Umanità Nova, n.34 del 4 ottobre 2009, anno 89

Il progetto Ferrer: L'intensa vita  della "scuola moderna"


Come intendere e interpretare la rottura storica che caratterizza ciò che gli storici comunemente denominano "Settimana Tragica"? Come intendere e interpretare la figura emblematica di Ferrer i Guàrdia che gioca lo scomodo ruolo di capro espiatorio di un avvenimento traumatico, la rivolta del luglio 1909?

Le risposte a tali domande possono intendersi in funzione di due coordinate. La prima risposta è vincolata all'immaginario collettivo. Un immaginario evidentemente divergente secondo parametri di classe, ideologia ed esperienza più o meno politica. La seconda, in funzione del momento storico nel quale si realizza. I moti urbani barcellonesi del luglio 1909 non ammettono un'interpretazione univoca. Ne è un buon esempio la confusione tra gli stessi protagonisti contemporanei, che danno letture molto diverse e spesso incompatibili. Taluni pensano che si tratti di una rivoluzione sociale, altri la considerano un sollevamento repubblicano contro la monarchia, altri ancora vedono un tentativo di sovvertire le fondamenta del Regime di Restaurazione, iniziato nel 1874, basate sulla presenza pubblica della Chiesa, e infine alcuni credono che si tratti di una cospirazione massonica e antispagnola. D'altra parte, l'interpretazione storica degli avvenimenti rimane associata al momento storico in cui si realizza: dall'appropriazione simbolica di Ferrer, per tutto il corso della Seconda Repubblica spagnola (1931-1936), fino alla collocazione del personaggio nella teoria della cospirazione giudaico-massonica ufficializzata dal franchismo. Più recentemente, si ritrova nella formazione di un gran numero di storici attivi: la Transizione postfranchista (1975-1982) andrà a recuperare l'immagine di Ferrer e della Scuola Moderna per la necessità di costruire una scuola democratica dopo la lunga notte del franchismo. Così Ferrer e la sua Scuola Moderna diventano, per non molto tempo, un riferimento al quale ispirarsi per le facoltà di Pedagogia.
Nell'attualità, in un periodo caratterizzato dalla confusione politica e dalla imposizione del paradigma neoliberale, Ferrer diventa difficile da analizzare. Paradossalmente, la distanza di un secolo e il fallimento di varie ideologie autoritarie ci dovrebbero permettere di trattare la questione con serenità. Ma le cose non stanno così. Non è difficile trovare dei parallelismi tra la prima decade del secolo XX e quella di questo secolo. Entrambe si basano sulla divisione gerarchica sociale crescente e trasversale, su progetti innovativi che si interrompono di continuo e mai si concretizzano, sulla sensazione di vivere in un modello politico stretto e soffocante, con alte dosi di frustrazione collettiva e sulla constatazione della mancanza di un sistema educativo atto a trasformare (forse ingenuamente) la società. Il fatto è che il fantasma di Ferrer torna a scendere sulla Spagna in quanto il suo affaire rivela le contraddizioni sociali e nazionali, le carenze collettive, l'incapacità di risolvere i conflitti espliciti e impliciti presenti in una società, in cui la libertà e la stessa democrazia sembrano divenute piuttosto fragili e superficiali.

La formazione di un educatore e di un rivoluzionario  

La Scuola Moderna e la "Settimana Tragica" continuano a essere storiograficamente controverse, anche se i fatti che le avvolgono sono sufficientemente conosciuti e documentati. Sulla personalità di Ferrer e gli eventi che lo hanno accompagnato, ci rimangono numerosi documenti scritti. Il Consiglio di guerra, avviato dopo la sanguinaria repressione militare della rivolta del luglio 1909, malgrado le manipolazioni e la mancanza di garanzie processuali, fu abbastanza bene istruito, cioè raccolse molte informazioni e ciò ha permesso agli storici di trovarsi dinnanzi a fonti ben conservate. Inoltre, lo scandalo internazionale della sua esecuzione motivò numerosi giornalisti a diffondere la sua figura all'interno di una cospicua letteratura politica, sia agiografica che critica. Ferrer si caratterizzò anche grazie a un considerevole lavoro editoriale e alla perseveranza nel mantenere una corrispondenza, ancora oggi ben conservata, specialmente nell'archivio della fondazione barcellonese che porta il suo nome. L'epistolario comprende personaggi notevoli, tanto spagnoli quanto provenienti da altri stati europei, e dunque anche in francese e in inglese. Tutto ciò ci permette di conoscere le sue vicende, il contesto e le circostanze che l'accompagnano. Paradossalmente, o forse proprio per questo motivo, le letture e le analisi sul "martire del Montjuïc" hanno generato discorsi contrapposti che hanno alimentato il topico, cioè il luogo comune, delle due Spagne, concetto creato dagli intellettuali coetanei del 1898, l'anno del Desastre Colonial. Con la sconfitta nella guerra con gli Stati Uniti la Spagna perse Cuba, Puerto Rico e le Filippine.
Ferrer i Guàrdia (Alella, 1859 - Barcellona, 1909), figlio di una famiglia contadina benestante e cattolica - sebbene comprendesse anche membri repubblicani e liberopensatori -, entra ben presto in conflitto con il suo ambiente circostante. Verso i quindici anni, viene mandato a Sant Martí de Provençals, allora una cittadina che era sul punto di essere annessa a Barcellona. Qui lavora come apprendista presso un familiare materno che l'introdurrà nei circoli libero pensatori della capitale e stimolerà la sua formazione culturale inducendolo a studiare di notte. In questo periodo entra in contatto con il repubblicanesimo federale, viene accettato dalla massoneria e ha come riferimento intellettuale l'internazionalista e repubblicano federale Pi i Margall. Poi finirà per avvicinarsi alla corrente repubblicana insurrezionalista e politica ispirata da Ruiz Zorrilla.
In questo contesto, la sua nuova occupazione come controllore della compagnia ferroviaria che connette Barcellona alla frontiera francese, lo porta a fare da tramite tra i repubblicani esiliati e quelli clandestini tutti impegnati per rovesciare il regime della Restaurazione. La rivolta repubblicana del 1886, il suo fallimento e la repressione, lo obbligheranno a rifugiarsi a Parigi, dove proprio il suo lavoro e la conoscenza dei circoli liberopensatori e internazionalisti gli faciliteranno l'adattamento a un esilio, chiaramente difficile ma proficuo.

Giunto in Francia si avvicina alla massoneria parigina. Questo fatto, e i contatti che aveva con i repubblicani insurrezionalisti spagnoli esiliati, farà sì che si integri velocemente nei circoli liberopensatori, dove intellettuali, repubblicani e "anarchici filosofici" influenzeranno il suo pensiero. D'altra parte bisogna tenere presente le qualità personali di Ferrer. Essendo dotato di un'intelligenza brillante, un'estesa formazione autodidatta, un carattere sobrio e disciplinato – spesso fino all'ossessione – nonché indiscutibili abilità sociali e un innegabile talento, egli consegue un'accettazione immediata e si crea una larga rete di amicizie che lo porteranno ad un'ascesa sociale.

I diffamatori del personaggio mettono in evidenza – esagerando – i tratti che abbiamo appena elencato. A volte, e fin troppo di frequente, gli ambienti culturali e politici nei quali Ferrer si muove, vengono male interpretati. Anche nel presente si tende a sottovalutare l'importanza del movimento anarchico francese della fine del secolo XIX, forse per la sua veloce dispersione di tendenze, in cui sfocia già durante i primi anni del secolo XX. È anche certo che l'anarchia e gli anarchici francesi, almeno quelli teorici e filosofi, godono di considerazione sociale e culturale - come succede in Catalogna -, e si trovano in buone relazioni con i circoli intellettuali fin-de-siècle più prestigiosi di Parigi.
Fondamentalmente l'anarchismo francese, che il pedagogo d'Alella vive con grande intensità, è un laboratorio di idee dove non solo si rielaborano i principi di Pierre-Joseph Proudhon o il discorso apolitico di Anselme Bellegarrigue; qui si ricevono anche le idee dell'individualismo anarchico liberale, che è adattato a un positivismo radicalizzato e quasi fanatico, proprio del liberopensiero contemporaneo ed evoluzionista di Kropotkin.
Quest'ultimo è, tra l'altro, uno scienziato e collaboratore dell'Encyclopedia Britannica e conferenziere richiesto dalle università nord americane. In ogni caso, a partire dall'ecclettismo delle sue influenze, Ferrer è difficile da etichettare.

