Lo sapevano in tanti, molti, non solo voci, sulle navi, sui camion,
che di notte risalivano la costa verso l'interno. Altro che ringraziare
la magistratura, le forze dell'ordine. Dopo vent'anni e chissà
quanti tumori provocati, pure i ringraziamenti vorrebbero. Navi che
dagli anni Ottanta hanno seminato lungo le coste del Mediterraneo e
dell'Africa i loro carichi di rifiuti tossici e radioattivi. La Cunsky
è stata trovata grazie ad un robot, finanziato dalla Regione
Calabria, che l'ha scovata sotto 500 metri d'acqua. Una nave lunga
circa 120 metri e larga venti, con un grosso squarcio a prua dovuto,
secondo il pentito Francesco Fonti alla esplosione di una carica, dal
quale si vede fuoriuscire un barile. I fusti sarebbero 120, pieni di
rifiuti tossici. E la nave sarebbe una delle tre fatte sparire nei
nostri mari con il loro carico mortale. Immagini nitide che immortalano
una situazione che ormai sta svelando tutte le sue facce più
nascoste.
È difficile capire perché si sia dovuto aspettare
vent'anni per seguire una pista che era stata indicata con chiarezza da
tante inchieste e tanti pentiti. Nel 1985, durante il viaggio da La
Spezia a Lomè (Togo), sparisce la motonave Nikos I tra il Libano
e Grecia, nello stesso anno s'inabissa pure al largo di Ustica la nave
tedesca Koraline. Nel 1986 è il turno della Mikigan, partita dal
porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con il suo
carico sospetto. Nel 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento, in Calabria,
naufraga la Rigel. Nel 1989 la motonave maltese Anni affonda a largo di
Ravenna in acque internazionali. Nel 1990 è il turno della Jolly
Rosso a spiaggiarsi lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza.
Nel 1993 la Marco Polo sparisce nel Canale di Sicilia.
Una storia che inizia in modo legale, tra i camici bianchi nei
laboratori di un'agenzia dell'Unione europea, diventa un'occasione di
arricchimento per personaggi senza scrupoli e merce di scambio per i
trafficanti di armi e uomini. Del resto fino agli anni Novanta c'era
addirittura chi teorizzava pubblicamente la sepoltura in mare dei
rifiuti radioattivi. La Odm (Oceanic Disposal Management) di Giorgio
Comerio si presentava su Internet offrendo i suoi servigi di
affondamento su commissione. Era già in vigore la Convenzione di
Londra che vieta espressamente lo scarico in mare di rifiuti
radioattivi, ma la Odm, che operava dal 1987, sosteneva che non si
trattava di scarico "in" mare, ma "sotto" il mare perché la
tecnica proposta consisteva nell'uso di una sorta di siluri d'acciaio
di profondità che, grazie al loro peso e alla velocità
acquisita durante la discesa, s'inabissano all'interno degli strati
argillosi del fondo marino penetrando a una profondità di 40-50
metri!?
Sullo sfondo, ma non troppo, un'incredibile tangentopoli somala e la
morte ancora senza spiegazione ufficiale di Ilaria Alpi e Miran
Hrovatin. Il 18 gennaio 2005, rispondendo alle domande della
Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte dei due giornalisti
italiani, il pm di Reggio Calabria Francesco Neri rivelava che "la
cartina con i punti di affondamento e le segnalazioni di Greenpeace
coincidono con le mappe di Comerio". Navi cariche di veleni, "almeno
trenta", secondo diversi pentiti. Nella cabina di comando della Rosso
si scopre una mappa di siti per l'affondamento, la stessa che sarebbe
stata trovata, cinque anni dopo, nell'abitazione di Comerio, che aveva
rapporti con i servizi argentini e iracheni e aveva comperato rifiuti
da mezzo mondo". De Grazia indaga sugli affondamenti, ma anche sulle
rotte. E scopre che se il cimitero dei veleni è nei mari del Sud
Italia, i porti di partenza sono nel Nord, in quell'angolo misterioso
tra Toscana e Liguria dove si incontrano due condizioni favorevoli:
l'area militare di La Spezia e le cave di marmo delle Alpi Apuane.
