Il 31 luglio '09 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
la "Legge Sviluppo". Il complesso di provvedimenti, che è
presentato come un piano di sviluppo economico per far uscire l'Italia
dalla crisi, si articola in tre blocchi, con norme indirizzate alle
imprese, ai consumatori e al settore energetico. E' in particolare su
quest'ultimo che c'interessa indagare visto che grande spazio è
riservato al rilancio del nucleare. Prima di addentrarci in questa
"nuova era" è utile un breve riferimento al passato. Era il 1987
quando, in seguito alla pressione dell'opinione pubblica, alle
mobilitazioni antinucleari e agli esiti del referendum, i governanti di
allora furono costretti ad abbandonare lo sviluppo dell'energia atomica
entro i confini dello stivale. Sospesa la costruzione di nuove
centrali, una dopo l'altra, vennero chiuse quelle in funzione. Sono
trascorsi più di vent'anni, i siti che ospitavano le centrali e
gli impianti collegati sono ancora sottoposti alle procedure di
decommissioning (smantellamento e messa in sicurezza), montagne di
soldi spesi, ma i principali problemi sono ancora sul e sotto il
tappeto. Manca, infatti, un sito definitivo in cui stoccare i rifiuti
radioattivi, molti degli impianti interessati dall'esperienza nucleare
italiana sono ancora potenzialmente pericolosi e lontani da una
completa dismissione. Nonostante queste premesse, gli strateghi
dell'attuale governo ritengono che i tempi siano maturi per rilanciare
l'opzione nucleare.
In queste note può essere utile esaminare la situazione attuale
in relazione alle novità introdotte con la legge appena
approvata.
La campagna mediatica
Negli ultimi anni, a più riprese, è stato preparato il
terreno per la riabilitazione dell'energia da fissione atomica. Si
può partire dall'emergenza black-out, ovvero l'interruzione
della fornitura elettrica, verificatasi su larga scala in un paio di
occasioni, che è stata utilizzata, indipendentemente dalle reali
cause che l'avevano provocata, per paventare l'insufficiente produzione
energetica sul territorio nazionale. Le ricorrenti crisi
nell'approvvigionamento del gas russo a causa delle interferenze
ucraine è servita a sottolineare l'inaffidabilità delle
forniture dall'estero. Il continuo richiamo alla necessità di
acquistare energia elettrica dalla Francia, che con le sue 50 centrali
ne produrrebbe in quantità eccedenti e a basso costo, ha
veicolato l'idea dell'economicità di questa fonte. Come rimanere
impassibili poi, di fronte alla "nuova sensibilità ambientale"
secondo cui col nucleare si ridurrebbero le emissioni di CO2 , in
sintonia con le indicazioni del protocollo di Kyoto? Nella stessa
ottica, strumentale, si collocano gli appelli alla diversificazione
delle fonti, (incredibili visto che provengono da chi ha depistato i
fondi delle energie rinnovabili per sostenere l'incenerimento dei
rifiuti), così come il richiamo alla spinta occupazionale che
deriverebbe dalla costruzione dei nuovi impianti che, ovviamente,
garantirebbero massima sicurezza per il livello tecnologico raggiunto
dai reattori di nuova generazione.
Ho voluto elencare i principali temi che, prima diluiti in un ampio
arco temporale, verranno fra poco riproposti con ritmo martellante per
sostenere il concreto tentativo di passare dalle parole ai fatti, con
l'individuazione dei siti destinati sia alla costruzione delle centrali
sia ai depositi dei materiali radioattivi.
Molte di queste ipotesi filonucleariste sono già state
"smontate" attraverso le pagine di questo giornale, ma sarà
certamente utile preparare una seria attività di
controinformazione per demolirle nuovamente.
Per chi avesse dei dubbi su quest'ultimo passaggio, riportiamo uno
stralcio dalla legge che testualmente indica che è necessario
prevedere: «nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili
allo scopo, di una opportuna campagna di informazione alla popolazione
italiana sull'energia nucleare, con particolare riferimento alla sua
sicurezza e alla sua economicità, come pure di opportune forme
di informazione diffusa e capillare per le popolazioni, e in
particolare per quelle coinvolte, alfine di creare le condizioni idonee
per l'esecuzione degli interventi e per la gestione degli
impianti».
Le norme legislative
Nell'art. 25 si legge : «Il Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto
ambientale e di pubblicità delle relative procedure, uno o
più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la
disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di
produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione
del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il
deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la
definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare
in favore delle popolazioni interessate».
