Secondo il sociologo Peter Coehn, la cosiddetta "guerra alla droga"
è soltanto una "persecuzione irrazionale delle persone per il
loro stile di vita", ma la destra italiana ci tiene ad essere l'ultimo
giapponese nella giungla della War On Drugs sin dai tempi del Governo
Berlusconi 2 (2001-2006) che concluse la propria opera criminale con
l'approvazione della Legge Fini-Giovanardi, una delle poche al mondo
che mette sullo stesso piano droghe leggere e droghe pesanti, contro
ogni evidenza scientifica e ogni buon senso. All'inizio d'agosto sono
entrate in vigore le nuove norme del codice della strada che prevedono
per il reato aggravato di guida in stato di ebbrezza (cioè per
chi venga sorpreso alla guida con un contenuto di alcol nel sangue
superiore a 1,5 gr/l o in "in stato di alterazione psicofisica" per
aver assunto "stupefacenti") la confisca del veicolo, il ritiro della
patente da 1 a 2 anni, un'ammenda dai 500 ai 6 mila euro e una pena
detentiva da 6 mesi a un anno. Al di là del fatto che, a parte
che per l'alcool e per l'eroina, non esiste alcuna prova scientifica
che le sostanze cannabinoidi abbiano un effetto negativo sulla guida
(anzi... tutte le indagini condotte dagli anni '40 del secolo scorso ad
ora sembrerebbero dimostrare esattamente il contrario), va detto che
per accertare l'uso di sostanze proibite, il malcapitato viene portato
in ospedale dove viene sottoposto ad un test delle urine, effettuato
con degli stick che vengono immersi nella pipì e che assumono
diversi colori per reazione alle varie sostanze, senza dire nulla
però né su quando sia stata assunta la sostanza né
tantomeno se la persona sia sotto il suo effetto. Per intenderci,
tracce di cannabis nelle urine si possono trovare anche 60 giorni dopo
l'ultima volta che si è fumato. Probabilmente anche di
più, stando a quanto afferma uno studio dell'Università
di Sydney, pubblicato ad agosto sul British Journal of Pharmacology,
secondo cui il principio attivo della cannabis, il Thc, assorbito dalle
cellule del grasso una volta nel corpo, potrebbe poi essere liberato
anche molto più tardi in seguito a stress o perdite di peso e
"questo spiegherebbe i molti casi di persone trovate positive ai test
anche se non avevano fumato da mesi". Del fatto che questi test provino
ben poco se ne accorgono ormai anche i giudici. A Bologna, a
metà agosto, il tribunale ha assolto un ventenne che la sera del
9 marzo 2008 aveva provocato un incidente e che, sottoposto al test
delle urine era risultato positivo ai cannabinoidi, perché
secondo i magistrati il risultato del test "può essere
indubbiamente interpretato come riscontro di assunzioni pregresse
più o meno recenti, ma nulla dice sulle condizioni in cui lo
stesso si trovava al momento del sinistro". Intanto, però, gli
sbirri continuano a sottoporre ai drug-test tutti i disgraziati che
finiscono al Pronto Soccorso dopo gli incidenti stradali. E nel
silenzio dei media continuano a capitare casi come quello di E.C., un
commerciante di Bergamo che dopo aver fatto un incidente con il proprio
furgone era finito in ospedale con il bacino fratturato e un trauma
addominale. Il dolore era talmente forte che i medici gli avevano
somministrato della morfina e un farmaco oppiaceo. Risultato ovviamente
positivo agli esami del sangue e delle urine, a causa dei farmaci
antidolorifici, l'uomo si era visto, dopo poche settimane, recapitare a
casa un decreto penale di condanna firmato dal gip di Bergamo con
l'accusa di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, con
un'ingiunzione al pagamento di 1.820 euro, l'atto di confisca del
camion e la sospensione della patente per dieci mesi. Nonostante
l'intervento dei medici, solo a un anno di distanza la questione
è stata chiarita. La guerra alla droga ed in particolare la
Santa Crociata Contro la Cannabis prosegue senza sosta, in barba ad
ogni "incidente" di percorso. Chi quest'estate è andato al
Rototom Sunsplash (il festival reggae che si tiene ad Osoppo, in
Friuli) per arrivarci ha dovuto fare un percorso ad ostacoli tra i
posti di blocco di polizia, finanza e carabinieri. Gli sbirri non si
sono fermati neppure davanti ai cancelli del festival e vi sono stati
anche arresti e perquisizioni coi cani anche nelle tende. Il Rototom
è noto per la sua atmosfera rilassata e "fraterna" e nei suoi
quindici anni di vita il Sunplash non è mai stato visto come un
problema di ordine pubblico o di degrado, anche se è sempre
stato tollerato al suo interno l'uso di cannabis. Evidentemente
quest'anno qualcuno ha deciso che di simili isole felici della
tolleranza non ne debbano più esistere e così le
operazioni di polizia sono andate avanti fino all'ultimo giorno,
nonostante le proteste degli organizzatori, che da subito hanno anche
messo a disposizione degli avvocati per i fermati e gli arrestati. Di
guerra alla droga si può anche morire, d'altra parte. E' quello
che è successo a Stefano Frapporti, un muratore di Rovereto,
morto nella notte tra il 21 e il 22 luglio in carcere dopo essere stato
arrestato per detenzione di hashish. Ufficialmente, si sarebbe
suicidato nella sua cella con il laccio della tuta che aveva indosso,
intorno a mezzanotte. Ma i lati oscuri di questa vicenda sono
tantissimi. Stefano, secondo i quotidiani locali "incensurato, un tipo
tranquillo, timido, con una vita regolarissima" sarebbe stato fermato
nel pomeriggio da due agenti in borghese mentre era in bicicletta,
perché stava circolando sul marciapiede. Secondo quanto
raccontato da alcuni testimoni oculari, il fermo sarebbe stato anche
abbastanza violento. Dopo averlo perquisito i due carabinieri decidono
di fare una perquisizione a casa sua. Senza avere alcun mandato,
entrano nell'appartamento e lì trovano un po' di hashish e una
bilancia da cucina, regalo del padre. Scatta l'arresto e lo portano in
carcere. A mezzanotte lo trovano impiccato. Nessuno avverte la famiglia
fino alle 10 della mattina dopo. I genitori e la sorella non potranno
vedere il corpo di Stefano – che è già stato portato
nella camera mortuaria del cimitero – fino al compimento dell'autopsia,
due giorni dopo. Nessuno capisce come sia possibile questo stranissimo
suicidio e appena si sparge la notizia ci sono proteste e mobilitazioni
spontanee. Venerdì 31 luglio Rovereto viene anche percorsa da un
corteo organizzato dai gruppi anarchici e dai centri sociali trentini,
ma le autorità continuano ad insistere nella tesi ufficiale del
suicidio. In un'intervista a "il manifesto" la sorella Ida dice:
«Mi chiedo come un normale cittadino che va in bicicletta possa
essere fermato, finire in carcere, e morire così». E' la
gelida e feroce "normalità" del proibizionismo, purtroppo, di
leggi che in teoria dovrebbero difendere le persone e che in
realtà provocano soltanto dolore, sofferenza e morte.
robertino