Con un talento straordinario al quale si aggiunge la facilità  di apprendere le lingue, Ferrer non fatica a ottenere riconoscimenti. Interessato a temi educativi, mentre comincia a lavorare come professore di spagnolo al Lycée Condorcet, presso l'Associació Filotècnica e alla Secció Educativa del Temple (massonico), elabora un manuale scolastico -L'Espagnol Practique- con contenuti sociali ideologicamente impegnati, che avrà un certo successo con due edizioni (1895 e 1897). Influenzato indubbiamente dalle concezioni stirneriane e anarco-liberali nordamericane, comincia a credere che nessuna insurrezione violenta possa portare a una società più giusta. Solo il cambio di mentalità collettiva, generata partendo dall'educazione, può essere alla base di una trasformazione sociale in direzione di maggior giustizia e fratellanza. Come direbbe Ricardo Mella, pensatore e militante anarchico (1861-1925): "La libertà come base, l'eguaglianza come mezzo, la fratellanza come fine".
Sarà allora – e soprattutto quando si unisce volontariamente a una giovane maestra di inquietudini pedagogiche, Léopoldine Bonnard – che inizierà a concentrarsi sull'attività docente e a conoscere le novità pedagogiche che a quel tempo giravano nel continente europeo.

Massoneria, Terza Repubblica, anarchia e intellettualità fin-de-siècle generano un'effervescenza pedagogica non sempre ben compresa dagli analisti di Ferrer. Malgrado altre influenze politicamente più neutre, è noto che le esperienze in campo educativo del  pedagogo e internazionalista Paul Robin siano stati gli elementi più influenti e stimolanti nella costruzione del progetto ferreriano. Segno della stretta relazione tra i due maestri fu il fatto che Ferrer lo introdusse nei circoli liberopensatori catalani. Robin finirà per trasferirsi a Barcellona, collaborando strettamente con colui che sarà il suo anfitrione, Luis Bulffi, primo presidente dell'Ateneu Enciclopèdic Popular (un'associazione culturale libertaria tuttora attiva), capo dei neomalthusiani spagnoli e proprietario della clinica Salud y fuerza, di Barcellona. Bulffi si mostrerà capace di coordinare un nucleo di attivisti come Mateu Morral, il medico andaluso Pedro Vallina e altri.

Le iniziative educative dei liberopensatori francesi, in cui si rispecchierà Ferrer, non disponevano di appoggi istituzionali. Al contrario, la causa del loro fallimento in Francia è dovuta al successo della riforma educativa del ministero Férry (del 1879-1880 e 1882) che diede impulso, come padre fondatore della Terza Repubblica francese, alla scuola pubblica secondo la trilogia "gratuita, laica e obbligatoria".
Lo Stato si dedicò a un tipo di educazione ufficializzata, centralizzata e organizzata, con maestri ben preparati e sotto lo stretto controllo statale.
La Repubblica francese, insieme al servizio militare universale e a un'amministrazione efficiente, voleva istituire con la scuola pubblica il terzo pilone della "nazione francese forte e unita".
Una volta espulsa la Chiesa dalla mansione educativa, non vi era più spazio per un'iniziativa privata e indipendente, la scuola pubblica diventava di fatto un monopolio. D'altra parte i progetti Robin-Faure-Ferrer avevano a disposizione un campo fertile nell'educazione precaria e riservata a pochi di una Spagna sotto la Restaurazione monarchica che durava dal 1874, un regime corrotto, inefficiente e sottomesso alla Chiesa cattolica. Le Universités Populaires saranno un'altra esperienza francese che Ferrer fece sua. Sebbene prive di una componente esclusivamente anarchica, gruppi di attivisti sociali, in buone relazioni con intellettuali e professori di Lycée e universitari, organizzavano corsi notturni e domenicali per adulti.

