Umanità Nova, n.30 del 6 settembre 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese

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Sud Corea: scioperi, occupazioni e scontri degli operai con la polizia

Il timore di perdere il lavoro che si tramuta in volontà di lotta e di reazione, la disperazione di non riuscire più a sopravvivere che diventa atto di coraggio e ribellione alla passività. Una bella lezione, questa che ci arriva dalla Corea del Sud, con lo sciopero e soprattutto l'occupazione della fabbrica da parte degli operai della Ssangyong Motors, la più piccola delle case automobilistiche sudcoreane. Nel febbraio 2009 l'azienda, sulla via del fallimento, offre lo stabilimento di Pyeongtaek alle banche come garanzia per ulteriori prestiti; il 27 maggio, quando annuncia licenziamenti ed espulsione coatta per 1700 dei 7000 dipendenti, inizia la lotta. Gli operai licenziati occupano immediatamente lo stabilimento chiedendo il reintegro sul posto di lavoro. Il KMWU (Sindacato dei Lavoratori Metallurgici Coreani) sostiene l'occupazione ma (tutto il mondo è paese...) prova a incanalare le proteste esclusivamente intorno alla questione dei licenziamenti.
A metà giugno, gli operai impegnati nell'occupazione sono diventati 1000, con un significativo sostegno esterno. Il governo e l'azienda passano all'offensiva, mentre gli operai si attrezzano per la difesa con piedi di porco e bottiglie molotov. A fine mese teppisti, crumiri e polizia antisommossa tentano di entrare in fabbrica: scoppia un violento combattimento, al termine del quale gli operai, con molti feriti, conquistano l'edificio principale. L'11 luglio le forze di repressione attaccano ancora mentre la polizia anti sommossa avanza per circondare l'intera fabbrica; la direzione del KMWU esita a dichiarare lo sciopero generale in risposta agli attacchi all'impianto.
Il 16  luglio, 3.000 membri del KMWU si riuniscono per sostenere lo sciopero di Ssangyong davanti al municipio della città di Pyeongtaek. Quando, dopo l'assemblea, provano a muoversi verso la fabbrica, questa è bloccata dalla polizia e 82 operai vengono arrestati. E' ancora scontro con attacchi della polizia (lacrimogeni dagli elicotteri) ed operai che si difendono con bottiglie molotov e catapulte.
Infine il 5 agosto: la polizia sudcoreana in tenuta antisommossa carica pesantemente i lavoratori in sciopero e disperde il sit-in con cui i rappresentanti sindacali degli operai chiedevano il salvataggio dei posti  di lavoro. Il danno economico provocato dall'occupazione è stimato in oltre 245 milioni di dollari. La maggior parte degli edifici passa sotto il controllo della polizia. Ma la lotta continua...

Operai LASME di Melfi occupano la fabbrica

"La LASME di Melfi, azienda dell'indotto Fiat che produce alzavetri elettrici per auto ha deciso di trasferire la produzione in Liguria, mettendo in mobilità tutti i lavoratori".
Con questa operazione 174 sono gli operai che si trovano sul lastrico.
"I padroni Fiat e Lasme ci avevano detto che il loro sistema di lavoro funzionava. Si sono presi finanziamenti pubblici e una delle migliore zone della piana di S.Nicola di Melfi. Adesso a soli 15 anni dall'apertura della fabbrica, non può dire che l'importante è che i pezzi per l'assemblaggio della Grande Punto arrivino, anche se provengono da un'altra parte".
Dopo settimane in cui gli operai hanno pazientemente presidiato la sede dell'impresa e l'azienda, mentre politici, sindacalisti, amministratori, vescovi promettevano "incontri risolutori" senza approdare a niente, il 24 agosto è esplosa tutta la rabbia dei 174 operai della Lasme. In quella giornata era stata convocato a Potenza, nella sede dell'associazione industriale, un incontro per discutere del futuro degli operai, con i vertici della Lasme 2 (l'azienda dell'indotto Fiat) e i rappresentanti della Confindustria lucana. Le tute blu arrivate in autobus hanno "caricato" i poliziotti che volevano far entrare nella sede padronale solo una piccola delegazione. Più di 100 operai hanno occupato i locali della associazione.
Il 25 agosto gli operai hanno occupato la fabbrica di Melfi per impedire alla direzione di portare via i macchinari, mentre 7 operai sono saliti sul tetto dello stabilimento.
A questo punto era stato stabilito un accordo che prevedeva "un tavolo per il 4 settembre a Roma e la sospensione della mobilità". Ma i titolari della azienda, i fratelli Pellegri di Chiavari, prendendo a pretesto la continuazione del presidio dei lavoratori all'esterno dello stabilimento, hanno al momento sospeso l'accordo.

