A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
Per contatti e comunicazioni: bel-lavoro@federazioneanarchica.org
Il 29 giugno una quarantina di persone che indossavano abiti da
lavoro della GPMM (Grand Port Maritime de Marseille), ente pubblico che
gestisce lo scalo francese sul Mediterraneo, mascherati e muniti di
asce e sbarre di ferro hanno fatto irruzione nel palazzo dove ha sede
l'ente e, penetrati sino nell'ufficio del direttore generale dell'ente,
Jean-Claude Terrier, dopo averlo minacciato, hanno devastato
completamente la stanza. Il fatto è avvenuto circa un'ora dopo
che la GPMM aveva recapitato ai delegati sindacali una lettera
contenente i dettagli dell'operazione che trasferirà tutta la
movimentazione del terminal container di Mourepiane, lavoratori
compresi, dalla gestione statale a un società privata, la
Intramar, che fa capo a Portsynergy, una joint venture costituita dalla
società armatoriale francese CMA CGM e dal gruppo terminalistico
DP World di Dubai. Già dall'inizio dell'anno i lavoratori del
porto di Marsiglia si oppongono a questa privatizzazione, portata
avanti in base alla legge per la privatizzazione del settore del
sistema portuale varata nel 2008, e hanno già effettuato diversi
scioperi che hanno ridotto considerevolmente l'attività del
terminal.
Della vicenda abbiamo già parlato nei numeri precedenti,
adesso vogliamo evidenziarne la conclusione vittoriosa. Alla Augusta
Westland di Vergiate (Varese) il magazzino automatizzato era stato
esternalizzato e la gestione data in appalto al Consorzio GAM tramite
la Coop. Auto Mot Service, senza alcun rispetto contrattuale nei
confronti dei lavoratori. Pertanto i dipendenti dell'appalto si erano
messi in sciopero rivendicando principalmente "la sicurezza sul posto
di lavoro, costretti ad entrare all'interno del macchinario che
gestivano per sistemare i vari problemi tecnici e meccanici della
macchina". In questo modo Augusta risparmiava tempo e soldi, evitando i
costi elevati dei "tecnici specializzati esterni addetti alla
riparazione". Come risposta aziendale "i lavoratori in sciopero sono
stati prontamente licenziati e sostituiti da altri 6 operai, anche
grazie alla FIOM presente in Augusta che indicava alla cooperativa i
nominativi dei crumiri che dovevano entrare al posto dei 6 in
sciopero". Ma i 6 lavoratori di Vergiate non si sono arresi di fronte
ai trasferimenti forzati, ai licenziamenti, alle minaccia di denunce da
parte dei carabinieri per occupazione di suolo pubblico durante i
presidi ai cancelli. Sono stati sostenuti dalla solidarietà dei
colleghi, dei cittadini di Vergiate e dai lavoratori del sindacato di
base. Dopo 30 giorni di sciopero e presidio le "aziende
coinvolte" hanno ceduto alla trattativa della CUB "ritirando
licenziamenti e trasferimenti, riconoscendo il livello adeguato, il
rispetto delle norme sulla sicurezza, le differenze retributive
arretrate e il rimborso delle giornate in sciopero".
Lo sciopero generale del pubblico impiego
Come preannunciato, il 3 giugno si è svolto lo sciopero generale
del pubblico impiego promosso da RdB-CUB P.I., Cobas P.I., SdL
Intercategoriale, riscontrando una forte partecipazione. "In occasione
di questo sciopero – è stato dichiarato dagli organizzatori –
non abbiamo chiesto nessun incontro al governo, perché riteniamo
che le politiche fin qui perseguite, al di là della propaganda
efficentista e meritocratica, siano nei fatti mirate all'affossamento
della Pubblica Amministrazione dalla vendita dei servizi ai privati. E'
su questo per noi non c'è alcun margine di dialogo". Per
l'occasione si sono svolte numerose manifestazioni sul territorio
nazionale. Tra le più importanti e significative a Roma, a
Torino, a Milano, a Napoli, dove si è spesso dato vita a
iniziative promosse dai movimenti del precariato, con le forme e il
linguaggio proprio dell'ironia. Manifestazioni e sit-in si sono svolti
anche a Genova, Novara, Verona, Vicenza, Padova, Ancona, Perugina,
Cagliari, Nuoro, Oristano, Cosenza, Reggio Calabria, Catanzaro,
Catania, Ragusa, Palermo. "La marcia indietro fatta dal governo – si fa
osservare – su alcuni fra i più odiosi provvedimenti nei
confronti dei dipendenti pubblici dimostra che la lotta può
rispedire i diktat al mittente".
