Il preannunciato sequestro del palazzo Politeama è arrivato.
Lunedì 17 agosto sono stati apposti i sigilli a gran parte
dell'edificio, compresa la sede del gruppo Germinal-Fai di Carrara e
dell'Archivio Germinal. E con un po' di nodo in gola, ripensando a
tutte le lotte fatte per conquistare e mantenere quella sede, abbiamo
assistito all'implacabile esecuzione dell'ordinanza del tribunale.
Tutto ha avuto origine da una indagine della procura di Massa-Carrara
(vedi UN n° 26) e da lì, a seguito delle verifiche sulla
staticità dell'edificio eseguite dai tecnici nominati dal
magistrato, si è arrivati al sequestro della porzione
maggiormente a rischio.
Prima di uscire dalla sede, abbiamo esposto la nostra bandiera listata
a lutto e uno striscione con scritto "abusi + speculazione = rischio di
crollo", rimasto appeso nonostante i carabinieri intervenuti per
eseguire l'ordinanza ci abbiamo chiesto di toglierlo.
Oltre al peso dei sovraccarichi, su quel palazzo gravano anche molte
responsabilità emergenti da anni di inefficienza
dell'amministrazione comunale e degli altri enti preposti alla
verifica. Anni di abusi e di edilizia selvaggia hanno ridotto uno dei
più bei monumenti della città in un instabile ammasso di
mattoni, ferro e cemento. Il disinteresse totale per la
incolumità di chi ci vive e ci lavora, di chi nei suoi dintorni
ci si muove, in secondo piano rispetto agli interessi e ai privilegi di
pochi, fa sì che ancora oggi, di fronte a un contesto oramai
palese, si faccia di tutto per cercare di rendere il meno visibile
possibile una situazione di pericolo imminente e reale. E allora scatta
sì il sequestro, ma solo di una porzione e fin'ora nessuno si
è curato di prevedere una minima transennatura. Perfino il
loggiato sottostante è ancora agibile. Una situazione surreale e
bizzarra, quasi burlesca se non fosse così drammaticamente
azzardata. Ancora oggi, a due settimane dall'ordinanza di sequestro, in
piazza Matteotti e in via Mazzini, la piazza antistante e una via
laterale, si svolge parte del mercato settimanale. Un lunedì
mattina pieno di banchi e gente che "inconsapevolmente" vi si aggira.
L'informazione diffusa dall'amministrazione tende a sminuire il
problema, minimizzare il rischio che incombe. E, invece di assumere una
posizione decisa e ferma a tutela della incolumità della
cittadinanza, continua nel suo gioco complice con la proprietà,
si cerca di mescolare il più possibile le carte per non far
uscire tutte le magagne nascoste nella storia di quel palazzo. Tanto da
continuare a insistere sulla figura del Prof. Bartelletti come tecnico
di fiducia, sia della proprietà che dell'amministrazione. Tutto
l'operato del luminare ha avuto (e ha) come unico scopo quello di
salvaguardare gli interessi della proprietà. Prima con la
relazione fatta dopo il crollo dello scorso anno (e presentata otto
mesi dopo), nella quale, addossando la colpa ai mattoni, vecchi e fatti
male, assolveva di fatto la Caprice dalle colpe degli abusi; poi,
presentando un progetto di consolidamento, bocciato dalla
sovraintendenza, nel quale non teneva in minimo conto l'assetto
architettonico del palazzo e delle decorazioni. Suo unico scopo,
consolidare in modo da permettere alla Caprice di continuare a
costruire appartamenti. E il teatro? Beh, un'altra questione, tanto
nell'intenzione dovrà sparire, così come dovranno sparire
gli anarchici dal ridotto. Gli intenti sono abbastanza chiari. Il
teatro è solo una appendice fastidiosa, grossa, ingombrante, ma
fastidiosa che porta via metri quadrati destinabili a negozi e uffici.
Nonostante i roboanti proclami di recupero fino a oggi nulla è
stato fatto in questa direzione. Il Comitato per la Difesa del Palazzo
Politeama da tempo chiede a gran voce che spieghino come faranno a
riattivare le vie di fuga, alienate da costruzioni abusive e come
faranno a ripristinare la torre scenica, invasa dagli appartamenti.
Chiede anche che venga presentato il progetto definitivo approvato dai
Vigili del Fuoco. In risposta appaiono sui giornali solo titoloni
demagogici nei quali si annuncia il ripristino del teatro e poi, nei
fatti, arrivano i progetti di Bartelletti tesi solo a devastarlo e a
consolidare per far costruire altri appartamenti.
Sta di fatto che, attualmente, come risultato di tutte queste manovre,
noi siamo fuori. Pur ricevendo mille rassicurazioni circa il nostro
rientro, a lavori terminati, sappiamo che potremo rientrare solo ed
esclusivamente mantenendo alto il livello di scontro con la
proprietà e l'amministrazione. Mai e poi mai abbandoneremo la
nostra sede, conquistata dai compagni partigiani e lasciataci in
eredità dai compagni che ci seguiranno nel futuro. È un
nostro preciso impegno mantenerla, strappata ai fascisti dopo la guerra
mai e poi mai tornerà in mano loro, che siano palesi o
travestiti. Saranno anni di lotta, durante i quali non bisognerà
mai abbassare la guardia e osservare attentamente tutte le manovre che
verranno fatte nel palazzo. Che ci vogliano definitivamente fuori non
è così remoto, ma è bene che sappiano da subito
che non sarà così facile buttarci fuori.
Al momento siamo alla ricerca di una sede provvisoria per il gruppo e
di una per l'archivio. Abbiamo richiesto all'amministrazione di
trovarcele, perché riteniamo sia un nostro diritto visto che
anche loro sono i responsabili della nostra uscita. Dopo alcune
proposte scartate ne sono venute fuori un paio accettabili. Le
trattative, però, si sono bloccate. Ai signori di palazzo civico
sono sfuggiti alcuni particolari e, con l'arroganza che gli è
solita, pensano di porci delle limitazioni e delle restrizioni solo
perché, a detta loro, "ci stanno aiutando a trovare una
sede". Oltretutto facendolo sapere a mezzo giornali, senza avere
il coraggio di dirtelo chiaramente in faccia.
A noi bavagli non li ha mai messi nessuno e la sede la devono trovare
perché il danno lo hanno co-provocato loro con la loro incuria e
il loro disinteresse.
Se si ottiene un accordo alle nostre condizioni, bene; altrimenti la sede la conquisteremo.
In ogni caso la lotta prosegue e nessuno ci impedirà di
continuare a puntare il dito contro i responsabili delle molte
nefandezze nei confronti della popolazione di Carrara, dallo
sventramento dei nostri monti allo sperpero di risorse pubbliche per il
beneficio dei soliti pochi.
RedC