Quindi sei mesi di tempo per i decreti attuativi (entro gennaio 2010),
non è neppure nascosta l'intenzione di "comprare" il consenso
delle popolazioni con le cosiddette misure compensative come dire…. voi
ci fate costruire la centrale e noi vi riduciamo le tasse, rimettiamo a
nuovo lo stadio, costruiamo l'ospedale e, se state tranquilli, anche la
piscina con lo scivolo.
Per le situazioni meno accondiscendenti la legge prevede che siano
determinate «le modalità di esercizio del potere
sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle
necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto
previsto dall'articolo 120 della Costituzione», al di là
delle interpretazioni costituzionali è chiaro che il governo
centrale si premura affinché sia possibile evitare ostacoli
frapposti dalle istituzioni regionali o comunali. E se fossero le
popolazioni a bloccare i lavori? E' già prevista la
«possibilità di dichiarare i siti aree di interesse
strategico nazionale soggette a speciali forme di vigilanza e di
protezione». Vale a dire… signori miei attenzione che vi mandiamo
l'esercito, sì, lo stesso che è intervenuto per riaprire
le discariche in Campania, sì lo stesso che, pattugliando le
strade e le piazze delle città, ci "protegge dall'insicurezza".
I militari, tra una missione di pace e l'altra, possono anche
intervenire in patria, per fare "ingoiare il rospo radioattivo ". Per
abbreviare i tempi, è inoltre garantita una notevole
semplificazione delle autorizzazioni poiché, «la
costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia
elettrica nucleare (…) e tutte le opere connesse sono considerati
attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette
ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto
richiedente» .
Il ministro dello Sviluppo economico e quello dell'Economia avranno il
mandato di ridefinire i compiti e le funzioni della Sogin,
società che fino ad ora si è occupata di gestire l'uscita
dall'esperienza nucleare. Un decreto della presidenza del consiglio dei
ministri nominerà un commissario e due vice commissari per la
società. Mentre il C.d.A. è decaduto con l'entrata in
vigore della legge.
Contemporaneamente al commissariamento della Sogin, la legge istituisce
«l'Agenzia per la sicurezza nucleare. L'Agenzia svolge le
funzioni e i compiti di autorità nazionale per la
regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della
sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici
dell'energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti
radioattivi e dei materiali nucleari provenienti sia da impianti di
produzione di elettricità sia da attività mediche ed
industriali, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni
e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la
salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro
infrastrutture e la logistica».
Un'agenzia che, di fatto, avoca a sé e regolamenta tutti gli
aspetti del problema. I sinceri democratici potrebbero attendersi che
per tale somma di compiti sia necessaria, al vertice della stessa, una
rappresentanza super partes che offra il massima delle garanzie,
…rimarranno delusi perché quest'organo, definito,
«collegiale è composto dal presidente e da quattro membri.
I componenti dell'Agenzia sono nominati con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei
ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il
Presidente del Consiglio dei ministri designa il presidente
dell'Agenzia, due membri sono designati dal Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare e due dal Ministro dello
sviluppo economico.» Quindi, alla presidenza chi ci
mettiamo, Mariastella o Renato? Un'alternativa da brivido! Al di
là delle battute, c'è veramente poco da ridere.
Interessi economici
Enormi sono gli interessi economici del business che si muove dietro
l'opzione nucleare. Sia sufficiente ricordare che le compagnie del
settore si sono già messe al lavoro.
Lo scorso 4 agosto un comunicato congiunto ENEL–Edf annunciava
«il primo, decisivo passo avanti nella realizzazione del progetto
nucleare italiano» con la costituzione di una joint-venture (che
ha preso il nome di Sviluppo Nucleare Italia srl con sede a Roma). Suo
scopo è di produrre gli studi di fattibilità per la
realizzazione di quattro impianti con la tecnologia di terza
generazione Epr (la stessa di Flamanville, una centrale alla cui
costruzione già collaborano la francese Edf, più grande
produttore al mondo di energia dall'atomo, ed ENEL). ENEL, dal canto
suo, si era riaffacciata sul mercato europeo con le acquisizioni
dell'ex monopolista della Slovacchia e della spagnola Endesa. Se tutto
dovesse filare liscio, la costruzione degli impianti potrebbe iniziare
nel 2013, con l'inizio della produzione a partire dal 2018 - 2020, a
quel punto Sviluppo Nucleare Italia si farebbe da parte aprendo alle
singole società di gestione.
Per il momento, altre società come Edison ed A2A sono ferme,
mentre è stata annunciata una nuova alleanza fra Westinghouse
Electric Company (targata USA), Ansaldo Nucleare e Fondazione
Energylab. I tre soggetti hanno firmato un protocollo di accordo in
materia di "informazione e formazione sulla tecnologia dei reattori
ap1000 nell'ambito del programma nucleare in Italia".