Un giorno di sciopero alla CLO di Lachiarella

Nel polo logistico de Lachiarella nel sudovest milanese, presso i lavoratori della cooperativa Clo (Cooperativa lavoratori ortomercato) il 13 luglio è stata indetta una giornata di sciopero, con presidio ai cancelli, dalla CUB.
La Clo è "una realtà che impiega 140 lavoratori, di cui il 90% stranieri, e che opera nella Standa Villa, appartenente al gruppo europeo Lewe, uno dei principali nella distribuzione merci da magazzino. La Clo ha sedi in Lombardia, nelle Marche e in Liguria. Nel sudovest milanese è presente anche a Pieve Emanuele".
Il motivo scatenante della protesta è stato che, malgrado i molti iscritti al sindacato di base CUB, la direzione della cooperativa ne rifiutava la rappresentanza sindacale e di conseguenza la trattativa sulle problematiche dei lavoratori, come il declassamento di una parte dei lavoratori dal 4° al 5° livello, l'assegnazione discriminatoria delle ore di lavoro per i soci lavoratori e sulle lettere di contestazione che stanno fioccando contro i lavoratori.
Impressionante è stato lo schieramento di forze di "persuasione" con cui il presidente stesso della Clo (ex funzionario Cisl) si è presentato ai cancelli fin dall'inizio del lavoro, con i suoi lacchè, tra i quali spiccava lo stesso capo del personale, e decine di "fedelissimi" fatti affluire anche da altri centri, per intimidire e scoraggiare quelli che volevano scioperare.
Di grande importanza è stata la tenuta degli iscritti alla CUB nello scioperare, coinvolgendo anche altri lavoratori non aderenti.
La prova di forza è stata superata dai lavoratori del sindacato di base, ma la rappresaglia si è fatta subito sentire. Un lavoratore filippino, che aveva partecipato allo sciopero, è stato licenziato, prendendo a pretesto ritardi di pochi minuti che, per le difficoltà nel raggiungere quel posto di lavoro, sono addirittura ridicoli. Il punto è che queste cosiddette cooperative, spesso con la compiacenza dei sindacati confederali, la fanno da padroni e non vogliono sindacati conflittuali tra i piedi. Nel caso specifico, la partita è solo all'inizio e… vi terremo informati del seguito.

Con la lotta dei lavoratori della Caris ad Arese raggiunto l'accordo

Dopo le giornate di sciopero del 24  e del 27 luglio, con presidio all'ingresso della ex Alfa ad Arese (Mi), e intervento da parte della polizia, i lavoratori della Caris hanno raggiunto l'accordo con le cooperative che hanno in appalto il lavoro (trattamento e cernita di rifiuti speciali), prima la Lsi di Vercelli ed ora la Mosaico.
I 98 lavoratori, in maggioranza cinesi, romeni, bengalesi, albanesi ed egiziani della Caris vedono finalmente riconosciuto il pagamento dei loro stipendi arretrati. L'accordo siglato dallo Slai Cobas stabilisce: "Lo stipendio di maggio sarà pagato per metà dalla Lsi e dalla Mosaico, che si impegna poi a pagare lo stipendio di luglio entro il 14 agosto. Per le spettanze rimanenti la Lsi il 5 agosto pagherà il 50%, mentre il saldo finale che chiuderà il contenzioso, il termine ultimo è il 25 agosto."
Il rappresentante dello Slai Cobas avverte: "Resta inteso che se non verranno mantenuti gli impegni presi saremo pronti a nuove forme di lotta".

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