Umanità Nova, n.31 del 13 settembre 2009, anno 89

Meno soldi più sfruttamento


Maurizio Sacconi ha utilizzato il meeting di Comunione e Liberazione (una CL ormai spaccata) per annunciare alcune linee d'intervento per l'autunno. Particolare rilievo ha avuto la questione delle "gabbie salariali".  Dopo le "provocazioni" di Bossi e le reazioni delle "parti sociali" il contorno della questione è abbastanza delineato. La stessa CGIL che svolge il ruolo del "bastian contrario" ha, sostanzialmente, accettato il quadro della contrattazione, rivendicando l'estensione "universale" della "contrattazione di secondo livello".
Le argomentazioni di Sacconi non lasciavano margine. O le parti sociali accettavano l'accordo di gennaio o non ci sarebbe stato sgravio fiscale sulle quote di salario eccedenti il minimo tabellare.
Lasciando aperto, per il tavolo di trattativa, il quanto, oggi fissato ad un 10% dell'IRPEF relativa e conseguente, ulteriore, riduzione del costo dell'IRAP.
Questa mossa ha rotto l'asse  CGIL-Confindustria che metteva in discussione, appunto, l'accordo di gennaio siglato, in un quadro anti-concertativo, con CISL-UIL-UGL. La Confindustria in versione Marcegaglia dà, assieme a CGIL, una lettura della crisi "pessimistica"; ne consegue che la rivendicazione maggiore (ancora una volta in sintonia con il sindacato guidato da Epifani) sia quella dei fondi per la cassa integrazione. La linea del governo e degli "ottimisti" è invece quella di spingere per una ulteriore  flessibilizzazione del lavoro subordinato; appecorare i lavoratori è – assieme ai miliardi regalati alla speculazione – un incentivo alla "ripresa".
La lettura del "socialista" Sacconi si tiene su questi toni, ma converge, nella sostanza, con la lettura discriminatoria del nazionalista Bossi. Differenziare ulteriormente i salari.
Come argomentato, in questo caso all'unisono, da Marcegaglia, Epifani, Bonanni e Angeletti, i salari differenziati sono una realtà. Vi sono le note differenziazioni di categoria, vi è la crescita di importanza della quota di salario di "secondo livello" (quello delle contrattazioni aziendali) ma, in molte categorie (soprattutto dei servizi che svolgono le attività esternalizzate) vi sono le contrattazioni provinciali che portano a differenziali sulle tariffe minime anche dell'ordine del 15%.
Abbiamo così persone che pur facendo lo stesso lavoro possono avere retribuzioni differenziate anche di un terzo; magari all'interno della stessa struttura produttiva.
E' evidente come queste quote di differenziazione stimolino la lotta fra poveri sbrecciando la composizione materiale della classe lavoratrice; questo si somma, poi, alle altre norme, leggi e istituiti contrattuali che vedono il 20% della classe operaia (gli immigrati) al minimo dei minimi sia da un punto di vista retributivo che normativo.
L'ulteriore affondo governativo tende a dare un quadro della contrattazione nel quale la solidarietà sia completamente bandita. A questo punto la segmentazione del mondo del lavoro potrà rappresentare al meglio la piramide sociale facendo introiettare ulteriormente i canoni di questa società basata sullo sfruttamento.
La risposta non dovrebbe fermarsi ad un no alle gabbie salariali, ma ad un rilancio di un processo di emancipazione reale del quale una rivendicazione storica è l'egualitarismo salariale e la garanzia del reddito per tutti.

WS

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti