Umanità Nova, n.32 del 20 settembre 2009, anno 89

informAzione - 1


Modena. Libera censurata

Gli organizzatori della 3 giorni Sound and words festival "associazioni unite in concerto" che si è svolta a San Prospero di Modena l'11-12 e 13 settembre volevano esporre la mostra sullo sgombero di Libera, volevano il banchetto di libri di Libera e un intervento di Libera dal palco, cosa che abbiamo annunciato per mail a più di 1.500 contatti.
La mostra sullo sgombero di Libera è già stata esposta in circoli e birrerie, il banchetto di libri di Libera ad agosto era presente alla Festa della Libertà di Zocca, è stato esposto a Parma e tante volte a Modena lungo la via Emilia e di interventi da vari palchi Libera ne ha fatti parecchi.
A San Prospero invece è iniziato uno stillicidio di pressioni e ricatti sugli organizzatori perché avere quelli di Libera diventava un problema di ordine pubblico. Non sappiamo bene cosa sia successo ma è facile immaginarlo.
Conosciamo bene i metodi di carabinieri e polizia che come al tempo del fascismo decidono quale è la "libertà obbligatoria" che i cittadini possono avere. Il divieto a Libera è stata volontà diretta della prefettura? É intervenuta qualche forza politica? L'unica cosa che sembrava imprescindibile è che Libera non fosse presente.
Il tentativo messo in atto è quello di isolarci dal corpo sociale, far capire che chi si muove con Libera rischia, esattamente come durante il fascismo. La solidarietà attorno a noi è tanta e tanti sono quelli che si muovono con noi. Invitiamo i gruppi, le associazioni ad esporre la mostra sullo sgombero e a invitarci col banchetto alle proprie iniziative.
Ci sembra quasi scontato ribadirlo, si comincia con noi e si arriva a tutta la società.
Abbiamo deciso di non dire nulla fino alla fine della festa per non mettere in difficoltà gli organizzatori che dimostrando da che parte stanno ci avevano invitato caldamente a partecipare, chiediamo ai nostri solidali di vegliare su quanto sta accadendo a Modena e di essere pronti a darci una mano per reggere gli attacchi dei nuovi fascisti.

Libera

Questa è una traccia dell'intervento che Colby avrebbe fatto dal palco.
"Libera era uno spazio autogestito libertario/anarchico con un forte progetto ecologico che aveva sede nelle campagne di Marzaglia Nuova a Modena. Dopo otto anni di vita è stato sgomberato dal Comune di Modena l'8 agosto 2008 per far posto ad un autodromo. I primi 3 anni sono stati dedicati alla ristrutturazione della cascina, al rifacimento dei tetti, alla riattivazione dei pozzi e all'organizzazione di eventi per risocializzare in modo non mercificato un tessuto sociale di fatto escludente.
La gioia, la comunicazione, la sperimentazione e la diffusione di ideali di libertà sono sempre stati il filo conduttore di tutte le iniziative.
Gli altri 5 anni purtroppo li abbiamo vissuti sotto sgombero sapendo che opponendoci ai progetti di speculazione avremmo perso tutto.
Nonostante questo abbiamo continuato a costruire il nostro legame ecologico col territorio circostante, abbiamo montato i pannelli solari e attivato 2 grossi orti biologici, abbiamo piantato più di 300 alberi da fusto e da frutta e assieme a Luigi Veronelli un vitigno scomparso: la termarina rossa.
Anche l'abitazione collettiva oltre che a sperimentare nuove forme di  relazione era impostata sul risparmio energetico, faccio un solo esempio: avevamo una sola lavatrice (distrutta nello sgombero) per 15 persone. In alcuni momenti la solidarietà dei cittadini, degli studenti, dei gruppi ambientalisti e di tanti libertari è stata talmente alta che abbiamo pensato di vincere e di poter continuare la nostra storia in quei luoghi.
L'8 agosto del 2008 purtroppo è avvenuto lo sgombero e dopo 15 minuti dall'ultimo Libero estratto con la forza l'apparato comunale ha distrutto tutto con tutto dentro. Un anno dopo lo sgombero sono pure arrivate quattro denunce a chi si è opposto a quello scempio. Io credo che la lotta ecologista di Libera abbia vinto, abbia dimostrato che la dignità di chi si oppone a questo modello di "sviluppo" non possa essere comprata o barattata col solito compromesso, credo che Libera abbia dato molta forza e rafforzato chi crede che si possa sconfiggere la logica dello sfruttamento e del profitto.
Non possiamo lasciare il mondo in mano alle multinazionali e ai cementificatori, il futuro deve essere delle popolazioni e noi siamo parte di esse, noi siamo il futuro."

