Il cardinale di Retz – anima nera della Fronda del Parlamento,
quando Luigi XIV era ancora fanciullo – ebbe a scrivere che "in fatto
di calunnia, tutto ciò che non nuoce serve a colui che è
attaccato".
La massima (come altre sue massime, e quelle del suo più acceso
oppositore, François de la Rochefoucauld) inquadra perfettamente
ciò che sta accadendo a seguito di quanto affermato sulle
colonne de "Il Giornale" dal neo-direttore Vittorio Feltri nei
confronti del suo collega Dino Boffo, direttore del quotidiano
episcopale "Avvenire", ed in un certo qual modo fa da paio alla querela
per diffamazione prodotta dai legali del premier Berlusconi ai danni
dell'editore de "la Repubblica". Riguarda, in altri termini, una faida
fra poteri che entrambe le parti mascherano come diritto alla
libertà di stampa, violata e soffocata a seconda che si tratti
di mostrare le pudende dell'uno o dell'altro contendente.
Detto questo, appare però del tutto evidente che qualsiasi
attacco moralistico nei confronti dei poteri ecclesiastici è
destinato a sicuro insuccesso, per il semplice fatto che la morale
è di proprietà della Chiesa, la cui amministrazione – nei
secoli dei secoli – ha consentito di consolidarne il potere a discapito
dei suoi antagonisti laici, come ci insegna l'andata a Canossa di
Enrico IV per ottenere da Papa Gregorio VII il ritiro della scomunica.
Ora, che l'intermediaria non sia più la contessa Matilde di
Canossa, ma l'avvenente e giovanile Noemi Letizia di Casoria, non
conferma altro che quando la storia si ripete, da tragedia si trasforma
in farsa, allo stesso modo in cui lo stile prezioso e barocco del
cardinale di Retz e del conte de la Rochefoucauld si traduce in
meschine volgarità da parte di Feltri e di Giuseppe d'Avanzo, le
cui dieci domande al Cavalier Berlusconi appaiono soltanto degne di
un'opposizione perfino incapace di costruire un'alternativa alla
maggioranza governativa se non si affida alla pruderie scandalistica e
bacchettona dei catto-comunisti.
Perché di fronte ad una crisi economica che non molla la presa e
che nei prossimi mesi continuerà implacabilmente a mietere
disoccupati su disoccupati sia nel privato, sia nel pubblico; di fronte
ad uno scenario di guerra locale a bassa intensità in cui il
reato d'immigrazione clandestina è la ciliegina su di una torta
farcita di leggi liberticide che la militarizzazione delle grandi aree
urbane ha attuato e sta attuando in tutto il BelPaese; di fronte ad una
stampa libera che si preoccupa di dar voce alla sofferenza,
all'indignazione, alla rabbia solo quando questa appare un utile
ritorno alla sua gestione del potere mediatico (consentendogli di
barattare la gestione parcellizzata del comando sia alla Rai, che alla
Fininvest); la campagna moralizzatrice nei confronti dei costumi
licenziosi, pacchiani e villani della cosiddetta "casta" appare sempre
più un triviale spot pubblicitario il cui slogan – gridato in
coro da destra e da sinistra – è: comandare è meglio che
fottere.
Il re è nudo, e – vista l'età – non è neppure di bell'aspetto, nonostante la sbandierata prestanza fisica.
Che sia diventato più Papi che Padre di famiglia, certo non ha
facilitato i rapporti con il mondo della gerarchia ecclesiastica, al
punto che dubbi consiglieri possono avergli suggerito di passare al
contrattacco di una campagna mediatica pronta a ricattarlo, facendosi
paladina degli alti valori cristiani.
Credere – come azzarda l'indecente sinistra – che una campagna di
mobilitazione per il diritto alla loro libertà di stampa, possa
incrinare il potere di una destra farlocca e messa sotto schiaffo dalla
gerarchia vaticana (da subito all'incasso in materia di testamento
biologico, pillola Ru486, finanziamento pubblico a scuole cattoliche,
opere pie e missioni cristiane) è la riprova della totale
assenza di una concreta progettualità politica, tesa – anche
solo dal punto di vista riformista – a porre le questioni della
giustizia e dell'uguaglianza sociale.
Del resto abbiamo già osservato con quanta premura abbia cercato
di uguagliare sul piano della sicurezza, le esigenze forcaiole di una
Lega Nord, al punto da apparire supina anche nei confronti della
reprimenda di santa romana chiesa, che in fatto di carità pelosa
ha fornito una generosa prova di ambiguità.
Non saremo noi, pertanto, a gridare che in Italia non esiste
libertà di stampa, per il semplice fatto che non è mai
esistita; e se dieci domande possono dar fastidio a chi sembra
attualmente governare, tanto da non rispondervi e querelare il latore
delle stesse, a noi ne basta semplicemente una: qual è il conto
che maggioranza e opposizione hanno intenzione di far pagare a chi non
è disposto ad accettare questo misero teatrino mediatico dove si
consuma – con tanto di soubrette d'avanspettacolo – la politica
prêt-à-porter?
gianfranco marelli