Umanità Nova, n.29 del 30 agosto 2009, anno 89

Il gas è mobile


Il gas naturale è una delle principali fonti energetiche oggi in uso nell'Europa Occidentale. Vi si produce energia elettrica attraverso le centrali a ciclo combinato con rendimenti piuttosto alti, intorno al 60%. Inoltre il metano è diffuso a livello domestico sia per la cottura dei cibi, sia per il riscaldamento dell'acqua e degli ambienti. Si tratta di una fonte non rinnovabile che, tuttavia, ha un impatto ambientale ridotto rispetto ad altri combustibili di origine fossile come il carbone e il petrolio.
Pertanto, per i paesi europei gli approvvigionamenti di tale materia sono vitali. Il principale fornitore dell'Europa è la russa Gazprom, diretta emanazione del ministero dell'Energia della Federazione Russa. Il gas arriva in Occidente grazie a gasdotti che passano attraverso l'Ucraina. Ogni inverno si assiste alla solita querelle tra Russia e Ucraina per cui Mosca accusa Kiev di rubare una parte del gas destinato ai paesi occidentali e, in virtù di tale imputazione, interrompe le forniture di metano. In tal modo il regime russo esercita pressioni contro un vicino (l'Ucraina) la cui principale colpa è di avere rapporti troppo stretti con gli Stati Uniti e, nello stesso tempo, mantiene una sorta di permanente ricatto sul funzionamento delle economie dell'Europa dell'Ovest.
Le forniture di materie prime energetiche costituiscono per Mosca un'arma geopolitica, utilizzata senza troppi scrupoli al fine di permettere alla Russia di recuperare un ruolo internazionale di primo piano. Tale politica non poteva non scontrarsi con gli interessi americani, favorevoli ad un indebolimento della Russia, condizione necessaria per riuscire a controllare il determinante scacchiere dell'Asia Centrale. Il conflitto tra Russia e Georgia è inquadrabile proprio all'interno di tale confronto. La piccola repubblica, che occupa una posizione geografica centrale nella "guerra del gas", è schierata all'interno del campo statunitense. Non stupisce quindi che la Russia stia facendo terreno bruciato intorno a Tbilisi.
Le difficoltà in cui si trovano gli Stati Uniti, prostrati da una crisi economica dai contorni epocali, hanno ampliato il raggio d'azione della Russia, che ha messo a segno alcuni colpi importanti. La dichiarazione di Putin, secondo cui è finita l'epoca del gas a basso prezzo, trova riscontro in avanzate trattative con l'Iran (altro grande produttore di metano) per la formazione di una sorta di cartello mondiale del gas, sulla falsariga dell'Opec. Sempre nel verso di un accordo tra produttori (a scapito dei consumatori) va l'accordo di collaborazione raggiunto tra Gazprom e Sonotrach (azienda statale algerina del gas) che ha fatto esclamare all'ex ministro dell'Industria italiano Alberto Clò: "Con l'accordo Gazprom-Sonetrach si è chiusa la tenaglia dei rifornimenti energetici per l'Italia e l'Europa". Ma non è finita qui: alla fine di giugno di quest'anno il presidente russo Medvedev ha firmato un contratto per entrare nel progetto di un gasdotto trans-sahariano (lungo 4300 chilometri e del costo stimato di 15 miliardi di dollari) destinato a portare il gas nigeriano in Italia e Spagna. Ogni volta che si cerca di diversificare i fornitori ci si ritrova davanti a Gazprom!
È poi in corso una singolare competizione sui gasdotti destinati a portare il metano in Europa. Vi sono tre principali progetti che stanno marciando contemporaneamente. Cominciamo con il North Stream, per la cui promozione Mosca ha ingaggiato addirittura l'ex cancelliere tedesco Schroeder, che prevede di far arrivare il gas russo, attraverso il Mar Baltico, direttamente in Germania, scavalcando la scomoda Ucraina. Vi è poi il Nabucco, sostenuto dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, una pipeline che, dalle frontiere tra Turchia, Georgia e Iran, dovrebbe arrivare fino allo snodo di Baumgarten in Austria, dove si innestano i principali rami distributivi del gas nell'Europa continentale. Tale progetto prevede la possibilità di raccogliere le produzioni di altri paesi limitrofi come Siria, Iraq e Iran. Contro questa ipotesi la Russia, con la collaborazione di Eni, propone il South Stream il cui l'obiettivo è portare il gas in Europa aggirando (da Sud) l'Ucraina. Il paradosso è che il South Stream e il Nabucco vanno a pescare dalle stesse fonti di approvvigionamento: a fronte di una capacità dei due gasdotti di 94 miliardi di metri cubi all'anno, si calcola che vi sia una produzione supplementare di solo 9 miliardi di metri cubi!
Lo scontro geopolitico sul gas fa emergere, tra gli altri, due dati di fatto: il primo è l'ennesima dimostrazione di impotenza dell'Unione Europea, incapace di portare avanti una politica comune che faccia valere gli interessi energetici del continente. Ogni paese porta avanti le proprie strategie con gli strumenti di cui dispone. Il secondo aspetto, è ben rappresentato dal progetto South Stream: il disallineamento della posizione italiana da quella americana. Frutto, con tutta probabilità, dei rapporti (e dei tornaconti) personali che legano Putin e Berlusconi. Perciò il governo italiano, non solo non pianifica una seria politica di sviluppo di fonti di energia rinnovabili ma, per fare affari con l'amico russo del premier, si ritrova su posizioni divergenti rispetto a quelle degli Stati Uniti. Non è da escludere che lo scarso gradimento dimostrato da Washington nei confronti del primo ministro del Belpaese derivi anche dalla sua interessata subalternità verso il nuovo zar russo.

Toni Iero

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