Umanità Nova, n.34 del 4 ottobre 2009, anno 89

L'anticlericalismo contemporaneo


L'anticlericalismo è, come dice la parola, lotta contro il clericalismo". Con queste parole si esprimeva nel 1912 Romolo Murri, uno dei primi pensatori della Democrazia Cristiana in Italia. Il termine nasce e si sviluppa nel corso del XIX secolo (ma viene usato nella storiografia con potere retroattivo) ed intende l'insieme di atteggiamenti, pacifici o violenti, che si oppongono all'ingerenza del potere ecclesiastico nella vita politica e sociale di un paese, ovvero il clericalismo.
Il termine,  divenuto comune in corrispondenza del papato di Pio IX (1848–1876), viene solitamente usato con un'accezione negativa. Il prefisso anti porta infatti a pensare che esso sia esclusivamente una contrapposizione al clericalismo. Ma l'anticlericalismo contemporaneo non è solo un'ideologia o un movimento fine a se stesso che cerca di eliminare semplicemente il clericalismo tout court: esso è parte integrante di una cultura o di quei soggetti sociali e politici che desiderano costruire un nuovo modello di società senza l'influenza del clero nelle decisioni statali e pubbliche e relegare la religione alla mera sfera privata del cittadino. Esso, sebbene non sia un sinonimo, accompagna spesso i processi di secolarizzazione dell'età contemporanea, soprattutto in quei paesi dove la forza della Chiesa è rilevante (come la Spagna, l'Italia, la Francia ed il Portogallo).
In realtà parlare di anticlericalismo "al singolare" non è del tutto corretto: nel corso del XIX secolo esso si ramifica in più correnti accompagnando i processi di "costruzione della nazione" (nation–building) europei e lo sviluppo di nuove correnti di pensiero.  Esiste infatti un anticlericalismo istituzionale–intellettuale, solitamente moderato, operante all'interno delle sedi politiche ed erede diretto della cultura illuminista, massonica e liberale. Operando quasi esclusivamente nelle istituzioni, è ben differente da quello popolare, più difficile da definire in quanto a seconda dei casi può essere sia pacifico sia molto violento e generalmente è la manifestazione di un sentimento di insofferenza e odio verso la Chiesa e il clero che si sfoga in proteste e scontri nelle strade delle città. La sua nascita corrisponde alla prima diffusione, nella seconda metà del XIX secolo, delle teorie marxiste e bakuniniste. Infine esiste un terzo gruppo che si può definire come anticlericalismo cattolico–cristiano. In questo caso gli attacchi alla Chiesa nascono all'interno della stessa, da quella parte del clero maggiormente spirituale che critica le eccessive implicazioni nella vita politica ed economica della Chiesa a discapito del messaggio di amore per il prossimo, del rispetto per la persona e della tolleranza umana.

