In Europa la popolazione detenuta è in crescita costante
così come tutta la cosiddetta "area del controllo penale",
secondo una dinamica che pare ricalcare – sebbene in misura ancora
ridotta – il modello americano di carcerazione di massa che si è
andato sviluppando senza soluzione di continuità negli ultimi
trent'anni (vedi Gulag Americano, UN n. 33). I detenuti sono
circa seicentomila, e praticamente ovunque le carceri sono
sovraffollate, in particolare in Grecia, dove i detenuti son circa il
160% della capienza.
L'Italia, va da sé, non sfugge alla regola: ad oggi i reclusi
sono più di 63.000 – con un aumento di circa mille persone al
mese – a fronte di una cosiddetta "capienza tollerabile" di 42.890
posti letto.
La "soluzione" a tutto ciò l'ha illustrata il Ministro Alfano:
nuove carceri, per un totale di 17mila nuovi posti letto entro il 2012.
I reclusi vivono in condizioni spesso disumane e, quel che è
più grave, nell'indifferenza quasi generale. Non mancano
è vero i solidali che provano a far sentire il proprio appoggio
da fuori, ma raramente le proteste dentro e fuori le sbarre riescono a
rompere il muro del silenzio. Gli ergastolani sono quasi 1500.
Più della metà dei reclusi è in attesa di condanna
definitiva, presunti innocenti privati preventivamente della propria
libertà. Una persona su tre è dietro le sbarre per reati
contro il patrimonio. Solo il 15% circa per reati contro le perone.
Quasi il 40% sta scontando una pena per reati connessi alle droghe,
percentuale che dall'introduzione della legge Fini-Giovanardi si sta
innalzando senza freni. I detenuti stranieri sono quasi la metà
dei reclusi, aumentati di netto dal varo della Bossi-Fini a oggi.
Nelle galere, così come nei CIE, le condizioni disumane
significano violenze, soprusi, pestaggi. É lì dentro che
la bestialità delle divise si sfoga vigliaccamente, senza freni.
Dalle case circondariali di Genova, Brescia, Savona, Livorno, Torino,
Velletri, Favignana, Sassari, Bolzano, a Regina Coeli, all'Ucciardone
innumerevoli sono le testimonianze di violenze, in alcuni casi di
pestaggi finiti con la morte del recluso.
Marcello Lonzi, Aldo Bianzino: nomi e storie di reclusi ammazzati dallo
stato, conosciuti per la tenacia di amici, familiari e compagni che
sono il simbolo di tanti altri casi taciuti: nella casa circondariale
di Genova il 20 luglio 2008 viene trovato morto un ragazzo di 22 anni.
Il suo corpo è coperto di lividi e di sangue, pochi giorni prima
aveva scritto a sua madre: "(...) mi ammazzano di botte una volta alla
settimana". L'11 settembre dello stesso anno muore all'ospedale di
Velletri un detenuto di 41 anni, arrestato per il furto di una
bicicletta. Prima di morire incolpa esplicitamente gli agenti di averlo
picchiato. La causa del decesso è un'emorragia interna dovuta a
un grave danno alla milza. L'uomo aveva anche due costole fratturate
[Vedi rapporto Antigone 2008].
Nei CIE le violenze quotidiane sono forse anche peggiori: da Bari a
Gradisca, da Bologna, a Roma, a Torino a Milano, le cronache e il
lavoro di controinformazione dei compagni e delle compagne riesce, a
volte, a rompere il silenzio. La disperazione porta spesso i reclusi ad
atti di autolesionismo. Segni di protesta immani, urla di dolore che
non possono non essere sentite, spesso senza ritorno: nel 2007 ci sono
stati 45 suicidi e oltre 600 tentativi di suicidio nelle carceri
italiane. Questa è la legge, questa la "giustizia".
RedB