Umanità Nova, n.30 del 6 settembre 2009, anno 89

INNSE: lotte e avvoltoi


Che l'inse?
Avrebbe gridato Gian Battista Perasso (passato alla storia come Balilla) nello scagliare il sasso che diede inizio alla rivolta genovese anti-austriaca il 5 dicembre 1746. Che cosa volesse dire "Che l'inse?" non lo ha mai capito nessuno, nemmeno i filologi del nostro dialetto. In ogni caso è un ottimo spunto per commentare, con un giochino di parole, una lotta, quella dei lavoratori dell'INNSE, che ha monopolizzato l'attenzione di molti.
I fatti sono arcinoti: la fabbrica metalmeccanica INNSE Presse era stata chiusa dalla proprietà (lo speculatore Genta) nel 2008, con l'intendimento di smantellarla  e speculare sull'area. I 50 lavoratori avevano rifiutato la chiusura (e il conseguente licenziamento) occupando la fabbrica. Dopo oltre un anno di lotta nell'indifferenza generale, la situazione è bruscamente cambiata. Ai primi d'agosto, dopo un intervento di polizia e carabinieri per sgomberare la fabbrica, quattro operai e un sindacalista si sono arrampicati su un carro-ponte per una difesa ad oltranza. Miracolosamente l'interesse generale per la vertenza si è risvegliato: paginate di articoli sui maggiori quotidiani, una trasmissione televisiva dedicata, appelli firmati da noti intellettuali, intellighenzia sindacal-politica in fibrillazione (tra cui va segnalato l'ex-ministro Ferrero alla ricerca di una nuova verginità), lo stato maggiore della FIOM sceso bellicosamente in campo, ecc. Il 12 agosto la vertenza si è sbloccata, una nuova proprietà ha acquisito l'azienda (il gruppo Camozzi), i posti di lavoro sono stati conservati e i cinque occupanti sono potuti scendere dalla gru. Tutti contenti, compreso il prode Bertinotti che sembra aver festeggiato a caviale e champagne...
Non ci interessa in questa sede procedere ad una disamina dell'accordo, è compito dei tecnici sindacali, ma bensì di esporre alcune considerazioni che derivano dalla lotta.

L'assalto al cielo?
Fantasiosamente alcuni hanno rispolverato questo vecchio slogan per commentare l'occupazione aerea del carro-ponte che, potremmo dire, ha fatto scuola: pochi giorni dopo un gruppo di guardie giurate è salito sul terzo anello del Colosseo per manifestare per il loro posto di lavoro. Oggi ci sono altre tre fabbriche occupate nell'hinterland milanese (la Ercole Marelli Power di Sesto San Giovanni, la Lares e la Metalli Preziosi di Paderno Dugnano), molte altre scenderanno in lotta, nell'autunno, contro la devastante ondata di chiusure e licenziamenti che si preannunciano. Dovranno i lavoratori di queste aziende salire sempre più in alto (magari sul campanile del Duomo) per avere un po' d'attenzione e di solidarietà?
Boutade a parte la riflessione non può che essere su quanto queste accentuazioni spettacolari (e in generale forme di lotta non codificate, anche se di quelle più radicali parleremo più avanti) possano incidere sulla positiva risoluzione di lotte. Chi scrive vive nell'atavica convinzione che, al di là di tutto, la base di ogni lotta vittoriosa risieda principalmente nella capacità dei lavoratori di resistere un giorno di più dei padroni, ma anche nell'odierna consapevolezza che per farsi sentire – in assenza di una coscienza e di una solidarietà generalizzata da parte della working class nel suo insieme – bisogna gridare forte, apparire più di quello che si è, in omaggio alle leggi bronzee della società spettacolarizzata. Altrimenti si lotta e si perde in silenzio, senza che nessuno se ne accorga... Certo che anche con le azioni spettacolari si può non riuscire a spuntarla, un buon patronage politico-sindacale aiuta di più e allora...

Niente ferie per Rinaldini
Sinceramente delle vacanze di Rinaldini (così come di quelle del suo sodale Cremaschi) non ce ne può importare di meno. Tuttavia la notizia che il nostro avrebbe rimandato le ferie (e si sa quanto ne abbiano bisogno i nostri bonzi sindacali stremati dalle fatiche della concertazione) per presidiare i cancelli dell'INNSE la dice lunga sull'impegno profuso dalla FIOM per questa vertenza. Il sindacatone battagliero dei metalmeccanici aveva bisogno di un'occasione, di una battaglia esemplare per riacquistare il ruolo di scavezzacollo insofferente della disciplina confederale che gli avvenimenti dell'ultimo anno avevano un po' offuscato. E allora come non mettere gli occhi sulla vicenda INNSE, dove con relativamente poco sforzo si potevano ottenere grandi risultati mass-mediatici? Così gli inesausti Rinaldini e Cremaschi (insieme alla Sciancati della Fiom milanese) hanno tenuto botta per quattro giorni davanti ai cancelli, rincuorato gli occupanti e i lavoratori, parlato con i giornalisti e, soprattutto pensiamo, trattato in alto loco per risolvere la vertenza. E poi insomma l'INNSE non era un'azienda decotta, ma una fabbrica sana... 

Una fabbrica produttiva
Può stupire, per chi abbia una obsoleta visione classista della lotta sindacale, che tanta enfasi sia stata messa (da tutte le parti) sulle potenzialità produttive dell'INNSE come se queste fossero determinanti nel decidere le sorti materiali dei lavoratori. Sei in un'azienda produttiva? Allora salviamo il tuo posto di lavoro. Sei in un'azienda decotta? Allora vattene a casa, se ti va bene con qualche mensilità. Ma perché stupirsi? Questa è l'ultima aberrazione della logica "compatibilista" che da sempre presiede all'attività sindacale in senso stretto: andare a vedere negli affari del padrone per determinare che cosa chiedere o non chiedere. E' nel DNA dei tecnici-notai sindacali. Ma se questa logica è vagamente comprensibile (anche se comunque inaccettabile) nel caso di richieste migliorative (salariali e/o normative) diventa disgustosa nel caso di tagli, chiusure, licenziamenti. È, a tutti gli effetti, fare gli aiutanti del boia. Il lavoratore non è più al centro (se lo è mai stato) e nemmeno in periferia dell'attività dell'organizzazione tecnico-notarile-sindacale, è una pedina della quale si può decidere la sacrificabilità. Ma non è tutto... 

Le fogne parlano...
Senza sciacquarsi la bocca. Così, a giochi fatti, il signor Epifani non ha resistito alla tentazione di contrapporre la "pacifica" lotta dei lavoratori dell'INNSE a quella "violenta" dei lavoratori francesi che, ricordiamolo, alcuni mesi fa in circostanze analoghe hanno sequestrato manager o minacciato di far saltare fabbriche. Insomma – pensa il nostro eroe – questo è un sindacato moderno fondato sul bon-ton e che mira al gentlemen agreement con le controparti, non vorrete mica che indisponiamo la controparte con queste rudezze... E poi su questa strada si finisce come in Cina dove un gruppo di lavoratori ha malmenato un padrone fino ad ammazzarlo.
Caro Epifanio, a differenza del tuo quasi omonimo non ci fai ridere per niente. Non pretendiamo che tu comprenda il valore e il significato delle lotte dei lavoratori francesi, né la ruvidezza dei loro mezzi; non ci aspettiamo che tu esprima a loro solidarietà e neppure ai 7.000 lavoratori della Ssangyong che dopo una lotta durissima durata mesi e aver affrontato scontri militari con le forze speciali coreane e aver pagato il prezzo di cinque morti sono stati cacciati brutalmente dalla loro fabbrica; non pretendiamo neppure che il tuo sindacato si mobiliti seriamente contro la strage di posti di lavoro in Italia che ci sarà in autunno. Sappiamo che tutto ciò è fuori dalla tua comprensione e dalla tua cultura, sappiamo che tutto ciò è estraneo alla tua formazione di tecnocrate incravattato d'alto livello. Ti chiediamo solo di tacere, continua a guazzare nella tua broda e a pensare al tuo futuro di parlamentare o di dirigente aziendale ben retribuito, però in silenzio. 

Walter Kerwal

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti