Umanità Nova, n.34 del 4 ottobre 2009, anno 89

Veleni da ogni porto


Lo sapevano in tanti, molti, non solo voci, sulle navi, sui camion, che di notte risalivano la costa verso l'interno. Altro che ringraziare la magistratura, le forze dell'ordine. Dopo vent'anni e chissà quanti tumori provocati, pure i ringraziamenti vorrebbero. Navi che dagli anni Ottanta hanno seminato lungo le coste del Mediterraneo e dell'Africa i loro carichi di rifiuti tossici e radioattivi. La Cunsky è stata trovata grazie ad un robot, finanziato dalla Regione Calabria, che l'ha scovata sotto 500 metri d'acqua. Una nave lunga circa 120 metri e larga venti, con un grosso squarcio a prua dovuto, secondo il pentito Francesco Fonti alla esplosione di una carica, dal quale si vede fuoriuscire un barile. I fusti sarebbero 120, pieni di rifiuti tossici. E la nave sarebbe una delle tre fatte sparire nei nostri mari con il loro carico mortale. Immagini nitide che immortalano una situazione che ormai sta svelando tutte le sue facce più nascoste.
È difficile capire perché si sia dovuto aspettare vent'anni per seguire una pista che era stata indicata con chiarezza da tante inchieste e tanti pentiti. Nel 1985, durante il viaggio da La Spezia a Lomè (Togo), sparisce la motonave Nikos I tra il Libano e Grecia, nello stesso anno s'inabissa pure al largo di Ustica la nave tedesca Koraline. Nel 1986 è il turno della Mikigan, partita dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con il suo carico sospetto. Nel 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento, in Calabria, naufraga la Rigel. Nel 1989 la motonave maltese Anni affonda a largo di Ravenna in acque internazionali. Nel 1990 è il turno della Jolly Rosso a spiaggiarsi lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza. Nel 1993 la Marco Polo sparisce nel Canale di Sicilia.
Una storia che inizia in modo legale, tra i camici bianchi nei laboratori di un'agenzia dell'Unione europea, diventa un'occasione di arricchimento per personaggi senza scrupoli e merce di scambio per i trafficanti di armi e uomini. Del resto fino agli anni Novanta c'era addirittura chi teorizzava pubblicamente la sepoltura in mare dei rifiuti radioattivi. La Odm (Oceanic Disposal Management) di Giorgio Comerio si presentava su Internet offrendo i suoi servigi di affondamento su commissione. Era già in vigore la Convenzione di Londra che vieta espressamente lo scarico in mare di rifiuti radioattivi, ma la Odm, che operava dal 1987, sosteneva che non si trattava di scarico "in" mare, ma "sotto" il mare perché la tecnica proposta consisteva nell'uso di una sorta di siluri d'acciaio di profondità che, grazie al loro peso e alla velocità acquisita durante la discesa, s'inabissano all'interno degli strati argillosi del fondo marino penetrando a una profondità di 40-50 metri!?
Sullo sfondo, ma non troppo, un'incredibile tangentopoli somala e la morte ancora senza spiegazione ufficiale di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Il 18 gennaio 2005, rispondendo alle domande della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte dei due giornalisti italiani, il pm di Reggio Calabria Francesco Neri rivelava che "la cartina con i punti di affondamento e le segnalazioni di Greenpeace coincidono con le mappe di Comerio". Navi cariche di veleni, "almeno trenta", secondo diversi pentiti. Nella cabina di comando della Rosso si scopre una mappa di siti per l'affondamento, la stessa che sarebbe stata trovata, cinque anni dopo, nell'abitazione di Comerio, che aveva rapporti con i servizi argentini e iracheni e aveva comperato rifiuti da mezzo mondo". De Grazia indaga sugli affondamenti, ma anche sulle rotte. E scopre che se il cimitero dei veleni è nei mari del Sud Italia, i porti di partenza sono nel Nord, in quell'angolo misterioso tra Toscana e Liguria dove si incontrano due condizioni favorevoli: l'area militare di La Spezia e le cave di marmo delle Alpi Apuane. Perché l'area militare garantisce la riservatezza e il granulato di marmo copre le emissioni delle scorie radioattive. E l'altro anello sul territorio sono quei borghesi criminali ultimo degno anello. - "Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?". "E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l'ammorbiamo? Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un'altra parte...". Questo dialogo tra due boss della 'ndrangheta, negli atti delle indagini. Nei paesi lungo la costa e dell'interno, si costituiscono comitati cittadini, che sempre più diffidano delle istituzioni e del loro ruolo di pompieri e che insieme agli storici Comitato Civico Natale De Grazia, Forum Ambientalista del Tirreno, Movimento Ambientalista del Tirreno, Comitato Beni Comuni Cosenza, Uni Cobas, chiedono: che venga dichiarato lo stato d'emergenza in tutto il territorio costiero che va da Maratea ad Amantea, vietata la pesca in tutto il tratto costiero e la vendita di prodotti nella valle dell'Olivo, l'indennizzo di tutti i pescatori della costa e i contadini della valle dell'Olivo, l'analisi epidemiologica in tutta la costa tirrenica e venga istituito e reso pubblico il registro dei tumori, l'utilizzo dei mezzi e risorse alla regione Calabria perché immediatamente inizi il recupero della nave Cunsky davanti Cetraro e la Vaporais davanti Maratea ed il loro carico radioattivo e tossico, la bonifica di tutta la valle dell'Olivo nei luoghi indicati e conosciuti dove risultano sepolti i rifiuti, la riapertura dell'inchiesta sulla Jolly Rosso, perseguiti i responsabili del tentato affondamento e si scoprano i responsabili del seppellimento dei rifiuti, delle ditte che vi hanno lavorato, di coloro che hanno depistato l'inchiesta. Di fronte a questi disastri ecologici accertati, ed a quanti altri ve ne sono nella nostra terra e nei nostri mari, finora il governo nazionale non si è mosso per come avrebbe dovuto fare convocandosi in forma straordinaria ed urgente e stanziando i fondi necessari. La lentezza delle iniziative governative incomincia a preoccupare ed a far sospettare tentativi di depistaggi programmati e di disinformazione, come è già avvenuto sulla vicenda della Jolly Rosso. A risolvere i problemi connessi a questo disastro ecologico ed ambientale non possono bastare la buona volontà e l'attivismo di un Procuratore della Repubblica e di un assessore regionale. Non chiediamo rassicurazioni, ma verità provate e dimostrate a tutti noi che siamo i cittadini interessati colpiti da questa immane tragedia. Non ci basta che venga misurata la radioattività presente ad Oliva, ma vogliamo che vengano scoperti e portati alla luce tutti i materiali inquinanti sepolti in quella valle dell'inferno. Non ci basta qualche prelievo fatto da una nave "ministeriale" al largo di Cetraro, ma vogliamo che i fusti sepolti a 480 metri di profondità vengano tutti recuperati ed analizzati. Vogliamo che vengano ricercate anche le altre "navi a perdere" affondate nei nostri mari con i loro carichi mortali. Vogliamo che si faccia presto perché la nostra salute è ad alto rischio e sull'economia vi saranno ricadute negative pesantissime. La mobilitazione della popolazione deve essere massima, continua e forte. Le istituzioni locali e regionali devono fare la loro parte e seguire tutti i percorsi necessari a tenere alta la mobilitazione, compreso il compimento di atti eclatanti e formalmente poco ortodossi. I sindaci in particolare devono vigilare uniti contro ogni tentativo di sottostimare il pericolo e di rabbonire le popolazioni senza ragion veduta. Chiediamo a tutti i cittadini del Tirreno di costruire in ogni Comune Comitati civici di lotta per fare, tutti insieme, pressione su coloro che devono intervenire. Di fronte a questa tragedia ogni forma di lotta è legittima. Organizziamo fin da subito una grande manifestazione dalla Calabria a Roma. Chiediamo l'intervento della U.E. e dei suoi organismi di difesa dell'ambiente e della salute. Soltanto la nostra unità di lotta potrà impedire che ancora una volta prendano per i fondelli una popolazione tanto bistrattata, tradita ed umiliata.

Oreste

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