1. Il contesto urbano e sociale
A Barcellona esistono, all'inizio del Novecento, due città
conflittuali. Da un lato si esibisce la Città dell'Ordine,
ispirata alla grandeur di Parigi. Qui borghesi, intellettuali
modernisti e Chiesa sognano sconvolgenti riforme urbanistiche per
collegare i quartieri ricchi, relativamente lontani, al porto
sventrando i rioni centrali abitati da proletari e sottoproletari. In
effetti, nel 1908 si inaugura la via Layetana con la distruzione di
almeno un migliaio di case popolari del centro storico. Dall'altro lato
vive la Città Proletaria, simile a quella dei vicoli di Napoli e
di Genova, costituita da case insalubri in un reticolo di strade
strette e senza sole. Qui è radicato uno spirito di rivolta
contro le classi dirigenti e i ceti privilegiati che si è
concretizzato in frequenti barricate e scontri con le forze repressive
dello Stato.
Nel 1900 la città ha poco più di mezzo milione di
abitanti, di cui circa un terzo sono lavoratori salariati, in
maggioranza analfabeti, che lavorano nelle fabbriche, soprattutto
tessili, per quindici ore al giorno e sei o sette giorni alla
settimana. I bambini entrano in fabbrica, in laboratorio o in bottega
già a sette anni abbandonando ogni possibilità di gioco o
istruzione. Le malattie, spesso le epidemie, falcidiano questa
popolazione povera e affamata e la rendono potenziale base della
ribellione violenta. Anarcosindacalisti e repubblicani radicali, su
posizioni ideologiche diverse, hanno consolidato nei rioni proletari i
loro centri organizzativi di iniziativa e di lotta.
2. Il sentimento antimilitarista e anticlericale
Il desastre della guerra contro gli USA del 1898, con la morte o le
gravi ferite di molti giovani barcellonesi delle classi oppresse (i
ricchi pagavano per evitare il servizio militare dei figli), ha
rafforzato la coscienza popolare antimilitarista da tempo presente
specialmente in Catalogna. La proliferazione degli ordini religiosi, in
rapida espansione dalla fine del secolo precedente, e i loro privilegi
ostentati sono alla base di un diffuso anticlericalismo sia di radici
proletarie che piccolo borghesi. Il terreno dell'educazione è
l'epicentro del conflitto: le scuole cattoliche hanno il quasi
monopolio dell'istruzione, peraltro inaccessibile ai bambini delle
famiglie povere, e i timidi progetti municipali di scuole laiche
suscitano l'opposizione dura degli ambienti religiosi conservatori.
3. L'esplosione della "guerra sociale" nella metropoli mediterranea
L'avventura coloniale in Marocco per difendere gli interessi dei
proprietari di miniere è la causa di numerosi eccidi di soldati
spagnoli, tutti proletari, che cadono negli scontri con le tribù
insorte. Nella primavera del 1909 il governo decreta il richiamo alle
armi di migliaia di riservisti barcellonesi che spesso sono un sostegno
indispensabile per le famiglie a basso reddito. Al grido di "Abbasso la
guerra!" la protesta dilaga nelle strade della Città Proletaria
e porta il lunedì 26 luglio allo sciopero generale proclamato
dal sindacato libertario Solidaridad Obrera e da socialisti,
repubblicani e radicali.
Sparatorie, assalti e saccheggi, barricate e duri scontri con le "forze
dell'ordine" si verificano già nelle prime ore dello sciopero
che blocca la vita dell'intera città. Il governo dichiara lo
stato d'assedio e fa giungere molte truppe dalle altre regioni
spagnole. Nei rioni popolari per vari giorni il potere dello Stato
è soppresso di fatto e il movimento si dirige contro l'altra
istituzione nemica: la Chiesa cattolica. Sono incendiati molti edifici
religiosi (tra i 60 e gli 80 a seconda delle fonti) ma la violenza si
dirige contro simboli e strutture del potere clericale risparmiando
monache, preti e frati. Gli incendi e gli atti di profanazione di
edifici di culto durano quasi una settimana.
Vengono esposti i cadaveri di monache seppellite nelle chiese in quanto
è diffusa la convinzione che esse siano state uccise per celare
stupri e gestazioni inconfessabili.
4. La repressione delle istituzioni politiche, militari ed ecclesiastiche
Ai primi di agosto del 1909 le organizzazioni operaie e laiche sono
sciolte manu militari con la chiusura di giornali, sedi, scuole, luoghi
di incontro. Migliaia di arresti e altrettanti esili forzati stroncano
ogni possibilità di rispondere alla repressione statale. Il
clima di vendetta è sostenuto dai giornali più
conservatori: si scatena la caccia al sovversivo e si riempiono tutte
le carceri della città. I processi, condotti da giudici
militari, sono una tappa della restaurazione della supremazia,
apparentemente definitiva, della Città dell'Ordine sulla
Città Proletaria.