L'Associazione Italiana Esposti Amianto e altre associazioni tra cui
il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro di Sesto
San Giovanni (Mi), nei mesi scorsi avevano presentato ricorso contro il
governo italiano e l'Inail per violazione di alcune norme
costituzionali. Negli anni migliaia di lavoratori sono rimasti esposti
all'amianto, si sono ammalati e morti. Una legge del 1992 concedeva un
risarcimento, facendo andare i lavoratori esposti in pensione un po'
prima. Con un decreto del 2008, invece, il governo Prodi e
successivamente l'Inail ledono i diritti di migliaia di lavoratori,
riconoscendo i periodi di esposizione all'amianto fino alla bonifica,
non oltre 2003 e solo per certi siti, e riconoscendo solo ad alcuni
lavoratori la possibilità di usufruire del risarcimento. Le
associazioni hanno fatto ricorso al TAR e ora il tribunale ha dato loro
ragione. La sentenza accoglie il ricorso su tutta la linea
sottolineando l'illegittimità dell'operato dei Ministri e
dell'Inail che hanno fortemente discriminato i lavoratori esposti
all'amianto. Ora si aprono le porte per tutti i lavoratori interessati
e centinaia di processi che hanno dato torto ai lavoratori dovranno
essere rivisti. Conviene non perdere troppo tempo, prima che lo stato
costruisca a tavolino qualche legge che lo assolva.
Sarà anche vero che gli operai sono normalizzati e
disorientati, ma non sempre vincono passività, paura e
rassegnazione. Alla Fiat di Melfi si producono 1500 vetture al giorno
con poco più di 5000 lavoratori, i carichi e i ritmi di lavoro
aumentano in modo esponenziale e il padrone, ad ogni richiesta, piange
miseria. I lavoratori della Fiat-SATA e della Ceva Logistics ancora una
volta non ci stanno e si mobilitano. Vogliono 1100 euro di premio di
risultato e rifiutano i pochi spiccioli che gli vengono offerti. La
risposta è l'adesione in massa allo sciopero (indetto dalla
FLMUniti-CUB, dalla Fiom-CGIL e dalla Failms, ma con ampia adesione
anche di lavoratori non iscritti) che per due ore blocca la produzione
e ferma le linee nel reparto montaggio. Se la Fiat non darà
risposte positive altri operai sono pronti ad incrociare le braccia:
quel denaro, prodotto con fatica e sudore è dei lavoratori!
È diventato definitivo il provvedimento con cui lo scorso
dicembre il Gip di Milano aveva prosciolto 4.106 autoferrotranvieri
milanesi, accusati di interruzione di pubblico servizio per lo sciopero
"selvaggio" a cui avevano aderito per cinque giornate tra la fine del
2003 e l'inizio del 2004. La notizia è stata resa pubblica da
uno dei difensori, il quale ha spiegato che non è stata
presentata entro i termini l'impugnazione contro la sentenza con la
quale il Gip aveva in precedenza decretato che le giornate di sciopero
erano da considerare come un semplice illecito amministrativo, come
tale non punibile penalmente perchè non previsto dalla legge
come reato. Si chiude così la vicenda legale nata dopo gli
scioperi spontanei che i tramvieri avevano indetto nei giorni 1, 20 e
21 dicembre 2003 e 12 e 13 gennaio 2004 per protesta contro
l'inadempienza contrattuale della A.T.M. di Milano, dando così
il via ad una serie di scioperi spontanei che avevano coinvolto
centinaia di colleghi nelle diverse città della Penisola,
raccogliendo la solidarietà di moltissimi lavoratori.
Il 6 luglio è iniziato in Irlanda lo sciopero nazionale dei lavoratori del settore energia e costruzioni, circa 10.500 addetti aderenti al sindacato Technical, Engineering and Electrical Union (TEEU), che reclamano il pagamento dell'incremento salariale relativo agli ultimi due anni, pari a circa l'11%. Quello che veramente ha fatto crescere la rabbia tra i lavoratori è che, mentre questo aumento era stato concordato ben due anni fa, ora le imprese del settore hanno dichiarato l' intenzione di non onorare l'accordo firmato, adducendo come motivo la situazione di crisi del settore e affermando invece che intendono tagliare gli stipendi del 10%. Lo sciopero è stato quindi concepito in modo tale da colpire circa 240 siti produttivi tra quelli di maggiore importanza; i picchetti infatti hanno bloccato alcune tra le aziende più conosciute, quali la Guinnes, la Cadbury, la Intel nella Contea di Kildare e inoltre l'aeroporto di Dublino e la Corrib Gas Pipeline, i cui 250 addetti si sono uniti allo sciopero. In risposta allo sciopero generale le aziende, prima fra tutte la Cadbury, hanno iniziato una azione legale davanti alla Alta Corte per bloccare i picchettaggi, mentre – nel frattempo – anche i lavoratori di altri settori stanno iniziando a scendere in sciopero.