Un destino sorprendente permetterà che le ispirazioni e le idee educative del pensatore di Alella si materializzino. Una delle sue alunne di spagnolo, Ernestine Meunier, alla quale era legato da una solida amicizia e Leopoldine Bonnard, nuova compagna di Ferrer, insistettero affinché i progetti e le vecchie aspirazioni divenissero realtà. Incominciarono perciò a progettare una scuola di carattere laico a Barcellona nella quale mettere in pratica le ultime innovazioni in campo educativo.
La coppia, insieme alla Meunier, intraprese diversi viaggi alla ricerca di aiuti, collaborazioni e contatti con diversi educatori europei, in particolare belgi o vecchi internazionalisti conosciuti da Ferrer nella sua carriera scientifica, come il naturalista libertario Kropotkin e il geografo Eliséè Réclus. La morte improvvisa della Meunier consegnò un'eredità notevole a Ferrer e questo fatto significò disporre della somma necessaria per concretizzare ciò che era stato una specie di sogno.

Un mercato vergine. Catalogna e le non-politiche educative

A differenza della Francia, che possedeva una scuola pubblica potente e avanzata, a Barcellona qualsiasi iniziativa privata di scuola laica con metodi innovativi poteva contare su un successo assicurato. Lo Stato spagnolo della Restaurazione, in vigore per quasi cinquant'anni, diventava chiaramente inefficace nel momento in cui avrebbe dovuto generare istituzioni per creare una coscienza nazionale e un minimo di consenso sociale. Il fallimento della non-politica educativa del governo si manifestava e si rifletteva nell'elevata percentuale di bambini privi di scolarizzazione e nel tasso di analfabetismo, stimato nel 1900 al 63,8%.

Malgrado la nascita, nello stesso anno, del Ministerio de Instrucción Pública vigeva tuttavia in Spagna una obsoleta legge del 1857. Lo Stato lasciava nelle mani dei Comuni (peraltro senza risorse) la gestione dell'insegnamento, i maestri venivano pagati malissimo – quando riuscivano ad avere lo stipendio –, la formazione dei docenti risultava più che precaria e l'unica preoccupazione governativa era centrata sulla formazione religiosa mentre la scolarizzazione primaria difficilmente superava i tre o quattro anni, e veniva impartita, in generale, dai sei ai dieci anni. Questo ovviamente va riferito all'ampia popolazione rurale o proletaria, perché la classe media godeva di un'educazione privata che principalmente dipendeva dalla Chiesa cattolica.

Il regime della Restaurazione si fondava sulle sistematiche manipolazioni elettorali che garantivano un certo controllo politico e sociale. Per realizzare questo obiettivo di stabilità, la relazione con la Chiesa cattolica diventava una premessa fondamentale. A causa del disinteresse dello Stato, la Chiesa si ergeva come la grande e quasi unica amministratrice del sistema educativo. In seguito ai processi di esproprio e vendita dei beni ecclesiastici del 1836 e del 1855 (la desamortización), con cui lo Stato procedette alla privatizzazione dei terreni delle istituzioni religiose, si compensò materialmente la chiesa cattolica e i suoi ordini monastici con la tacita concessione del monopolio educativo della classe media e alta. Lo Stato quindi creò le premesse, in primo luogo, per dare agli ecclesiastici un'attività commerciale e, in secondo luogo, per rafforzare l'influenza sociale clericale.