Dal canto loro le autorità ecclesiastiche negano le radici
sociali della rivolta per attribuirla esplicitamente a manovre e
complotti diabolici. Per contro la ricostruzione delle strutture
edilizie incendiate richiederà molti anni e renderà
tangibile la paura delle gerarchie ben al di là del 1909.
5. La Scuola Moderna e il maestro laico Francisco Ferrer
La Scuola Moderna è fondata nel 1901 e resta in funzione fino al
1906, quando viene chiusa in seguito all'attentato compiuto da Mateo
Morral, suo bibliotecario. Il progetto di Ferrer è di sviluppare
un'educazione antiautoritaria basata su valori come la scienza, la
natura, il progresso sociale e sulla centralità del singolo
bambino e bambina e della loro volontà di apprendere. Con un
impegno anche a livello internazionale ottiene molte simpatie negli
ambienti progressisti e laici, talvolta massoni, scontrandosi subito
con il quasi monopolio clericale del sistema scolastico spagnolo. I
giornali conservatori e reazionari filo clericali lo indicano di
frequente come un "pericolo pubblico" e propongono più volte
alle autorità di bloccare la sua attività educativa, come
avviene in effetti nel 1906. Restano in funzione le Publicaciones de la
Escuela Moderna che resistono, fino al 1920, diffondendo testi
divulgativi in ambienti educativi laici e libertari.
La vita del pedagogo libertario Ferrer, nato nel 1859, attraversa
periodi diversi sia lavorativi che politici: tra l'altro fa parte del
personale viaggiante nelle ferrovie ed è un attivo militante
repubblicano. Nel 1886 deve esiliarsi in Francia in seguito al
fallimento di una rivolta repubblicana e qui stabilisce rapporti
stretti con personaggi e ambienti sensibili alla sua proposta
educativa. É animato dalla convinzione di dover diffondere la
cultura, a tutti i livelli, per la trasformazione della società
in senso egualitario e libero.
Nel corso del tempo approfondisce la conoscenza del pensiero anarchico
e si impegna in campo anarcosindacalista fiancheggiando il movimento
operaio barcellonese. La sua coscienza rivoluzionaria coniuga
l'attività educativa alla lotta di classe: per lui entrambi sono
strumenti per abbattere il sistema capitalista nel quale industriali e
vescovi, militari e poliziotti sfruttano, opprimono e tengono
nell'ignoranza buona parte della popolazione.
6. La fucilazione di Ferrer e le proteste internazionali (anche a Trieste)
Francisco Ferrer i Guàrdia è indicato come il
responsabile principale della insurrezione anticoloniale e
anticlericale del luglio 1909 che sconvolge l'intera Barcellona. Il
tribunale militare non concede alcuna seria garanzia alla difesa del
pedagogo, peraltro assente nelle infuocate giornate della Semana
Trágica. Il processo si svolge sotto la pressione dell'opinione
pubblica borghese, formata sui giornali reazionari, che chiede
punizioni esemplari per stroncare altre possibili rivolte proletarie.
In pochi giorni sono condannati a morte quasi una ventina di imputati e
varie centinaia a lunghe pene detentive. In molte città d'Europa
i movimenti laici e anticlericali manifestano ripetutamente per la
salvezza di Ferrer che viene comunque fucilato il 13 ottobre 1909 nella
tetra fortezza di Montjuïc.
Le proteste internazionali investono decine di grandi centri abitati,
non solo europei, si accompagnano, come a Trieste, a scioperi generali
che coinvolgono in totale milioni di lavoratori e cittadini.
Molto frequenti sono gli assalti ai Consolati spagnoli, considerati
rappresentanti della "Nuova Inquisizione" trionfante nella Spagna
dominata dal potere clericale oscurantista e antimoderno. Nella Trieste
asburgica, già allora laica e sensibile al progresso sociale e
alla scienza, anarchici e repubblicani, massoni e socialisti sono
accomunati dalla difesa del libero pensatore spagnolo e fanno sentire
la propria indignazione. Stando a ricerche storiche (da articolare
meglio) circa 2.000 persone si staccano dalla chiesa cattolica
rifiutando il battesimo con un atto ufficiale di apostasia. Più
di qualche bambino nato a ridosso dell'"assassinio legale" di Ferrer
assumerà il nome del maestro fucilato. Un caso relativamente
noto è quello di Ferrer Visentini, nato nel 1910, poi volontario
antifascista in Spagna durante la guerra civile. Una sorta di filo
rosso collega la lotta del 1909 per salvare Ferrer alla mobilitazione
per difendere la libertà e la rivoluzione nella Spagna
repubblicana e libertaria. Nelle sue memorie, l'anarchico triestino
Umberto Tommasini ricorda che nel febbraio 1937, mentre la polizia
stalinista lo arresta vicino a Valencia e lo minaccia di morte, egli
rivendica di aver partecipato, da apprendista tredicenne, allo sciopero
generale e al combattivo corteo contro la fucilazione di Ferrer. Fu la
sua prima manifestazione di protesta di settanta anni di
attività militante.
Claudio Venza