Trovo che l'intervento di Guido e Pietro nella loro lettera aperta
ai compagni libertari della CUB e dell'USI e, aggiungerei, degli altri
sindacati di base, già pubblicata su queste pagine, sia
stimolante e vorrei portare delle considerazioni per arricchire il
dibattito.
1)- La nascita del sindacalismo di base possiamo datarla negli
anni "92 – "93, anche se delle formazioni erano già presenti,
come risposta alla sterzata concertativa di Cgil-Cisl-Uil nella loro
evoluzione di Sindacato di Stato. Purtroppo, quello del sindacalismo di
base non è stato un percorso all'insegna dell'unità, come
ci si sarebbe auspicati, prevalendo spesso logiche di piccoli poteri,
pur intrecciate a naturali differenze politiche- sindacali, favorendone
la frammentazione. Sicuramente anche questo ha pesato se non si
è riusciti ad essere quella alternativa sindacale con il peso
che ci si aspettava. Ma nonostante tutti i difetti che possiamo
imputare all'arcipelago del sindacato di base, non mi sembra che nella
generalità sia venuto meno lo spirito anticoncertativo che
è stata la sua ragione d'essere. E quando si è verificato
il contrario è stato oggetto di critica e di scandalo.
2)- Quella dell'unità del sindacato di base credo debba essere
una costante da perseguire da parte nostra, cercando di superare gli
ostacoli che si sovrappongono, pur contrastando manovre che perseguono
tale scopo, per motivi strumentali politici, ma senza buttare "il
bambino e l'acqua sporca". L'unità va perseguita perché
esprime l'esigenza dei lavoratori organizzati e dei militanti di base,
i quali il più delle volte sono all'oscuro delle beghe promosse
sopra le proprie teste. L'unità per i lavoratori significa
aumentare notevolmente la possibilità di vincere. Quello che sta
a noi salvaguardare è che l'unità non tradisca i
principi della conflittualità, difendendo l'autonomia e
l'indipendenza e promuovendo l'organizzazione dal basso, ben sapendo
che è un percorso in progressione, irto di ostacoli da superare.
In questo momento, per quanto riguarda il Patto di Base (CUB, Cobas,
SdL) si sta vivendo una situazione schizofrenica: da una parte si
continua a sperimentare tale livello di coordinazione, dall'altra ci
sono profondissimi contrasti all'interno di singole componenti fin alla
possibilità di rottura, come nel caso della CUB privata ed RdB
del pubblico (una differenziazione molto approssimativa perché
parti del privato e del pubblico coesistono all'interno dei due
schieramenti).
Ma tutto questo non ci deve far gettare la spugna: come prima c'era chi
leggeva un percorso di unità segnata da un progetto politico
già definito, ora non dobbiamo rassegnarsi ad inevitabili
frantumazioni. Le cose sono molto più complesse di come a volte
appaiono, perché i fattori in campo sono molteplici. Sta a noi
riannodare i fili nella logica dell'antagonismo e dell'autonomia.
I compagni che come noi si sono trovati all'interno del processo del
Patto di Base da subito sono intervenuti per il suo allargamento ai
sindacati di base non inclusi in questo percorso. E messaggi in tal
senso sono emersi esplicitamente, particolarmente da parte della CUB.
Adesso sta anche a queste componenti raccogliere il segnale e lavorare
per la loro inclusione per allargare il percorso unitario, dal momento
che la piattaforma espressa dal Patto può essere benissimo
condivisa. Le uniche critiche che sono state sollevate è quello
di un programma "troppo ambizioso". Perché nel caso che il Patto
di Base, pur nelle sue profonde contraddizioni del momento,
andrà avanti, i sindacati di base esclusi saranno costretti ad
accodarsi (come nel caso di scioperi generali) o a mettersi in disparte.
3)- In quanto alle scelte fra "onesto minimalismo sindacale o un salto
nel buio verso la generalizzazione di ipotetiche forme di auto
organizzazione dal basso" personalmente, al momento, propendo per la
prima ipotesi, se questo significa sostenere tutte le lotte
conflittuali fin'ora avvenute e promuoverne dove non ci sono ancora,
creandone le condizioni, come mi sembra la strategia adottata fino'ora
nella maggioranza dei casi. Le ipotetiche forme di auto organizzazione
sono un vero e proprio salto nel buio, sia nel caso ci si limiti in una
posizione di semplice attesa, sia che si sviluppi una posizione di
estremo avanguardismo.
Abbandonerò il campo, rispetto al ragionamento di cui sopra,
solo in presenza di lotte radicali ed auto organizzate che non trovino
l'appoggio del sindacato di base o ancor peggio vengano ostacolate.
4)- Sulle strutture cosiddette burocratiche del sindacalismo di base,
anche se minore rispetto agli apparati confederali, come voi stessi
affermate, è un problema che esiste e va affrontato con
un'azione critica, prima che diventi patologico.
5)- Un altro grosso vantaggio che i sindacati confederali hanno nel
mantenere il monopolio sui lavoratori è quello delle leggi e
regole che li avvantaggiano. Al contrario il sindacalismo di base sono
costretti a regole che ne limitano la rappresentanza, quando non viene
riconosciuta affatto. Ma la pratica di queste regole sono delle "forche
caudine" che ne riducono l'efficacia sindacale, ma che anche
rendono tutte le varie organizzazioni sindacali che vi partecipano
molto più omogenee di quello che si pensa, al di fuori di
dichiararsi più o meno riformisti, più o meno
rivoluzionari.
6)- Quello dell'opportunità di un confronto tra libertari e
anarchici impegnati nella militanza sindacale che viene proposto,
magari ponendo qualche paletto, è importante e auspicabile che
avvenga nel più breve tempo possibile.
Enrico Moroni