Umanità Nova, n.30 del 6 settembre 2009, anno 89

Overdose legalitaria


Secondo il sociologo Peter Coehn, la cosiddetta "guerra alla droga" è soltanto una "persecuzione irrazionale delle persone per il loro stile di vita", ma la destra italiana ci tiene ad essere l'ultimo giapponese nella giungla della War On Drugs sin dai tempi del Governo Berlusconi 2 (2001-2006) che concluse la propria opera criminale con l'approvazione della Legge Fini-Giovanardi, una delle poche al mondo che mette sullo stesso piano droghe leggere e droghe pesanti, contro ogni evidenza scientifica e ogni buon senso. All'inizio d'agosto sono entrate in vigore le nuove norme del codice della strada che prevedono per il reato aggravato di guida in stato di ebbrezza (cioè per chi venga sorpreso alla guida con un contenuto di alcol nel sangue superiore a 1,5 gr/l o in "in stato di alterazione psicofisica" per aver assunto "stupefacenti") la confisca del veicolo, il ritiro della patente da 1 a 2 anni, un'ammenda dai 500 ai 6 mila euro e una pena detentiva da 6 mesi a un anno. Al di là del fatto che, a parte che per l'alcool e per l'eroina, non esiste alcuna prova scientifica che le sostanze cannabinoidi abbiano un effetto negativo sulla guida (anzi... tutte le indagini condotte dagli anni '40 del secolo scorso ad ora sembrerebbero dimostrare esattamente il contrario), va detto che per accertare l'uso di sostanze proibite, il malcapitato viene portato in ospedale dove viene sottoposto ad un test delle urine, effettuato con degli stick che vengono immersi nella pipì e che assumono diversi colori per reazione alle varie sostanze, senza dire nulla però né su quando sia stata assunta la sostanza né tantomeno se la persona sia sotto il suo effetto. Per intenderci, tracce di cannabis nelle urine si possono trovare anche 60 giorni dopo l'ultima volta che si è fumato. Probabilmente anche di più, stando a quanto afferma uno studio dell'Università di Sydney, pubblicato ad agosto sul British Journal of Pharmacology, secondo cui il principio attivo della cannabis, il Thc, assorbito dalle cellule del grasso una volta nel corpo, potrebbe poi essere liberato anche molto più tardi in seguito a stress o perdite di peso e "questo spiegherebbe i molti casi di persone trovate positive ai test anche se non avevano fumato da mesi". Del fatto che questi test provino ben poco se ne accorgono ormai anche i giudici. A Bologna, a metà agosto, il tribunale ha assolto un ventenne che la sera del 9 marzo 2008 aveva provocato un incidente e che, sottoposto al test delle urine era risultato positivo ai cannabinoidi, perché secondo i magistrati il risultato del test "può essere indubbiamente interpretato come riscontro di assunzioni pregresse più o meno recenti, ma nulla dice sulle condizioni in cui lo stesso si trovava al momento del sinistro". Intanto, però, gli sbirri continuano a sottoporre ai drug-test tutti i disgraziati che finiscono al Pronto Soccorso dopo gli incidenti stradali. E nel silenzio dei media continuano a capitare casi come quello di E.C., un commerciante di Bergamo che dopo aver fatto un incidente con il proprio furgone era finito in ospedale con il bacino fratturato e un trauma addominale. Il dolore era talmente forte che i medici gli avevano somministrato della morfina e un farmaco oppiaceo. Risultato ovviamente positivo agli esami del sangue e delle urine, a causa dei farmaci antidolorifici, l'uomo si era visto, dopo poche settimane, recapitare a casa un decreto penale di condanna firmato dal gip di Bergamo con l'accusa di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, con un'ingiunzione al pagamento di 1.820 euro, l'atto di confisca del camion e la sospensione della patente per dieci mesi. Nonostante l'intervento dei medici, solo a un anno di distanza la questione è stata chiarita. La guerra alla droga ed in particolare la Santa Crociata Contro la Cannabis prosegue senza sosta, in barba ad ogni "incidente" di percorso. Chi quest'estate è andato al Rototom Sunsplash (il festival reggae che si tiene ad Osoppo, in Friuli) per arrivarci ha dovuto fare un percorso ad ostacoli tra i posti di blocco di polizia, finanza e carabinieri. Gli sbirri non si sono fermati neppure davanti ai cancelli del festival e vi sono stati anche arresti e perquisizioni coi cani anche nelle tende. Il Rototom è noto per la sua atmosfera rilassata e "fraterna" e nei suoi quindici anni di vita il Sunplash non è mai stato visto come un problema di ordine pubblico o di degrado, anche se è sempre stato tollerato al suo interno l'uso di cannabis. Evidentemente quest'anno qualcuno ha deciso che di simili isole felici della tolleranza non ne debbano più esistere e così le operazioni di polizia sono andate avanti fino all'ultimo giorno, nonostante le proteste degli organizzatori, che da subito hanno anche messo a disposizione degli avvocati per i fermati e gli arrestati. Di guerra alla droga si può anche morire, d'altra parte. E' quello che è successo a Stefano Frapporti, un muratore di Rovereto, morto nella notte tra il 21 e il 22 luglio in carcere dopo essere stato arrestato per detenzione di hashish. Ufficialmente, si sarebbe suicidato nella sua cella con il laccio della tuta che aveva indosso, intorno a mezzanotte. Ma i lati oscuri di questa vicenda sono tantissimi. Stefano, secondo i quotidiani locali "incensurato, un tipo tranquillo, timido, con una vita regolarissima" sarebbe stato fermato nel pomeriggio da due agenti in borghese mentre era in bicicletta, perché stava circolando sul marciapiede. Secondo quanto raccontato da alcuni testimoni oculari, il fermo sarebbe stato anche abbastanza violento. Dopo averlo perquisito i due carabinieri decidono di fare una perquisizione a casa sua. Senza avere alcun mandato, entrano nell'appartamento e lì trovano un po' di hashish e una bilancia da cucina, regalo del padre. Scatta l'arresto e lo portano in carcere. A mezzanotte lo trovano impiccato. Nessuno avverte la famiglia fino alle 10 della mattina dopo. I genitori e la sorella non potranno vedere il corpo di Stefano – che è già stato portato nella camera mortuaria del cimitero – fino al compimento dell'autopsia, due giorni dopo. Nessuno capisce come sia possibile questo stranissimo suicidio e appena si sparge la notizia ci sono proteste e mobilitazioni spontanee. Venerdì 31 luglio Rovereto viene anche percorsa da un corteo organizzato dai gruppi anarchici e dai centri sociali trentini, ma le autorità continuano ad insistere nella tesi ufficiale del suicidio. In un'intervista a "il manifesto" la sorella Ida dice: «Mi chiedo come un normale cittadino che va in bicicletta possa essere fermato, finire in carcere, e morire così». E' la gelida e feroce "normalità" del proibizionismo, purtroppo, di leggi che in teoria dovrebbero difendere le persone e che in realtà provocano soltanto dolore, sofferenza e morte.

robertino

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