A cura della
Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
bel-lavoro@federazioneanarchica.org
Due membri della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica
Milanese-FAI si sono oggi recati presso lo stabilimento della ESAB
Saldature di Mesero, provincia di Milano, ed hanno consegnato nelle
mani dei lavoratori il seguente comunicato:
"La Commissione Lavoro della
Federazione Anarchica Milanese-F.A.I. esprime la propria
solidarietà e vicinanza alle lavoratrici e ai lavoratori, alle
loro famiglie e ai delegati sindacali della FLMUniti-C.U.B. impegnati
nella salvaguardia del proprio posto di lavoro alla Esab Saldatura di
Mesero (MI). Solo il conflitto, la lotta e il diretto protagonismo
della classe lavoratrice può essere garanzia di vittoria nello
scontro con la classe padronale.
Milano 4 settembre 2009"
L'autunno tanto paventato non è ancora alle porte, ma
già ora si inizia a vedere come i primi nodi, temuti e
annunciati da tempo, siano arrivati al pettine. E di nodi in attesa di
soluzione ce ne sono purtroppo molti, creati sia dalla crisi economica
che, ad esempio, dalla riforma scolastica della ministra Gelmini. In
questo frangente, mentre governo ed opposizione sono alle prese con
questioni concordemente ritenute molto più importanti, alcuni
gruppi di lavoratori e lavoratrici, alle prese con un ceto sindacale
abituato da anni ad "aprire tavoli di concertazione" e che per
costituzione non é avvezzo a forme di lotta che esulino da
quelle tanto "soft" quanto spesso inutili, danno vita a una reazione
disperata per tentare di difendere il posto di lavoro. Sempre
più ricorrono a nuove forme di lotta sull'esempio di quella
portata avanti alla INNSE Presse di Lambrate. Riguardo alla quale
è bene precisare come il risultato raggiunto non sia sicuramente
solo frutto dell'evento mediatico rappresentato dalla salita sulla gru
dei cinque lavoratori negli ultimi otto giorni, ma sia il risultato
della compattezza e tenacia di una lotta durata quattordici mesi, di
cui otto in autogestione e gli altri passati davanti ai cancelli,
giorno e notte, respingendo gli attacchi della polizia per impedire
l'uscita dei macchinari. Ma andiamo con ordine.
Il 10 agosto sette operai della Cim, una ditta di materiali per
l'edilizia di Marcellina, piccolo paese in provincia di Roma, sono
saliti su una torre di lavorazione alta circa 50 metri. Protestano
contro la possibile chiusura dell'azienda, che avrebbe dovuto cambiare
sede perché sorge su un terreno comunale in vendita. Sono scesi
tre giorni dopo, quando il comune ha sospeso l'ordinanza di sgombero
del terreno pubblico
Il 25 agosto sette lavoratori all'interno dei cantieri navali di
Pesaro si arrampicano su due delle gru del porto e avviano una
trattativa via cellulare attraverso l'intervento di un collega di
lavoro che è rimasto in basso. I sette, provenienti da diverse
città italiane, sono dipendenti della cooperativa Cobrin di
Brindisi che opera nella cantieristica e dalla quale reclamano il
pagamento delle ultime mensilità, non ancora saldate. Solo alle
17, ottenute le assicurazioni richieste, i sette scendono a terra.
Il 25 Agosto: alla vicenda della Lasme di S. Nicola di Melfi,
dove 174 lavoratori erano stati messi in mobilità (vedi
UN. n.30) sette operai salgono sul tetto dell'azienda, mentre gli altri
la occupano, per bloccare l'uscita dei macchinari.
Con la riapertura delle scuole si apre poi la questione degli
insegnanti precari "tagliati" dalla riforma della Gelmini, circa
17.000. A Benevento sette insegnanti sono salite sul tetto del
Provveditorato. "Faremo come gli operai dell'Innse, scenderemo da qui
solo quando avremo una risposta concreta contro i licenziamenti e la
disoccupazione", ha affermato una delle insegnanti durante il concerto
di Francesco De Gregori. Nello stesso giorno, a Caserta, marito e
moglie rimasti senza posto di lavoro hanno scavalcato una finestra
dell'ufficio scolastico provinciale minacciando di lanciarsi nel vuoto,
mentre a Trapani un gruppo di insegnanti ha occupato per alcune ore i
locali dell'Uso e a Venezia si è svolto un sit-in di docenti e
Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari). A Palermo, due assistenti
tecnici (di laboratorio) rimasti senza contratto hanno iniziato uno
sciopero della fame. "Non molleremo fino a quando non avremo risposte".
