A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
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Dal 9 settembre scorso, alle 4,30 del mattino, la raffineria ENI di
Stagno (Livorno) è bloccata dai dipendenti che presidiano
l'ingresso impedendo l'entrata alle autobotti e a nulla è valso
l'intervento della digos locale che a più riprese é
intervenuta. Il blocco non è stato tolto.
I lavoratori protestano contro la progettata cessione dell'impianto al
finanziere americano Gary Klesh il quale, in base ad informazioni
pubblicate dai quotidiani locali, ha un pedigree di tutto rispetto in
fatto di acquisto di aziende in difficoltà per poi rivenderle
facendone uno spezzatino, ovviamente ricavandone lauti guadagni.
È quello che è già successo in Olanda e in
Germania, dove Mr. Klesh ha acquistato nel 2008 e nel 2009 tre fonderie
di alluminio che i proprietari avevano messo in saldo, per poi – pochi
mesi dopo l'acquisto – annunciare un'ondata di licenziamenti e di
chiusura di impianti secondo il solito leit motiv: comprare per poco o
niente aziende di cui i proprietari si vogliono disfare e poi, se va
male, licenziare, chiudere, dismettere.
I lavoratori però, questa volta, hanno accolto Mr. Klesh, al suo
arrivo a Livorno per la trattativa con l'ENI, al grido di "Klesh go
home", dando poi vita, dopo questa calda manifestazione di accoglienza,
a una assemblea particolarmente accesa, durante la quale i locali
dirigenti sindacali sono stati accusati di voler cedere alle richieste
dell'ENI, che, da parte sua, non ha dato garanzie occupazionali
post-cessione che superino i 3/4 anni.
L'assemblea, durante la quale sono state proposte iniziative eclatanti
al grido di "Facciamo come la Innse", ha deciso per il blocco a tempo
indeterminato, permettendo l'ingresso alla raffineria dei soli
materiali necessari alla sicurezza degli impianti.
Sulla spinta della volontà di resistenza dei lavoratori, i
sindacati hanno proclamato uno sciopero di 11 giorni, dal 24 settembre
al 4 ottobre.
Dopo 9 mesi di mobilitazione e di presidio davanti ai cancelli senza
riuscire ad ottenere nulla, mentre gli altri 115 colleghi entravano
nell'azienda e occupavano la mensa, 5 operai della Metalli Preziosi di
Paderno Dugnano (Mi) sono saliti su una cisterna alta 30 metri per dare
visibilità alla loro lotta.
Prosegue così la vicenda di una società che già
dal mese di gennaio era stata posta in liquidazione a causa di
problemi di carattere finanziario, nonostante, secondo i dipendenti,
continuassero ad arrivare ordini; finché, il 9 luglio scorso la
società è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Monza.
Secondo i dipendenti, infine, il motivo non troppo recondito della
chiusura della Metalli Preziosi risiederebbe nella particolare
dislocazione dell'azienda, situata in vicinanza strategica all'area
dove sorge il polo fieristico Rho-Pero e quindi appetibile per il
mercato immobiliare in vista del prossimo Expo 2015.
Ora, dopo avere trascorso 9 mesi in presidio senza avere ancora
ottenuto gli stipendi dei mesi di dicembre, gennaio, febbraio e marzo,
l'unica forma di sostegno sono stati 1.700 euro relativi a 2 mesi di
cassa integrazione.
Di fronte alla sordità di governo e autorità locali,
è quindi scattata la decisione di una forma eclatante di
protesta.
Continua lo sciopero a oltranza dei lavoratori della Nortel in
Italia contro i licenziamenti nei quali sono coinvolte le due sedi
italiane della società, Milano e Roma.
A Roma hanno deciso di presidiare giorno e notte gli uffici di via di
Grotta Perfetta 643, montando una tenda sul punto più alto
dell'edificio. Cinque di loro hanno anche iniziato lo sciopero della
fame. "Ho deciso di scioperare, di non nutrire il mio corpo, non
perché sono disperato, ma perché ho una speranza, quella
di contribuire a cambiare le cose" dichiara un lavoratore Nortel.