A tutto ciò bisogna sommare le conseguenze della riforma Ferry della Terza Repubblica in Francia. La volontà di creare una scuola laica e nazionale significò togliere alla Chiesa francese le sue numerose scuole e l'influenza tradizionale, in sostanza essa perdeva qualsiasi possibilità di gestire l'istruzione. Questo fatto provocò una numerosa migrazione di ordini religiosi dedicati essenzialmente all'istruzione verso altri paesi, in buona parte verso l'Italia e la Spagna e soprattutto verso la Catalogna, per la vicinanza geografica e per i contatti storicamente mantenuti con Barcellona. Lo Stato spagnolo accolse a braccia aperte i religiosi espulsi perché erano in grado di coprire le carenze in materia di politica educativa. Da parte loro, monaci e monache esiliati manifestavano un notevole risentimento contro il repubblicanesimo laico della componente massonica di Ferry e di buona parte dei membri del governo francese. Misero quindi in allerta i circoli clericali catalani contro il libero pensiero e ogni posizione che potesse essere ricondotta al laicismo.

Barcellona, come altre città catalane, era conosciuta per una notevole presenza repubblicana. Classi medie laiche, con un profondo sentimento – e spesso anche pratica – anticlericale, di frequente con influenze politiche e sociali, accoglievano, anch'esse a braccia aperte, qualsiasi iniziativa che togliesse il monopolio dell'educazione al potere ecclesiastico. Esistevano differenze importanti tra la metodologia delle diverse imprese educative religiose: scolopi, gesuiti, domenicani, maristi, ecc. ma restava un grave vuoto nel sistema scolare barcellonese. Ferrer lo avrebbe colmato. I suoi contatti, specialmente quelli che gli conferivano la condizione di liberopensatore, le capacità sociali e soprattutto i suoi fondi lo avrebbero aiutato in molti progetti.

Un progetto globale, un "successo imprenditoriale"

Si è dibattuto a lungo se la Scuola Moderna costituisse un modello innovativo e originale o piuttosto si trattasse dell'emulazione eclettica di altre esperienze nell'ambito della pedagogia europea, svincolata dall'insegnamento tradizionale, sia statale sia legato a ordini religiosi. Secondo le proposte del Comitato per l'insegnamento anarchico, fondato a Parigi nel 1890, nella Scuola Moderna ci sono anche elementi presenti nella Scuola Nuova, in pedagoghi come Maria Montessori e nella difesa del metodo intuitivo teorizzato da Pestalozzi. La Scuola di Ferrer adotta tecniche e pratiche comuni alla maggior parte delle esperienze di rinnovamento pedagogico del periodo: sostituzione dei libri di testo con testi specifici, classi magistrali per la sperimentazione diretta, co-educazione di genere e di classi sociali, sospensione dei dogmi e pregiudizi (il che vuol dire laicismo), nonché il gioco come mezzo significativo d'istruzione. L'obiettivo, in ogni caso, è quello di formare spiriti critici e persone con sensibilità emozionali e sociali. In questo senso, troviamo poco di eccezionalmente proprio o che la renda diversa e singolare rispetto ad altre esperienze, compreso il moderato rinnovamento pedagogico portata avanti dal Comune barcellonese.

Ferrer non presenta, dunque, un progetto del tutto originale sebbene offra un disegno globale, fondato sull'esperienza francese, vincolata all'anarchia e al libero pensiero. La preoccupazione dell'élite del potere barcellonese, il settore più conservatore e guidato da una Chiesa con forti interessi economici, è legata al fatto che non si tratta di un'iniziativa isolata. La Scuola Moderna conta infatti su un ampio consenso nella città catalana anche in ambienti borghesi progressisti illustri e, a differenza dell'anarchismo attivo nel movimento operaio, ha una presenza importante persino nella borghesia più aperta al rinnovamento.