A Roma un gruppo di lavoratori precari ha occupato l'Ufficio scolastico
provinciale. Il 3 settembre si è svolto un presidio di precari
della scuola davanti alla sede del Ministero della pubblica istruzione.
A Milano otto insegnanti precari, rimasti senza lavoro (si calcola che
saranno 2500 le cattedre soppresse nel capoluogo e 5000 in Lombardia;
quasi altrettanti saranno i bidelli e gli impiegati di segreteria a
rimaneresenza lavoro) si sono incatenati per protesta davanti al
provveditorato con il sostegno della rete "3 ottobre", nata durante le
lotte dell'Onda studentesca. Sabato 5 settembre si è svolta una
manifestazione cittadina a sostegno delle loro rivendicazioni.
143 i dipendenti totali, 85 in mobilità: per tanti operai
della Esab Saldatura, fabbrica del milanese, lo scorso 24 giugno inizia
un vero e proprio calvario, con tutto il corollario di preoccupazioni
per un destino lavorativo che pare ben presto avviato verso la
dismissione della fabbrica. Una lunga serie di trattative coinvolgono
prima la regione Lombardia e poi direttamente il Ministero delle
attività produttive, ma producono risultati alterni: promesse
che riaccendono le speranze, passi indietro che riportano la
disperazione. Alla fine di agosto appare sempre più evidente che
la casa madre britannica è intenzionata a dire no alla proposta
messa in campo dai lavoratori, supportati dalla CUB: trasformare la
mobilità in cassa integrazione. Ma per fortuna, e sempre
più spesso, la voglia di lottare e reagire diventa più
forte della passività e della rassegnazione. Decisi a difendere
il loro lavoro ed il loro futuro, lo scorso 2 settembre, sei operai
salgono sui tetti della fabbrica e, mentre un combattivo presidio fa
loro da supporto, decidono di continuare da lì la loro lotta e
la loro protesta. Un bel segnale e un bell'esempio che fanno ben
sperare per il futuro: i padroni e la rassegnazione sono alleati e
vanno combattuti assieme e con la stessa determinazione.
"La lotta di classe riparte dalla INNSE", è il testo di un
grosso striscione apparso durante la partita domenicale nello stadio di
Livorno.
Da tempo le autorità economiche cinesi, tanto centrali quanto
locali, stanno procedendo nella cessione a mani private di
società possedute dallo stato, sia per fare cassa in tempi di
crisi, sia per disfarsi di aziende ritenute non più adeguate
quanto ad impianti e tecnologie. La ovvia conseguenza è che
migliaia e migliaia di lavoratori che finora godevano della cosiddetta
"ciotola di ferro piena di riso" rischiano ora di trovarsi dalla sera
alla mattina senza alcun mezzo di sostentamento, senza pensione
né sostegno al reddito se non si vuole considerare la somma pari
a circa 200/300 euro che a volte viene elargita una tantum. I
lavoratori delle acciaierie della provincia di Henan nel mese di agosto
hanno così seguito l'esempio dei loro colleghi di Jilin, dove
30.000 lavoratori della Tonghua Steel sono stati coinvolti nella
più sanguinosa rivolta contro l'ennesima privatizzazione. Per la
seconda volta nel giro di un mese i lavoratori di Henan hanno costretto
le autorità locali a sospendere la privatizzazione di un'
acciaieria locale. Circa 3.000 lavoratori hanno infatti occupato gli
impianti della società di stato Linzhou Steel Corporation,
situata nella parte centrale della provincia, per opporsi alla cessione
dell'azienda alla Fengbao Iron & Steel, una delle tante aziende
private che stanno facendo incetta di aziende messe all'asta a prezzi
stracciati.
L'occupazione ha avuto luogo dall'11 al 15 agosto quando, dopo
l'inutile tentativo della polizia di liberare gli impianti, il
governatore locale è dovuto scendere a più miti consigli
e ha sospeso l'intera operazione.
Considerando che l'intera operazione di privatizzazione delle aziende
statali coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori in tutte le
province cinesi, con esito sempre più dubbio vista la disperata
resistenza dei lavoratori ed in tempi di crisi economica, non pochi
iniziano a nutrire dubbi sulla reale riuscita dell'intera operazione.