Quello che molte volte ci si augura di non sentire, in realtà siamo costretti ad ascoltarlo. Nostro malgrado.
Questo può essere, tutto sommato, piacevole se la frase o il
concetto espressi, per quanto contrastanti con il nostro parere, ci
sembrano degni di interesse e stimolanti per la creazione o la
riconferma di personali convinzioni.
Ma quando le esternazioni risultano essere prive di intelligenza e
piene di una stupidità offensiva, allora credo si debba essere
disposti a ribattere la loro inaccettabilità, nel modo a noi
possibile.
E ancora: le esternazioni potrebbero poi essere perdonate o si potrebbe
giungere ad una chiarificazione con chi le ha espresse, se con questi
si avesse un rapporto di reciproco rispetto.
Ma se la persona che vuole comunicare un proprio pensiero, del tutto
irrispettoso e incondivisibile, non gode della minima stima e inoltre
si dimostra convinto di voler imporre il suo parere come unico punto di
vista plausibile, allora la questione si complica e rischia di
scaturire uno scontro.
Berlusconi è riuscito (come sempre ha fatto e sempre
farà, se non si dà inizio ad una seria ed efficace
"contro-azione"), nell'arco di poche ore, sia a far uscire dalla sua
bocca frasi inammissibili sia ad atteggiarsi come uomo poco stimabile,
nonché e poiché autoritario.
Il fatto è accaduto martedì 15 settembre, in una
trasmissione televisiva di potere, in cui il Presidente del consiglio
è stato capace, in prima serata, e dopo l'abile mossa arrogante
e dispotica di cancellare altri programmi televisivi (cioè
quelli che non avrebbero mandato in onda i suoi messaggi), di "portare
in bella mostra" parole, battute, pensieri e atteggiamenti degni di un
novello duce.
Tanto per cominciare: egli stesso, nella trasmissione, si è
definito "dittatore", con tanto di applauso del pubblico, mentre
leggeva una lettera encomiastica (inviatagli dall'arcivescovo
dell'Aquila), con la quale tentava di ricucire i suoi rapporti con la
chiesa.
È da considerarsi una battuta?
Inoltre si è auto-elogiato di un fatto che non gli appartiene,
ovvero la donazione delle prime case ai terremotati in Abruzzo.
È già stato dichiarato, su diversi giornali e
telegiornali, infatti, che le case di legno arrivate nella regione, non
sono quelle promesse dal capo di governo (4500 abitazioni!),
bensì quelle create da operai trentini grazie ai fondi donati
alla Croce Rossa Italiana.
Continuiamo: nel discorrere di politica, soprattutto quella interna a
casa PdL e in particolare sulla "questione Fini", Berlusconi
"tramortisce" così l'argomento e il suo (ex) braccio destro:
"Non ci sono problemi da parte mia. È una situazione che
è stata evocata dal presidente della Camera. Io non ho problemi
riguardo al funzionamento del Pdl. Ci sono due concezioni diverse in
campo" (Repubblica). Questa frase dimostra, riconfermandolo, un
atteggiamento menefreghista e padronale, degno di chi concepisce, come
il personaggio in questione, la politica e gli argomenti che vi
gravitano attorno come meri strumenti per sanare questioni personali,
senza badare agli ostacoli, evidenti, interni a un partito che
rappresenta una parte di italiani e dovrebbe quindi lavorare nel bene,
se non del paese, almeno di essi. Asserire che una situazione
imbarazzante e difficile all'interno del PdL non esiste e che tutto
funzioni alla perfezione, è un comportamento attribuibile a chi
maschera delle difficoltà o a chi vuole fare sentire, anche ai
colleghi di partito, la sua egemonia. Vuole cioè annichilire
ogni opinione contraria, demonizzandola, facendo intendere che se le
circostanze vanno bene a chi comanda, devono andare bene per tutti. Se
non vanno bene, tutti fanno di tutto per adeguarle al suo volere.
Ma se queste argomentazioni, mi auguro, fanno preoccupare e indignare
un qualunque cittadino-elettore, e fra questi spero facciano dubitare
anche qualche "fervente berlusconiano", per noi anarchici è
ancora più raccapricciante sentire Berlusconi ricordare che di
democrazia interna a Forza Italia "ce n'era fin troppa. Ho sempre detto
che era un partito anarchico" (Repubblica). Anche questa è da
considerarsi una battuta?
Non prendiamoci in giro. Continuando a giudicare "battute" alcune
esternazioni, in attesa che queste vengano poi motivate, modificate o
giustificate, si sta perdonando troppo. Non si sta reagendo. Si sta
partecipando indirettamente a protrarre il potere; a permettere a una
persona di rafforzare la propria autorità sulla società.
È a mio parere corretto incominciare a pensare che, invece,
certe affermazioni vengano fatte perché egli crede veramente e
fieramente in quello che dice. Quindi egli è veramente un
novello dittatore che è riuscito a creare una nuova forma di
dittatura. Quella che controlla e sfrutta senza essere sanguinosa e
opprimente come quella fascista. Ha creato la dittatura mediatica,
dell'informazione e della retorica, che affascina, invaghisce e si
prende gioco degli individui. Ha realizzato un'aurea di perbenismo
dietro cui si cela un sistema politico creato"ad hoc per salvaguardare
i soli interessi personali e di potere.
E credo che egli sia veramente convinto anche quando considera Forza
Italia un partito anarchico. Mi chiedo quale tipo di concezione abbia
Berlusconi dell'anarchia, tanto da considerarla applicabile ad una
realtà autoritaria e ingannatrice; e mi fa paura pensare che
l'unica risposta possibile possa trovarsi dietro a una sua particolare
concezione del pensiero anarchico e della sua attuabilità.
Perché questo vorrebbe dire che egli, con il suo potere
comunicativo/disinformativo sarebbe in grado, se volesse, di convincere
chiunque gli creda a portare avanti, stravolgendolo e mutandolo in
toto, un pensiero che fa della libertà, dell'uguaglianza e della
solidarietà i suoi valori costitutivi e universali. Valori che
né in Berlusconi né nel defunto partito erano visibili. E
mi fa paura pensare pure a cosa possa essere stato ereditato, di
"anarchico", nel PdL. Probabilmente la concezione di comando e di
autorità, però ora rafforzata dalla pubblica
dichiarazione di dittatura. Ecco l'anarchia di Berlusconi.
Cesare Pavese, nell'ultimo romanzo della sua vita, "La luna e i
falò", metteva in bocca a Nuto, personaggio serioso,
insoddisfatto, conoscitore e disprezzatore delle ingiustizie, delle
meravigliose parole: "...Il padrone aizza un cane per interesse, per
restare padrone, ma se i cani non fossero bestie si metterebbero
d'accordo e abbaierebbero addosso al padrone...". Non consideriamoci
"bestie", persone che accettano e non reagiscono. "Abbaiamo" contro al
padrone, con i nostri mezzi. Sempre. Anche quando si tratta di parole.
O "battute".
Luca Lattuada