L'anticlericalismo è, come dice la parola, lotta contro il
clericalismo". Con queste parole si esprimeva nel 1912 Romolo Murri,
uno dei primi pensatori della Democrazia Cristiana in Italia. Il
termine nasce e si sviluppa nel corso del XIX secolo (ma viene usato
nella storiografia con potere retroattivo) ed intende l'insieme di
atteggiamenti, pacifici o violenti, che si oppongono all'ingerenza del
potere ecclesiastico nella vita politica e sociale di un paese, ovvero
il clericalismo.
Il termine, divenuto comune in corrispondenza del papato di Pio
IX (1848–1876), viene solitamente usato con un'accezione negativa. Il
prefisso anti porta infatti a pensare che esso sia esclusivamente una
contrapposizione al clericalismo. Ma l'anticlericalismo contemporaneo
non è solo un'ideologia o un movimento fine a se stesso che
cerca di eliminare semplicemente il clericalismo tout court: esso
è parte integrante di una cultura o di quei soggetti sociali e
politici che desiderano costruire un nuovo modello di società
senza l'influenza del clero nelle decisioni statali e pubbliche e
relegare la religione alla mera sfera privata del cittadino. Esso,
sebbene non sia un sinonimo, accompagna spesso i processi di
secolarizzazione dell'età contemporanea, soprattutto in quei
paesi dove la forza della Chiesa è rilevante (come la Spagna,
l'Italia, la Francia ed il Portogallo).
In realtà parlare di anticlericalismo "al singolare" non
è del tutto corretto: nel corso del XIX secolo esso si ramifica
in più correnti accompagnando i processi di "costruzione della
nazione" (nation–building) europei e lo sviluppo di nuove correnti di
pensiero. Esiste infatti un anticlericalismo
istituzionale–intellettuale, solitamente moderato, operante all'interno
delle sedi politiche ed erede diretto della cultura illuminista,
massonica e liberale. Operando quasi esclusivamente nelle istituzioni,
è ben differente da quello popolare, più difficile da
definire in quanto a seconda dei casi può essere sia pacifico
sia molto violento e generalmente è la manifestazione di un
sentimento di insofferenza e odio verso la Chiesa e il clero che si
sfoga in proteste e scontri nelle strade delle città. La sua
nascita corrisponde alla prima diffusione, nella seconda metà
del XIX secolo, delle teorie marxiste e bakuniniste. Infine esiste un
terzo gruppo che si può definire come anticlericalismo
cattolico–cristiano. In questo caso gli attacchi alla Chiesa nascono
all'interno della stessa, da quella parte del clero maggiormente
spirituale che critica le eccessive implicazioni nella vita politica ed
economica della Chiesa a discapito del messaggio di amore per il
prossimo, del rispetto per la persona e della tolleranza umana.
...e in Spagna
La tradizione anticlericale spagnola risale sin dal basso Medio Evo:
è nota la produzione, in questi secoli, di poemetti e
filastrocche contenenti degli elementi di scherno o critica rivolti
contro il clero per le sue condizioni di miseria teologica e corruzione
dei valori del cattolicesimo, oltre alla larga diffusione della vendita
delle indulgenze e quindi dell'ingresso in paradiso (simonia). Questo
fenomeno culturale però ha poco a che fare con quello che si
definisce come anticlericalismo contemporaneo che, per la storiografia,
affonda le radici in corrispondenza della diffusione, seppur limitata,
delle idee illuministiche al di qua dei Pirenei alla fine del XVIII
secolo. Dalle critiche rivolte esclusivamente al clero, retaggio
culturale del Medio Evo, si passa ad un anticlericalismo che accompagna
i tentativi politici di costruire un nuovo modello statale su basi
laiche. A partire dagli anni Venti dell'Ottocento iniziano così
a confrontarsi e scontrarsi i nuovi gruppi liberali di ispirazione
illuminista con la solida nobiltà e la classe conservatrice
dell'Ancien Régime, precedente alla Rivoluzione Francese. A
queste classi privilegiate va aggiunto il sostegno di gran parte del
clero, legato morbosamente alle ricchezze materiali, alle cariche di
potere e ai propri privilegi di derivazione feudale. Un confronto
decennale che inizialmente non tocca la religione cattolica ma solo le
immense proprietà ecclesiastiche del clero spagnolo attraverso
la desamortizaciòn (esproprio con compenso e vendita all'asta
dei beni della Chiesa). L'obiettivo degli effimeri governi liberali
è chiaro: togliere al clero le sue ricchezze avrebbe permesso la
redistribuzione di queste nella speranza di un primo decollo
dell'economia nazionale. I tentativi, compiuti nel 1820–23 e nel 1836,
non vanno però a buon fine a causa della solida alleanza tra la
monarchia borbonica ed il clero spagnolo. Ma questi primi tentativi
liberali si ricordano anche perché vengono accompagnati dalle
prime esplosioni di violenza anticlericale popolare soprattutto in
Catalogna, unica zona della penisola iberica a possedere
contemporaneamente caratteristiche di pre–industrializzazione e
diffusione di un clericalismo intransigente. Nel 1835 bruciano e
vengono saccheggiati conventi, chiese, seminari ed altri edifici
religiosi e si compiono i primi assassini di religiosi, soprattutto
gesuiti, considerati nella cultura anticlericale popolare come i
maggiori colpevoli del ritardo economico e culturale del paese. Inoltre
la Chiesa cattolica sta appoggiando, con la propaganda e la
disponibilità di diversi edifici religiosi, la guerra scatenata
da un movimento teocratico e reazionario (il carlismo).
