Umanità Nova, n.35 dell'11 ottobre 2009, anno 89

Nucleare: un affare per pochi, un allarme per tutti


Il 31 luglio '09 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la "Legge Sviluppo". Il complesso di provvedimenti, che è presentato come un piano di sviluppo economico per far uscire l'Italia dalla crisi, si articola in tre blocchi, con norme indirizzate alle imprese, ai consumatori e al settore energetico. E' in particolare su quest'ultimo che c'interessa indagare visto che grande spazio è riservato al rilancio del nucleare. Prima di addentrarci in questa "nuova era" è utile un breve riferimento al passato. Era il 1987 quando, in seguito alla pressione dell'opinione pubblica, alle mobilitazioni antinucleari e agli esiti del referendum, i governanti di allora furono costretti ad abbandonare lo sviluppo dell'energia atomica entro i confini dello stivale. Sospesa la costruzione di nuove centrali, una dopo l'altra, vennero chiuse quelle in funzione. Sono trascorsi più di vent'anni, i siti che ospitavano le centrali e gli impianti collegati sono ancora sottoposti alle procedure di decommissioning (smantellamento e messa in sicurezza), montagne di soldi spesi, ma i principali problemi sono ancora sul e sotto il tappeto. Manca, infatti, un sito definitivo in cui stoccare i rifiuti radioattivi, molti degli impianti interessati dall'esperienza nucleare italiana sono ancora potenzialmente pericolosi e lontani da una completa dismissione. Nonostante queste premesse, gli strateghi dell'attuale governo ritengono che i tempi siano maturi per rilanciare l'opzione nucleare.
In queste note può essere utile esaminare la situazione attuale in relazione alle novità introdotte con la legge appena approvata.
La campagna mediatica
Negli ultimi anni, a più riprese, è stato preparato il terreno per la riabilitazione dell'energia da fissione atomica. Si può partire dall'emergenza black-out, ovvero l'interruzione della fornitura elettrica, verificatasi su larga scala in un paio di occasioni, che è stata utilizzata, indipendentemente dalle reali cause che l'avevano provocata, per paventare l'insufficiente produzione energetica sul territorio nazionale. Le ricorrenti crisi nell'approvvigionamento del gas russo a causa delle interferenze ucraine è servita a sottolineare l'inaffidabilità delle forniture dall'estero. Il continuo richiamo alla necessità di acquistare energia elettrica dalla Francia, che con le sue 50 centrali ne produrrebbe in quantità eccedenti e a basso costo, ha veicolato l'idea dell'economicità di questa fonte. Come rimanere impassibili poi, di fronte alla "nuova sensibilità ambientale" secondo cui col nucleare si ridurrebbero le emissioni di CO2 , in sintonia con le indicazioni del protocollo di Kyoto? Nella stessa ottica, strumentale, si collocano gli appelli alla diversificazione delle fonti, (incredibili visto che provengono da chi ha depistato i fondi delle energie rinnovabili per sostenere l'incenerimento dei rifiuti), così come il richiamo alla spinta occupazionale che deriverebbe dalla costruzione dei nuovi impianti che, ovviamente, garantirebbero massima sicurezza per il livello tecnologico raggiunto dai reattori di nuova generazione.
Ho voluto elencare i principali temi che, prima diluiti in un ampio arco temporale, verranno fra poco riproposti con ritmo martellante per sostenere il concreto tentativo di passare dalle parole ai fatti, con l'individuazione dei siti destinati sia alla costruzione delle centrali sia ai depositi dei materiali radioattivi.
Molte di queste ipotesi filonucleariste sono già state "smontate" attraverso le pagine di questo giornale, ma sarà certamente utile preparare una seria attività di controinformazione per demolirle nuovamente.
Per chi avesse dei dubbi su quest'ultimo passaggio, riportiamo uno stralcio dalla legge che testualmente indica che è necessario prevedere: «nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo, di una opportuna campagna di informazione alla popolazione italiana sull'energia nucleare, con particolare riferimento alla sua sicurezza e alla sua economicità, come pure di opportune forme di informazione diffusa e capillare per le popolazioni, e in particolare per quelle coinvolte, alfine di creare le condizioni idonee per l'esecuzione degli interventi e per la gestione degli impianti».
Le norme legislative
Nell'art. 25 si legge : «Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative procedure, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate».