...e in Spagna

La tradizione anticlericale spagnola risale sin dal basso Medio Evo: è nota la produzione, in questi secoli, di poemetti e filastrocche contenenti degli elementi di scherno o critica rivolti contro il clero per le sue condizioni di miseria teologica e corruzione dei valori del cattolicesimo, oltre alla larga diffusione della vendita delle indulgenze e quindi dell'ingresso in paradiso (simonia). Questo fenomeno culturale però ha poco a che fare con quello che si definisce come anticlericalismo contemporaneo che, per la storiografia, affonda le radici in corrispondenza della diffusione, seppur limitata, delle idee illuministiche al di qua dei Pirenei alla fine del XVIII secolo. Dalle critiche rivolte esclusivamente al clero, retaggio culturale del Medio Evo, si passa ad un anticlericalismo che accompagna i tentativi politici di costruire un nuovo modello statale su basi laiche. A partire dagli anni Venti dell'Ottocento iniziano così a confrontarsi e scontrarsi i nuovi gruppi liberali di ispirazione illuminista con la solida nobiltà e la classe conservatrice dell'Ancien Régime, precedente alla Rivoluzione Francese. A queste classi privilegiate va aggiunto il sostegno di gran parte del clero, legato morbosamente alle ricchezze materiali, alle cariche di potere e ai propri privilegi di derivazione feudale. Un confronto decennale che inizialmente non tocca la religione cattolica ma solo le immense proprietà ecclesiastiche del clero spagnolo attraverso la desamortizaciòn (esproprio con compenso e vendita all'asta dei beni della Chiesa). L'obiettivo degli effimeri governi liberali è chiaro: togliere al clero le sue ricchezze avrebbe permesso la redistribuzione di queste nella speranza di un primo decollo dell'economia nazionale. I tentativi, compiuti nel 1820–23 e nel 1836, non vanno però a buon fine a causa della solida alleanza tra la monarchia borbonica ed il clero spagnolo. Ma questi primi tentativi liberali si ricordano anche perché vengono accompagnati dalle prime esplosioni di violenza anticlericale popolare soprattutto in Catalogna, unica zona della penisola iberica a possedere contemporaneamente caratteristiche di pre–industrializzazione e diffusione di un clericalismo intransigente. Nel 1835 bruciano e vengono saccheggiati conventi, chiese, seminari ed altri edifici religiosi e si compiono i primi assassini di religiosi, soprattutto gesuiti, considerati nella cultura anticlericale popolare come i maggiori colpevoli del ritardo economico e culturale del paese. Inoltre la Chiesa cattolica sta appoggiando, con la propaganda e la disponibilità di diversi edifici religiosi, la guerra scatenata da un movimento teocratico e reazionario (il carlismo).
Superata la metà dell'Ottocento l'anticlericalismo spagnolo compie una significativa evoluzione grazie alla diffusione di alcune novità a livello culturale–scientifico e politico che vanno decisamente contro i dogmi della religione cattolica: è il caso ad esempio dell'evoluzionismo di Darwin, che nel 1859 scrive L'evoluzione della specie. Non da meno è la diffusione del positivismo, che si basa sulla spiegazione causale di tutti i fenomeni tramite le leggi di natura analizzate scientificamente.
Del tutto peculiare alla Spagna è poi il successo a livello intellettuale che ha ottenuto la dottrina krausista (dal filosofo tedesco Kark Krause, attivo agli inizi dell'Ottocento), una sorta di liberalismo cattolico che non rinnega né la forma politica né la religione, definita come l'unità intima e personale dell'uomo con Dio, libera da tutti gli aspetti formali, rituali e temporali costruiti lungo i secoli. Si potrebbe dire, semplificando: la fede fuori dalle istituzioni.
La lotta politica poi non resta più solo una questione di élite, una pratica esclusiva del ceto intellettuale–borghese o aristocratico, ma si diffonde anche a livello popolare. Nella penisola iberica tra gli anni '50 e '70 dell'Ottocento si diffondono il Repubblicanesimo, il Socialismo e l'Anarchismo.
Il primo ha il merito di allargare le basi della politica includendo anche la piccola borghesia e di proporre un'alternativa al sistema monarchico, primo difensore dei privilegi e del ruolo del clero spagnolo.
Tra la fine del XIX secolo e la prima parte del XX secolo i repubblicani articolano una propria ideologia che include l'assoluta separazione Stato–Chiesa, la libertà di qualsiasi culto purché in forma privata, la limitazione della presenza del clero nella società attraverso la chiusura di monasteri ed il divieto di insegnare nelle scuole pubbliche. Il risultato concreto sarà la Costituzione della Seconda Repubblica (1931–1936) votata il 9 dicembre 1931 dal governo progressista di Manuel Azaña.
I secondi invece introducono nella Spagna le nuove dottrine proletarie e, soprattutto, il concetto di rivoluzione. Per gli anarchici in particolare, l'applicazione del concetto rivoluzionario per giungere all'eliminazione dello Stato – monarchico prima e borghese poi – presuppone l'eliminazione della religione e della Chiesa cattolica non solo perché elemento conservatore della società. Infatti l'anarchismo propone un nuovo modello di vita a partire dalla sua morale, umana e non divina, e dalla sua fiducia nel mondo naturale e scientifico.
La Chiesa anziché cercare dei compromessi si propone con forza sempre maggiore quale sostenitrice della monarchia e della società tradizionalista spagnola e come un nemico dei repubblicani e del proletariato. In maniera particolare la contesa riguarda i campi economico, educativo e culturale e sarà una delle cause che scatenerà la tragica esperienza della Guerra Civile (1936–1939).
A dimostrazione di ciò è assai emblematica la morte del pedagogista catalano Francisco Ferrer: il fondatore della Scuola Moderna (ovvero il creatore di un nuovo modo di insegnare attraverso una scuola neutra e soprattutto laica) diviene il capro espiatorio della Semana Tragica (26–31 luglio 1909) di Barcellona. L'accusa di essere stato un istigatore della violenza contro la Chiesa porterà Ferrer alla pena capitale, fucilato il 13 ottobre 1909 nel castello del Montjuïc, destando proteste e commozione non solo in Spagna, ma in moltissimi paesi d'Europa.

Nicola Revelant

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti