Umanità Nova, n.33 del 27 settembre 2009, anno 89

Gulag americano


Quotidiani, periodici, televisione, blog e molta dell'informazione su internet ci bombardano da anni con la retorica della sicurezza. Al di là e contro ogni evidenza statistica, la "sicurezza", intesa nel suo senso fisico e mai nei termini di sicurezza esistenziale (salariale, sociale, ambientale, medica, educativa ecc.) è obiettivo prioritario di qualunque schieramento di governo.
Un'enfasi penale – potremmo chiamarla - che prova continuamente ad ammorbarci di un nuovo senso comune, penale anch'esso, di criminalizzazione della miseria che sperimentata negli Stati Uniti ha contagiato il mondo, stivale compreso.
 Negli USA il "rigore penale" degli ultimi tre decenni ha implicato una crescita inarrestabile di quel che in maniera appropriata è stato denominato "l'universo concentrazionario", o ancora "il più grande esperimento di imprigionamento di massa dai tempi di Stalin". Una dinamica, questa, che non conosce soste e che mostra dati impressionanti. Su trecento milioni di abitanti che abitano il territorio statunitense circa un milione e seicentomila carcerati riempiono le prigioni statali e federali (trent'anni fa erano duecentomila), ottocentomila quelle locali (cinquecentomila sono in attesa di giudizio), e più di centomila minori popolano i riformatori (30.000 sono nelle carceri per adulti).    
Un totale di 2,5 milioni di persone in prigione: un carcerato ogni 120 abitanti, con un tasso di detenzione di 833 per 100.000; ma, se aggiungiamo ai 2,5 milioni in prigione i 5,2 milioni che sono in libertà vigilata ("probation e parole"), arriviamo a un condannato ogni 40 abitanti (2,5 per cento). 100.000 sono i detenuti in isolamento, 3.300 quelli nel braccio della morte. Gli ergastolani sono 140.000 (di cui 7.000 minorenni). Un terzo non ha la possibilità di rilascio sulla parola e di questi 2-3.000 erano minorenni al momento del crimine (alcuni di 13 e 14 anni).
Dall'età di Reagan in poi - senza soluzione di continuità tra governi democratici e repubblicani – il mantenimento dell'ordine pubblico secondo la parola d'ordine "tolleranza zero" è via via cresciuto sino a diventare pressoché l'unico modo per contenere e reprimere le diseguaglianze sociali.
Così le galere strabordano di uomini  e donne: un adulto americano ogni cento è dietro le sbarre e per i maschi neri si arriva a uno ogni nove. Metà dei carcerati sono neri, neri che formano il 13% della popolazione. Se contiamo i 5,2 milioni in libertà vigilata siamo a un adulto ogni 31 sotto contenzione penale.  
Proprio la politica della tolleranza zero "nata americana" e ben presto globalizzata, ha inasprito le politiche penali nei confronti dei neri, in quanto ancora rappresentanti gli strati più bassi della società – considerandoli come obbiettivi delle proprie politiche.
Se il tasso d'incarcerazione per i bianchi è di 409 per 100.000, per i neri è di sei volte tanto (2.468). Se si escludono le donne e si considerano i maschi bianchi il tasso sale a 736 mentre per i neri arriva a 4.789, ma in molti stati supera abbondantemente quota 10.000. Le donne detenute sono 200.000, spesso si ha notizia di una di loro costretta a partorire ammanettata mani e piedi e frequenti sono le violenze sessuali.
In un quarto degli Stati il 10% dei maschi neri adulti è in galera. É risaputo che molti di questi sono in prigione per piccoli reati, spesso legati alla droga; non a caso pur essendo il 13% di chi fa uso di sostanze stupefacenti, i neri sono il 35% degli arrestati per possesso di droga, il 55% dei processati per questo reato e il 75% di quelli che stanno scontando una pena per questo delitto.
 La "grande reclusione", con i suoi numeri da gulag staliniano, colpisce però selettivamente: i poveri, spesso afroamericani e giovani, tanto da potere affermare che per i giovani neri passare un periodo di tempo in prigione è un "rito di passaggio" comparabile al servizio militare obbligatorio. Un terzo dei ventenni di colore è in prigione o in libertà vigilata e il loro tasso d'incarcerazione è di 13.000 per centomila, mentre per i loro coetanei bianchi è di 1.700. Non solo: sono più i ragazzi neri in prigione che quelli all'università.
Per i minorenni considerati come "problematici" la situazione supera le nostre capacità di immaginazione: ogni anno le galere per minori (pubbliche o private) gestiscono 1,6 milioni di casi e almeno 200.000 minori sono processati e condannati come se fossero adulti.
Una ipertrofia del mondo penale all'interno della quale il sistema penitenziario è diventato grande motore economico e fonte di business paragonabile alla General Motors o a Wal-Mart. Ovviamente a spese dei contribuenti. Il prezzo del mantenimento del gulag americano è di 60-70 miliardi di dollari annui e l'intero sistema giudiziario-penale ne costa 200, a discapito del servizio sociale e delle condizioni di detenzione. Il sovraffollamento implica condizioni igienico sanitarie atroci, con altissimi tassi di violenza, stupro e suicidio, tanto che una prigione in Georgia è stata definita da un giudice federale "una nave di schiavi".
A ingrassare tali meccanismi ci pensano le diciottomila polizie americane, che compiono ogni anno 15 milioni di arresti, ovvero 5.000 arresti ogni 100.000 abitanti (5 per cento). 1 milione e 500.000 sono gli arresti per guida in stato di ebbrezza. 2,5 milioni sono gli arresti di minorenni e almeno 500.00 sono bambini sotto i 14 anni. Una massa di procedimenti penali così smisurata in grado di schiacciare qualsiasi sistema giudiziario: non quello americano, salvato dalle infinite possibilità di ricatto e contrattazione che offre il patteggiamento e dimentico di qualunque nozione di  certezza del diritto. I processi con giuria sono stati, nel 2004, appena 155.000 su di un totale di 45 milioni e duecentomila casi giudiziari civili e penali, mentre gli appelli solo 273.000.
Così due milioni e mezzo di persone in prigione, 200.000 in libertà vigilata, 800.000 secondini, più di 5.000 prigioni ben rappresentano la sostanza del gulag americano.
Un sistema concentrazionario che è insieme "discarica della società" e strumento di disciplinamento funzionale all'imposizione di condizioni salariali e di precarietà particolarmente feroci.
La carcerazione di massa da una parte riduce il tasso di disoccupazione, incarcerando i potenziali disoccupati o facendoli diventare poliziotti e carcerieri, dall'altra fa in modo che chi esce dalle galere possa ambire solo a lavori degradati. Perpetua e sviluppa una nuova miseria, urbana e proletaria all'interno di una società sempre più diseguale e gerarchica.

L'articolo è redatto sulla base dello studio "American Gulag 2009" di Claudio Giusti, che ringraziamo sentitamente. I dati sono verificabili al seguente link, dove è leggibile il lavoro completo di Giusti con una bibliografia minima sulla questione [RedB]

http://www.osservatoriosullalegalita.org/09/acom/08ago3/2800giustiusjus.htm

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