Quindi sei mesi di tempo per i decreti attuativi (entro gennaio 2010), non è neppure nascosta l'intenzione di "comprare" il consenso delle popolazioni con le cosiddette misure compensative come dire…. voi ci fate costruire la centrale e noi vi riduciamo le tasse, rimettiamo a nuovo lo stadio, costruiamo l'ospedale e, se state tranquilli, anche la piscina con lo scivolo.
Per le situazioni meno accondiscendenti la legge prevede che siano determinate «le modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione», al di là delle interpretazioni costituzionali è chiaro che il governo centrale si premura affinché sia possibile evitare ostacoli frapposti dalle istituzioni regionali o comunali. E se fossero le popolazioni a bloccare i lavori? E' già prevista la «possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione». Vale a dire… signori miei attenzione che vi mandiamo l'esercito, sì, lo stesso che è intervenuto per riaprire le discariche in Campania, sì lo stesso che, pattugliando le strade e le piazze delle città, ci "protegge dall'insicurezza". I militari, tra una missione di pace e l'altra, possono anche intervenire in patria, per fare "ingoiare il rospo radioattivo ". Per abbreviare i tempi, è inoltre garantita una notevole semplificazione delle autorizzazioni poiché, «la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare (…) e tutte le opere connesse sono considerati attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente» .
Il ministro dello Sviluppo economico e quello dell'Economia avranno il mandato di ridefinire i compiti e le funzioni della Sogin, società che fino ad ora si è occupata di gestire l'uscita dall'esperienza nucleare. Un decreto della presidenza del consiglio dei ministri nominerà un commissario e due vice commissari per la società. Mentre il C.d.A. è decaduto con l'entrata in vigore della legge.
Contemporaneamente al commissariamento della Sogin, la legge istituisce «l'Agenzia per la sicurezza nucleare. L'Agenzia svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari provenienti sia da impianti di produzione di elettricità sia da attività mediche ed industriali, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica».
Un'agenzia che, di fatto, avoca a sé e regolamenta tutti gli aspetti del problema. I sinceri democratici potrebbero attendersi che per tale somma di compiti sia necessaria, al vertice della stessa, una rappresentanza super partes che offra il massima delle garanzie, …rimarranno delusi perché quest'organo, definito, «collegiale è composto dal presidente e da quattro membri. I componenti dell'Agenzia sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri designa il presidente dell'Agenzia, due membri sono designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e due dal Ministro dello sviluppo economico.»  Quindi, alla presidenza chi ci mettiamo, Mariastella o Renato? Un'alternativa da brivido!  Al di là delle battute, c'è veramente poco da ridere.
Interessi economici
Enormi sono gli interessi economici del business che si muove dietro l'opzione nucleare. Sia sufficiente ricordare che le compagnie del settore si sono già messe al lavoro.
Lo scorso 4 agosto un comunicato congiunto ENEL–Edf annunciava «il primo, decisivo passo avanti nella realizzazione del progetto nucleare italiano» con la costituzione di una joint-venture (che ha preso il nome di Sviluppo Nucleare Italia srl con sede a Roma). Suo scopo è di produrre gli studi di fattibilità per la realizzazione di quattro impianti con la tecnologia di terza generazione Epr (la stessa di Flamanville, una centrale alla cui costruzione già collaborano la francese Edf, più grande produttore al mondo di energia dall'atomo, ed ENEL). ENEL, dal canto suo, si era riaffacciata sul mercato europeo con le acquisizioni dell'ex monopolista della Slovacchia e della spagnola Endesa. Se tutto dovesse filare liscio, la costruzione degli impianti potrebbe iniziare nel 2013, con l'inizio della produzione a partire dal 2018 - 2020, a quel punto Sviluppo Nucleare Italia si farebbe da parte aprendo alle singole società di gestione.
Per il momento, altre società come Edison ed A2A sono ferme, mentre è stata annunciata una nuova alleanza fra Westinghouse Electric Company (targata USA), Ansaldo Nucleare e Fondazione Energylab. I tre soggetti hanno firmato un protocollo di accordo in materia di "informazione e formazione sulla tecnologia dei reattori ap1000 nell'ambito del programma nucleare in Italia".
Siamo comunque nell'ambito degli studi preliminari perché per il passo successivo sono necessari capitali ingenti e qualche certezza in più; una centrale da 1.600 MW come quella di Flamanville, analoga a quelle previste in Italia, costa circa 4,5 miliardi di euro.
