Dal 25 al 31 agosto vari gruppi antirazzisti europei hanno
organizzato un campeggio di protesta contro le criminali politiche
dell'Unione Europea in materia di immigrazione. Questo "noborder camp"
si è svolto presso l'isola greca di Lesvos, lontana non
più di dieci km dalle coste turche e uno dei principali punti di
accesso per migliaia di rifugiati in particolare dall'Iraq e
dall'Afghanistan. Molti di questi migranti, tuttavia, non ce la fanno:
centinaia perdono la vita nel mar Egeo. Se vengono fermati dalla
guardia costiera greca, rischiano la tortura e le loro imbarcazioni
vengono regolarmente distrutte. Se riescono a raggiungere Lesvos, sono
incarcerati in uno dei più inumani lager per migranti, il centro
di detenzione di Pagani, vicino alla capitale dell'isola Mytilene. Qui
i diritti umani fondamentali sono quotidianamente violati. Lo scorso
novembre 600 rifugiati si sono sentiti male dopo avere bevuto acqua
contaminata. Nessuna richiesta d'asilo viene presa in considerazione:
tutti, bambini compresi, sono ammassati in condizioni disumane dentro
al lager per un tempo indefinito. Poi, schedati nell'archivio Eurodac,
i rifugiati sono dismessi con un foglio di via che intima loro di
lasciare il paese entro un mese.
Il trattamento riservato ai migranti nell'isola di Lesvos è uno
dei tanti casi delle conseguenze delle politiche dell'Unione Europea.
Dall'Ucraina alle Canarie, al canale di Sicilia al mar Egeo, l'Unione
Europea è responsabile della morte di migliaia di migranti.
L'agenzia europea per la sicurezza delle frontiere Frontex ne applica
le direttive, avendo tra l'altro dato il via negli ultimi tempi a
controlli di polizia congiunti tra paesi di partenza e paesi
d'arrivo (Spagna-Africa del Nordovest, Libia-Italia, Grecia-Turchia
ecc). Così la fortezza Europa militarizza le proprie frontiere.
Lesvos è la punta dell'iceberg di una situazione intollerabile
per i migranti comune a gran parte del territorio greco. In Grecia, non
diversamente che altrove, la questione dell'immigrazione è posta
da politici e media come una minaccia alla sicurezza. Una
criminalizzazione continua che ha contribuito a far crescere la
popolarità del gruppo di estrema destra Chrisi Avgi.
In molte zone occidentali di Atene gli attacchi sistematici di gruppi
neo-nazisti contro migranti pakistani si sono intensificati;
"operazioni di rastrellamento" della polizia sono divenute un'abitudine
quotidiana. Nei pressi del porto di Patrasso lo scorso luglio un campo
di rifugiati afghani è stato dapprima sgomberato dalla polizia e
poi un "misterioso" incendio ha devastato quel che rimaneva delle
baracche.
Per chi è rifugiato politico, scappa da guerre e stermini
è pressoché impossibile ottenere asilo. Migliaia di
persone vengono sistematicamente respinte dagli uffici immigrazione,
attraverso i manganelli della polizia o uno dei mille inghippi
burocratici poi: chi riesce a inoltrare domanda ottiene un
rifiuto. Nell'ottobre dello scorso anno un richiedente asilo
pakistano è stato ucciso "in circostanza non chiare" dopo
l'intervento della polizia di fronte agli uffici immigrazione di Atene.
Coloro che decidono di fermarsi in Grecia e trovano un lavoro devono
sopportare dure restrizioni: commercianti immigrati sono spesso
trattati con violenza dalla polizia, arrestati arbitrariamente, i loro
beni confiscati. Gli operai immigrati affrontano orari di lavoro
estenuanti e condizioni di vita inumane, tutto ciò per una
umiliante paghetta. Per la condizione di precari a cui sono costretti,
non è loro concesso il diritto di associazione per conseguire
migliori condizioni di lavoro. A rendere tragicamente evidente questa
condizione è stato il caso del recente tentativo di omicidio col
vetriolo di Kontantina Kuneva, immigrata, operaia, delegata sindacale
che si batteva per migliori condizioni di lavoro.