Perché l'area militare garantisce la riservatezza e il granulato
di marmo copre le emissioni delle scorie radioattive. E l'altro anello
sul territorio sono quei borghesi criminali ultimo degno anello. -
"Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi
vuoi che se ne accorga?". "E il mare? Che ne sarà del mare della
zona se l'ammorbiamo? Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai
soldi che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un'altra
parte...". Questo dialogo tra due boss della 'ndrangheta, negli atti
delle indagini. Nei paesi lungo la costa e dell'interno, si
costituiscono comitati cittadini, che sempre più diffidano delle
istituzioni e del loro ruolo di pompieri e che insieme agli storici
Comitato Civico Natale De Grazia, Forum Ambientalista del Tirreno,
Movimento Ambientalista del Tirreno, Comitato Beni Comuni Cosenza, Uni
Cobas, chiedono: che venga dichiarato lo stato d'emergenza in tutto il
territorio costiero che va da Maratea ad Amantea, vietata la pesca in
tutto il tratto costiero e la vendita di prodotti nella valle
dell'Olivo, l'indennizzo di tutti i pescatori della costa e i contadini
della valle dell'Olivo, l'analisi epidemiologica in tutta la costa
tirrenica e venga istituito e reso pubblico il registro dei tumori,
l'utilizzo dei mezzi e risorse alla regione Calabria perché
immediatamente inizi il recupero della nave Cunsky davanti Cetraro e la
Vaporais davanti Maratea ed il loro carico radioattivo e tossico, la
bonifica di tutta la valle dell'Olivo nei luoghi indicati e conosciuti
dove risultano sepolti i rifiuti, la riapertura dell'inchiesta sulla
Jolly Rosso, perseguiti i responsabili del tentato affondamento e si
scoprano i responsabili del seppellimento dei rifiuti, delle ditte che
vi hanno lavorato, di coloro che hanno depistato l'inchiesta. Di fronte
a questi disastri ecologici accertati, ed a quanti altri ve ne sono
nella nostra terra e nei nostri mari, finora il governo nazionale non
si è mosso per come avrebbe dovuto fare convocandosi in forma
straordinaria ed urgente e stanziando i fondi necessari. La lentezza
delle iniziative governative incomincia a preoccupare ed a far
sospettare tentativi di depistaggi programmati e di disinformazione,
come è già avvenuto sulla vicenda della Jolly Rosso. A
risolvere i problemi connessi a questo disastro ecologico ed ambientale
non possono bastare la buona volontà e l'attivismo di un
Procuratore della Repubblica e di un assessore regionale. Non chiediamo
rassicurazioni, ma verità provate e dimostrate a tutti noi che
siamo i cittadini interessati colpiti da questa immane tragedia. Non ci
basta che venga misurata la radioattività presente ad Oliva, ma
vogliamo che vengano scoperti e portati alla luce tutti i materiali
inquinanti sepolti in quella valle dell'inferno. Non ci basta qualche
prelievo fatto da una nave "ministeriale" al largo di Cetraro, ma
vogliamo che i fusti sepolti a 480 metri di profondità vengano
tutti recuperati ed analizzati. Vogliamo che vengano ricercate anche le
altre "navi a perdere" affondate nei nostri mari con i loro carichi
mortali. Vogliamo che si faccia presto perché la nostra salute
è ad alto rischio e sull'economia vi saranno ricadute negative
pesantissime. La mobilitazione della popolazione deve essere massima,
continua e forte. Le istituzioni locali e regionali devono fare la loro
parte e seguire tutti i percorsi necessari a tenere alta la
mobilitazione, compreso il compimento di atti eclatanti e formalmente
poco ortodossi. I sindaci in particolare devono vigilare uniti contro
ogni tentativo di sottostimare il pericolo e di rabbonire le
popolazioni senza ragion veduta. Chiediamo a tutti i cittadini del
Tirreno di costruire in ogni Comune Comitati civici di lotta per fare,
tutti insieme, pressione su coloro che devono intervenire. Di fronte a
questa tragedia ogni forma di lotta è legittima. Organizziamo
fin da subito una grande manifestazione dalla Calabria a Roma.
Chiediamo l'intervento della U.E. e dei suoi organismi di difesa
dell'ambiente e della salute. Soltanto la nostra unità di lotta
potrà impedire che ancora una volta prendano per i fondelli una
popolazione tanto bistrattata, tradita ed umiliata.
Oreste