La politica
Subito dopo l'approvazione della legge, il ministro Scajola sosteneva che: «Già alcune Regioni e parecchi Comuni si sono dichiarati disponibili» .«Faremo una mappa, ma definiremo solo le esclusioni lasciando libere le imprese di proporre i siti dove costruire le centrali», aggiungeva al meeting di CL di Rimini il suo sottosegretario, Stefano Saglia.
Mentre il ministro ribadiva l'obiettivo di arrivare a un mix di fonti di energia con il 25% di nucleare, il 25% di rinnovabili, ed una discesa al 50% per il fossile, sottolineando che: «Oggi importiamo l'86% del nostro fabbisogno energetico e paghiamo l'elettricità il 30% in più rispetto ai principali Paesi europei», l'amministratore delegato ENEL, Fulvio Conti, affermava: «Non chiederemo allo Stato né incentivi, né sussidi ma ci affideremo al mercato». Subito dopo però, evidenziava che per rassicurare gli investitori che anticiperanno i capitali necessari: «occorre una soglia minima garantita nelle tariffe di vendita». Ma se sono sicuri che la produzione di energia sia così conveniente con le nuove centrali, perché vogliono garantirsi un prezzo politico?
Sarebbe poi interessante sapere come si coniuga l'ipotesi di un sostegno statale con le considerazioni del ministro dell'economia Tremonti che ha già dichiarato che non ci sono soldi a sufficienza per partire con i nuovi impianti.
Comunque sia, circola già qualche nome delle località individuate come adatte all'installazione delle centrali. Del resto, per le caratteristiche del territorio italiano, se si escludono le zone a rischio sismico, se si considera la necessità di disporre di costante portata d'acqua e si garantisce una minima distanza dai centri abitati, le aree papabili non sono poi molte. Per quel che ci riguarda, non è però questione di un posto piuttosto che un altro, la corsa al nucleare va fermata, punto.
Rimanendo in ambito istituzionale non pare ci sia tutta questa voglia di candidarsi ad accogliere le centrali. È di qualche giorno fa la notizia dei ricorsi contro il governo di diverse Regioni: Toscana, Calabria e Piemonte. Sarebbero pronti anche quelli di Emilia, Liguria e Puglia che ritengono inaccettabile, in assenza di un'intesa con la Regione, che il governo proceda nell'individuazione dei siti a prescindere dai piani energetici regionali e grazie ad una legge considerata anticostituzionale.
Anche in Sardegna, regione conquistata recentemente dal centrodestra, il neoeletto presidente Cappellacci ha firmato un accordo con il Partito Sardo d'Azione per denuclearizzare la regione. In Lombardia, altro feudo Pdl, Formigoni si limita ad un non proprio entusiasmante «vedremo, valuteremo, verificheremo». Il Veneto che si era distinto all'inizio con le dichiarazioni favorevoli del governatore Galan ha visto recentemente i leghisti prendere le distanze dal PdL con un voto di astensione nei confronti di una mozione presentata dall'opposizione cui si accompagnava l'esplicita dichiarazione del capogruppo in camicia verde, Roberto Ciambetti che, in aula, esprimeva la contrarietà del Carroccio alla collocazione di una futura centrale nel Veneto: «È bene farle dove servono - ha detto - cioè non qui da noi».
Per chiudere, citiamo la posizione di D'Alema che, nuclearista convinto, s'inventa però una scappatoia sostenendo che: «Ora è sbagliato affidarsi ai francesi perché ci offriranno un prodotto tecnologicamente obsoleto e lo sarà ancora di più nel 2020 quando le centrali dovrebbero entrare in funzione». L'ex premier ha spiegato che lo Stato dovrebbe utilizzare le risorse da investire per la ricerca del nucleare di nuova generazione. Insomma, tutti hanno una tremenda paura di veder barcollare il loro potere in seguito ad un abbraccio troppo stretto con il nucleare.
Tra un distinguo e l'altro dei politici di professione toccherà al movimento antinuclearista, ai militanti di base, ribadire tutte le ragioni del "no nuke", servirà tutta la nostra determinazione per organizzare la controinformazione perché, riprendendo un vecchio slogan, "meglio attivi oggi che radioattivi domani!" 

MarTa

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