Siamo comunque nell'ambito degli studi preliminari perché per il
passo successivo sono necessari capitali ingenti e qualche certezza in
più; una centrale da 1.600 MW come quella di Flamanville,
analoga a quelle previste in Italia, costa circa 4,5 miliardi di euro.
La politica
Subito dopo l'approvazione della legge, il ministro Scajola sosteneva
che: «Già alcune Regioni e parecchi Comuni si sono
dichiarati disponibili» .«Faremo una mappa, ma definiremo
solo le esclusioni lasciando libere le imprese di proporre i siti dove
costruire le centrali», aggiungeva al meeting di CL di Rimini il
suo sottosegretario, Stefano Saglia.
Mentre il ministro ribadiva l'obiettivo di arrivare a un mix di fonti
di energia con il 25% di nucleare, il 25% di rinnovabili, ed una
discesa al 50% per il fossile, sottolineando che: «Oggi
importiamo l'86% del nostro fabbisogno energetico e paghiamo
l'elettricità il 30% in più rispetto ai principali Paesi
europei», l'amministratore delegato ENEL, Fulvio Conti,
affermava: «Non chiederemo allo Stato né incentivi,
né sussidi ma ci affideremo al mercato». Subito dopo
però, evidenziava che per rassicurare gli investitori che
anticiperanno i capitali necessari: «occorre una soglia minima
garantita nelle tariffe di vendita». Ma se sono sicuri che la
produzione di energia sia così conveniente con le nuove
centrali, perché vogliono garantirsi un prezzo politico?
Sarebbe poi interessante sapere come si coniuga l'ipotesi di un
sostegno statale con le considerazioni del ministro dell'economia
Tremonti che ha già dichiarato che non ci sono soldi a
sufficienza per partire con i nuovi impianti.
Comunque sia, circola già qualche nome delle località
individuate come adatte all'installazione delle centrali. Del resto,
per le caratteristiche del territorio italiano, se si escludono le zone
a rischio sismico, se si considera la necessità di disporre di
costante portata d'acqua e si garantisce una minima distanza dai centri
abitati, le aree papabili non sono poi molte. Per quel che ci riguarda,
non è però questione di un posto piuttosto che un altro,
la corsa al nucleare va fermata, punto.
Rimanendo in ambito istituzionale non pare ci sia tutta questa voglia
di candidarsi ad accogliere le centrali. È di qualche giorno fa
la notizia dei ricorsi contro il governo di diverse Regioni: Toscana,
Calabria e Piemonte. Sarebbero pronti anche quelli di Emilia, Liguria e
Puglia che ritengono inaccettabile, in assenza di un'intesa con la
Regione, che il governo proceda nell'individuazione dei siti a
prescindere dai piani energetici regionali e grazie ad una legge
considerata anticostituzionale.
Anche in Sardegna, regione conquistata recentemente dal centrodestra,
il neoeletto presidente Cappellacci ha firmato un accordo con il
Partito Sardo d'Azione per denuclearizzare la regione. In Lombardia,
altro feudo Pdl, Formigoni si limita ad un non proprio entusiasmante
«vedremo, valuteremo, verificheremo». Il Veneto che si era
distinto all'inizio con le dichiarazioni favorevoli del governatore
Galan ha visto recentemente i leghisti prendere le distanze dal PdL con
un voto di astensione nei confronti di una mozione presentata
dall'opposizione cui si accompagnava l'esplicita dichiarazione del
capogruppo in camicia verde, Roberto Ciambetti che, in aula, esprimeva
la contrarietà del Carroccio alla collocazione di una futura
centrale nel Veneto: «È bene farle dove servono - ha detto
- cioè non qui da noi».
Per chiudere, citiamo la posizione di D'Alema che, nuclearista
convinto, s'inventa però una scappatoia sostenendo che:
«Ora è sbagliato affidarsi ai francesi perché ci
offriranno un prodotto tecnologicamente obsoleto e lo sarà
ancora di più nel 2020 quando le centrali dovrebbero entrare in
funzione». L'ex premier ha spiegato che lo Stato dovrebbe
utilizzare le risorse da investire per la ricerca del nucleare di nuova
generazione. Insomma, tutti hanno una tremenda paura di veder
barcollare il loro potere in seguito ad un abbraccio troppo stretto con
il nucleare.
Tra un distinguo e l'altro dei politici di professione toccherà
al movimento antinuclearista, ai militanti di base, ribadire tutte le
ragioni del "no nuke", servirà tutta la nostra determinazione
per organizzare la controinformazione perché, riprendendo un
vecchio slogan, "meglio attivi oggi che radioattivi domani!"
MarTa