Inoltre, le ultime elezioni europee hanno portato per la prima volta
alla ribalta il partito di ultradestra LAOS (che suona esplicitamente
"il Popolo" – ma è l'acronimo di Allarme Popolare Ortodosso). La
maggior parte dei suoi elettori sono maschi di età tra i 18 e i
35 anni. Il LAOS, quarto partito più votato, ha condotto una
campagna apertamente anti-immigrazione, basata prevalentemente sui temi
dell'identità nazionale, della sicurezza e del controllo sui
migranti. I principali argomenti di questa campagna sono stati che la
Grecia non può sostenere più altri stranieri, che i
migranti sono una minaccia alla sicurezza ed alla coesione nazionale,
criticando gli altri partiti per la mancanza di una reale politica per
prevenire i flussi migratori e deportare i migranti "illegali".
Poiché al momento attuale nessuno dei partiti principali: il
PASOK (primo alle europee) e Nea Dimokratia (al governo) sembra essere
in grado di avere la maggioranza necessaria nelle elezioni nazionali
(che dovrebbero aver luogo nel prossimo ottobre), c'è una ridda
di ipotesi su un'alleanza tra Nea Dimokratia e LAOS.
Ma ciò che conta assai di più è che il ritornello
di punta del LAOS è stato adottato da parecchie istituzioni e
politici trasversalmente allo spettro politico. Ne risulta che ora la
migrazione nei discorsi ufficiali è trattata quasi
esclusivamente seguendo gli slogan del LAOS. Il ministro degli interni
ha annunciato che sta per creare un centro di detenzione migranti alla
periferia di Atene per rinchiudervi tutti gli stranieri illegali e
ripulire il centro della città, mentre tutti quelli
pescati in mare saranno trattenuti in una nave speciale che
fungerà da centro di detenzione in acque internazionali. In un
dibattito televisivo, la ministra agli affari esteri ha proclamato che
il suo partito ha perso perché non si è curato della
sicurezza dei cittadini minacciata dai migranti, mentre un portavoce
dell'opposizione argomentava che la Grecia dovrebbe far pressione sulle
istituzioni dell'Unione Europea ad accettare che i confini greci
debbano essere difesi da forze europee e non solo dalla Grecia,
accollando alla Turchia la responsabilità di tutti questi flussi
illegali. Persino il portavoce dei Verdi ha sostenuto che una vera
politica di "respingimento" deve essere messa in atto per "risolvere il
problema" dei rifugiati a Patrasso – punto di imbarco per chi vuole
arrivare nel Nord Europea via Itali.
Il campeggio presso Lesvos ha avuto quindi più di una
motivazione: contro le nuove politiche imperialiste, contro il sistema
delle frontiere e i metodi del controllo e della repressione, contro la
criminalizzazione della migrazione, contro i centri di detenzione e la
violenza su migranti e rifugiati, contro lo sfruttamento del lavoro dei
migranti.
Per gridare "Basta con le frontiere, basta con la detenzione degli
immigrati" si sono ritrovati in più di mille. Assemblee e azioni
si sono succedute durante la settimana. L'obiettivo era quello, alto,
di chiudere il centro di Pagani, per dare un segnale netto che tutti i
centri di detenzione in Europa devono scomparire. Varie forme di
pressione – diverse manifestazioni, l'occupazione della piazza centrale
di Mytilene, uno sciopero della fame congiunto con i prigionieri, il
blocco del porto di Mitilene, azioni di disturbo alle motovedette -
hanno ottenuto qualche parziale obiettivo: 200 migranti sono stati
rilasciati e alcuni afghani appena sbarcati sono riusciti a evitare la
detenzione.
Piccoli segnali della necessità di lotte internazionaliste che
portino alla chiusura dei centri di detenzione e al collasso di tutto
il criminale "sistema di difesa" europeo.
Blog del campeggio antirazzista
http://lesvos09.antira.info
A. Soto