In particolare la Chiesa cattolica è allarmata per l'evidente connessione del libero pensiero, laico, massonico e repubblicano, con l'anarchia più filosofica e culturale. Vi è un mercato potenziale, fornito specialmente dalla numerosa classe media laica e progressista barcellonese che cerca una proposta efficace per sperimentare nuovi metodi pedagogici generatori di grandi aspettative. Inoltre, esiste una componente sociale di considerevole simpatia in un momento di collaborazione repubblicano-libertaria. Per quanto si tratti di una scuola privata, in teoria, l'immatricolazione e la retta mensile è progressiva in funzione del reddito familiare e in taluni casi, vi assistono alunni stipendiati del tutto dall'istituto. Questo non è un comportamento inusuale. Anche alcuni centri religiosi lo seguono ma la novità risiede nella co-educazione, nel senso che le classi sociali condividono le aule in condizione d'uguaglianza, senza alcuna differenza, come al contrario succede spesso nei centri gestiti da religiosi dove è mantenuta la gerarchia sociale.

Inaugurata l'8 settembre del 1901 all'interno di spaziosi locali del Carrer Bailén, in una delle zone più quotate dell' Eixample, il rione nuovo e migliore della città (e circondata da centri religiosi), la scuola di Ferrer apre le sue porte per accogliere 30 alunni. Il numero di iscritti man mano crescerà e nel 1905 lo stesso Ferrer inaugurerà una succursale a Vilanova i la Geltrú. Altre scuole non vincolate da legami istituzionali, sebbene chiaramente ispirate all'esperienza ferreriana, si fonderanno in giro per la Spagna, specialmente in Catalogna, nel Paese Valenziano e Baleari, fino ad arrivare al punto che in molti istituti si useranno i volumi della casa editrice della Scuola Moderna, ne adotteranno il nome e manterranno contatti e una stretta corrispondenza con quella che farà loro da riferimento centrale, la Scuola Moderna del Carrer Bailén.

Nel proprio progetto globale, Ferrer dimostra che il suo ambizioso disegno non conosce limiti. Così possiamo spiegare la nascita del Boletín de la Escuela Moderna, un mensile di propaganda culturale, indirizzato alle famiglie, ai maestri e contenente articoli e traduzioni di Paul Robin, Maxim Gorki, Lev Tolstoi, Piotr Kropotkin o Herbert Spencer, noti divulgatori di pensiero scientifico coniugato a una sensibilità sociale. Questi principi  godranno di grande prestigio e influenza nelle altre scuole private laiche. La stessa funzione avranno altri testi della casa editrice della Scuola Moderna, che pubblicherà più di quaranta volumi di varia tematica.

A inizio secolo, Ferrer cerca di attirare verso di sé il movimento popolare libertario più forte, quello operaio. Sebbene mantenga un'eccellente relazione con gli anarchici più puri e filosofi, come Joan Montseny o Anselmo Lorenzo, egli vede nell'anarcosindacalismo la confluenza delle forze ideologiche libertarie e dell'attivismo sindacale. La loro unione potrebbe spingere per una rivoluzione che porti a una profonda trasformazione sociale. Questo obbiettivo lo perseguirà finanziando, quasi da solo, il giornale "La Huelga General" (Barcellona 1901-1903, 21 numeri).
Secondo l'opinione degli ecclesiastici barcellonesi e dei settori vicini alla Chiesa, Ferrer si è ormai spinto troppo lontano. Bisogna fermarlo in qualche modo.
Successo imprenditoriale, problemi politici

Sembra un paradosso, ma il grande successo della Scuola Moderna – che bisogna valutare anche come un successo imprenditoriale nel contesto della disputa del mercato educativo barcellonese dinnanzi alla negligenza statale –, porta ad un insuccesso politico. La corrispondenza di Ferrer e i suoi scritti comunicano la volontà di trasformare la realtà verso una società ugualitaria, repubblicana, laica e con una struttura socio economica fondata sui principi più o meno kropotkiniani. I mezzi sarebbero il cambio di mentalità e l'educazione rivoluzionaria (da qui il termine Scuola Moderna nei confronti del "mondo antico" rappresentato dalla borghesia e dalla Chiesa), senza rinunciare ai nuovi metodi sui quali confidano i suoi amici anarchici francesi (tra cui lo sciopero generale) e nemmeno al suo passato rivoluzionario.