"Abbiamo portato avanti, con il sindacato e come lavoratori, tutti gli
strumenti del dialogo con quest'azienda, ma fino ad ora ci siamo
trovati davanti un muro ".
La società di consulenza aziendale Ernst&Young, alla quale
la casa madre canadese Nortel ha affidato il compito di ristrutturare
l'azienda, ha avviato negli scorsi mesi procedure di licenziamento
collettivo in tutta Europa con il solito obbiettivo di ridurre i costi.
Per far questo ha deciso di colpire in Italia una filiale che – al
contrario della casa madre – continua a generare profitti, come risulta
anche dal report della stessa Ernst&Young al comitato dei creditori
italiani al 13 luglio 2009.
Inoltre la situazione finanziaria della Nortel in Italia è
particolarmente positiva e pari a 18 milioni di dollari USA;
ciononostante la Ernst&Young ha avviato lo scorso 2 luglio 2009 una
procedura di licenziamento collettivo per 38 lavoratori (su 81
distribuiti tra le sedi di Roma e Milano), che prevede l'utilizzo della
mobilità, ma non riconosce il pagamento del TFR, trasformandolo
in credito differito alla conclusione della vicenda globale del gruppo.
Per non accettare dopo anni di lavoro nella scuola di essere
utilizzati come "tappabuchi" il coordinamento lavoratori della scuola
"3 ottobre" ha promosso giovedì 17 settembre, dalle 12 alle
16,30, un sit-in sotto la sede del Consiglio regionale, via Filzi 22. I
lavoratori della scuola ribadiscono che l'unica soluzione al
problema della precarietà della scuola "è l'assunzione a
tempo indeterminato di tutti i precari e chiedono l'immediato ritiro
dei tagli della scuola".
Dal 17 settembre la sede della Akzo Nobel di Fombio, provincia di
Lodi, filiale italiana di un gruppo olandese specializzato nella
produzione di vernici, è occupata dalle maestranze contro
l'annunciata chiusura della azienda entro la fine dell'anno.
La notizia è stata data dalla RSU aziendale che protesta inoltre
contro le modalità con cui l'annuncio della direzione è
stato indirizzato ai lavoratori, ovvero tramite la rete telematica
aziendale, senza peraltro avere in precedenza dato avviso alla RSU
stessa, alla quale - al contrario - sino a poco tempo addietro erano
state fornite notizie rassicuranti circa l'andamento della
società.
Le uniche avvisaglie si sono avute nello scorso mese di dicembre, dato
che dal 2/12 era partito un periodo di cassa integrazione intermittente
di 4 mesi.
L'occupazione della azienda è un chiaro segnale della volontà di opporsi alla chiusura.
4 settembre 2009. Più di 200 lavoratori e lavoratrici della
Treves, azienda produttrice di componenti tessili per autovetture in
due stabilimenti di Pontevedra, nel nord ovest della Spagna, hanno
manifestato contro la decisione di trasferire in Marocco uno dei due
impianti e di ricorrere alla procedura di messa in mobilità per
133 lavoratori, in una zona della Spagna già particolarmente
colpita dalla disoccupazione. La manifestazione, molto partecipata e
alla quale hanno aderito lavoratori di ambedue gli stabilimenti, ha
avuto inizio nel capoluogo della regione, Vigo, e si è poi
diretta verso la locale fabbrica della Francese PSA Citroen che
è la principale utilizzatrice dei prodotti della Treves.
Di fronte alla fabbrica PSA lavoratori e rappresentanti sindacali hanno
dato luogo ad una vivace contestazione nei confronti dell'azienda
francese, ritenuta in parte responsabile della decisione da parte della
direzione Treves di delocalizzare metà della propria produzione
in Marocco, per poter approfittare dei bassi stipendi vigenti nel paese
nordafricano.