Colby

Torino. Occupata la Croce Rossa

Martedì 8 settembre. In via Bologna, al 171, c'è la sede della Croce Rossa. Un'organizzazione umanitaria che gestisce il CIE di Torino e tanti altri in Italia. Anche a Torino, intorno a ferragosto, i prigionieri si sono ribellati alla nuova legge che estende la reclusione da due a sei mesi.
Il cortile della CRI, intorno alle 20,30 è occupato da un folto gruppo di antirazzisti.
La digos arriva in forze, il cancello si chiude, separando gli antirazzisti dentro da quelli fuori. Sopraggiungono anche gli uomini dell'antisommossa, infilano il casco, agguantano gli scudi e brandiscono i manganelli.
L'aria si fa pesante. Poi di colpo cala la tensione e il cancello si apre.
Qualche sedia, un megafono, roba da bere e da mangiare, ed è subito assemblea. Un'assemblea sui CIE, su quest'estate di rivolta e resistenza nelle gabbie per immigrati, sulla solidarietà a chi lotta.
In fondo al cortile c'è l'aula dove aspiranti volontari seguono un corso. Gli antirazzisti vorrebbero entrare, raccontare le storie del CIE, di una prigione per senza carte, uomini e donne, colpevoli di essere nati nel posto sbagliato, là dove guerra e povertà si rubano la vita di tanti, di troppi. Gabbie dove soprusi e violenze sono il pane quotidiano per gli immigrati rinchiusi sino alla deportazione verso la fame, la prigionia, la ferocia dei mercanti d'uomini.
Davanti all'aula si schiera la celere. Poi esce un responsabile della CRI e offre ad una delegazione di tre la possibilità di entrare a fine lezione.
L'assemblea continua nel cortile della CRI. Si intrecciano i racconti, le storie di resistenza. Come a Milano, dove in 14 sono alla sbarra per la rivolta di agosto. Ma non sono soli, perché il processo a loro carico si sta trasformando in un atto di accusa contro i loro carcerieri. Anche lì, in via Corelli a Milano, sono uomini della Croce Rossa.
A fine lezione una compagna entra nell'aula, legge la testimonianza di un recluso di Ponte Galeria, ricorda le responsabilità della CRI e invita tutti ad unirsi al confronto che continua nel cortile. Qualcuno protesta, altri annuiscono, tutti salutano e ringraziano. Ma solo pochi si fermano all'assemblea, che presto si rompe in tanti capannelli. Frammenti di dialogo e muri di incomprensione si frammischiano.
Il responsabile della CRI, tale Mura, nega ogni responsabilità, sostiene che loro quel lavoro lo fanno meglio di altri. Gli stessi argomenti usati da Mauro Maurino del consorzio Connecting People, in gara per la gestione del CIE di Torino, quando la scorsa primavera gli venne occupato l'ufficio.
Gli aguzzini si somigliano un po' tutti.
Gli antirazzisti se ne vanno gridando "vergogna".
Il giorno successivo la CGIL Funzione Pubblica emette un comunicato di solidarietà ai lavoratori della CRI, che "garantiscono l'assistenza sanitaria alle centinaia di esseri umani rinchiusi, in condizioni insopportabili, in centri che sono sempre più simili a campi di concentramento." Chi sa se quelli della CGIL sanno che la CRI questi "campi" li gestisce e ci guadagna. Chi sa se quelli della CGIL hanno ascoltato dieci anni di testimonianze di soprusi, insulti, botte, cure negate. Chi sa se quelli della CGIL sanno di Hassan, morto di polmonite nel CIE di Torino il 23 maggio 2008, perché "operatori umanitari" gli avevano negato le cure. Chi sa se quelli della CGIL sanno che dell'operato della CRI nei CIE di via Mattei a Bologna si è occupata persino la magistratura, che ha emesso una condanna verso chi metteva nella minestra psicofarmaci al posto del sale?
Chi chiude gli occhi, chi tace, chi spara sul governo ma non sulla Croce Rossa, è complice degli aguzzini.

M. M. 

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