Nell'agitato venerdì santo del 1906, Mateu Morral (1880-1906), bibliotecario della Scuola del Carrer Bailén, compì a Madrid un attentato contro il re Alfonso XIII il giorno del suo matrimonio, il 31 maggio. Dalla pensione che aveva preso in affitto nella Calle Mayor, lanciò una bomba fabbricata in casa, nascosta in un mazzo di fiori, sulla comitiva reale. La sorte volle che la fune elettrica del tram della Calle Mayor deviasse la traiettoria dell'artefatto verso la folla, sulla quale scoppiò, causando ventiquattro morti e un centinaio di feriti. Il fatto che Morral si suicidasse prima di essere catturato e interrogato, diede ai nemici della Scuola Moderna una grande opportunità. Morral, un ingegnere, figlio di fabbricanti tessili di Sabadell, con una sorella che era stata alunna della Scuola Moderna, uomo colto e viaggiatore, entusiasta di Ibsen e Nietzsche, era un anarchico convinto, vincolato ai gruppi neomalthusiani vicini anche a Robin, Bulffi e certamente Ferrer. La stampa conservatrice puntò subito il dito sul fondatore della Scuola Moderna. Si cercò consapevolmente lo scandalo per vituperare Ferrer e la sua opera. La Scuola Moderna venne chiusa, come altre decine di centri laici, connessi e non al nome di Ferrer, il quale venne imprigionato preventivamente in attesa del giudizio.
Privo di mezzi economici – i suoi beni vennero confiscati – perse l'influenza di cui godeva qualche settimana prima. Era la paura o una vera e propria "caccia alle streghe" ciò che stava succedendo nel 1906? Certo è che la ragione dell'imprigionamento del pedagogo fece più scalpore all'estero. Molto di più. Era ancora vivo il ricordo dei Processi di Montjuïc. Dieci anni prima, l'attentato di Carrer de Canvis Nous aveva portato un' indiscriminata persecuzione contro gli elementi libertari e repubblicani. La manovra repressiva era finita con quattrocento detenuti, vittime di terribili torture, ventotto pene capitali (ne vennero eseguite solo cinque per le pressioni internazionali). I giudizi penali si svolsero senza alcuna garanzia mentre l'assassinio reo confesso, un francese di nome Girault, era fuggito in Argentina.

Così dunque l'imprigionamento di Ferrer nel 1906 provocò la mobilitazione dei suoi compagni e amici francesi, belgi e inglesi. Essi organizzarono una forte campagna che denunciava la Nuova Inquisizione spagnola. La stampa parigina già parlava dell'affaire Ferrer, riconducendolo al famoso caso del capitano Dreyfus, (l'ufficiale ebreo accusato di tradimento e assolto per l'impegno dell'opinione pubblica). Ferrer rimase imprigionato a Madrid per un anno intero - da giugno del 1906 a giugno del 1907 -, finché venne assolto durante il giudizio per mancanza di prove. I suoi amici, ad eccezione di Montseny, Lerroux o il suo avvocato Emiliano Iglesias, lo avevano però abbandonato. Perfino alcuni anarchici mostravano una certa diffidenza, probabilmente dovuta al fatto che, in fin dei conti, si trattava di un uomo ricco e riservato. I repubblicani erano dispiaciuti perché egli si era negato a collaborare con alcuni dei loro piani. I massoni definivano "indecente" il suo comportamento familiare. Le scuole laiche ancora aperte, come la moderata Institución Libre de Enseñanza, lo consideravano un individuo inflessibile ed eccessivamente dogmatico. La sua liberazione, mentre la Scuola continuava a rimanere chiusa e i suoi affari bloccati, lo spinse di nuovo a un esilio volontario nel 1907.

Alla fine della sua vita, prima degli avvenimenti che lo portarono alla morte, viaggiò per diversi paesi dove si erano tenute delle campagne per la sua liberazione. Egli ottenne con questi contatti intensi e plurimi un prestigio internazionale più che notevole. Dal 1906 i suoi ammiratori si moltiplicarono. Questi affetti, sommati alla sua tragica – e palesemente ingiusta – morte, lo faranno diventare un vero e proprio mito. Anche a Barcellona, niente più sarà come prima.

