Umanità Nova, n.31 del 13 settembre 2009, anno 89

Contro le frontiere della UE


Dal 25 al 31 agosto vari gruppi antirazzisti europei hanno organizzato un campeggio di protesta contro le criminali politiche dell'Unione Europea in materia di immigrazione. Questo "noborder camp" si è svolto presso l'isola greca di Lesvos, lontana non più di dieci km dalle coste turche e uno dei principali punti di accesso per migliaia di rifugiati in particolare dall'Iraq e dall'Afghanistan. Molti di questi migranti, tuttavia, non ce la fanno: centinaia perdono la vita nel mar Egeo. Se vengono fermati dalla guardia costiera greca, rischiano la tortura e le loro imbarcazioni vengono regolarmente distrutte. Se riescono a raggiungere Lesvos, sono incarcerati in uno dei più inumani lager per migranti, il centro di detenzione di Pagani, vicino alla capitale dell'isola Mytilene. Qui i diritti umani fondamentali sono quotidianamente violati. Lo scorso novembre 600 rifugiati si sono sentiti male dopo avere bevuto acqua contaminata. Nessuna richiesta d'asilo viene presa in considerazione: tutti, bambini compresi, sono ammassati in condizioni disumane dentro al lager per un tempo indefinito. Poi, schedati nell'archivio Eurodac, i rifugiati sono dismessi con un foglio di via che intima loro di lasciare il paese entro un mese.  
Il trattamento riservato ai migranti nell'isola di Lesvos è uno dei tanti casi delle conseguenze delle politiche dell'Unione Europea. Dall'Ucraina alle Canarie, al canale di Sicilia al mar Egeo, l'Unione Europea è responsabile della morte di migliaia di migranti. L'agenzia europea per la sicurezza delle frontiere Frontex ne applica le direttive, avendo tra l'altro dato il via negli ultimi tempi a controlli di polizia  congiunti tra paesi di partenza e paesi d'arrivo (Spagna-Africa del Nordovest, Libia-Italia, Grecia-Turchia ecc). Così la fortezza Europa militarizza le proprie frontiere.  
Lesvos è la punta dell'iceberg di una situazione intollerabile per i migranti comune a gran parte del territorio greco. In Grecia, non diversamente che altrove, la questione dell'immigrazione è posta da politici e media come una minaccia alla sicurezza. Una criminalizzazione continua che ha contribuito a far crescere la popolarità del gruppo di estrema destra Chrisi Avgi.
In molte zone occidentali di Atene gli attacchi sistematici di gruppi neo-nazisti contro migranti pakistani si sono intensificati; "operazioni di rastrellamento" della polizia sono divenute un'abitudine quotidiana. Nei pressi del porto di Patrasso lo scorso luglio un campo di rifugiati afghani è stato dapprima sgomberato dalla polizia e poi un "misterioso" incendio ha devastato quel che rimaneva delle baracche.
Per chi è rifugiato politico, scappa da guerre e stermini è pressoché impossibile ottenere asilo. Migliaia di persone vengono sistematicamente respinte dagli uffici immigrazione, attraverso i manganelli della polizia o uno dei mille inghippi burocratici poi: chi riesce a inoltrare domanda  ottiene un rifiuto.  Nell'ottobre dello scorso anno un richiedente asilo pakistano è stato ucciso "in circostanza non chiare" dopo l'intervento della polizia di fronte agli uffici immigrazione di Atene.
Coloro che decidono di fermarsi in Grecia e trovano un lavoro devono sopportare dure restrizioni: commercianti immigrati sono spesso trattati con violenza dalla polizia, arrestati arbitrariamente, i loro beni confiscati. Gli operai immigrati affrontano orari di lavoro estenuanti e condizioni di vita inumane, tutto ciò per una umiliante paghetta. Per la condizione di precari a cui sono costretti, non è loro concesso il diritto di associazione per conseguire migliori condizioni di lavoro. A rendere tragicamente evidente questa condizione è stato il caso del recente tentativo di omicidio col vetriolo di Kontantina Kuneva, immigrata, operaia, delegata sindacale che si batteva per migliori condizioni di lavoro.
