a Bologna. Quattro degli arrestati studiano proprio presso questa università. Come è noto, a tutti vengono contestati reati relativi alla mobilitazione contro il G8 università del 19 maggio. L'Onda bolognese e l'occupazione Bartleby erano già stata presi di mira nei mesi scorsi da svariate misure repressive.
Il giorno successivo agli arresti, alcune centinaia di studenti sono scesi in piazza formando due cortei in zona universitaria, uno la mattina – dopo avere occupato simbolicamente la facoltà di lettere e poi il rettorato - e uno la sera, dopo un'assemblea all'interno del rettorato occupato per l'occasione. Alcune decine di agenti in antisommossa erano presenti a "controllare" la situazione.
La mattina di martedì 7 viene occupato ancora l'ufficio del rettore e parte un nuovo corteo; la sera si riparte: i circa trecento partecipanti marciano per circa tre ore, bloccando ripetutamente la circolazione in centro e sui viali. Verso la fine del corteo alcuni fascisti provocano lanciando bottiglie e ricevono qualche seggiolata di ritorno. L'onda è antifascista.
La mattina di giovedì 8 compare un lungo striscione firmato da una A cerchiata attaccato a una cavalcavia sopra la tangenziale e l'autostrada, che recita: "Contro gli stati assassini. Per un mondo di liberi ed uguali. No G8".
Venerdì 9 un corteo partecipato, 500 persone inizialmente che diventano poi quasi un migliaio, attraversa il centro. Sono presenti anche alcuni dei compagni arrestati a Roma i giorni precedenti, compagni di Modena e Milano, alcuni tedeschi che partecipano ai mondiali antirazzisti. Molte realtà cittadine portano la propria solidarietà.
Nella notte tra venerdì e sabato due giovani compagni vengono arrestati, accusati di avere dato fuoco ad alcuni copertoni e di avere danneggiato due banche in segno di protesta contro il G8. Sono scarcerati con obbligo di dimora nel luogo di residenza il lunedi successivo. Altre misure repressive dunque che si vanno a sommare ai compagni già dentro e alle numerose denunce che si sono susseguite in settimana: quattro studenti sono stati firmati per scritte sui muri, altri denunciati per i "blitz" in rettorato. La decisa mobilitazione ha di fatto allentato la presenza degli antisommosa durante i cortei (martedì e venerdì si sono tenuti lontani), ma non quella dell'onnipresente Digos. Decine di poliziotti in borghese sono state presenza costante di queste mobilitazioni, esattamente come era accaduto in autunno e la sola risposta che viene data agli studenti – in combutta con l'università – è ulteriore repressione. Evidentemente quel poco che si muove in questo periodo dà estremamente fastidio.
L'onda ha tuttavia dimostrato di non volersi piegare facilmente, reagendo a degli arresti pesantissimi, immotivati. Non è così numerosa come in autunno, ma è sicuramente più "politica" con tutto il bene e il male che questo comporta. Il segnale tuttavia è chiaro: i compagni e le compagne devono uscire subito di galera. O la mobilitazione continuerà.

RedB

Cosenza. Settimana dell'Indignazione

Si è conclusa stamattina a Cosenza la settimana dell'Indignazione. Associazioni, realtà di base e movimenti sono scesi in piazza più volte a difesa dei beni comuni, contro la privatizzazione degli spazi pubblici e per l'immediata liberazione degli attivisti arrestati in diverse città italiane lunedì 6 e martedì 7 luglio.
Stamani si è svolto il sit-in sotto la sede del Partito Democratico. Alcune decine di attivisti hanno esposto lo striscione: "Ricuglìtivi a Caselli - Liberàtini i cumbagni", contro le operazioni delle procure di Torino e Roma che hanno portato agli arresti di tanti giovani dell'Onda studentesca e del movimento No Global, tuttora detenuti.
Il presidio è stato convocato anche per protestare contro la svendita dei beni comuni e per denunciare l'atteggiamento dell'amministrazione comunale a guida PD che ha intenzione di privatizzare l'ex deposito ferroviario, cioè l'unico spazio pubblico disponibile per le associazioni che fanno cultura ed arte in città.
Durante il sit-in, la responsabile organizzativa del PD, Enza Bruno Bossio in Adamo, forse anche innervosita dalla mancata nomina ad assessore provinciale, si è avvicinata minacciosamente agli attivisti, cercando di rimuovere manualmente lo striscione e attuando ripetute provocazioni alle quali nessuno dei presenti ha inteso reagire.
La responsabile PD ha prontamente invocato l'intervento di polizia e carabinieri, apostrofandoci con continue offese e minacciando di denunciarci. Ma se le notizie pubblicate di recente su molti organi d'informazione calabresi saranno confermate, a Cosenza ed in provincia in questi giorni non siamo noi a dover temere le iniziative giudiziarie della procura della Repubblica. Sempre che non avvengano né nuovi insabbiamenti né clamorosi trasferimenti di pubblici ministeri.
Tuttavia nessuno di noi esulta per le disavventure giudiziarie che hanno visto protagonisti tanti dei personaggi incollati alle sedie nei calabri palazzi del potere.
Non ci interessa vederli in galera. A noi, come a milioni di altri Calabresi, basterebbe vederli sparire dalla vita pubblica, una volta per tutte. Perché riteniamo che un vero cambiamento possa arrivare solo dal basso, attraverso la democrazia autonoma e reale, la partecipazione e l'indignazione popolare di fronte a chi continua a mortificare la nostra terra, ricattando migliaia di uomini e donne costretti a votare le solite facce da incubo in cambio di un posto di lavoro precario e sottopagato.
Per questi motivi abbiamo dato vita una settimana fa all'occupazione della Sorical, la società che gestisce l'acqua in Calabria, che rischia di essere definitivamente svenduta alle multinazionali. Per queste ragioni martedì scorso siamo stati sotto la prefettura a chiedere la liberazione delle persone che in Italia continuano a lottare per la giustizia e la libertà. Per tali motivazioni abbiamo posto pubbliche domande giovedì scorso al sindaco Perugini ed alla sua Giunta, durante la conferenza stampa del festival delle Invasioni e nel corso del consiglio comunale.
Centinaia di persone hanno partecipato alle nostre assemblee, ai presidii ed alle occupazioni. Migliaia di Cosentini hanno solidarizzato con i manifestanti. Ma le domande aspettano ancora una risposta.
Ci diamo appuntamento a martedì 14 luglio prossimo. Saremo davanti il tribunale di Cosenza a difesa di Vincenzo Giordano, un giovane querelato dal sindaco di San Lorenzo del Vallo, solo per aver denunciato pubblicamente il malgoverno della nostra terra. Sempre martedì mattina saremo davanti il deposito ferroviario, in attesa che Perugini accetti il confronto.
La settimana è finita. L'indignazione continua.

VocinpiazzacontroilG8
Cosenza Ribelle

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