Superata la metà dell'Ottocento l'anticlericalismo spagnolo
compie una significativa evoluzione grazie alla diffusione di alcune
novità a livello culturale–scientifico e politico che vanno
decisamente contro i dogmi della religione cattolica: è il caso
ad esempio dell'evoluzionismo di Darwin, che nel 1859 scrive
L'evoluzione della specie. Non da meno è la diffusione del
positivismo, che si basa sulla spiegazione causale di tutti i fenomeni
tramite le leggi di natura analizzate scientificamente.
Del tutto peculiare alla Spagna è poi il successo a livello
intellettuale che ha ottenuto la dottrina krausista (dal filosofo
tedesco Kark Krause, attivo agli inizi dell'Ottocento), una sorta di
liberalismo cattolico che non rinnega né la forma politica
né la religione, definita come l'unità intima e personale
dell'uomo con Dio, libera da tutti gli aspetti formali, rituali e
temporali costruiti lungo i secoli. Si potrebbe dire, semplificando: la
fede fuori dalle istituzioni.
La lotta politica poi non resta più solo una questione di
élite, una pratica esclusiva del ceto intellettuale–borghese o
aristocratico, ma si diffonde anche a livello popolare. Nella penisola
iberica tra gli anni '50 e '70 dell'Ottocento si diffondono il
Repubblicanesimo, il Socialismo e l'Anarchismo.
Il primo ha il merito di allargare le basi della politica includendo
anche la piccola borghesia e di proporre un'alternativa al sistema
monarchico, primo difensore dei privilegi e del ruolo del clero
spagnolo.
Tra la fine del XIX secolo e la prima parte del XX secolo i
repubblicani articolano una propria ideologia che include l'assoluta
separazione Stato–Chiesa, la libertà di qualsiasi culto
purché in forma privata, la limitazione della presenza del clero
nella società attraverso la chiusura di monasteri ed il divieto
di insegnare nelle scuole pubbliche. Il risultato concreto sarà
la Costituzione della Seconda Repubblica (1931–1936) votata il 9
dicembre 1931 dal governo progressista di Manuel Azaña.
I secondi invece introducono nella Spagna le nuove dottrine proletarie
e, soprattutto, il concetto di rivoluzione. Per gli anarchici in
particolare, l'applicazione del concetto rivoluzionario per giungere
all'eliminazione dello Stato – monarchico prima e borghese poi –
presuppone l'eliminazione della religione e della Chiesa cattolica non
solo perché elemento conservatore della società. Infatti
l'anarchismo propone un nuovo modello di vita a partire dalla sua
morale, umana e non divina, e dalla sua fiducia nel mondo naturale e
scientifico.
La Chiesa anziché cercare dei compromessi si propone con forza
sempre maggiore quale sostenitrice della monarchia e della
società tradizionalista spagnola e come un nemico dei
repubblicani e del proletariato. In maniera particolare la contesa
riguarda i campi economico, educativo e culturale e sarà una
delle cause che scatenerà la tragica esperienza della Guerra
Civile (1936–1939).
A dimostrazione di ciò è assai emblematica la morte del
pedagogista catalano Francisco Ferrer: il fondatore della Scuola
Moderna (ovvero il creatore di un nuovo modo di insegnare attraverso
una scuola neutra e soprattutto laica) diviene il capro espiatorio
della Semana Tragica (26–31 luglio 1909) di Barcellona. L'accusa di
essere stato un istigatore della violenza contro la Chiesa
porterà Ferrer alla pena capitale, fucilato il 13 ottobre 1909
nel castello del Montjuïc, destando proteste e commozione non solo
in Spagna, ma in moltissimi paesi d'Europa.
Nicola Revelant