Umanità Nova, n.33 del 27 settembre 2009, anno 89

Cavaliere a briglie sciolte


Quello che molte volte ci si augura di non sentire, in realtà siamo costretti ad ascoltarlo. Nostro malgrado.
Questo può essere, tutto sommato, piacevole se la frase o il concetto espressi, per quanto contrastanti con il nostro parere, ci sembrano degni di interesse e stimolanti per la creazione o la riconferma di personali convinzioni.
Ma quando le esternazioni risultano essere prive di intelligenza e piene di una stupidità offensiva, allora credo si debba essere disposti a ribattere la loro inaccettabilità, nel modo a noi possibile.
E ancora: le esternazioni potrebbero poi essere perdonate o si potrebbe giungere ad una chiarificazione con chi le ha espresse, se con questi si avesse un rapporto di reciproco rispetto.
Ma se la persona che vuole comunicare un proprio pensiero, del tutto irrispettoso e incondivisibile, non gode della minima stima e inoltre si dimostra convinto di voler imporre il suo parere come unico punto di vista plausibile, allora la questione si complica e rischia di scaturire uno scontro.  
Berlusconi è riuscito (come sempre ha fatto e sempre farà, se non si dà inizio ad una seria ed efficace "contro-azione"), nell'arco di poche ore, sia a far uscire dalla sua bocca frasi inammissibili sia ad atteggiarsi come uomo poco stimabile, nonché e poiché autoritario.
Il fatto è accaduto martedì 15 settembre, in una trasmissione televisiva di potere, in cui il Presidente del consiglio è stato capace, in prima serata, e dopo l'abile mossa arrogante e dispotica di cancellare altri programmi televisivi (cioè quelli che non avrebbero mandato in onda i suoi messaggi), di "portare in bella mostra" parole, battute, pensieri e atteggiamenti degni di un novello duce.
Tanto per cominciare: egli stesso, nella trasmissione, si è definito "dittatore", con tanto di applauso del pubblico, mentre leggeva una lettera encomiastica (inviatagli dall'arcivescovo dell'Aquila), con la quale tentava di ricucire i suoi rapporti con la chiesa.
È da considerarsi una battuta?
Inoltre si è auto-elogiato di un fatto che non gli appartiene, ovvero la donazione delle prime case ai terremotati in Abruzzo. È già stato dichiarato, su diversi giornali e telegiornali, infatti, che le case di legno arrivate nella regione, non sono quelle promesse dal capo di governo (4500 abitazioni!), bensì quelle create da operai trentini grazie ai fondi donati alla Croce Rossa Italiana.
Continuiamo: nel discorrere di politica, soprattutto quella interna a casa PdL e in particolare sulla "questione Fini", Berlusconi "tramortisce" così l'argomento e il suo (ex) braccio destro: "Non ci sono problemi da parte mia. È una situazione che è stata evocata dal presidente della Camera. Io non ho problemi riguardo al funzionamento del Pdl. Ci sono due concezioni diverse in campo" (Repubblica). Questa frase dimostra, riconfermandolo, un atteggiamento menefreghista e padronale, degno di chi concepisce, come il personaggio in questione, la politica e gli argomenti che vi gravitano attorno come meri strumenti per sanare questioni personali, senza badare agli ostacoli, evidenti, interni a un partito che rappresenta una parte di italiani e dovrebbe quindi lavorare nel bene, se non del paese, almeno di essi. Asserire che una situazione imbarazzante e difficile all'interno del PdL non esiste e che tutto funzioni alla perfezione, è un comportamento attribuibile a chi maschera delle difficoltà o a chi vuole fare sentire, anche ai colleghi di partito, la sua egemonia. Vuole cioè annichilire ogni opinione contraria, demonizzandola, facendo intendere che se le circostanze vanno bene a chi comanda, devono andare bene per tutti. Se non vanno bene, tutti fanno di tutto per adeguarle al suo volere.
Ma se queste argomentazioni, mi auguro, fanno preoccupare e indignare un qualunque cittadino-elettore, e fra questi spero facciano dubitare anche qualche "fervente berlusconiano", per noi anarchici è ancora più raccapricciante sentire Berlusconi ricordare che di democrazia interna a Forza Italia "ce n'era fin troppa. Ho sempre detto che era un partito anarchico" (Repubblica). Anche questa è da considerarsi una battuta?
Non prendiamoci in giro. Continuando a giudicare "battute" alcune esternazioni, in attesa che queste vengano poi motivate, modificate o giustificate, si sta perdonando troppo. Non si sta reagendo. Si sta partecipando indirettamente a protrarre il potere; a permettere a una persona di rafforzare la propria autorità sulla società.
È a mio parere corretto incominciare a pensare che, invece, certe affermazioni vengano fatte perché egli crede veramente e fieramente in quello che dice. Quindi egli è veramente un novello dittatore che è riuscito a creare una nuova forma di dittatura. Quella che controlla e sfrutta senza essere sanguinosa e opprimente come quella fascista. Ha creato la dittatura mediatica, dell'informazione e della retorica, che affascina, invaghisce e si prende gioco degli individui. Ha realizzato un'aurea di perbenismo dietro cui si cela un sistema politico creato"ad hoc per salvaguardare i soli interessi personali e di potere.
E credo che egli sia veramente convinto anche quando considera Forza Italia un partito anarchico. Mi chiedo quale tipo di concezione abbia Berlusconi dell'anarchia, tanto da considerarla applicabile ad una realtà autoritaria e ingannatrice; e mi fa paura pensare che l'unica risposta possibile possa trovarsi dietro a una sua particolare concezione del pensiero anarchico e della sua attuabilità. Perché questo vorrebbe dire che egli, con il suo potere comunicativo/disinformativo sarebbe in grado, se volesse, di convincere chiunque gli creda a portare avanti, stravolgendolo e mutandolo in toto, un pensiero che fa della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà i suoi valori costitutivi e universali. Valori che né in Berlusconi né nel defunto partito erano visibili. E mi fa paura pensare pure a cosa possa essere stato ereditato, di "anarchico", nel PdL. Probabilmente la concezione di comando e di autorità, però ora rafforzata dalla pubblica dichiarazione di dittatura. Ecco l'anarchia di Berlusconi.
Cesare Pavese, nell'ultimo romanzo della sua vita, "La luna e i falò", metteva in bocca a Nuto, personaggio serioso, insoddisfatto, conoscitore e disprezzatore delle ingiustizie, delle meravigliose parole: "...Il padrone aizza un cane per interesse, per restare padrone, ma se i cani non fossero bestie si metterebbero d'accordo e abbaierebbero addosso al padrone...". Non consideriamoci "bestie", persone che accettano e non reagiscono. "Abbaiamo" contro al padrone, con i nostri mezzi. Sempre. Anche quando si tratta di parole. O "battute".

Luca Lattuada

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