Umanità Nova, n.31 del 13 settembre 2009, anno 89

Dibattito. Sei punti per discutere


Trovo che l'intervento di Guido e Pietro nella loro lettera aperta ai compagni libertari della CUB e dell'USI e, aggiungerei, degli altri sindacati di base, già pubblicata su queste pagine, sia stimolante e vorrei portare delle considerazioni per arricchire il dibattito.
1)- La nascita del sindacalismo  di base possiamo datarla negli anni "92 – "93, anche se delle formazioni erano già presenti, come risposta alla sterzata concertativa di Cgil-Cisl-Uil nella loro evoluzione di Sindacato di Stato. Purtroppo, quello del sindacalismo di base non è stato un percorso all'insegna dell'unità, come ci si sarebbe auspicati, prevalendo spesso logiche di piccoli poteri, pur intrecciate a naturali differenze politiche- sindacali, favorendone la frammentazione. Sicuramente anche questo ha pesato se non si è riusciti ad essere quella alternativa sindacale con il peso che ci si aspettava. Ma nonostante tutti i difetti che possiamo imputare all'arcipelago del sindacato di base, non mi sembra che nella generalità sia venuto meno lo spirito anticoncertativo che è stata la sua ragione d'essere. E quando si è verificato il contrario è stato oggetto di critica e di scandalo.
2)- Quella dell'unità del sindacato di base credo debba essere una costante da perseguire da parte nostra, cercando di superare gli ostacoli che si sovrappongono, pur contrastando manovre che perseguono tale scopo,  per motivi strumentali politici, ma senza buttare "il bambino e l'acqua sporca". L'unità va perseguita perché esprime l'esigenza dei lavoratori organizzati e dei militanti di base, i quali il più delle volte sono all'oscuro delle beghe promosse sopra le proprie teste. L'unità per i lavoratori significa aumentare notevolmente la possibilità di vincere. Quello che sta a noi salvaguardare è che l'unità  non tradisca i principi della conflittualità, difendendo l'autonomia e l'indipendenza e promuovendo l'organizzazione dal basso, ben sapendo che è un percorso in progressione, irto di ostacoli da superare. In questo momento, per quanto riguarda il Patto di Base (CUB, Cobas, SdL) si sta vivendo una situazione schizofrenica: da una parte si continua a sperimentare tale livello di coordinazione, dall'altra ci sono profondissimi contrasti all'interno di singole componenti fin alla possibilità di rottura, come nel caso della CUB privata ed RdB del pubblico (una differenziazione molto approssimativa perché parti del privato e del pubblico coesistono all'interno dei due schieramenti).
Ma tutto questo non ci deve far gettare la spugna: come prima c'era chi leggeva un percorso di unità segnata da un progetto politico già definito, ora non dobbiamo rassegnarsi ad inevitabili frantumazioni. Le cose sono molto più complesse di come a volte appaiono, perché i fattori in campo sono molteplici. Sta a noi riannodare i fili nella logica dell'antagonismo e dell'autonomia.
I compagni che come noi si sono trovati all'interno del processo del Patto di Base da subito sono intervenuti per il suo allargamento ai sindacati di base non inclusi in questo percorso. E messaggi in tal senso sono emersi esplicitamente, particolarmente da parte della CUB. Adesso sta anche a queste componenti raccogliere il segnale e lavorare per la loro inclusione per allargare il percorso unitario, dal momento che la piattaforma espressa dal Patto può essere benissimo condivisa. Le uniche critiche che sono state sollevate è quello di un programma "troppo ambizioso". Perché nel caso che il Patto di Base, pur nelle sue profonde contraddizioni del momento, andrà avanti, i sindacati di base esclusi saranno costretti ad accodarsi (come nel caso di scioperi generali) o a mettersi in disparte.
3)- In quanto alle scelte fra "onesto minimalismo sindacale o un salto nel buio verso la generalizzazione di ipotetiche forme di auto organizzazione dal basso" personalmente, al momento, propendo per la prima ipotesi, se questo significa sostenere tutte le lotte conflittuali fin'ora avvenute e promuoverne dove non ci sono ancora, creandone le condizioni, come mi sembra la strategia adottata fino'ora nella maggioranza dei casi. Le ipotetiche forme di auto organizzazione sono un vero e proprio salto nel buio, sia nel caso ci si limiti in una posizione di semplice attesa, sia che si sviluppi una posizione di estremo avanguardismo.
Abbandonerò il campo, rispetto al ragionamento di cui sopra, solo in presenza di lotte radicali ed auto organizzate che non trovino l'appoggio del sindacato di base o ancor peggio vengano ostacolate.
4)- Sulle strutture cosiddette burocratiche del sindacalismo di base, anche se minore rispetto agli apparati confederali, come voi stessi affermate,  è un problema che esiste e va affrontato con un'azione critica, prima che diventi patologico.
5)- Un altro grosso vantaggio che i sindacati confederali hanno nel mantenere il monopolio sui lavoratori è quello delle leggi e regole che li avvantaggiano. Al contrario il sindacalismo di base sono costretti a regole che ne limitano la rappresentanza, quando non viene riconosciuta affatto. Ma la pratica di queste regole sono delle "forche caudine"  che ne riducono l'efficacia sindacale, ma che anche rendono tutte le varie organizzazioni sindacali che vi partecipano molto più omogenee di quello che si pensa, al di fuori di dichiararsi più o meno riformisti, più o meno rivoluzionari.
6)- Quello dell'opportunità di un confronto tra libertari e anarchici impegnati nella militanza sindacale che viene proposto, magari ponendo qualche paletto, è importante e auspicabile che avvenga nel più breve tempo possibile.

Enrico Moroni

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