Inoltre, le ultime elezioni europee hanno portato per la prima volta alla ribalta il partito di ultradestra LAOS (che suona esplicitamente "il Popolo" – ma è l'acronimo di Allarme Popolare Ortodosso). La maggior parte dei suoi elettori sono maschi di età tra i 18 e i 35 anni. Il LAOS, quarto partito più votato, ha condotto una campagna apertamente anti-immigrazione, basata prevalentemente sui temi dell'identità nazionale, della sicurezza e del controllo sui migranti. I principali argomenti di questa campagna sono stati che la Grecia non può sostenere più altri stranieri, che i migranti sono una minaccia alla sicurezza ed alla coesione nazionale, criticando gli altri partiti per la mancanza di una reale politica per prevenire i flussi migratori e deportare i migranti "illegali".  Poiché al momento attuale nessuno dei partiti principali: il PASOK (primo alle europee) e Nea Dimokratia (al governo) sembra essere in grado di avere la maggioranza necessaria nelle elezioni nazionali (che dovrebbero aver luogo nel prossimo ottobre), c'è una ridda di ipotesi su un'alleanza tra Nea Dimokratia e LAOS.
Ma ciò che conta assai di più è che il ritornello di punta del LAOS è stato adottato da parecchie istituzioni e politici trasversalmente allo spettro politico. Ne risulta che ora la migrazione nei discorsi ufficiali è trattata quasi esclusivamente seguendo gli slogan del LAOS. Il ministro degli interni ha annunciato che sta per creare un centro di detenzione migranti alla periferia di Atene per rinchiudervi tutti gli stranieri illegali e ripulire il centro della città, mentre tutti quelli pescati  in mare saranno trattenuti in una nave speciale che fungerà da centro di detenzione in acque internazionali. In un dibattito televisivo, la ministra agli affari esteri ha proclamato che il suo partito ha perso perché non si è curato della sicurezza dei cittadini minacciata dai migranti, mentre un portavoce dell'opposizione argomentava che la Grecia dovrebbe far pressione sulle istituzioni dell'Unione Europea ad accettare che i confini greci debbano essere difesi da forze europee e non solo dalla Grecia, accollando alla Turchia la responsabilità di tutti questi flussi illegali. Persino il portavoce dei Verdi ha sostenuto che una vera politica di "respingimento" deve essere messa in atto per "risolvere il problema" dei rifugiati a Patrasso – punto di imbarco per chi vuole arrivare nel Nord Europea via Itali.
Il campeggio presso Lesvos ha avuto quindi più di una motivazione: contro le nuove politiche imperialiste, contro il sistema delle frontiere e i metodi del controllo e della repressione, contro la criminalizzazione della migrazione, contro i centri di detenzione e la violenza su migranti e rifugiati, contro lo sfruttamento del lavoro dei migranti.
Per gridare "Basta con le frontiere, basta con la detenzione degli immigrati" si sono ritrovati in più di mille. Assemblee e azioni si sono succedute durante la settimana. L'obiettivo era quello, alto, di chiudere il centro di Pagani, per dare un segnale netto che tutti i centri di detenzione in Europa devono scomparire. Varie forme di pressione – diverse manifestazioni, l'occupazione della piazza centrale di Mytilene, uno sciopero della fame congiunto con i prigionieri, il blocco del porto di Mitilene, azioni di disturbo alle motovedette - hanno ottenuto qualche parziale obiettivo: 200 migranti sono stati rilasciati e alcuni afghani appena sbarcati sono riusciti a evitare la detenzione.
Piccoli segnali della necessità di lotte internazionaliste che portino alla chiusura dei centri di detenzione e al collasso di tutto il criminale "sistema di difesa" europeo.

Blog del campeggio antirazzista
http://lesvos09.antira.info

A. Soto

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