La creazione del mito. Vittorie e sconfitte postume

Il terrore esercitato a Montjuïc, El castillo maldito, torna a incidere sulla storia catalana ed europea. La parodia della giustizia messa in atto dal Consiglio di guerra il 9 ottobre 1909 e la sua esecuzione, quattro giorni dopo, confermarono una decisione presa in anticipo. La gerarchia cattolica barcellonese e la borghesia di Prat de la Riba (un dirigente dei conservatori catalani), indicarono Ferrer come unico responsabile della strana, e per loro inspiegabile, reazione d'ira popolare della "Settimana Tragica". Questo piano di criminalizzazione fu denunciato da Joan Maragall, noto poeta progressista barcellonese, uno dei pochi che difese Ferrer nella sua opera Ciutat del Perdó. Chi voleva un capro espiatorio esagerava o inventava i suoi "peccati" per i quali bisognava punirlo, gli altri sottolineavano le sue virtù e idealità. Venne ripetuta, in parte, la situazione del 1906. Anche per la durezza della repressione militare dell'agosto 1909, che aveva causato più di un centinaio di morti, le iniziative di protesta contro la condanna a morte non furono molte a Barcellona. Pochi protestarono tra i repubblicani e gli intellettuali che lo avevano accolto con entusiasmo. Molti, tra gli amici e conoscenti stranieri considerarono la sua fucilazione come ulteriore conferma del carattere inquisitorio del regime spagnolo. Essi constatarono così l'esistenza di una Spagna Nera, espressa e condannata in molteplici manifestazioni in giro per il mondo, e infine realizzarono un'intensa campagna di riconoscimenti postumi sotto forma di monumenti e lapidi in suo ricordo.

Probabilmente la morte di Ferrer accelerò il processo di decomposizione del sistema politico della Restaurazione. Si tenga conto che, in seguito alle proteste internazionali, il governo del conservatore Maura fu costretto a dimettersi. Inoltre si rafforzò l'avversione contro la Chiesa e l'insegnamento religioso all'interno dei movimenti progressisti e del movimento anarchico, fino al punto di adottare il pedagogo catalano come emblema educativo in grado di rappresentare una mobilitazione ancor più anticlericale. Ferrer e la scuola razionalista diventeranno un marchio di prestigio che accompagnerà diverse iniziative educative con nesso comune nel laicismo e nella co-educazione, malgrado vi sia presente una diversità di stili pedagogici e metodologici. Ferrer sarà logicamente un punto di riferimento durante la rivoluzione del 1936. I conventi bruciati e l'occupazione delle scuole da parte del CENU (Consell de l'Escola Nova Unificada, organo rivoluzionario della nuova istruzione), potrebbero considerarsi il secondo capitolo di una storia tormentata.
Per molti anni dopo il 1909 la rete di scuole religiose cercherà di difendersi per conto proprio e vedrà con molta apprensione qualsiasi iniziativa che potesse mettere in pericolo la propria esistenza ed egemonia, per lo meno tra le classi dominanti. Come altre  conseguenze della "Settimana Tragica", dopo il 1909 e il 1939, una buona parte della Chiesa, considererà l'istruzione come proprio bottino di guerra al quale non intenderà rinunciare per nessun motivo. Lo Stato e le autorità educative dovranno navigare tra le due inconciliabili tendenze. Tutt'oggi ne portiamo con noi la pesante eredità storica e ideale nel conflitto tra scuola clericale e scuola laica.
Xavier Diez
storico catalano

Traduzione, di Alejandra Glavina, di parte di un saggio scritto per "Afers", rivista specializzata di storia.

Xavier Diez (Barcellona, 1965) è storico e giornalista, operatore psicopedagogico e sindacalista. Ha pubblicato molti libri e saggi sull'anarchismo catalano, sulla transizione postfranchista e sull'esilio antifranchista. È autore di un'importante ricerca sull'anarchismo individualista in Spagna (1923-1938) edita da Virus a Barcellona nel 2007. Ha scritto inoltre vari volumi di poesia.

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